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martedì 4 giugno 2013

Ecco il Giappone


TITOLO: Ecco il Giappone
AUTORE: Cesco Tomaselli
CASA EDITRICE: Mondadori
PAGINE: 258
COSTO: 25 € circa
ANNO: 1934
FORMATO:25 cm X 18 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN:

Anche questo libro l'ho reperito al Salone del libro usato di Milano, quindi il prezzo di 25 euro è indicativo. Prezzo che, comunque, io trovo più che accettabile per i contenuti particolari del libro, che non sono solo storici, c'è anche una parte sociologica/di costume, ma il grosso del libro è di carattere storico. O meglio, è di carattere storico oggi, quando fu scritto, nel 1934, penso volesse essere di attualità politica.
Il libro è uno spaccato del Giappone visto da un italiano (fascista?) del 1934. Benché Cesco Tomaselli si sia trattenuto relativamente poco in Giappone (qualche mese) è riuscito ad andare oltre la propaganda che, immagino, gli fosse stata propinata dalle autorità nipponiche. Anche se la sua ideologia fascista gli fa valutare il tutto con una chiave di lettura, oltre che ovviamente antistorica, per me personalmente poco sopportabile. Quindi si troveranno numerosi peana di Mussolini, parole come “razza” e “gialli”, o “ebrei” usata in tono dispregiativo, esaltazione del suicidio dei soldati nipponici. Mentre ho trovato fin divertente il modo con cui Tomaselli apostrofa il “pericolo comunista”, “l'infezione comunista” e i “bolscevichi”, sembrava di leggere o sentire un nostro ex presidente del consiglio piduista... per lo meno Tomaselli ha avuto la scusante di vivere nel 1934, quando il comunismo sovietico era un vero pericolo.
Nella mia recensione avrei forse dovuto usare il passato nel riportare i fatti narrati, ma ho preferito usare il presente, il presente del 1934.
Concludo esprimendo la speranza che qualche editore legga questa mia recensione e ripubblichi questo libro, magari con delle note storiche che inquadrino meglio il periodo e i fatti citati, che per fortuna io conosco.

Il libro è diviso in cinque parti e 31 capitoli, per ognuno di essi riporterò un più o meno breve riassunto del contenuto. Inoltre contiene numerosissime foto che scannerizzerò.

PARTE PRIMA: L'arcipelago delle sorprese

1 Un incontro, fra due continenti
L'autore parla con l'ambasciatore cinese a Mosca (W.W. Yen) durante il viaggio di andata verso il Giappone, sulla nave “Conte Rosso”. Yen E Cesco Tomaselli intavolano un dialogo su vari argomenti, tra cui la situazione cino-giapponese in Manciuria. L'autore fa presente all'ambasciatore che il Giappone afferma di essere in Manciuria nello stesso interesse della Cina, per liberarli dagli stranieri occidentali e dai signori della guerra. L'ambasciatore obbietta che Il Giappone, dietro il motto “l'Asia agli asiatici”, in Cina si comporta come gli occidentali, portandosi via la Manciuria. Riguardo al non intervento della Società delle Nazioni dopo l'invasione nipponica Yen afferma:
... abbiamo tanto sperato nelle Società delle Nazioni... Lei è assalito, di notte, dai banditi. La prima cosa che fa è di guardarsi intorno, per vedere se c'è qualcuno che possa venirle in soccorso. Ma se non c'è nessuno, se la strada è deserta, se gli aggressori hanno le pistole puntate, non le rimane che un partito: scendere a patti coi banditi.”.
Alla fine di questo primo capitolo introduttivo l'autore spiega il senso di questo suo viaggio di scoperta del Giappone: il pericolo imminente di una guerra sino-sovietica e comprendere una guerra che si stava già combattendo, l'offensiva commerciale giapponese con la quale aveva invaso l'Europa di merci a costi bassissimi (biciclette a 50 lire e orologi a 6 lire al chilo), facendo fallire le aziende locali.
Ovviamente l'autore si prefigge anche di studiare la cultura giapponese e la sua società.

2 Luminaria sul Mare Interno
In questo inizio di secondo capitolo Tomaselli afferma che le Filippine saranno uno dei prossimi passi dell'espansionismo nipponico, seguito dai porti cinese e, infine, dall'Australia.
Riporto un passo del libro per rendere chiaramente il punto di vista politico dell'autore, che sta guardando il “giornale sonoro” (cinegiornale) a bordo della nave “Chichibu Maru”, che lo sta portando in Giappone:
D'un tratto sorsi in piedi. Marcia Reale e Giovinezza. Un istante dopo vedevo Roma, via dell'Impero, piazza Venezia stipata di Camicie Nere, e infine il Duce”.
Mi rimane il dubbio se nel 1934, per farsi pubblicare un libro dalla Mondadori, si dovesse per forza scrivere queste sviolinate senza nessun nesso col tema del libro, oppure se l'autore ci credesse veramente.
Sulla “Chichibu Maru” c'è una festa, e un giovane giapponese spiega a Tomaselli che è il giorno di “Kigen-Setsu”, il 2594° anniversario della fondazione dell'Impero dal primo imperatore Jimmu Tenno. Infine il giovane giapponese gli spiega la forma divina dell'Imperatore e che anche i soldati caduti in battaglia o “che si sono soppressi” per non sopravvivere alla sconfitta diventano deità. Da notare che l'autore non usa la parola suicidio, ma il più sfumato “che si sono soppressi”.

3 Stracittà giapponese
Sono spiegati vari aspetti in cui si imbatte Tomaselli appena sbarcato in Giappone:
La struttura di una città giapponese;
come la lingua giapponese sia poco discorsiva;
che le ragazzine che vanno a scuola, le impiegate e le commesse vestono all'occidentale perché il kimono sarebbe troppo sporchevole ed ingombrante;
che queste giovani moderne sono chiamate “Mogà”, “Modern Girl”, e i ragazzi “Mobò”, “Modern Boy”;
che in Giappone, come in nessun altro paese, c'è l'impiego di mano d'opera infantile.
Un giapponese spiega a Tomaselli il motivo di questo uso così largo dei bambini, specialmente bambine, nel mondo del lavoro. Le bambine aiutano la famiglia e iniziano a mettersi via la dote, in quanto la donna giapponese “è disponibile” (cioè “può lavorare”) fino a 20/22 anni, poi si sposa, quindi è anticipato di molto l'inizio dell'età del lavoro.
E' spiegato il minor costo della vita giapponese rispetto all'Italia, e sono elencate le cose che si possono comprare con soli 10 sen (10 centesimi di yen), corrispondenti a 35 centesimi di lire.
Tomaselli passa da Kobe ad Osaka, magnificando i treni e il servizio giapponese.
E' riportato che in Giappone se una coppia si baciasse in pubblico creerebbe scandalo, dove, viceversa, “si può noleggiare una donna come un pianoforte”.

4 La capitale risorta dall'incendio
Sono riportati i fatti tragici degli incendi a Tokyo e Yokohama dovuti al terremoto del 1923 e la ricostruzione che ne seguì, spesso eseguita con stili architettonici privi di armonia. Da quei fatti tragici si iniziò una prevenzione incendi più attenta: pattuglie notturne che vigilano, segnali illuminati per le uscite di emergenza nei grandi edifici, la “life lime” negli alberghi. Cioè una fune che in caso di incendio si doveva seguire per non perdersi nel fumo.
Non sono menzionate le uccisioni di massa di coreani da parte della popolazione delle città colpite dal sisma, a cui si diede colpa di inesistenti saccheggi dopo il terremoto.
Un giornalista di Tokyo (affiliato ad una setta reazionaria) spiega all'autore come gli USA cercano di indebolire il fiero, ma ingenuo, popolo giapponese con le 3 “esse”: “Sport, nel senso mercantile della parola; screen, lo schermo, il cinematografo corruttore; sex, cioè l'avvento della lussuria con tutti i suoi corollari che si chiamano divorzio, libero amore, malthusianesimo (controllo delle nascite)”.
Si parla del quartiere a luci rosse di Yoshiwara a Tokyo, e anche di un altro quartiere meno pubblicizzato, quello di Kameido. Di quest'ultimo i giapponesi si vergognano, ma che non abbattono, lì la “tariffa” è di uno yen e mezzo (5 lire) ad “incontro”, e “ce ne sono più di mille, e tutte di primo canto”. Che nel 1934 penso volesse significare “molto giovane”.

5 Otto lanterne intorno ad un kimono
Durante una cena ad 8 con altri europei (donne e uomini), che vivono in Giappone da svariati anni, sono affrontati alcuni argomenti riguardanti la società giapponese: la famiglia, la sottomissione della donna all'uomo, l'impossibilità di capre il Giappone anche dopo 10 anni di permanenza nel paese.

PARTE SECONDA: Un popolo malcontento

6 L'orizzonte di un ministro
In questo capitolo si cerca di capire quali sono le mire espansionistiche del Giappone. Cercando di valutare quali saranno gli scenari e quindi gli avversari, URSS, USA, Inghilterra?
Sono riportati gli avvenimenti che portarono all'uscita del Giappone dalla Società delle Nazioni nel 1933, dopo l'invasione della Manciuria e la condanna unanime internazionale.
La decisione giapponese è valutata analizzando la persona e l'operato del nuovo ministro degli esteri nipponico, Koki Hirota, che Tomaselli intervista, toccando i seguenti argomenti: Filippine, Cina, USA, URSS, Società delle Nazioni, Italia, Inghilterra, trattato navale.
Sull'uscita dalla Società delle Nazioni Hirota dice:
Il Giappone si è chiaramente espresso su questo argomento attraverso il rescritto che Sua Maestà Imperiale diresse alla nazione dopo il ritiro della delegazione nipponica da Ginevra”.
Ma come? Il pacifista e sempre all'oscuro di tutto Hirohito si espresse così chiaramente contro la Società delle Nazioni? E poi lo hanno pure graziato...

7 Il Veggente dal dito mozzo
Viene intervistata l'eminenza grigia del Giappone, l'ultra 80enne Mitsuri Toyama, privo di qualsivoglia carica, ma ispiratore del nazionalismo nipponico. Oltre che padrino politico, per esempio, del ministro degli esteri Koki Hirota. E' riportato l'aneddoto giovanile di Toyama riguardo al “dito mozzo” del titolo. Riguardo al viso di Toyama l'autore nota che il suo fisico è differente da quello della “razza” nipponica, questo perché lui è un samurai, quindi “egli rappresenta una selezione di razza”...
Tomaselli intervista il veggente/profeta/maestro (come lui lo incensa) ponendogli domande sulla situazione di politica estera: quale sia la forza del Giappone (la nazionalità è la risposta), la missione del Giappone nel mondo(!), infine, manco a dirlo, anche il vecchio reazionario nazionalista e militarista ammira il “nostro” Mussolini.

8 I “comunisti del Mikado”
E' spiegato in cosa consiste il malcontento che serpeggia in Giappone. Malumori, in special modo, dei militari verso i politici e i capitalisti. Il titolo del capitolo è riferito a quella corrente politica/militare che avrebbe voluto eliminare il capitalismo dando tutti i beni all'imperatore, che li avrebbe redistribuiti con equità. L'autore intervista vari esponenti della destra nazionalistica, tra cui Ryhoei Uchida, esponente di spicco della disciolta organizzazione reazionaria “Drago Nero”.
Per fermare “l'infezione comunista” furono emanate delle leggi speciali che permisero l'arresto in massa dei bolscevichi giapponesi.
Il capitolo si conclude con questa frase:
Non si può negare che c'è del malcontento in Giappone”.

9 Due fascisti: Araki e Matsukuoka
Sono intervistati Sadao Araki, ex ministro della guerra (dimessosi da poco per motivi di salute) fautore di un attacco preventivo all'URSS fin dal 1932, e Yosuke Matsukuoka, che difese l'invasione della Manciura davanti alla Società delle Nazioni e dichiarò l'uscita del Giappone dall'organizzazione ginevrina.
Le due interviste, come le tante altre del libro, danno una buona idea di quanto l'ideologia nazionalistica/militarista fosse condivisa in tutti i livelli di comando.

10 I panasiatici del “Drago Nero”
Tomaselli ha trovato così interessante il personaggio del “Drago Nero” intervistato brevemente nel capitolo 8 che decide di riservargli più spazio. Questo capitolo è una piccola agiografia di Ryohei Uchida, fondatore del disciolto “Drago Nero”, di cui Mitsuru Toyama (capitolo 7) fu il presidente onorario. L'autore spiega che, nonostante lo scioglimento, l'organizzazione del “Drago Nero” influenza molto la politica, i militari e la società giapponese. In pratica Uchida è favorevole ad un panasiatismo in salsa nipponica, cioè il Giappone comanda perché è il popolo eletto (etc etc), e gli altri popoli obbediscono, altrimenti muoiono, che è quello successo in seguito...

11 Il mito dell'Imperatore semidio
L'autore presenzia, unico straniero, ad una cerimonia in cui 30 mila insegnati delle elementari faranno atto di devozione pubblica verso l'imperatore (Hirohito, il pacifista Hirohito...), allo scopo di fugare i dubbi sulla lealtà dei maestri di scuola (tacciati di essere di simpatie comuniste, letto in un altro libro, se non sbaglio).
Questa occasione permette a Tomaselli di investigare meglio sulla figura divina dell'imperatore e della persona Hirohito.

12 L'idolo dietro il paravento
Un capitolo dedicato alla shinto e ai suoi santuari. L'autore cerca di rispondere alla domanda se i giapponesi sono religiosi. In questo contesto è correttamente riportato che lo shinto era religione di stato da pochi anni, e che nei secoli passati gli imperatori giapponesi furono anche poveri ed ignorati dal popolo. Inoltre che è un falso storico la continuità dinastica ininterrotta dall'imperatore Jimmu in poi. E' spiegato che i caduti in battaglia diventano degli dei e che le nuove generazioni, corrotte dal materialismo occidentale, non seguono più le credenze shintoiste. Quella delle “nuove generazioni” noto che è un problema che si presenta in Giappone dal 1900, dalla Restaurazione Meiji. La cosa divertente è che la generazioni giovane che era considerata “corrotta dal materialismo occidentale” sarà poi quella che rinfaccerà alla successiva generazione giovane di essere “corrotta dal materialismo occidentale”... ed è un fatto che ritrovo regolarmente in tutti i saggi sociologici e storici sul Giappone fino ai tempi nostri.
Riporto la frase finale con cui Tomaselli chiude il capitolo:
Può essere utile tener presente che in Giappone, almeno sino ad oggi, i vecchi comandano e i giovani sono zero”.

PARTE TERZA: Inchiesta sul “pugno di riso”

13 All'insegna del buon mercato
L'autore riporta un episodio vissuto in prima persona in Svizzera, quando un orologiaio elvetico si lamentò della concorrenza nipponica nel campo degli orologi. I giapponesi vendevano gli orologi agli svizzeri, avvantaggiandosi di prezzi bassissimi che stroncavano le aziende locali. Da questo aneddoto Tomaselli spiega la miracolosa evoluzione industriale giapponese che in meno di 80 anni ha creato un'industria capace di produrre merci competitive con quelle occidentali. Prima compravano, hanno imparato, poi copiato ed infine prodotto a costo minimi.
L'autore stila un elenco molto lungo di prodotti italiani messi in crisi dai corrispettivi nipponici, che costano dal 30 al 60% in meno.

14 Vendere per vivere
Tomaselli visita un “departiment store” di Tokyo, un grande magazzino che occupa 1500 commesse e 1000 commessi. In tutta Tokyo erano almeno 7, anche più grandi di questo, per un totale di più di 20000 dipendenti.
Questi grandi magazzini vendono dalla scatola di fiammiferi da un centesimo di yen all'anello di smeraldo da 15 mila yen. Il direttore del grande magazzino spiega la loro strategia commerciale: In Europa e Usa la donna è emancipata, ed esce di casa da solo per far compere. In Giappone no. Allora per attirare la donna (“animale compratore per eccellenza”) il magazzino è organizzato per far si che possa passarci tutta la giornata, ristorante, parrucchiere, teatro, cinematografo, luoghi dove lasciare i figli.
Si continua spiegando le dinamiche commerciali in Giappone. L'inondazione di merci a basso prezzo e di scarsa o nulla qualità sono le uniche che il consumatore giapponese si può permettere.
Riporto la parte finale del capitolo perché esprime un concetto che spesso lo si sente fare riguardo i cinesi del 2000:
I giapponesi sono dei poveri che vogliono diventare ricchi. Essi sono nella fase che le più giovani tra le nazioni europee hanno già superato: la fase in cui l'uomo che vuole a tutti i costi arrivare va a letto alle 10 per alzarsi alle 5, indossa biancheria rattoppata, mangia una volta al giorno e fuma sigarette popolari. I giapponesi sono in piedi alle sei, si alimentano di sostanze che nutrono senza ingrassare, lavorano dieci ore al giorno e fanno vacanza, in media, due volte al mese. Essi non si considerano degli “arrivati”. In ciò consiste la loro forza, e il nostro pericolo”.
Leggendo queste righe di Tomaselli pare quasi che gli italiani del 1934 fossero tutti nababbi, che vestissero alla moda, si ingozzassero come maiali e facessero il part-time...

15 La famiglia, cellula economicamente
Tomaselli esplora quello che valuta il pilone su cui poggia la società giapponese, la famiglia. Il Giappone non è una pluralità di cittadini, ma un collegio di famiglie, le cui caratteristiche particolari (che vengono brevemente analizzate) sono: il culto degli antenati, la gerarchia dell'anzianità, la pietà filiale, la sottomissione della donna, il principio genealogico della continuazione (l'adozione).
Il “sistema famiglia giapponese” si ripercuote e replica nell'economia reale, si fanno gli esempi delle 2 gigantesche società famigliari Mitsui e Mitsubishi e dei loro sterminati interessi, anche militari.
E' approfondito un altro aspetto dell'economia famigliare, l'artigiano e la piccola azienda di famiglia. Visita delle officine dove si costruiscono bici, o parti di esse, infatti ogni piccola azienda si specializza in n singolo pezzo della bici,e questo modo di produrre vale per tutte le merci prodotte in queste micro aziende.

16 Retroscena della “capacità di competizione”
Tomaselli pensa di aver capito il motivo dei prezzo così bassi delle merci giapponesi, non la svalutazione dello yen, ma il “dumping sociale”, cioè salari bassi e non gravati da politiche sociali statali e contratti di lavoro, più il “depresso tono di vita”. L'autore ha sentito spesso in Giappone il neologismo “capacità di competizione”, e lo spiega al lettore italiano del 1934.
Semplificando molto i prodotti giapponesi sono competitivi per il basso costo della mano d'opera, che può essere tale perché il popolo giapponese è mantenuto povero dalla stessa società. Dignitoso, pulito, laborioso, ma povero. L'autore riporta numerosi esempi di condizioni lavorative e di salari di operaie e operai in vari campi del tessile. I salari sono bassi, ma i cinema e i locali sono pieni. Non potendo permettersi altri lussi la popolazione si accontenta di svagarsi con ciò che si può permettere. Niente riscaldamento in casa (a parte il braciere), ma la radio si. Una scodella di riso senza condimento, ma il cinematografo.
Anche stavolta riporto le ultime righe del capitolo perché sono concetti che risentiamo ancora oggi:
Gli industriali nipponici esigono tutta per se la “capacità di competizione”. Non vogliono riconoscere che i nostri costi di produzione sono gravati dalle spese di previdenza e di assistenza sociale, della minor durata della giornata lavorativa, del più elevato tono di vita delle masse, in una parola sono caricati di una sopratassa di civiltà”.

17 Il declino della seta
E' il capitolo riservato all'industria serica, dove è prodotta la seta, da chi, come, in quali aziende, i flussi di operaie stagionali, i costi, le tradizioni legate al baco da seta, le scuole professionali e i corsi di laurea. Infine la crisi della seta che spinge un altro prodotto, il cotone, a cui è riservata l'altra metà del capitolo.

18 La campagna contro la città
Tomaselli cerca di capire se è vero che il popolo giapponese si nutre con un pungo di riso. Analizza la povertà degli agricoltori e la massiccia emigrazione verso le grandi città. Sono approfonditi numerosi aspetti di una economia nazionale basata sul riso.

PARTE QUARTA: Tradizione e modernismo

19 Tempi duri per la suocera
Capitolo sulla donna, che l'autore ammette essere vittima di varie ingiustizie sociali, ma che le conferiscono nuovi pregi: abnegazione,capacità di sacrificarsi, umiltà, sottomissione ma non passiva.
La donna giapponese, per esempio, è conscia del tradimento (anche plurimo) del marito, ma lo accetta senza fare scenate, anche perché sa che non potrebbe comunque opporvisi, in quanto la legge non glielo permette. Accetta anche che sia di dominio pubblico, non per essere compatita, ma encomiata: “Che donna di carattere!”, diranno le persone vedendola passare.
E' toccato anche l'argomento del comportamento dispotico delle suocere verso le nuore e del matrimonio combinato.

20 Da Madame Butterfly a Miss Japan
Ancora un capitolo sulla donna, incentrato sui lavori che svolge, sia nelle campagne che in città, ma che in entrambi i contesti sono mal retribuiti e per nulla valorizzati.
In campagna la ragazza ha due possibilità: o lavora fin da bambina nei campi e in casa oppure può essere venduta ad un intermediario cittadino per 200/300 yen. In modo che la famiglia possa avere un gruzzolo immediato, magari per far studiare il primogenito maschio. I lavori che la bambina/ragazzina venduta dovrà svolgere potranno essere o l'operaia semi schiava oppure la prostituta. Alla fine di questo periodo di “affitto” la ex bambina/ragazza potrà tornare al villaggio per celebrare il matrimonio combinato organizzato dalla famiglia.
In città va meglio, si può fare le commesse, le cameriere, oppure sposare un impiegato, ma le case di prostituzione sono anche lì dietro l'angolo.
Tomaselli intervista la presidentessa dell'Unione Suffragista, Fusae Ichikawa, a proposito dei diritti negati e della disparità di trattamento nei confronti del marito (divorzio, adozione, eredità, prostituzione).

21 “Non perdere la faccia”
In quali modi un giapponese “perde la faccia”?
Il capitolo elenca ed analizza numerose casistiche. In Giappone non esistono i mendicanti, ma gli “hiroya”, i “raccoglitori”, a cui non si può offrire cibo, “perderebbero la faccia”. Si lascia che siano loro a cercarlo tra quello buttato.
Cader prigioniero in guerra e un altro motivo di vergogna, che obbliga al suicidio prima di essere catturati.
Un missionario salesiano racconta che se un giapponese tralascia 2 volte di venire a messa non lo si vedrà più. Non perché abbia perso la fede, ma la faccia verso il prete, per non aver mantenuto l'impegno di andare a messa.
Poi ci si addentra sulla “doppiezza” di un giapponese, vista dal punto di vista occidentale. Una mancanza di sincerità che è, invece, una precauzione contro le prepotenze dei potenti. Accondiscendere senza esserne convinti, non contraddire, dire si e pensare no è stato per secoli l'unico modo che il popolo aveva per sopravvivere. Precauzione che ha influenzato anche la lingua.

22 Il fascino della spada
Un capitolo dedicato alle spade giapponesi, realizzazione, uso, storia.
Tomaselli visita un museo della spada all'interno del “pantheon dei caduti sulla collina di Kudan a Tokyo”, che viene chiamato “Sciokonscia”, mentre dovrebbe essere il sacrario di Yasukuni.
E' spiegato come si fa seppuku, e in questo contesto l'autore si reca con un accompagnatore a Takanawa, dove c'è la tomba dei 47 ronin, segue racconto della storia.
Il suo accompagnatore, riguardo al suicidio per onore, gli racconta che per la prossima guerra (ricordo che siamo nel 1934) dovrebbe funzionare un corpo di volontari che con vecchi aerei si scaglieranno contro i bombardieri nemici.

23 Serata coi maestri di juido
Tomaselli visita una palestra di judo, scritto “juido”, e funge anche da vittima in un incontro. Riporta qui le sue impressioni su questa strabiliante arte marziale/sport.

24 Il romanzo del vecchio vulcano
In questo capitolo si reca in gita di un week end sull'isola di Oshima, famosa anche per il vulcano attivo dentro cui si sono gettate circa 100 persone in un solo anno. Racconta di questo sui piccolo viaggio e dei suicidi per amore, delle coppie e degli studenti che vengono bocciate agli esami(!).
Avvicinandosi alla bocca del vulcano compaiono numerosi cartelli per dissuadere gli aspiranti suicidi, “torna indietro, il suicidio è una follia”, recita uno di questi.

PARTE QUINTA: Manciuria, tenuta del Mikado

25 Hsinking, la capitale morganatica
Come ultima tappa del suo pellegrinare giornalistico si reca a Mukden e a Hsinking, capitale della Manciuria giapponese. E' spiegato il finto attentato che diede l'alibi al Giappone di invadere la Manciuria, lo stesso Tomaselli scrive che fu tutta una finta, ma non la condanna, la giustifica implicitamente come un fatto inevitabile. A Hsimking intervista il ministro degli esteri dello stato fantoccio del Manciukuò, Hsieh Cieh-Shim (i cui vice ministri sono tutti giapponesi...). Stato del Manciukuò riconosciuto solo dal Vaticano e dal Salvador, oltre al Giappone, ovviamente.

26 La “regola del benevolo Moderatore”
In questo capitolo Tomaselli, sempre in Manciuria, intervista il primo ministro Ceng Hsiao-Hsu. Questi spiega all'autore che la politica del Manciukuò si ispira alla dottrina Wangtao, “Missione del re” o “regola del benevolo moderatore”, derivata dai precetti di Confucio e Mencio. L'autore pone domande scomode all'interlocutore, sul reale comando nipponico e sulle rivolte anti giapponesi dei contadini cinesi. Tomaselli svela al lettore italiano “l'imbroglio” del Manciukuò, senza mezzi termini, anche se bisogna ricordare che nel 1934 Italia e Giappone non erano ancora alleati.

27 L'Imperatore dalle tre Corone
E' ripercorsa la stria dell'imperatore del Manciukuò, sua maestà Kangte, alias Hnery Pu Yi, alias Hsuan Tung.

28 La carriera di bandito
Si reca anche ad Harbin (dove i giapponesi avevano una Unite 731, letto in un altro libro), sempre in Manciuria, alla ricerca dei “kingusi”, i banditi che infestano il territorio col brigantaggio. Si tocca anche l'argomento dei coloni nipponici in Manciuria, che arrivarono in misura minore del previsto, proprio per la durezza del clima e della pericolosità della zona., considerata meno desiderabile rispetto alla Corea e a Formosa.

29 La commedia della “porta aperta”
Il governo cinese della Manciuria chiede alle nazioni di investire nel proprio paese, ma chi comanda, cioè i giapponesi, non vogliono concorrenza. Inoltre i giapponesi considerano fastidioso pure il governo fantoccio di Pu Yi, perché vorrebbero amministrare tutto senza intermediari. Sono spiegate le vicende riguardanti le due compagnie ferroviarie della Manciuria, la South Manchuria Railway, di proprietà giapponese, e la Chinese Eastern Railway, di proprietà sovietica. Con tutti gli intrighi e gli interessi che queste due compagnie muovono.

30 La guerra che scoppierà d'autunno...
Il capitolo analizza quello che ai tempi pareva essere il conflitto prossimo venturo più probabile, tra i sovietici e i giapponesi al confine tra la Manciuria (ormai territorio giapponese) e l'URSS. Conflitto che poi non avvenne mai, se non negli ultimi giorni della seconda guerra mondiale prima della resa nipponica.

31 Il sogno del “Dai Nippon”
Nell'ultimo capitolo si cerca di capire la strategia di lungo periodo del “Grande Giappone” (“Dai Nippon”) in Asia. A tal proposito sono riportate le teorie panasiatiche del principe Fuminaro Konoye, del generale Jwane Matsui, del professor Takeyo Nakatani, che in breve possono essere riassunte nell'idea di un Asia unita contro i bianchi occidentali ma sotto la guida del Tenno nipponico.
Di nuovo molti personaggi influenti concordano su una prossima guerra contro l'URSS, sia per il controllo della Manciuria, che per stroncare il comunismo. Inoltre è caldeggiata una futura alleanza con la Germani nazista in funzione anti sovietica, Germania nazista che ha in Hitler un estimatore convinto del Giappone.
Riguardo al ritmo dell'espansione giapponese in Cina Tomaselli scrive:
Se i tempi della espansione nipponica dovessero conservare questo ritmo, alla metà del secolo tutta l'Asia orientale sarà diventata Protettorato dell'Imperatore di Tokyo”.

Finita la recensione inserisco le immagini presenti nel libro, un tuffo nel passato di un Giappone che non c'è più, in alcuni casi fortunatamente. Le didascalie penso rendano superfluo un mio commento.









































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