TITOLO: Generazione Otaku, uno studio della postmodernità
AUTORE: Hiroki Azuma
CASA EDITRICE: Jaca Book
PAGINE: 184
COSTO: 19€
ANNO: 2010
FORMATO: 23 cm X 15 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di
Milano
CODICE ISBN: 9788816409200
Questa recensione sarà limitata dalle mie scarse
conoscenze in materia di filosofia e sociologia. Probabilmente alcuni
parte sono abbastanza ostiche per chi non ha studiato tali materie,
specialmente filosofia moderna. Il saggio fu scritto nel 2001,
descrive il mondo otaku degli anni 90, che non c'è più, rimane
comunque molto interessante, almeno le parti che ho compreso.
La prefazione è di Marco Pellitteri, e alcune note al
saggio sono sempre sue, l'edizione italiana è stata aggiornata e
arricchita di spiegazioni aggiuntive per far meglio comprendere alcune
problematiche tipicamente giapponesi.
Il termine otaku in Giappone ha un'accezione negativa,
indica una maniacalità di settore, oltre ad una solitudine di
fruizione.
“Otaku” significa “presso la vostra casa”, ed è
un modo di rivolgersi simile al nostro “voi”. Secondo gli esperti
il termine otaku è nato quando i vari appassionati chiedevano di
scambiare le proprie collezioni/informazioni: “Per favore,
mostratemi la vostra (otaku) collezione”. Alla metà degli anni 80
un'autrice di fantascienza , Motoko Arai, scrisse un libro in cui si
rivolgeva ai lettori con la formula otaku, la cosa fu gradita così
tanto che i lettori iniziarono a interloquire tra di loro usando
questa forma. Nel 1991 fu prodotto dallo Stdudio Gainax il film
d'animazione “Otaku non video”, che aumento la diffusione del
termine.
Il termine otaku fu veicolato anche da 2 autori della
serie Macross, Shoji Kawamori e Haruhiko Mikimoto, che tra loro
usavano questa forma. I fan della serie, per rispetto verso i loro
autori preferiti, iniziarono ad imitarli. Infine il protagonista
stesso di Macross si rivolgeva agli altri con la stessa deferenza
della forma otaku.
Secondo Azuma la cultura otaku è l'emblema della
società postmoderna giapponese dell'informazione, comprendendo
meglio la cultura otaku si può capire dove la società è diretta.
Le generazioni otaku sono 3:
La prima è quella di chi nacque negli anni sessanta e
hanno visto in tv la Corazzata spaziale Yamato o Gundam;
La seconda è della generazione nata negli anni 70, che
nei primi anni 80 avevano 10 anni e poterono vivere il periodo più
florido della cultura otaku;
La terza è nata negli anni 80 ed andava alla scuola
media o al liceo quando venne trasmesso Evangelion.
Questo saggio è incentrato sugli otaku maschi della
terza generazione. Gli effetti della cultura postmoderna (cioè della
cultura successiva agli anni 60/70) si evidenziano nella cultura
otaku giapponese, ma il fatto che i perni della cultura otaku siano
stati accettati e divulgati anche al di fuori del Giappone indica
chiaramente che questo fenomeno ha un effetto mondiale.
La cultura otaku di prima generazione (anni 60/70)
nacque sulla scia dei fumetti e dei cartoni animati Usa, poi
rielaborati da Osamu Tezuka in manga ed anime. Quindi il Giappone
americanizzato dal consumismo statunitense degli anni 50/60 fece
propri quei contenuti trasformandoli in nipponici, anche tramite
manga ed anime. Vennero introdotti personaggi e storie appartenenti
al folklore giapponese, generando una subcultura nuova. Subcultura
che non tutti i giapponesi accettarono, per molti di loro vedere i
simboli del Giappone contaminati da dalla fantascienza o dalla
commedia non era accettabile. Se si accetta che questo immaginario
ibrido (simboli nipponici + modernità) sia tipicamente giapponese,
allora si è pronti per accettare la cultura otaku. La cultura otaku
non si basa sulla tradizione, ma sul suo annientamento. Il trauma per
la sconfitta nella seconda guerra mondiale ha avuto come effetto
anche la cultura otaku. Nei decenni in senso di inferiorità verso i
vincitori americani hanno spinto il Giappone ad affermarsi in
svariati campi, anche in quello culturale di intrattenimento, quindi
pure i manga i gli anime della cultura otaku. Di conseguenza su manga
ed anime si generò un nuovo pseudo Giappone, con nuove tradizioni,
nuovi eroi, nuovi nemici, in cui il paese del sol levante era il
protagonista indiscusso. In pratica un ritorno strisciante alle
tematiche nazionalistiche di destra.
Gli anni 80 furono un decennio di fittizio benessere, di
finzione, però rassicurante (e rimpianto ancora da tutti). Ed è in
questo decennio che si consolida la cultura otaku, un'accumulazione
di informazioni e prodotti legati a manga, anime, e videogiochi, in
pieno boom consumismo. Quando nel 1990 la bolla speculativa economica
giapponese esplose, ed iniziò la crisi economica, anche gli altri
problemi sociale vennero a galla (bullismo, enjo kosai, crisi della
scuola), inoltre l'attentato col gas sarin alla metropolitano di
Tokyo e il terremoto di Kobe gettarono la popolazione nello
sconforto. Solo gli otaku rimanevano fuori da questa depressione
nazionale, ancora immersi, per certi versi, nei loro anni 80.
Per gli otaku il periodo Edo è un'era particolarmente
positiva, durante il decennio prospero degli anni 80 si voltarono al
passato e considerarono il 1600 come un periodo altrettanto florido,
pacifico e culturalmente progredito. Ovviamente non potevano prendere
in considerazione il periodo Meji, il periodo prebellico e bellico,
quindi rimaneva il periodo Edo. Ed in questo contesto di doppia
valutazione positiva degli anni 80 e del periodo Edo, Azuma considera
l'anime Seiba Marionetto Jei l'emblema del sentimento otaku.
La postmodernità della cultura otaku ha 2
caratteristiche particolari.
La prima sono le “opere derivate”. Cioè tutti quei
prodotti costituenti reinterpretazioni di opere originali (manga,
anime, videogiochi). Per la cultura otaku sono importanti non solo
gli oggetti prodotti ufficialmente su licenza, ma anche quelli creati
dai fan, di carattere prettamente amatoriale. Un otaku considera di
pari valore sia l'originale che la copia, creando una terza categoria
dell'oggetto, “il simulacro”. Inoltre gli stessi autori e
produttori, consci di ciò, mettono in commercio materiale “derivato”
dall'originale.
La seconda caratteristica è l'importanza che
l'immaginario ha nella vita di un otaku. Per i critici gli otaku non
distinguono la realtà dalla finzione. In realtà gli otaku
preferiscono l'immaginario come identità e come chiave per
rapportarsi col prossimo e la società. Creano dei gruppi omogenei e
socializzano tra di loro.
A questo punto Azuma approfondisce il tema dei simulacri
dei prodotti originali, cioè le opere derivate e i suoi prodotti
derivati. Semplificando molto si può affermare che gli otaku hanno
sostituito le “grandi narrazioni” (storie, trame, prodotti
credenze, ideologie) con la passione per le “piccole narrazioni”
(cioè oggetti e storie derivate dagli originali).
In particolare la cultura otaku ha creato il kyara-moe,
quel consumo di prodotti legati ai sentimenti positivi/feticistici
(moe) verso un personaggio (chara = kyara) di anime, manga,
videogiochi.
Pare che il termine “moe” derivi dal verbo “moeru”
(ardere, brillare) riguardo le aidoru (idols), con un significato che
è “affetto bruciante per”.
L'otaku tralascia la vicenda narrata o i messaggi che la
costituiscono, accontentandosi di consumare solo i dati, le
informazioni legate alla struttura dell'opera.
In questo contesto Azuma utilizza come esempio concreto
2 anime robotici tipicamente otaku: Gundam (della prima generazione)
versus Evangelion (della terza generazione).
Gli otaku di Gundamerano comunque interessati alla
“grande narrazione” degli eventi di Gundam, oltre ad interessarsi
ai particolari del mecha. Gli otaku di Evangelion si concentrano fin
da subito su 3 elementi: ambientazione; il disegno dei personaggi; il
moe legato ai personaggi.
I fan di Gundam si appassionano all'universo di Tomino,
a tutte le vicende, particolarmente alla cronologia delle varie
serie. I fan di Evangelion si appassionano ai personaggi, ai
particolari, tralasciando la storia globale. Questa caratteristica
vale anche per i creatori delle 2 serie. Dove ad una precisione
cronologica di Tomino (in virtù delle numerose serie prodotte) si
contrappone un certo caos narrativo di Anno (che per Evangelion ha
creato una unica serie, la cui trama è stata modificata per il
film), una non-narrazione formata da dati da consumare.
Per spiegare l'importanza del moe nel successo di un
personaggio, anche in assenza di una ben che minima narrazione, Azuma
analizza il personaggio di Digiko (De-Gi Kyaratto oppure Di Gi
Charat). Un personaggio femminile creato per pubblicizzare prodotti
di largo consumo e, dopo essere diventato “moe”, usato per una
serie animata. Serie animata che non è più un qualcosa che ha un
valore aggiunto, ma è dello stesso valore del modellino.
Quindi non è più la qualità della narrazione a
rendere importante un personaggio, ma le sue caratteristiche moe,
studiate a tavolino appositamente per la cultura otaku, che la
“consumerà” acquistandone i prodotti.
Negli anni 90 la storia (grande narrazione) ha lasciato
spazio ai personaggi (piccola narrazione) legati al moe, che in
realtà significa solo un consumo di archivi di dati.
La cultura otaku ha influenzato anche i romanzi, con la
nascita di un nuovo filone (inizialmente di giallistica e
polizieschi) che si incentra più sulle caratteristiche moe dei
personaggi che sulla trama del romanzo. Gli autori che hanno iniziato
questo filone narrativo sono Ryusui Seiryoin, Natsuhiko Kyogoku,
Hiroshi Mori.
Anche se la cultura otaku ha superato il binomio
originale/copia creandosi i simulacri (cioè opere derivate da un
originale), non vuol dire che qualsiasi simulacro sia considerato
valido. Gli “archivi dati” permettono agli otaku di avere un
mezzo per distinguere un simulacro (prodotto amatoriale) buono da uno
scadente.
Prima una copia si valutava raffrontandola con
l'originale, ora il simulacro (una copia modificata) la si raffronta
con gli “archivi dati” di quella tipologia di prodotto.
Azuma approfondisce il tema dei giochi per PC con
ragazze (gyaru ge o bishojo games), che hanno una valenza molto
importante nella cultura otaku. In particolare analizza il
sottogenere “novel game” (“romanzo gioco”). Questi novel
game, oltre che su tematiche moe, fanno leva su una trama che spinge
l'otaku (maschio) a piangere (in Giappone il pianto maschile non ha
la valenza negativa che ha in occidente), la parte erotica può anche
essere inesistente. Il loro successo risiede nell'attingere
all'archivio dati della cultura otaku, utilizzando singoli aspetti
moe e ricombinandoli tra loro.
Alcuni potrebbero contestare il profilo dell'otaku
giapponese solitario e asociale, chiuso nel suo mondo immaginario,
facendo notare che gli otaku sono attivi sul web (in forum e chat),
nelle fiere tematiche, nella vendita e scambio di materiale. In
realtà questa socializzazione è funzionale allo scambio e
l'accumulo di dati. La frequentazione o l'amicizia possono essere
interrotte appena si ottiene l'informazione voluta oppure,
all'opposto, non la si possa ottenere. Consuetudine, questa (cioè lo
sfruttamento delle amicizie virtuali), che si estesa in generale a
tutte le frequentazioni nate su internet. La possibilità di
“disconnettersi” in qualsiasi momento, quando si vuole troncare
un rapporto col prossimo, non è né possibile né agevole con i
rapporti diretti.
Tutte queste considerazioni fanno affermare ad Azuma che
la cultura postmoderna otaku ha trasformato l'essere umano in un
“animale accumuladati”.
Nell'ultimo capitolo Azuma evidenzia la similitudine tra
come è strutturato il web e la cultura otaku, entrambi permettono
l'accumulo dei dati e sono generati dallo stesso accumulo di dati.
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