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domenica 2 giugno 2013

Kojiki, un racconto di antichi eventi


TITOLO: Kojiki, un racconto di antichi eventi
AUTORE: Paolo Villani
CASA EDITRICE: Marsilio
PAGINE: 171
COSTO: 13€
ANNO: 2006
FORMATO: 18 cm X 12 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN: 9788831789820

Il Kojiki è la più antica opera letteraria giapponese, probabilmente fu scritto intorno al 712. Il kojiki è diviso in 3 parti. Volendo semplificare:
La prima narra dei miti fondanti del Giappone e dei suoi dei, quindi dalla creazione del mondo a quella del Giappone grazie agli dei Izanami ed Izanagi, oltre a tutti i fatti riguardanti la dea Amaterasu e suo fratello Susanoo.
La seconda riporta la storia dei primi imperatori semi divini, la terza delle storie dei nobili giapponesi e degli imperatori più vicini temporalmente al periodo della stesura del Kojiki.
La lettura comporta le difficoltà (almeno per me) che ci sono sempre quando si leggono scritti di carattere mitologico, in pratica si salta spesso di palo in frasca. Nonostante ciò la lettura è semplice e piacevole, mi ha sorpreso leggere anche parole poco consone ad un libro di miti, termini volgari come “merda” o “culo”, oltre a concetti simili. La parte poco agevole, che io ho saltato sempre, è quella che elenca la genealogia dei vari imperatori e nobili, abbastanza corposa.
Riporto uno dei tanti racconti in quanto ha un nesso con un nome che ha un forte collegamento con la mia infanzia di fruitore di animazione giapponese. Ne faccio un sunto:

La principessa Ikutama era bellissima, un uomo, dall'eleganza senza pari a quei tempi, le faceva visita tutte le notti. I due si piacquero subito e non passo molto tempo che ella divenne gravida. I suoi genitori non si spiegavano la cosa.
Ti sei ingravidata da sola? - le chiesero - Ma come hai fatto senza un uomo?”
Un uomo c'è - rispose lei - ma non saprei come chiamarlo. Viene ogni notte, e mi ha ingravidato nel più normale dei modi”.
I suoi genitori, curiosi di conoscere l'uomo, le suggerirono di spargere della terra rossa innanzi al giaciglio e cucirgli allo strascico delle vesti il capo di un intero rocchetto di filo. All'alba cercarono il filo e scoprirono che usciva dalla casa attraverso il buco della serratura!
Avvolti al rocchetto erano rimasti solo tre giri. Seguirono il filo, che arrivava fin dentro il santuario sul monte Miwa. Ecco spiegato l'ascendenza sacra. Chiamiamo il luogo “Miwa” in ricordo dei tre giri”.

Nelle note del libro è scritto che “Miwa” significa, appunto, “tre giri”. Ora, io mi chiedo, ma Go Nagai scelse il nome Miwa perché alla pilotessa del Big Shooter faceva fare innumerevoli giravolte sulla rampa di lancio prima che uscisse dal lago?

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