TITOLO: Lo sciamanismo in Giappone, la caverna delle volpi di Inari
AUTORE: Emanuela Borghino
CASA EDITRICE: Harmattan Italia
PAGINE: 168
COSTO: 17€
ANNO: 2005
FORMATO: 21 cm X 14 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN: 9788888684987
A dispetto nel limitato numero di pagine e del costo alto questo saggio è molto bello, stracolmo di informazioni su un aspetto ben poco conosciuto in Italia, inoltre è scritto bene.
Un
fatto che mi pare di dover evidenziare è che l'autrice, Emanuela
Borghino, pare (è una mia impressione nata dalla lettura del saggio)
credere veramente nel culto di Inari. Questo non è né un fatto
positivo né negativo, è solo una curiosità che faccio presente, e
che mi ha colpito in quanto personalmente non sono portato a credere
in generale alla religione, men che meno a credenze così particolari
e lontane dalle nostre, anche se mi interessano.
Finita
la premessa passo ad una illustrazione del bel saggio di Emanuela
Borghino, che inizia con una spiegazione dello shintoismo e dei kami.
I
primi testi scritti giapponesi che riportano i miti ancestrali
risentono già delle influenze cinesi e buddhiste, essendo state
scritte 300 anni dopo l'introduzione degli ideogrammi cinesi.
Nonostante ciò si possono comunque estrapolare i contenuti
prettamente collegabili alla mitologia giapponese. Lo sciamanismo dei
nativi giapponesi è provato dalla figura della dea del sole
Amaterasu (che in Cina era maschile), dalla dea Uzume (che con la sua
danza fa uscire Amaterasu dalla caverna) e, per esempio, dalle prime
imperatrici come Himiko (che negli scritti cinesì dell'epoca era
considerata capace di incantare gli spiriti del popolo Wo con i suoi
poteri). Anche l'imperatrice Jingu interrogava i kami fungendo da
medium. Quindi la tradizione sciamanica femminile legata al culto
della setta Inari ha radici molto antiche.
Lo
shintoismo ha sia un ovvio carattere religioso che uno culturale, che
va oltre la religione, infatti un giapponese può professare culti
differenti dallo shinto, ma rispetterà comunque talune ricorrenze
shintoiste. Le divinità shintoiste non sono benefiche o malevole, il
loro comportamento verso l'uomo può essere modificato tramite riti.
Lo shintoismo antico era basato su credenze animiste e arti magiche,
in seguito le classi dominanti lo svilupparono in un culto ufficiale
con riti più elaborati. Lo shintoismo ha 4 varianti ufficiali:
Shinto della casa imperiale (Koshitsu Shinto); Shinto dei sacrari
(Jinja Shinto); Shinto delle sette (Kyoha Shinto); Shinto popolare
(Minkan Shinto).
Centro
dello shintoismo è l'interazione tra gli uomini e i kami. Può
essere un kami tutto ciò che è divino, nel senso che ispira
stupore, timore e rispetto. I kami possono essere entità, divinità,
essere umani defunti, animali, piante o oggetti. Pare che il termine
kami derivi dal termine ainu per indicare gli spiriti, kamui. I kami
hanno un comportamento identico agli essere umani, solo che hanno
poteri negati agli uomini. I kami possiedono il mi-tama (augusto
gioiello), simile ad un'anima, che si compone di due elementi
opposti: il nigi-mitama (elemento buono) e il era-mitama (elemento
malvagio). Nei templi shintoisti è venerato il mitama-shiro
(sostituto del mitama) oppure lo shintai (corpo del dio),
quest'ultimo è un oggetto che incarna il mitama del kami. Gli
shintai possono essere una pietra, uno specchio, una sciabola, oppure
una tavoletta col nome del kami. Sono custoditi nei templi e portati
in processione durante alcuni riti (i matsuri), in cui il kami
discende nello shintai per venire in contatto con gli uomini. Gli
amuleti venduti nei templi contengono la benevolenza del kami di quel
tempio.
Nello
shintoismo antico non non vi sono precetti morali, in quanto per
giungere alla morale l'uomo non ha che da seguire gli impulsi della
sua natura e seguire il suo cuore. Esiste, però, il concetto di
purezza, cioè l'avversione dei kami verso tutto ciò che è impuro,
sporco e infetto, e chi ne era gravato avrebbe ricevuto un segno
divino. Questi segni divini detti tatari (maledizioni) consistevano
in incidenti, malattie, insuccessi, eventi naturali avversi, fino
alla morte. Compiere un atto di offesa ai kami era considerato tsumi
(peccato), ed era sempre punito dalle divinità, indipendentemente
dalla sua volontarietà. Tramite la purificazione si usciva da questo
stato di impurità e “peccato”, sono tre le categorie di peccati:
Ashiki wasa (azioni cattive); Kegare (contaminazioni); Wazawai
(calamità, considerate punizioni celesti per offese ricevute.
Nel
testo della “Grande purificazione” sono elencati 21 grandi
offese, 7 celesti e 14 terrestri. Quasi tutte le celesti riguardano
le risaie e il terreno, le 14 terrestri sono per la condotta umana.
E' interessante notare che erano considerati peccati atti come
tagliare la pelle umana viva o morta (a causa del contatto con
l'impuro sangue), l'incesto, l'albinismo (!), l'uccisione di animali
domestici, mentre non era presente come peccato l'adulterio. Questo
perché nel Giappone antico matriarcale la donna non era succube
totalmente del marito, proprio in virtù del loro essere medium
preferite tra la gente e i kami. Rimane anche nel Giappone
contemporaneo una minoranza di donne dedite allo sciamanismo, però
questo non è una religione, ma una forma di spiritualità
visionaria, ed ha la capacità di convivere con le religioni. In
varie forme lo sciamanismo è presente in tutto il mondo, come lo è
lo/la sciamano/a. Lo sciamano è una persona che ha ricevuto il dono
soprannaturale di venire in contatto con gli spiriti tramite l'estasi
sciamanica. Il ruolo di sciamano può sia essere di carattere
ereditario che di vocazione spontanea.
Gli
yamabushi, gli eremiti delle montagne, sono coloro che mantengono il
rapporto tra il popolo e le montagne, che nella spiritualità
giapponese hanno una grande importanza. E' sulle montagne che
risiedono gli spiriti, e la popolazione ha sempre temuto queste zone
impervie. Gli yamabushi entrano in contatto con gli esseri delle
montagne tramite la dottrina e la pratica chiamata Shugendo. Ci sono
alcune montagne più importanti per questo culto: il monte Haguro; il
monte Fuji; il monte Takao.
Sul
monte Takao il primo di aprile (il giorno dell'apertura delle
pratiche rituali) c'è la cerimonia per l'apertura della cascate. In
estate sul monte Haguro, dove si svolge l'iniziazione degli
yamabushi, si presentano più aspiranti che maestri.
Una
delle pratiche più conosciute degli yamabushi è proprio restare in
preghiera sotto una cascata.. Una delle pratiche ascetiche più dure
degli yamabushi è il fuyo no mine, l'esilio invernale sulla
montagna. Lo scopo è quello di ottenere poteri magici come volare
tra gli alberi, comandare il fuoco, nascondersi dentro il corpo di un
latro uomo, immergersi nell'acqua bollente.
L'iniziazione
degli yamabushi si chiama shokanjo, ed avviene dopo varie pratiche
ascetiche e tramite la guida di un maestro più anziano, che rivelerà
al giovane le tradizioni sacre Hiho. Ci sono numerosi riti che gli
yamabushi compiono col fuoco: lo Hiwatari (passaggio sul fuoco); il
Saitogoma (gettare un legno sul fuoco che simboleggia il proprio
corpo); il Sokusaigoma.
Gli
yamabushi svolgono due tipi di divinazioni, bokusen e fujutsu.
Inoltre c'è la pratica della preghiera di possessione, yorigito. Gli
yamabushi si occupano di curare le malattie, che per un credente è
causata da uno spirito arrabbiato o un antenato scontento, quindi lo
yamabushi intercederà per l'ammalato oppure scaccerà lo spirito
avverso tramite un esorcismo, tsukimono otoshi.
L'autrice
passa ad una descrizione minuziosa dei riti per l'iniziazione delle
sciamane itakosan della prefettura di Aomori, oltre a numerose
informazioni storiche e sociali. Mi limiterò ad alcuni accenni
descrittivi.
Per
poter diventare una itakosan è necessario un solo requisito, essere
cieche dalla nascita o dai primi anni di vita. Una donna cieca
avrebbe grossi problemi di inserimento nella società giapponese, sia
passata che presente, in qualità, invece, di sciamane, potranno
essere donne autonome. La ragazza cieca viene affidata ad una itako
più anziana prima del suo primo ciclo mestruale, ora la sciamana
anziana sarà per lei la shisho kaasama (maestra madre), mentre il
marito di lei sarà lo shisho otosan (maestro padre). Per diventare
itako la ragazza dovrà affrontare delle dure pratiche ascetiche, e
quando non è impegnata in queste o nell'apprendimento dei sutra e
norito, dovrà occuparsi della pulizia della casa, per ripagare
l'ospitalità. Col passare del tempo i legami con la propria famiglia
saranno interrotti, così la ragazza diverrà parte integrante della
nuova famiglia. La pratica ascetica più assidua e dura è il
mizugori (purificazione con acqua), cioè il versarsi addosso
secchiate di acqua ghiacciata ad intervalli regolari, intervallate
dalla preghiere rituali. Il mizugori è svolto anche di notte e,
assieme alla fame a alle preghiere, ha lo scopo di alterare la
personalità della futura itako, per avvicinarla ad uno stato di
morte a cui poi seguirà la rinascita come nuovo essere. Due giorni
prima del rito di iniziazione, kamitsuke, la severità delle pratiche
ascetiche aumenta, la ragazza, diventa gyoja (tirocinante). Il regime
alimentare non prevede cibi impuri e la ragazza dovrà restare
isolata per non essere contaminata dalla sporcizia del mondo, vivrà
nella gyobeya (capanna degli asceti), che oggi può anche essere una
semplice stanza. Non potrà esporsi a fonti di calore e neppure al
sole. La pratica del mizugori sarà aumentata per impedire alla gyoja
di dormire. Il digiuno e l'isolamento sono la fase della
“separazione”, che separa la gyoja dal mondo. Il digiuno e il
grande freddo portano la gyoja al crollo fisico e psichico, questo
per poter “rinascere” con nuovi poteri e determinazione durante
il rito kamitsune, che rappresenta, appunto, la morte e la rinascita
sciamanica. Durante questo rito si celebra anche il matrimonio col
kami che l'ha posseduta durante il rito stesso, la prima possessione
sciamanica della gyoja.
Secondo
molti le itako vanno incontro ad una graduale scomparsa, questo a
causa dell'obbligo imposto alle ragazze cieche di frequentare la
scuola dell'obbligo e alla riduzione dei casi di cecità infantili.
L'ultimo fatto è l'ovvia conseguenza del miglioramento delle cure
sanitarie. La prima è il simbolo del desidero delle famiglie delle
ragazze cieche di dare loro un'istruzione speciale, invece di
affidarle fin da bambine ad una anziana sciamana.
L'autrice
passa ad elencare i numerosi motivi e tesi per cui nacque il
collegamento tra Inari e le volpi, quello storico, quello mitologico
religioso, il linguaggio e la scrittura, il rapporto delle volpi con
i villaggi e la coltivazione del riso.
Il
culto di Inari viene esercitato da più figure religiose, dal clero
istituzionale shintoista nei templi ufficiali (come quello di Fushimi
Inari), dai monaci buddhisti, dai preti shintoisti che non seguono
più la stretta prassi religiosa, e dalle sciamane. Le prime due
categorie hanno un approccio impersonale del culto di Inari, in
particolare basato sui norito (preghiera), mentre le ultime due,
specialmente le sciamane, sono più coinvolte ed hanno un rapporto
più diretto coi fedeli. Nel culto shintoista di Inari le donne hanno
un ruolo marginale, solo in qualità di miko, studentesse che
svolgono questa attività come lavoro part time fino ai 25 anni.
Nei
templi shintoisti dedicati ad Inari ci si focalizza sulla forma, la
perfezione nell'officiare il rito, inoltre è posta quasi più enfasi
sulla storia del tempio che sul culto del kami, la parte mistica è
tralasciata, con tutte le sue esperienze e coinvolgimenti, per dare
spazio alla formalità e alla solennità. Tra il clero shintoista e
le sciamane ( o sciamani) ci sono numerosi punti di divergenza,
alcuni sono: La diversità nell'officiare il rito goma (fuoco sacro);
la possibilità di trasferire poteri soprannaturali in oggetti sacri
(avversata dai preti); il potere degli amuleti (maggiore secondo gli
sciamani); la presenza del richiedente di una cerimonia (per gli
sciamani la sua assenza non inficia il rito). Nonostante le
differenza “teologiche” e la rivalità i preti shintoisti hanno
bisogno degli sciamani, perché sono loro che hanno fino ad ora
aumentato la popolarità del culto di Inari, che alla fine va a
benefico dei templi ufficiali.
E'
presente un capitolo con la descrizione di molte credenze sulle volpi
di Inari e dei simbolismi a loro assegnati.
Attraverso
il racconto dello sciamano del tempio di Tetsuka Kofun Jinja
l'autrice spiega i diversi tipi di chiamata sciamanica, e i suoi riti
specifici di iniziazione.
Uno
dei poteri più famosi delle volpi di Inari è la possessione del
corpo di una persona, ed anche il potere di trasformazione in umano,
kitsune damashi (stregoneria della volpe). Tramite il kitsune tsuki
(la possessione della volpe) lo spirito di una volpe prende possesso
del corpo di una persona modificandone la personalità e il
comportamento. Camminare a 4 zampe, mangiare senza usare le mani,
ululare, abbaiare ed altri comportamenti, indicano la possessione. La
reazione dei preti e delle sciamani è differente. I preti shintoisti
sono scettici, e dopo un breve esorcismo detto ohari o un norito
chiamato magamono barai, indirizzano il posseduto dal medico. Mentre
gli sciamani studiano il caso approfonditamente per avere un contatto
diretto con lo spirito della volpe. Le volpi che s'impossessano delle
persone sono quelle chiamate nagitsune, più selvagge e maliziose
delle volpi bianche, solitamente benevole. Le volpi possono possedere
gli uomini per due motivi: il urami (risentimento, rancore), la
vittima ha ucciso una volpe o ha mancato di rispetto agli spiriti; il
secondo motivo è il desiderio della volpe di avere qualcosa che come
volpe non potrebbe avere.
Ci
sono poi i casi di stregoneria legati alla volpe. La volpe prende
possesso del corpo di una persona perché comandata dal loro
kitsune-tsukai (datore) o dal loro kitsune-mochi (proprietario). Vi
sono due tipi di stregonerie, quella individuale, kitsune-tsukai,
praticata dagli yamabushi e dai kitoshi (esorcisti), E quella
chiamata tsukimono-suji, che riguarda un'intera famiglia.
Quest'ultima si trasmetta di generazione in generazione tramite le
donne della famiglia. Ancora oggi, nelle aree rurali, essere additati
come famiglia depositaria del potere delle volpi è fonte di
isolamento e razzismo, in quanto si è considerati “contagiati”,
per esempio nessuno vuole come moglie una donna che proviene da una
famiglia con questa nomea.
Anche
nel culto di Inari i pellegrinaggi sono prioritari, oltre a numerose
informazioni l'autrice racconta il proprio pellegrinaggio di Inari.
La
pratica ascetica chiamata komori (ritiro o reclusione) riveste una
grande importanza anche nel culto di Inari. La pratica ascetica
consiste nell'isolarsi in una caverna, oppure in una stanza del
tempio debitamente preparata. L'isolamento volontario nella caverna e
il buoi, che rappresenta il simbolo di una più stretta vicinanza con
gli spiriti, permette alla sciamano di acquisire poteri
soprannaturali.
L'autrice
elenca, spiegandone il significato e l'uso, gli oggetti rituali degli
sciamani di Inari: il costume, il copricapo eboshi, il bastone
purificatore gohei, lo shaku (per gli sciamani), il ventaglio ogi
(per le sciamane), gli strumenti musicali (tebioshi, kane, taiko), lo
shinpo, i vassoi sanpo, lo specchio kagami, le lanterne toro, le
candele rosoku, l'incenso osenko.
Le
preghiere norito, letteralmente “recitare un incantesimo”,
traggono il loro potere dal koto-dama, il potere mistico che permea
le singole parole. Il potere koto-dama è di due tipi: la pronuncia
di parole magiche fa realizzare un proprio desiderio; chi ripete
alcune parole, assieme ad altre pratiche ascetiche, acquisisce poteri
soprannaturali.
Sono
i suoni delle parole che fanno scaturire i poteri, poteri che sono di
tre categorie: le parole il cui potere nasce dal loro significato; le
parole il cui potere nasce dalla successione delle sillabe (mantra);
il nome delle divinità.
L'autrice,
oltre a dare una descrizione generale dei matsuri (le feste
tradizionali in onore di un kami), elenca alcuni matsuri dedicati
specificatamente ad Inari.
Dei
rituali della setta di Inari l'autrice descrive il kaji (la cura
sciamanica), il kuji (l'incantesimo per proteggere), lo tsugi uranai
(la divinazione del tempio di Inari di Hyotan Yama). Inoltre descrive
altre forme di divinazione, come la divinazione ommyodo (via dei
principi positivi e negativi), gli yakudoshi (gli anni pericolosi), e
i libri con le date del rokuyo (sei giorni), in cui sono descritti
quali sono i giorni propizi e nefasti in ogni settimana (sensho,
tomobiki, senpu, butsumetsu, taian, shakku)
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