TITOLO: Culture del Giappone contemporaneo: manga, anime, videogiochi, arti visive, cinema, letteratura, teatro, architettura
AUTORE: a
cura di Matteo Casari (autori vari)
CASA EDITRICE: Tunué
PAGINE: 255
COSTO: 16,50€
ANNO: 2011
FORMATO: 19 cm X 14 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di
Milano
CODICE ISBN: 9788897165002
Questo saggio raccoglie gli interventi di numerosi
autori in due convegni, col nome “Wabi Sabi Cyber”,sulle culture
e sub-culture giapponesi svoltisi nel 2007 e nel 2008 presso
l'Università degli studi di Napoli “L'Orientale”. Gli interventi
del 2007 e 2008 sono stati rivisti e, talvolta ampliati, per questo
volume.
Le tematiche sono molteplici, e lo stile di scrittura
altrettanto differente, alcuni capitoli (non tutti) sono abbastanza
ostici, non solo per l'argomento (che se conosciuto sarà di certo
facile), ma proprio perché scritto “difficile”. Cosa che mi fa
sempre “arrabbiare”, comprendo che un tema complesso debba essere
affrontato con concetti complessi, ma un saggio divulgativo dovrebbe
rendere l'argomento comprensibile e non incomprensibile...
Capitolo I di Sagiyama Ikuko: Wabi e sabi nella
tradizione estetica giapponese
L'autore spiega bene il significato, e il modificarsi
del suo significato iniziale, dei termini di natura estetica “wabi”
e “sabi”.
Capitolo II di Giorgio Amitrano: Il manga secondo
Murasaki
Amitrano analizza le versioni manga del classico
letterario giapponese “Genji Monogatari” di Murasaki Shikibu,
scritto intorno all'anno 1000 DC. Le versioni manga del “Genji
Monogatari” sono quelle dei mangaka Yamato Waki, Maki Miyako ed
Egawa Tatsuya.
Capitolo III di Matteo Casari: La tradizione oltre sé
stessa, il teatro classico giapponese e alcuni suoi sconfinamenti
contemporanei
Alcuni aspetti tradizionali e moderni del teatro no e
kabuki. Capitolo molto dettagliato, per esperti e/o interessati al
tema.
Capitolo IV di Laura Testaverde: Il mito nel presente,
suggestioni del passato nella narrativa giapponese contemporanea
Ci sono temi che nei manga, anime, film e letteratura
giapponese ricorrono sovente, come l'androginia, il travestitismo,
l'incesto, il viaggio in mondi paralleli (mukogawa). Questi temi non
sono dettati dal volere degli autori di scandalizzare, in quanto in
Giappone non sono tabù morali, fanno parte della storia e dei miti
ancestrali. L'autrice citando opere letterarie antiche e moderne ne
spiega e analizza la normalità giapponese.
Capitolo V di Leone Spita: L'eco del wabi-sabi nei
giovani architetti giapponesi
Questo capitolo è raccomandato agli esperti e/o
interessati all'architettura.
PARTE DUE
Capitolo I di Gianluca Coci: Takahashi Gen'ichiro, il
romanzo giapponese tra postmoderno e avant-pop
Un argomento letterario che richiede obbligatoriamente
una conoscenza dei romanzi dell'autore analizzato, pena la totale
incomprensione del saggio.
Capitolo II di Roberta Novielli: Linguaggio a confronto,
il cinema giapponese nell'era multimediale
Viene dato conto di come nel passato il cinema
giapponese sia stato capace di reinventarsi, creando nuovi generi, e
di come oggi debba confrontarsi con la multimedialità.
Capitolo III di Marcello Ghilardi: Da sabi a cyber, un
immaginario in trasformazione
Una analisi (non la prima) sui “valori” e i
significati veicolati dai robot e dai cyborg dei manga e degli anime.
Iniziando dai robottoni gonagaiani, passando per il Gundam, fino
all'Evangelion. Analizzando, poi, i cyborg, da Kyashan ad Alita e
“Ghost in the shell”. Nonostante il tema sia stato più e più
volte oggetto e soggetto di numerosi saggi (un bellissimo dello
stesso autore, “Cuore e Acciaio”), sia sull'animazione e i manga
che dal punto di vista sociologico, l'analisi rimane interessante,
anche se già “acquisita”.
Capitolo IV di Toshio Miyake: Mostri made in Japan,
orientalismo e auto-orientalismo nell'era della globalizzazione
Questo interessante capitolo si apre (ma ve ne sono
almeno un paio anche dopo) con una citazione in inglese senza nessuna
traduzione nelle note, complimenti e grazie del pensiero...
Il pantheon dei mostri giapponesi è senza fine, da
quelli tradizionali (come yokai, bakemono e yurei) a quelli post
atomici, fino ai Pokemon. Questi mostri sono usati sia per spaventare
che per divertire, ma sono anche “kawaii”, in pratica ve ne sono
per tutti gli usi e costumi. Perché in Giappone c'è (e c'è stata)
questa ricchezza di mostri? Esiste, per esempio, lo “yokaigaku”,
“la scienza dei mostri”, una branchia tutta giapponese
dell'antropologia ufficiale, che cerca di spiegarlo. E lo scopo non è
solo scientifico, ma anche economico, in quanto i “mostri
giapponesi” (vecchi e nuovi) sono sia un business che un importante
veicolo della cultura popolare (J-culture) moderna e tradizionale
giapponese. Basti pensare che il gatto robot Doraemon è stato
ufficialmente dichiarato ambasciatore culturale degli anime nel
mondo.
Sono state, e sono tutt'ora, le tre religioni/filosofie
giapponesi a creare i mostri: buddismo, shinto e taoismo. In certi
periodi storici, in cui il Giappone ha vissuto grandi cambiamenti
(come la fine del periodo Tokugawa, la Restaurazione Meiji, il post
bombardamento atomico), i mostri sono aumentati di numero ed
importanza culturale. Ma il saggio si pone un'altra domanda
importante, perché questi mostri giapponesi affascinano tutto il
mondo occidentale?
Uno dei motivi di questa proliferazione è il senso di
inferiorità giapponese verso gli occidentali e gli statunitensi in
particolare (ho semplificato molto il concetto espresso dall'autore).
O meglio l'egemonia culturale occidentale impone/crea la nascita dei
mostri giapponesi, che sono la raffigurazione del “giapponese
piccolo, brutto e giallo” rispetto all'occidentale. Anche il
“nuovo-orientalismo” ha creato i nuovi mostri giapponesi. Come in
passato gli occidentali vedevano nel Giappone il paese dei samurai e
delle geisha (etc etc), ora per noi è il paese dei robot, cyborg,
suicidi, otaku, computer, bomba atomica etc etc. Creando nello stesso
Giappone i mostri correlati al nostro immaginario sul Giappone. Il
“nuovo-orientalismo” (o “tecno-orientalismo”) serve, come lo
fu “l'orientalismo classico”, a noi occidentali per classificare
il Giappone come paese diverso rispetto alla “normalità”
occidentale. Il Giappone è strano, è l'opposto dell'occidente,
quindi i suoi mostri nascono dalla sua “anormalità” rispetto a
noi. Ma per essere reale questa nostra visione orientale (quindi
“anormale”) del Giappone deve essere accettata dalla stesso
Giappone. L'auto-orientalismo... (cito dal libro) “in altre parole,
guardare sé stessi come “Oriente” attraverso lo sguardo
occidentale”. Nel periodo Meiji (e nei successivi) la classe
dirigente incentivò questo auto orientalismo allo scopo di
distinguersi dagli occidentali. Negli anni 60' (fino agli anni 90')
del 900 fu il “nihonjinron” (“teorie sui giapponesi”), di
matrice tutta nipponica, a riportare in auge la “diversità/unicità”
giapponese. Nonostante la globalizzazione culturale e la
multimedialità il “nuovo-orientalismo” (o “tecno-orientalismo”)
e, soprattutto, l'auto orientalismo sopravvivono, trasformando i
mostri giapponesi in prodotti commerciali e culturali di successo o,
più banalmente, per pubblicizzare una zona turistica.
Capitolo V di Gaetano Ruvolo: Far East & Far West
nella storia dei videogiochi
Gaetano Ruvolo è General Manager di Sony Computer
Entertainment Italia, ergo un esperto del settore , che spiega cosa
caratterizza e differenzia il videogioco giapponese da quello
statunitense. Purtroppo il capitolo è molto esiguo, anche a causa di
ciò l'analisi è la stessa che potrebbe fare ognuno di noi che abbia
giocato a videogiochi americani e giapponesi.
Capitolo VI di Fabriano Fabbri: L'arte giapponese tra
Biopop e “universo liquido”
Per l'arte Biopop vengono analizzati i seguenti artisti
giapponesi: Kusama Yayoi, Mori Mariko, Nawa Kohei, Paramodel (Hayashi
Yasuhiko e Nakano Yusuke), Odani Motohiko, Kito Kengo, Kato Go,
Mishima Ritsue.
Per “l'universo liquido” le opere di Okazaki Takashi
(Afro Samurai), Nguyen-Hatsushina Jun (le bolle sottomarine), Fukuchi
Hideomi (le “Peaches”), Yamaguchi Ai (l'anguilla grafica).
Capitolo VII di Marco Pellitteri con Jean-Marie
Bouissou, Bernd Doll-Weinkauff, Ariane Beldi: Manga in Europa, i
primi risultati di una ricerca comparativa internazionale in corso
Questo è uno studio sia sulla diffusione dei manga in
Europa (Italia, Francia, Germania, Spagna, ma anche Polonia,
Svizzera, Russia e Belgio), con relative percentuali di vendita
rispetto ai fumetti non manga, che sui lettori/compratori. Uno studio
unico nel suo genere, oltre che attuale.
C'è poi la parte che rende conto dei risultati
dell'indagine del manga promossa da Manga Network nel 2006-2007in
Francia, Italia, Germania e Svizzera. Indagine atta a valutare,
tramite un questionario di 15 pagine, l'impatto dei manga, e della
J-culture, nei fan di questi paesi. Non entrerò nel dettaglio dei
risultati, perché ciò comporterebbe riproporre pari pari le
percentuali dei risultati con relativa domande e valutazioni finali.
Mi limiterò a inserire i titoli dei capitoli, in modo da far capire
il tipo di analisi svolta dagli autori:
VII. 2 Un'analisi iniziale del fandom del manga in
Francia, Italia, Germania e Svizzera
- L'indagine del Manga Network del 2006-2007
- Una sociologia del mangafan
- Come si comincia a leggere manga?
- Abitudini e pratiche di lettura
- La dimensione sociale del fandom
- Motivazioni della lettura dei manga: non solo escapismo
- I lettori italiani di manga secondo l'indagine esplorativa del Manga Network
- Dato sociodemografici
- Le serie di manga preferite
- Aspetti del rapporto con i manga
- Perché i lettori apprezzano i manga
- I manga e le opinioni
- Desideri/propositi conoscitivi sul Giappone stimolati dai manga
- Immagini del Giappone ricevute/ricavate dai manga
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