TITOLO: L'eclisse del Sol Levante, 1936-1945 dall'invasione della Cina all'atomica su Nagasaki, il declino e la caduta dell'impero giapponese
AUTORE: John Tolamo
CASA EDITRICE: Mondadori
PAGINE: 1268
COSTO: 38 €
ANNO: 1971
FORMATO: 22 cm X 17 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN: ?
Nella
prefazione l'autore precisa che questo libro vuole guardare a quei
fatti storici dal punto di vista giapponese. Secondo me, talvolta, li
guarda troppo da quel punto di vista, certi argomenti non sono
toccati, altri solo accennati, e sono tutte tematiche che avrebbero
messo il Giappone in una luce negativa: l'unità
731 del colonnello Ishii, cannibalismo, Nanchino, un approfondimento
sul trattamento dei prigionieri di guerra alleati e dei civili
occidentali e delle nazioni conquistate, l'uccisione dei civili
giapponesi da parte degli stessi militari giapponesi per non farli
catturare dagli americani.
Al
racconto cronologico dei fatti storici, nel quale è anche lecita la
presenza di giudizi e valutazioni dell'autore (sovente filo
giapponesi), sono inframmezzati squarci semi romanzati, dialoghi tra
personaggi storici (anche di personaggi minori o sconosciuti),
illustrazioni psico/fisiche di ufficiali. L'autenticità di queste
parti (oltre alla loro rilevanza nell'economia del libro) mi ha
lasciato molto perplesso, anche perché questi dialoghi spesso sono
tra persone che sarebbero morte o si sarebbero suicidate a breve, chi
raccoglieva le loro frasi?!
Detto
ciò il saggio rimane interessante in quanto illustra nel dettaglio
molte battaglie, e il contesto in cui avvennero o furono decise,
basta solo aver letto anche altri libri sul periodo, tanto per
accorgersi di eventuali “dimenticanze”. Anche se poi c'è la
possibilità che le “dimenticanze” siano dovute alla mancanza di
informazioni storiche prima del 1970 (anno di pubblicazione del
libro).
E'
spiegato il significato del termine gekokujo (insubordinazione)
rivolto ai militari che si ribellavano all'autorità politica,
tentando di continuo colpi di stato. Sono riportate le ribellioni del
1931, che portarono alla prima invasione della Cina, e quello del
febbraio 1936 che vide dover intervenire direttamente l'imperatore
Hirohito (alla faccia di chi dice sempre che il povero Hirohito si si
impicciava mai delle cose terrene...) per convincere gli
insubordinati a tornare nelle caserme. L'insubordinazione del
febbraio 1936 comportò anche l'uccisione di esponenti politici di
primo piano, gli esecutori vennero graziati. I fanatici di destra
erano protetti a tutti i livelli, e anche da una gran parte della
popolazione.
cap 2
Al ponte Marco Polo
Il
capitolo affronta la situazione in Cina, tra comunisti di Mao e
nazionalisti di Chang Kai-Shek, tra Cina e URSS, e tra tutti questi e
il Giappone imperiale. L'incidente del ponte Marco Polo portò ad una
nuova invasione della Cina e ad un peggioramento delle relazioni
USA-Giappone.
Da
notare che un libro di circa 1250 pagine ne dedica meno di una per
dar conto della conquista di Nanchino da parte dei giapponesi...
cap 3
“Sarà una guerra disperata”
Si da
conto della situazione politico/diplomatica tra Usa e Giappone e tra
URSS e Giappone. Degli accadimenti che portarono i politici e i
militari nipponici a pianificare l'invasione del sud-est asiatico:
Dell'alleanza tripartita con Italia e Germania, fino ai tentativi di
ristabilire buoni rapporti con gli Usa dopo l'occupazione
dell'Indocina francese. Sovente Hirohito è dipinto come non
responsabile delle scelte nipponiche, addirittura come un
pacifista...
cap 4
“Ripartire da zero”
Le
trattative diplomatiche tra Usa e Giappone non procedevano
positivamente, sono quindi spiegate tutte le fasi delle trattative.
Siamo nel periodo dell'embargo petrolifero degli americani dopo
l'occupazione giapponese dell'Indocina francese.
Qui
l'autore scrive una cosa che mi è sembrata senza senso. Secondo lui
non erano i militari l'ostacolo alla trattativa diplomatica, ma
l'opinione pubblica nipponica, ormai convinta delle intenzioni
bellicose degli Usa. Ma in una dittatura come era quella giapponese,
dove esistevano i “reati di pensiero” (e pure la polizia del
“pensiero”...) e la libertà di stampa era zero, chi aveva
instillato quell'idea nell'opinione pubblica?! E gli stessi
oppressori delle libertà di stampa e di pensiero non credo che
avrebbero avuto denunce nel cambiare posizione...
Il
capitolo arriva fino al 15 ottobre, data concordata per la fine della
diplomazia e l'inizio dei preparativi per l'attacco. Il primo
ministro Konoye si dimette per spostare la decisione dell'attacco,
diviene premier e ministro della guerra Tojo.
cap 5
La nota fatale
E'
dato conto delle riunioni tra i vertici militari e il nuovo governo
Tojo per decidere tra la guerra e il ritiro dalla Cina. Come sempre
sono riportate minuziosamente le posizioni dei vari personaggi e
delle fazioni avverse.
Sovente
i protagonisti di quelle vicende si rammaricano di questa o quella
decisione statunitense, ricordando che in certe situazioni si sarebbe
potuta evitare la guerra. Ma questi ripensamenti sono tutti
successivi alla seconda guerra mondiale, abbastanza comoda come scusa
quando si rischia di finire sul patibolo e si è persa la guerra.
Inoltre l'autore pare quasi dare la colpa agli Usa della decisione
giapponese di dichiarare guerra. Si da la colpa a che ai traduttori
dei documenti diplomatici, se questi fossero stati tradotti bene non
ci sarebbe stata la guerra, secondo l'autore. Ovviamente non escludo
che ci fossero stati documenti tradotti male, e l'autore li riporta
con diligenza, ma pensare che una guerra mondiale si scoppiata per
una frase mal tradotta mi sembra un po' discutibile. Pare che la
colpa sia di tutti tranne che delle scelte giapponesi...
cap 6
Operazione Z
Nel
capitolo sono spiegate tutte le mosse e le decisioni strategiche e
operative che portarono l'ammiraglio Yamamoto Isoroko a stilare il
piano di attacco a Pearl Harbor, compresi tutti i contributi degli
ufficiali incaricati dei piani operativi. Il capitolo termina con la
partenza della flotta nipponica dalla baia di Tokyo.
cap 7
“Questa guerra può scoppiare prima di quanto s'immagina”
Sono
raccontati i fatti precedenti l'attacco a Pearl Harbor del 8
dicembre, sia dal punto di vista giapponese che americano, compresi
gli spostamenti militari e le mosse diplomatiche.
Viene
dato conto anche della riunione imperiale del 1 dicembre in cui
Hirohito appone il sigillo imperiale al documento che autorizza la
guerra contro gli Usa. Come al solito nelle note si legge di un
Hirohito che dice che nel 1946 era obbligato dalla costituzione ad
approvare la guerra, il solito “povero Hirohito pacifista che non
voleva la guerra...”.
Il
capitolo termina poco prima del bombardamento di Pearl Harbor.
cap 8
“Non mi volterò mai a guardare indietro”
E' il
capitolo della cronaca del bombardamento di Pearl Harbor e della
forza aerea nelle Filippine (Clark Field), e delle successive
decisioni militari e diplomatiche di Usa e Giappone.
cap 9
“Gli anni terribili che ci aspettano”
Il
capitolo inizia con la cronaca dell'affondamento delle corazzate
inglesi Repulse e Prince of Walles, terza parte del primo attacco
giapponese, che aveva lo scopo di azzerare la forza alleata nel
pacifico. Oltre alla situazione diplomatica tra Usa, Giappone,
Germania e URSS sono riportati in sequenza i dettaglia degli sbarchi
giapponesi nelle Filippine e Hong Kong.
cap
10 “Per una vana speranza e una sconfitta certa”
Il
Giappone conquista le Filippine, (tranne Bataan, Corregidor e
Mindanao), la Malacca, Singapore e Giava.
cap
11 “Mostrar loro pietà significa prolungare la guerra”
La
cronaca della conquista giapponese di Bataan, ancora in mano degli
Usa. E' raccontata anche la marcia di Bataan dei prigionieri
filippini e americani, marcia che fu l'anticipazione (benché una ben
più chiara anticipazione la si aveva avuta durante gli anni
dell'invasione della Cina) delle brutalità dei soldati giapponesi
contro i prigionieri. Ed anche qui, mentre si ammettono le brutalità,
si scrive anche che non furono generalizzate.
cap
12 “Mai senza vergogna”
I
giapponesi sono euforici per le continue vittorie, e la marina inizia
a considerarsi onnipotente, facendo piani per invadere anche
l'Australia. Mentre l'esercito vorrebbe il consolidamento dei terreni
occupati, che era il piano iniziale prima che la marina si facesse
prendere la mano. L'ammiraglio Yamamoto (quello di Pearl Harbor)
propose l'attacco alle Midway, per lui l'unico modo di impedire un
contrattacco alleato.
E'
riportata la cronaca della conquista di Corregidor e Mindanao, e la
resa delle Filippine.
cap
13 Il vento cambia
I
giapponesi tentato di invadere Port Moresby (Nuova Guinea), ma gli
americani respingono l'attacco navale, è la prima volta che ai
giapponesi non riesce uno sbarco.
La
seconda volta arriva poco dopo, con la battaglia di Midway. Gli Usa
sapevano dell'attacco a sorpresa dei giapponesi perché conoscevano i
codici di trasmissione.
cap
14 Operazione Shoestring
Gli
americani contrattaccano invadendo Guadalcanal, lo sbarco riesce, ma
un convoglio di sole 6 navi giapponesi affonda numerose navi alleate,
cosa che impedì di ricevere rifornimenti ai soldati usa sbarcati.
cap
15 Inferno verde
La
cronaca della battaglia di Guadalcanal, sia marina che terrestre. Sul
fronte navale i giapponesi riuscirono ad infliggere numerose perdite
alla flotta Usa, mentre sul fronte terrestre gli Usa resistevano. Il
capitolo termina con le sconfitte terrestri giapponesi del 13/14
settembre del generale Kawaguchi ad Henderson Field.
cap
16 “Merito di morire diecimila volte”
E'
raccontato il fallimento della terza ondata di attacchi a Henderson
Field del 26 ottobre al comando del generale Maruyama, e della
battaglia navale di Santa Cruz. Il primo scontro vide vittoriosi gli
Usa, il secondo la marina imperiale, ma gli americani erano riusciti
a consolidare le difese di Guadalcanal.
cap
17 La fine
E'
riportata la cronaca dettagliata degli scontri terrestri e navali tra
il 9 novembre e la caduta di Guadalcanal (1 febbraio 1943).
cap
18 Uomini e topi
Nel
1943 inglesi, americani, sovietici e cinesi discutevano su quale
scacchiere, europeo e asiatico, dovesse avere la precedenza, mentre i
giapponesi si dividevano, tra esercito e marina, su quali zone del
pacifico concentrare le difese (Nuoca Guinea, o Isole Salomone).
E'
raccontata la morte dell'ammiraglio Yamamoto abbattuto mentre
effettuava una ricognizione aerea, grazie alla conoscenza dei codici
di trasmissione giapponesi da parte degli americani.
L'autore
analizza l'importanza che ebbe la “sfera di co-prosperità”
offerta dai giapponesi ai popoli asiatici colonizzati dai bianchi.
Queste nazioni asiatiche appoggiavano, almeno all'inizio, i nuovi
occupanti giapponesi perché speravano di ottenere
l'autodeterminazione. E' toccata anche la questione dei
nippo-americani (nisei) internati dopo Pearl Harbor, cosa che non
capitò agli americani di origine italiana o tedesca.
cap
19 Alle Marianne
Gli
Usa stavano invadendo i territori conquistati dai giapponesi: isole
Salomone, la Nuova Guinea, le isole Gilbert, le isole Marshal, le
isole Marianne.
I
giapponesi erano in grave difficoltà, specialmente dal punto di
vista produttivo, non riuscivano a rimpiazzare le perdite materiali
subite. Inoltre le continue diatribe tra esercito e marina sul dove
concentrare le difese rendeva problematici i rifornimenti.
cap
20 “Sette vite per ripagare il nostro paese”
La
cronaca della battaglia del mar delle Filippine, svoltasi nella zona
delle Marianne, e che vide la distruzione della forza aerea della
marina nipponica, oltre che l'affondamento di molti vascelli da
guerra. Il capitolo si conclude con la conquista di Saipan, in cui
viene dato conto del suicidio di massa dei civili giapponesi (22000
morti) che erano stati convinti dalla propaganda che i soldati Usa li
avrebbero torturati (che poi era ciò che facevano i soldati
giapponesi ai civili delle zone conquistate...)
cap
21 “Che nessun cuore sia fiacco”
E'
riportata la situazione economica in guerra del Giappone, e l'inizio
di una minima opposizione a Tojo da parte dei politici e di alcuni
militari per la conduzione della guerra, infatti questi si dimise,
sostituito da Kuniaki Koiso.
Gli
Usa pianificano ed attuano la riconquista delle Filippine, iniziando
ad invadere Leyte.
cap
22 La battaglia del golfo di Leyte
La
cronaca dettagliata dell'ultima battaglia navale della guerra del
pacifico, che quasi annientò la flotta imperiale nipponica.
cap
23 La battaglia del “Breakneck Ridge”
I
particolari della battaglia del “Breakneck Ridge” svoltasi a
Leyte.
cap
24 Sconfitta
E'
narrata l'odissea di 700 prigionieri alleati (militari e civili)
trasferiti in nave (Oryoko-maru) via dalle Filippine poco prima che
tornassero gli americani con Mac Arthur.
Leyte
costò agli americani 3500 perdite contro una forza da sbarco di
250000 uomini. Mentre sopravvissero solo 5000 dei 70000 soldati
giapponesi. Inoltre i giapponesi avevano ormai perso tutte le navi da
guerra e gli aerei, lasciando mare e cielo in mano agli americani.
cap
25 “La nostra opportunità d'oro”
I
giapponesi tentato di distrarre le forze alleate attaccando la
Birmania e la Cina meridionale (Gennaio 1944), lo scopo era anche
quello di colpire le basi aeree in Cina da dove partivano i
bombardieri che attaccavano il suolo giapponese. Sono raccontati
questi primi bombardamenti sul Giappone, che materialmente ebbero
poco valore, ma psicologicamente furono devastanti, il sacro suolo
giapponese era ora violabile.
Sono
raccontati gli sviluppi politico diplomatici tra la Cina nazionalista
e gli Usa, lo scacchiere cinese restava importante per gli usa perché
distoglieva circa un milione di soldati giapponesi dal fronte del
pacifico.
E'
raccontato l'affondamento della Shinano (68000 tonnellate) da parte
del sommergibile Archer Fish. Gli americani conquistano anche Luzon
nelle Filippine. Continua l'odissea dei prigionieri descritta nel
capitolo 24, ora sono a bordo della Brazil-maru diretti in Giappone.
Su 1619 prigionieri imbarcati ne sopravvissero al viaggio solo 350.
cap
26 “Come un inferno senza fuoco”
Lo
sbarco e la vittoria a Iwo-Jma, che causò 4500 morti americane e
18000 giapponesi, anche se i numeri differiscono da altri che ho
letto in diversi libri.
cap
27 I fiori di Edo
I
bombardamenti di Tokyo per distruggere le industrie non sortivano
nessun effetto pratico, anche perché, a differenza dell'industria
tedesca, molte fabbriche giapponesi erano piccole e distribuite tra
l'abitato. Quando il capo di stato maggiore Lemay prese il comando
cambiò tattica, passo ai bombardamenti incendiari sulle città, il
cui scopo era proprio l'uccisione dei civili, il primo bombardamento
di Tokyo (9 marzo 1944) costò la vita a 130 mila civili.
Intanto
le truppe giapponesi che si ritirano da Manila la radono al suolo,
abbandonandosi agli stessi massacri già perpetrati sui civili
cinesi. La Birmania torna nelle mani inglesi. Dopo queste sconfitte
Hirohito si convince a sostituire Koiso alla guida del governo.
cap
28 L'ultima sortita
Il
primo aprile 1945 inizia lo sbarco ad Okinawa, terra giapponese.
L'ammiraglio Kentaro Suzuki diventa il nuovo primo ministro. Quello
che resta della flotta nipponica viene spedito ad Okinawa per una
missione suicida, compresa la corazzata Yamato, neppure ci
arriveranno, saranno tutte affondate dalla marina americana.
cap
29 La tempesta di fuoco
La
battaglia di Okinawa continua, sono riportate tutte le fase di questo
scontro. Ad Okinawa perirono 12500 soldati Usa, 110 mila soldati
giapponesi e 75000 civili. L'autore non parla dei civili obbligati a
suicidarsi dai soldati giapponesi.
Viene
affrontata la questione dei kamikaze, sia dal punto di vista militare
che morale.
cap
30 Superstiti e sbandati
Capitolo
sulla disperazione dei soldati nipponici abbandonati a se stessi
senza rifornimenti.
cap
31 In cerca di pace
E'
dato conto dei vari tentativi di instaurare una trattativa di pace,
dai meno seri a quelli più realistici, compreso l'errore giapponese
di illudersi che i sovietici (con i quelli non erano in guerra)
avrebbero fatto da mediatori.
cap
32 “Non fu una decisione per la quale ci si doveva arrovellare”
Mentre
i giapponesi si decidono a chiedere la pace, però alle loro
condizioni, si svolge la conferenza di Postdam in cui dato
l'ultimatum al Giappone. Gli Usa stanno terminando la messa punto
della bomba atomica.
cap
33 Hiroshima
La
cronaca del viaggio dell'Enola Gay, dello sgancio della boma atomica,
degli effetti su cose e persone.
cap
34 … e Nagasaki
I
militari giapponesi si rifiutavano di accettare gli effetti della
bomba atomica su Hiroshima, li mettevano in dubbio pur di non
ammettere la sconfitta. Il governo giapponese mandò ad Hiroshima lo
scienziato nucleare Yoshio Nishina per avere conferme sul tipo di
bombardamento.
Mentre
il governo nipponico sperava in una mediazione sovietica questi
dichiararono loro guerra il 9 agosto 1945.
Segue
l'esposizione del bombardamento di Nagasaki, che non bastò ai
militari per accettare la sconfitta.
cap
35 “Sopportare l'insopportabile”
Qui
l'autore, dopo averlo ignorato per gran parte del libro, tira fuori
un Hirohito decisivo per la pace, cosa anche vera, ma è un'immagine
a cui manca il prima, senza contare che dimostrò che quello volendo
si sarebbe anche potuto imporre ai militari prima...
Nonostante
Hirohito si fosse espresso per l'accettazione della resa
incondizionata i vertici militari ancora nicchiavano, continuando a
chiedere la continuazione della guerra fino al sacrificio totale. Fu
necessario un secondo intervento dell'imperatore, ancor più forte,
per far desistere i militari. Rimanevano da convincere gli ufficiali
di rango inferiore, che credevano che Hirohito fosse stato preso in
ostaggio dai traditori della pace.
cap
36 La rivolta di palazzo
Visto
che non c'era la certezza che i militari avrebbero accettato un
ordine scritto si decise di far dichiarare la resa alla radio
direttamente dall'imperatore, il cui ordine sarebbe stato vincolante
per tutti. Il messaggio fu registrato, ma gli ufficiali tentarono un
colpo di mano per impossessarsi di questa registrazione, nel palazzo
imperiale fu il caso, ma alla fine i ribelli non riuscirono nel loro
intento.
cap
37 La voce della gru
Sono
raccontate le reazioni del popolo giapponese al discorso di Hirohito
alla radio, gli accordi per la resa, e la firma della resa sulla
corazzata Missouri.
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