TITOLO: Hiroshima e il nostro senso morale, analisi di una decisione drammatica
AUTORE: Paolo Agnoli
CASA EDITRICE: Guerini e Associati
PAGINE: 256
COSTO: 21,5€
ANNO: 2012
FORMATO: 21 cm X 14 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di
Milano
CODICE ISBN: 9788862504690
Sul
web mi è capitato di portare avanti le stesse tesi dell'autore
contro chi voleva far passare per vittima il Giappone e carnefice gli
Usa (e non sono un filo americano, per la cronaca), ovviamente non
così bene, quindi il libro l'ho trovato a dir poco perfetto.
Dissento con l'autore solo su due questioni, una neppure valutata
nel saggio.
Per
primo mi permetto di contestare le sue considerazione fatte nei
paragrafi 10.6 e 10.7 (vedi indice). Di certo il progetto Manhattan
portò a tantissime ricadute positive sull'industria e sulla vita
delle persone, ma questo non basta per valutare positivamente quel
progetto (le altre motivazioni portate dall'autore, invece, le
condivido). Perché, altrimenti, bisognerebbe anche considerare
positivamente gli esperimenti su cavie umane fatte da scienziati(?)
tedeschi e giapponesi, che portarono ad una qualche scoperta (magari
minima) positiva per la scienza.
L'aspetto
che, secondo me, l'autore non ha considerato è quello “razziale”
nella scelta ultima degli Usa. E' vero che non c'è la controprova,
in quanto la bomba atomica fu pronta dopo la resa nazista, però mi
chiedo se gli americani l'avrebbero usata contro una popolazione
bianca (in generale WASP). Ricordando che negli Usa di quegli anni
era perpetrata la segregazione razziale verso i cittadini di colore.
Inoltre i cittadini nippo americani furono internati per timore
fossero spie, mentre ai cittadini italiani e tedeschi, nemici
anch'essi, non fu riservato il medesimo trattamento.
Preciso
che i piccoli sunti che scrivo per ogni paragrafo non sono esaustivi
del loro contenuto, vogliono essere solo una piccola anticipazione,
specialmente perché l'autore affronta tantissime tematiche.
Capitolo
1: Introduzione
1.1
Due dilemmi etici principali
1.2
Sulle “intuizioni” morali
1.3
Sul concetto di scelta moralmente lecita
1.4
Un paragone tra etica e scelta
In
questa parte introduttiva l'autore spiega quale sarà il suo
approccio etico-morale verso la progettazione e costruzione della
bomba atomica, e al bombardamento atomico. In questa parte
introduttiva vengono proposte le classiche domande che tendono a
voler mettere in dubbio la liceità della scelta americana, queste
obbiezione verranno confutate nel proseguire del libro.
Paolo
Agnoli ci spiega che ha cercato di applicare alla questione un'etica
basata sugli argomenti e non su pronunciamenti morali,
contestualizzandola in quel momento storico, politico, sociale.
La
domanda principale del libro è questa:
“Supponiamo
che io fossi a occupare la posizione decisionale ultima, in quelle
stesse condizioni, e a dover decidere: cosa farei?”
Parte
Prima: La decisione di costruire la bomba
Capitolo
2: Perché si pensò alla realizzazione di un'arma nucleare?
2.1
La scienza e i progetti militari
2.2
Le origini e i fondamenti
2.3
La fissione nucleare
2.4
La reazione a catena
2.5
L'idea di una bomba atomica
2.6
Importanti passi avanti utili alla costruzione dell'ordigno
2.7 I
progetti a livello internazionale
2.8
Trasformare una nazione in un impianto industriale
E'
riproposta la storia delle scoperte che portarono alla bomba atomica,
sempre inquadrate nel periodo storico di allora. Da notare che ci fu
un momento, precedente al progetto Manhattan, in cui gli scienziati
americani e non americani che lavoravano allo sviluppo di quelle
tecnologie, decisero autonomamente di non pubblicare più le loro
continue scoperte scientifiche, questo per il timore/terrore di poter
favore la corsa all'atomo di Hitler. Fu il momento in cui quegli
scienziati si resero conto che la bomba atomica si poteva fare, non
era solo teoria.
Capitolo
3: I fisici, le persecuzioni antisemite e la loro esperienza umana
3.1
Le leggi razziali
Gli
scienziati ebrei (o non ebrei come Fermi, che era sposato con una
ebrea) subirono in Germania (e in tutte le nazioni a loro
assoggettate) una tale discriminazione razziale che, rifugiatisi
negli Usa, si convinsero (nonostante molti di loro fossero pacifisti)
che bisognava impegnare l'amministrazione americana nella costruzione
di una bomba atomica, per anticipare i nazisti.
3.2
L'avversione verso Hitler
Per
esempio il fisico italiano Amaldi, che non riuscì ad emigrare negli Usa, ammise dopo la guerra che se ne avesse avuto la possibilità anche lui avrebbe
partecipato al progetto Manhattan.
3.3
Gli attacchi tedeschi alla “scienza giudaica”
In
Italia e Germania non solo si espellevano gli scienziati ebrei dalle
università, ma prima di ciò si considerava la fisica come una
“scienza giudaica”, priva di ogni verità scientifica, proprio
perché molto fisici erano di origine ebrea. Furono poi questi fisici
ebrei esuli a spingere di più gli americani ad attuare un loro
programma nucleare.
Capitolo
4: La costruzione della bomba
4.1
La commissione MAUD
Dopo
i tedeschi furono gli inglesi ad attuare un programma atomico, cosa
che influenzò gli americani.
4.2
L'impegno americano
Alla
fine il programma MAUD inglese confluì nel progetto Manhattan.
4.3
Il progetto Manhattan
E'
spiegata la nascita e la struttura del progetto Manhattan nell'estate
del 1942, con a capo il generale Groves, che scelse il “comunista”
Oppenheimer come direttore scientifico. Non tutti gli scienziati
contattati accettarono di essere coinvolti nella costruzione della
bomba, che alla fine costò 2 miliardi di dollari di allora (più di
20 miliari di dollari del 1998),
4.4
Los Alamos
E'
raccontata la creazione del laboratorio di Los Alamos, il clima di
collaborazione che vigeva, è evidenziato l'apporto decisivo di
Fermi.
La
gran parte dei degli addetti non conosceva lo scopo finale dei
calcoli che conduceva, fato che rallentava i risultati finali. Il
fisico Richard Feynman convinse le autorità americane che, se lo
avessero rivelato, tutti sarebbero stati più motivati, cosa che
accadde.
4.5
Il Trinity test
La
descrizione della prima detonazione atomica sperimentale, chi
assistette a quell'esperimento comprese che la guerra era giù
finita,,e che nessuna invasione di terra era più necessaria.
Parte
seconda: La decisione di usare la bomba
Capitolo
5: La fine della guerra in Europa
5.1
L'invasione della Germania
Al
giusto scopo di contestualizzare la decisione americana, l'autore
riporta il numero di vittime provocate dalla sola invasione della
Germania da parte degli Usa e URSS: 4 milioni di tedeschi quasi tutti
civili (a cui vanno sommate 2 milioni di donne stuprate dai
sovietici, che si suicidarono o vennero uccise); 9 milioni di soldati
sovietici.
5.2
Le “tempeste di fuoco” sulle città tedesche
E'
dato conto della decisione inglese di iniziare i bombardamenti
incendiari espressamente contro i civili sulle città tedesche, che
causò tra i 420 mila e i 570 mila morti, più del numero di vittime
di Hiroshima e Nagasaki..
5.3
Il bombardamento di Dresda
Ci si
focalizza sul bombardamento di Dresda (città d'arte, senza impianti
militari e senza contraerea), che ospitava una moltitudine di
rifugiati. Proprio per la presenza di questi rifugiati non
conteggiabili il numero finale delle vittime non è certo, si va da
alcune decine di migliaia ai 250 mila, di questi il 20% furono
bambini, più del numero di vittime di Hiroshima e Nagasaki.
Capitolo
6: La situazione nel pacifico
6.1
Iwo Jima e Okinawa
E'
illustrata l'estrema combattività del soldato e del civile (Saipan)
giapponese, mai disposto alla resa, la cui scelta finale era il
suicidio, preferibilmente se accompagnato dalla morte dei nemici
(facendosi saltare in aria con una bomba a mano). A Iwo Jima morirono
27 mila americani, fu l'unico caso in cui le morti giapponesi furono
inferiori (23 mila) a quelle Usa, Ad Okinawa (suolo nipponico) i
giapponesi sacrificarono 260 mila persone (110 mila soldati e 150
mila civili), più del numero di vittime di Hiroshima e Nagasaki.
Sono
riportati gli attacchi kamikaze, che per gli alleati furono un grande
shock psicologico.
Su
una fonte ufficiale giapponese venne riportata questa esortazione:
“Non
possiamo più continuare la guerra così, pensando di vincerla.
L'unica speranza per i cento milioni di giapponesi è sacrificare le
proprie vite sacrificandosi contro il nemico per fargli perdere la
voglia di combattere.”
6.2
Il concetto giapponese della guerra
Riporto
la prima frase dell'autore:
“L'assoluto
disprezzo nei confronti di tutti coloro che si arrendono unito al
concetto di superiorità razziale e culturale influenzò il modo in
cui l'esercito giapponese tratto i prigionieri di guerra e le stesse
popolazioni civili dei territori occupati.”
Si da
conto anche dell'invasione della Cina, dell'Unità 731, delle “donne
di conforto coreane” (e non solo di quel paese) e del trattamento
dei prigionieri di guerra. A questo proposito sono riportate alcune
cifre illuminanti: i giapponesi in tutto catturarono 24992 americani
di cui 8634 morirono in prigionia (35%), i tedeschi ne catturarono
93653 e solo 833 morirono (0,9%).
6.3 I
bombardamenti americani sul Giappone
Per
sconfiggere il Giappone gli americani valutarono tre opzioni: blocco
navale con intensificazione dei bombardamenti convenzionali;
invasione di terra; uso dell'atomica.
Sono
riportati i bombardamenti incendiari col napalm delle città
giapponesi, che fu parte di una strategia per fiaccare la voglia di
combattere nipponica, che causò quasi un milione di vittime, più
del numero di vittime di Hiroshima e Nagasaki.
6.4
Come vincere la guerra e stabilire la pace?
In
questo contesto gli americani iniziarono a pianificare l'invasione di
terra, valutando le possibili vittime statunitensi in circa un
milione.
Capitolo
7: La discussione sull'impiego della bomba
Per
la scelta degli obbiettivi atomici i criteri furono quattro: Luoghi
per i quali il bombardamento potrà avere come effetto quello di
compromettere la volontà giapponese a continuare il conflitto;
Luoghi con sedi militari o concentramento di truppe o produzioni di
armi; Luogo non bombardato precedentemente; Il primo bersaglio dovrà
essere sufficientemente ampio da contenere l'effetto dell'esplosione
in modo tale che sia chiara tutta la sua portata.
7.1
Come usare l'arma atomica?
Sono
spiegati i motivi che spinsero a scegliere Hiroshima (all'interno dei
criteri sopra riportati), uno di questi fu l'assenza in città di
campi di detenzione per prigionieri di guerra. Fu scartata l'opzione
(caldeggiata da alcuni scienziati) di una prima esplosione annunciata
dimostrativa in un luogo disabitato in Giappone: rischio abbattimento
velivolo; possibilità che vi fossero deportati i prigionieri;
impossibilità di rendere (in assenza di costruzioni) la potenza
distruttiva dell'ordigno; ed altri motivi.
7.2 I
comitati di esperti
Sono
riportate le riunioni delle commissioni che studiavano l'uso
dell'atomica contro il Giappone, compresi i pareri negativi.
7.3
La risoluzione degli scienziati
Alla
fine ci furono due punti di vista: non usare la bomba perché questo
avrebbe comportato una corsa agli armamenti nucleari con l'URSS;
usare la boma atomica per porre fine al conflitto e salvare altre
vite umane.
Capitolo
8: Verso l'utilizzo della nuova arma
8.1
L'ultimatum di Postdam
Dal
18 giungo il presidente Truman iniziava a dover decidere sullo
sgancio della bomba. La dichiarazione di Postdam il Giappone era
avvertito, e la macchina di distruzione era avviata. Se è vero che
la minaccia atomica non fu mai menzionata (principalmente per motivi
di sicurezza e nel caso che potesse fallire, certezze non esistevano
in merito), il tono dell'ultimatum e le sue parole erano chiare.
8.2
Truman e l'opinione pubblica americana
E'
riportato che Truman studiò il da farsi per tre mesi, dopo numerose
valutazioni (non fatte per i bombardamenti convenzionali sui civili
tedeschi e giapponesi), una di queste riguardava lo stato d'animo
esasperato della popolazione statunitense rispetto al procrastinarsi
della guerra.
8.3
L'arsenale della democrazia
E'
ben spiegata la filosofia con cui gli americani erano entrati in
guerra contro i nazi-fascisti: usare la capacità produttiva Usa
contro i nemici; investire dollari americani per salvare vite
americane.
E'
dato conto dell'enorme sforzo produttivo americano durante la guerra,
anche in supporto degli alleati.
8.4
Il ruolo dell'inteligence
La
tecnologia americana aveva permesso di svelare i codici crittografici
dei giapponesi, tutti i messaggi tra Tokyo e Mosca o gli Usa erano
letti. Per questo gli americani non si fidavano dei giapponesi,
sapevano del potenziamento delle guarnigioni a difesa del Giappone
per opporsi alla loro futura invasione.
Capitolo
9: L'utilizzo della bomba
Dopo
il rifiuto giapponese alla resa incondizionata Truman ordinò l'uso
dell'atomica.
9.1
Hiroshima
E'
brevemente riportato l'atto del bombardamento di Hiroshima, con
successive reazioni politico-militari. Sul fatto che per molte
persone neppure i vertici giapponesi compresero cosa fosse accaduto
ad Hiroshima, l'autore riporta una testimonianza del fisico Shoji
Sawada, sopravvissuto alla bomba:
“Il
governo e l'esercito mandarono subito a Hiroshima un gruppo di
scienziati per avere conferma, misurando il livello di radioattività,
che si trattava di una bomba atomica. Il gruppo era guidato da Yoshio
Nishina, che era un grande fisico giapponese e aveva studiato a
Copenaghen con Niels Bohr.”
9.2
Il dibattito tra i giapponesi
Alcuni
politici giapponesi sperarono che la bomba su Hiroshima avrebbe
permesso al Giappone di arrendersi con onore, visto la sua potenza
distruttiva, ma così non fu.
9.3
Nagasaki
Il
bombardamento di Nagasaki, che ospitava importanti basi militari.
9.4
La determinazione di Truman
A
questo punto l'autore fa una considerazione logica: se lo sgancio su
Hiroshima (80 mila vittime immediate) non convinse l'imperatore e i
suoi accoliti, come avrebbe potuto farlo un'azione dimostrativa su
una zona disabitata?
9.5
La resa
E'
dato conto di come avvenne l'accettazione nipponica della resa
incondizionata, le reazioni in Giappone e negli Usa. Truman rimase
sbalordito dal fatto che i giapponesi alla fine avevano compreso solo
l'uso della forza.
9.6
Il primo dopoguerra
Si
analizza l'immediato dopoguerra in Giappone con l'arrivo di
MacArthur, e l'inizio della strategia americana atta a
deresponsabilizzare totalmente Hirohito alla scopo di mantenerlo sul
trono, evitandogli il processo per crimini di guerra.
Parte
terza: Riflessioni finali
Capitolo
10: Sulle scelte degli scienziati
L'autore
torna sulle motivazioni che spinsero tanti scienziati ad impegnarsi
con tanto zelo alla costruzione di un'arma tanto distruttiva.
10.1
Ancora sulle motivazioni degli scienziati
A
distanza di decenni si tende a dimenticare che la bomba fu costruita
contro Hitler, e che la sua vittoria avrebbe comportato la fine
dell'umanità allora conosciuta.
10.2
Su scienziati e principi etici “rigorosi
Secondo
alcuni quegli scienziati si sarebbero dovuti rifiutare di costruire
la bomba proprio in virtù dell'essere scienziati, ma questi
principi etici non valevano (o varrebbero oggi) per ingegneri,
tecnici e semplici operai che vi parteciparono?
10.3
Sui fisici sovietici
E'
riportato l'impegno sovietico per la costruzione di una bomba atomica
dai primi anni 40, reso impraticabile dalla mancanza di risorse
dovute all'invasione tedesca.
10.4
Ancora sul contesto delle decisioni degli scienziati
Molti
degli scienziati che parteciparono al progetto Manhattan si
rifiutarono in seguito di progettare la bomba all'idrogeno, questo
perché non c'era più un Hitler come rischio alla libertà.
10.5
Sulla corsa agli armamenti
Altre
interessanti considerazioni dell'autore sulla responsabilità di
quegli scienziati per la successiva corsa agli armamenti nucleari.
Semplificando eccone alcune: Gli Usa non iniziarono la corsa agli
armamenti (iniziata da tedeschi ed inglesi); Gli Usa erano gli unici
ad avere le capacità per la costruzione della bomba, gli altri
paesi (Inghilterra, Germania e URSS) ne avevano solo la volontà; Se
non l'avessero costruita gli Usa l'avrebbe costruita qualche altro
paese, gli americani non potevano vietarlo per legge.
10.6
Sulle ricadute del progetto Manhattan
Il
progetto Manhattan cambiò il modo di fare ricerca e sviluppo,
l'autore analizza questo aspetto.
10.7
Lo sviluppo tecnologico nell'era postbellica
Il
progetto Manhattan ebbe tre sviluppi importanti: computer, software,
semiconduttori.
Capitolo
11: Sulle scelte di Truman
In
questo ultimo capitolo si cerca di spiegare la scelta di Truman, che
fu un modo terribile di terminare la guerra, ma il meno terribile tra
quelli disponibili.
11.1
Gli incubi del presidente americano
Si
cerca di valutare quante morti civili e militari avrebbe comportato
l'invasione del suolo giapponese. E' riportato un ordine giapponese
del primo agosto 1944 (subito tradotto dagli Usa) che ordinava
l'immediata esecuzione di tutti i prigionieri di guerra in caso di
invasione del Giappone.
11.2
Ancora sulle condizioni in cui operò Truman
Per
spiegare in quale contesto Truman si trovò a decidere è illustrato
con quanto fanatismo i soldati giapponesi combattevano, appoggiati
dai civili. Il fatto che ormai il Giappone avesse perso materialmente
la guerra non valeva per i giapponesi, pronti a combattere fino alla
fine. A tal proposito è riportato il piano di resistenza nipponico
chiamato “Ketsu-go”. L'obbiettivo finale giapponese era spezzare
la voglia di combattere degli americani, infliggendo loro sul suolo giapponese perdite non
tollerabili. Perdite che, invece, i sudditi
giapponesi avrebbero accettato sacrificandosi per l'imperatore.
11.3
Sulla reale disponibilità giapponese alla resa
I
giapponesi mai cercarono un contatto con gli alleati per negoziare la
pace.
11.4 Sul “mostrare i muscoli” all'Unione Sovietica
Secondo
l'autore uno degli effetti degli sganci atomici sul Giappone fu
avvertire indirettamente gli URSS della loro nuova arma, ma non fu la
motivazione per la decisione presa.
11.5
Sulla fine della guerra in Germania e Giappone
E'
illustrato come i giapponesi non furono vittime di scelte più atroci
rispetto ai tedeschi, il numero dei morti complessivi resta ad
indicarlo, ma il Giappone è diventato vittima dell'olocausto
atomico, mentre i tedeschi non sono diventati vittime dell'olocausto
delle bombe incendiarie.
11.6
Intento e previsione
La
scelta americana degli obbiettivi di Hiroshima e Nagasaki fu
prettamente militare, non causata dalla volontà di uccidere il più
alto numero di civili, che fu, invece, la motivazione per i
bombardamenti incendiari sulle città tedesche e giapponesi.
11.7
Far “decantare la situazione”?
Secondo
i critici di Truman c'erano tre alternative all'invasione di terra (e
quindi al bombardamento che la voleva evitare): continuare i
bombardamenti convenzionali; un embargo per affamare il Giappone;
iniziare colloqui di pace.
La
prima “alternativa” quanti morti civili avrebbe causato più di
Hirohima e Nagasaki?
La
seconda “alternativa” era più etica della bomba? E bisogna
considerare che nel frattempo il Giappone si sarebbe riarmato.
Per
la terza “alternativa” (ma vale anche per la seconda) si
dimentica che il Giappone deteneva ancora territori stranieri, dove
continuava ad uccidere i civili o i partigiani locali. Non porre
fine alla guerra avrebbe significato la continuazione di quelle
morti, la vita di un cinese valeva meno di un giapponese?
11.8
Ancora domande
L'autore
continua i paragoni tra il trattamento subito dai civili tedeschi e
quelli giapponesi, ponendo a chi considera immorale la scelta
dell'uso dell'atomica una serie di domande di buon senso. Infine
viene chiesto a questi oppositori della bomba atomica sul Giappone
quante vite si sarebbero risparmiate se la bomba fosse stata pronta
prima, e fosse stata sganciata sul terzo Reich, ponendo fine alla
guerra con mesi o anni di anticipo.
11.9
Su senso morale, valori e principi
Sono
analizzati altri aspetti etici e morali della scelta americana, e
messi a confronto con le critiche rispetto a questa scelta.
11.10
Sui diritti degli aggrediti e degli aggressori
Sono
valutati gli aspetti riguardanti i diritti calpestati dei cittadini
giapponesi uccisi con l'atomica per porre fine alla guerra, questo fu
legittimo? I cittadini giapponesi non erano “innocenti”, erano
gli aggressori, mentre i cinesi, per esempio, erano gli aggrediti.
Questo argomento è lungamente spiegato nel paragrafo, meglio della
mia breve semplificazione.
Conclusioni
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