TITOLO: Giappone avanza, Cina e Giappone
AUTORE: Ugo Caimpenta
CASA EDITRICE: Edizioni Aurora Milano
PAGINE: 286
COSTO: 30€?
ANNO: 1935
FORMATO: 19 cm X 13 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN:
Come
recita il sottotitolo il libro tratta sia della Cina che del
Giappone, perché poi si intitoli “Giappone Avanza” e non “Cina
e Giappone Avanzano” resta un mistero. In terza pagina, sotto il
titolo, fa bella mostra di se una l'immancabile (nei libri di quel
periodo) citazione di Mussolini:
“Il
Giappone avanza a grandi tappe verso l'Occidente...”
I
puntini di sospensione erano nello scritto.
Qui
mi occuperò solo della seconda parte, quella sul Giappone, che
inizia da pagina 143.
Ultimamente
ho comprato qualche titolo risalente a prima della seconda guerra
mondiale, li trovo interessanti perché riportano il clima di quel
periodo, sono delle fotografia scritte. Ci sono le cose brutte, tipo
il militarismo o il razzismo, e le cose belle, come le usanze comuni
di quel Giappone.
Questo
libro è l'eccezione. Oltre ad essere molto confusionario, con nomi
di personaggi storici e luoghi trascritti male, spesso
irriconoscibili, praticamente non riporta quasi mai uno spaccato
della vita comune di quel Giappone. Mi azzarderei ad affermare che
l'autore lo scrisse senza visitarlo.
Origini
e storia del Giapponese
Nel
leggere questo capitolo ho alzato spesso il sopracciglio, sia perché
riassume in modo confusionario la storia del Giappone, ma,
soprattutto, mi pare di aver notato numerosi errori. Solo che, a
causa dei nomi storpiati di persone e luoghi fatico a
contestualizzare gli avvenimenti narrati.
Per
esempio l'imperatore Jinmu diventa Zimmo. Poi si legge che il primo
imperatore che si “occupò delle cose di governo fu Sui-Zin”, che
creò gli “Zogun o generali in capo”.
Alla
fine del capitolo ci si sofferma su una analisi “scientifica”
razziale degli abitanti del Giappone. La riporto solo per ricordarci
quando c'era gente che valutava l'essere umano in base alla grandezza
della testa...
“Nella
formazione della razza giapponese, secondo la tradizione e le
cronache, entrerebbero elementi di razza negrita che, con le tribù
Yusu, invasero per primi l'arcipelago. Come abbiamo già accennato,
il giapponese si divide in due tipi: l'aristocratico e il popolare.
Le classi superiori sono di statura media, hanno la corporatura
regolare, il cranio dolicocefalo fronte alta, viso ovale, occhi
obliqui specialmente nelle donne. Il tipo inferiore è invece in
perfetto contrasto coll'aristocratico, perché ha il copro tozzo, la
statura inferiore alla media, il cranio brachicefalo con fronte
bassa, il viso angoloso e il naso piatto. Tuttavia l'elemento
dominante è il tipo medio, di statura piccola, colore della pelle
pallido tendente al giallo, e testa grossa a tipo mesocefalo. Il
sistema peloso è poco sviluppato, tranne che nei tipi nati da
incroci con gli Aino.”
Vien
da ridere (oggi) pensando alla corporatura del dio Hirohito...
I
grossi dubbi sull'attendibilità di questo libro nascono anche da
questo passo riguardante la passione nipponica per il bagno:
“Il
bagno per essi non è fatto a scopo igienico, perché la stessa
tinozza e la stessa acqua serve per tutta la famiglia facilitando
così la diffusione delle malattie della pelle.”
Capitolo
2
Arte
e letteratura
“L'arte
giapponese risentì nelle sue origini delle influenze dell'India,
della Persia e soprattutto della Cina.”
Quando
un capitolo inizia così, non citando la Corea e aggiungendo non so a
che titolo la Persia, si può valutare il resto. Ed è la prima volta
che leggo dell'India come nazione che influenzò l'arte nipponica.
Il
confuso capitolo si conclude con una breve analisi della florida
realtà giornalistica del Giappone, immagino che l'autore fosse un
giornalista. Divertente (in modo involontario) la critica che questi
muove ai grandi quotidiani nipponici:
“L'opinione
pubblica , è plasmata dai grandi quotidiani, che hanno il torto di
essere asserviti a gruppi industriali, e quindi non possono essere
sereni e imparziali nella critica, malgrado che essi siano regolati
da una legge sulla stampa la quale però non inceppa seriamente la
loro attività.”
In
Italia com'era la situazione della libertà di stampa?
Capitolo
3
Religione,
idee morali e superstizioni
Ecco
qualche perla.
“Il
perno morale dell'insegnamento del Shintoismo è questo: “Conosci
te stesso, rifletti nel tuo pensiero, vedi un Dio dominante nel tuo
cuore, obbedisci al suo comando e non desiderare altri dei.”
“Bu-shi-do
era dunque, al pari del cristianesimo, una dottrina di doveri di
obbedienza.”
“Lo
stato riconosce il matrimonio indissolubile e stabilisce delle leggi
per proteggerlo, perché fu riconosciuto come un mezzo per perpetuare
il culto degli avi.”
“Il
codice dice che l'abbandono della moglie è ammesso purché implichi
uno dei seguenti casi di divorzio:
1°
la sterilità; 2° l'adulterio; 3° la disobbedienza al suocero o
alla suocera; 4° la loquacità; 5° il furto; 6° la gelosia; 7° la
malattia contagiosa.”
Nella
penultima frase riportata viene scritto che il matrimonio è
indissolubile, poi si elencano i sette casi in cui non lo è, oltre
al fatto che arano “cause di divorzio” valido per tutto, l'autore
non specifica che valevano solo a favore del marito, o forse era
sottinteso.
Nel
capitolo ci si dilunga sulla pratica dell'adozione, da sempre
utilizzata in Giappone per perpetuare il nome di famiglia e la
discendenza.
Capitolo
4
Suolo,
flora, fauna
Un
capitolo di tipo scolastico, con tutti i nomi di luoghi messi a caso.
Spesso è citata Formosa come se fosse parte integrante del Giappone.
Capitolo
5
Legislazione,
finanza e lavoro
Appena
iniziato il capitolo l'autore scrive:
“Il
cambiamento è stato graduale, e se ne possono rintracciare i diversi
gradi di sviluppo nella storia nazionale di questi ultimi
cinquant'anni.”
A
dire il vero in tutti i libri storici che ho letto c'è scritto che
la Restaurazione Meiji, chiamata infatti anche “rivoluzione Meiji”,
fu uno stravolgimento totale di tutte le leggi, gli usi e i costumi,
mai avvenuto nella storia dell'umanità. Tra l'altro in tutto questo
capitolo questo periodo storico non è mai chiamato con il suo nome,
Meiji.
Capitolo
6
I
problemi del lavoro in giapponese
L'autore
racconta le difficoltà che ha la “classe operaia” giapponese a
far valere i propri diritti, l'ostracismo verso i sindacati, dovuto
all'opposizione dei “capitalisti” e delle leggi anti sindacati.
L'età
minima per entrare in fabbrica era di 12 anni, in alcuni settori
(tipo le cartiere) si scendeva a 9 anni. L'orario di lavoro era di 12
ore, sia per il diurno che per il notturno, ma si poteva arrivare
fino a 16 ore. Secondo l'autore il salario degli operai giapponesi
era “veramente misero”, motivo per il quale le merci nipponiche
invasero i paesi occidentali.
Capitolo
7
Problemi
dell'estremo oriente
Per
sole cinque pagine si parla del rapporto, non proprio amichevole,
Cina-Giappone, Due sono le considerazioni dell'autore che penso
vadano riportate:
“Per
questo motivo il Giappone non osserva passivamente i cambiamenti
politici in Cina, anzi talvolta li precorre, sempre vigile ad
intervenire quando crede lesi i suoi interessi.”
Da
notare la sensibilità dell'autore che riesce a non scrivere mai che
il Giappone era da un pezzo in guerra con la Cina per essersi
impossessato della Manciuria.
Riguardo
alla Cina un giudizio profetico (una volta tanto):
“Se
dunque la Cina adottasse i moderni metodi per migliorare il suo
commercio e la sua industria, potrebbe produrre una tale abbondanza
di prodotti da invadere quasi tutti i mercati del mondo.”
Conclusioni
Nelle
conclusioni si fa una osservazione interessante (non fatta
dall'autore, ma da un militare di carriera italiano) riguardante
l'espansionismo militare nipponico:
“Cosicché
possiamo ritenere per certo che futuri eventi storici, della maggiore
importanza, troveranno il Giappone presente e ancora vittorioso,
sempre che le sue aspirazioni politiche non abbiano a trascendere
oltre i limiti che gli sono imposti dalle sue necessità economiche e
demografiche.”
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