TITOLO: Generazione Goldrake, l'animazione giapponese e le culture giovanili degli anni ottanta
AUTORE: Marco Teti
CASA EDITRICE: Mimesis
PAGINE: 221
COSTO: 18 €
ANNO: 2011
FORMATO: 21 cm X 14 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di
Milano
CODICE ISBN: 9788857506401
Il
libro analizza l'impatto degli anime negli anni 80 dal punto di vista
sociologico, contenutistico, semantico, con una metodologia di stampo
socio-semiotico (riporto dalla prefazione).
Nonostante
questa premessa un po' preoccupante, anche vista la difficoltà del
precedente libro di Marco Teti (“Lo specchio dell'Anime”), il
libro è interessante e quasi sempre leggibile, anche se alcune
tematiche sono già state trattate, ormai, numerose volte in questi
anni in altri saggi sull'animazione.
Il
saggio contiene una quantità molto alta di citazioni di altri
studiosi italiani e stranieri, si compra un libro e si leggono più
saggi, talvolta si passa da un brano citato ad un altro brano citato
con una sola riga dell'autore. Una nota di merito per avere tradotto
in italiano i brani riportati da autori stranieri, il cui testo
originale è messo solo come nota a piè di pagina, pare una banalità
ma non lo è.
Il
primo capitolo fa una iniziale panoramica generale sull'animazione
nipponica degli anni 60 e 70. Si passa ad illustrare le opere del
pioniere dell'animazione seriale, Osamu Tezuka. Spiegando come creò
un nuovo genere/prodotto, e analizzando sia i messaggi della sua
animazione che le tecniche registiche innovative. Tezuka aveva già
rivoluzionato il mondo dei manga, creando il “manga moderno”.
L'autore passa a raccontare l'invasione italiana dei cartoni animati
giapponesi, partendo, ovviamente, da Goldrake. Qui riscontro una
imprecisione, sulla trasmissione di Goldrake si dice che iniziò nel
1978 (giusto) e terminò del 1982 (pag 43), ma, in realtà, finì nel
1980. Forse l'autore ha considerato eventuali repliche sulla Rai, di cui io non
sono a conoscenza e che, mi pare, non ci siano state.
Continuando
la spiegazione sulle dinamiche del “first impact” l'autore
incappa in un altro errore (non importante, ma tant'è...), Heidi non
fu trasmesso sulla Rete 2 della Rai, ma sulla Rete 1, addirittura
prima del TG1!
Sono
riportate anche le famigerate polemiche dei tempi sui contenuti
diseducativi degli anime.
L'ultima
parte del capitolo riguarda la produzione di anime negli anni 80 per
il mercato giapponese.
Il
secondo capitolo si sofferma sulle tematiche espresse negli anime
degli anni 80. Queste tematiche sono collegate alla storia e alla
società del periodo.
La
prima tematica individuata dall'autore è il “conflitto
identitario”, che “consiste nella definizione dell'identità dei
protagonisti nelle vicende raccontate” (riportato dal libro).
L'animazione giapponese inscena in forma metaforica il
confronto/scontro tra gli adolescenti vs gli adulti. Inoltre
permettono agli adolescenti di dare sfogo alle loro fantasie di
potere, facendoli immedesimare in piloti di robot che conquistano
super poteri.
Altri
2 temi sono l'amore e l'erotismo. Alla fine degli anni 70 iniziò ad
affermarsi sempre più la cultura shojo, ciò modificò anche i gusti
dei ragazzi, che iniziarono a leggere e vedere prodotti dedicati alle
adolescenti. Si creò, quindi, un certo ibridismo sessuale, tramite
cui prese piede un ideale maschile concepito dalle ragazze: il
“bishonen”, figura contraddistinta da una forte ambiguità
sessuale, un esempio ne sono “I cavalieri dello zodiaco”.
Ed è
in questo periodo, infatti, che nasce il filone della “love
commedy”, come Touch e Kimagure Orange Road, che l'autore tratta
lungamente. Nella “love commedy” l'amore (in ambientazioni
prettamente scolastiche) adolescenziale e l'erotismo hanno una parte
preponderante nella trama. L'erotismo è un contenuto base di molte
produzioni animate del periodo, mischiato ai generi più disparati,
come “Occhi di gatto”, anch'esso analizzato dall'autore.
Il
carattere poco deciso e subordinato alle ragazze/donne dei personaggi
maschili di questi anime è la trasposizione dell'uomo giapponese del
periodo, il salaryman.
Le
ultime tematiche analizzate sono la violenza e la morte. Il sesso e
la violenza sono i 2 argomenti che permettono di vendere di più in
tutto il mondo un prodotto multimediale. Analizzando brevemente
Dragonball l'autore spiega che, comunque, la violenza e la morte non
sono fini a se stessi, la violenza è esorcizzata, rendendola
ridicola e grottesca.
La
morte, indipendentemente da come è trattata, è un argomento
inusuale per dei cartoni animati, il fatto che si introduca la
tematica è un fatto importante per l'adolescente, ed è un tema
trattato solo dagli anime.
Il
terzo capitolo è incentrato sulle figure ricorrenti negli anime.
La
prima è quella dell'adolescente. Negli anni 80 gli adolescenti di
entrambi i sessi sono il pubblico privilegiato di anime e manga,
quindi le produzioni usano personaggi coetanei per far identificare
al massimo il giovane pubblico di consumatori. Il processo di
immedesimazione del pubblico adolescenziale coi personaggi è dato
anche dall'ambientazione, dalle tematiche e dal filone narrativo
(genere). Seguono le analisi di numerosi anime di carattere sportivo.
I
personaggi degli anime sono un ponte tra chi porge il racconto (il
narratore) e chi lo riceve, quindi i personaggi diventano uno
strumento per intavolare una “conversazione audiovisiva”.
Un'altra
figura ricorrente è il robot. I personaggi robotici hanno le loro
radici fin dalla modernizzazione forzata dell'era Meiji, che creò
l'aura di santificazione in tutto ciò che era tecnologico. I robot
degli anni 80 perdono alcune caratteristiche di mitizzazione ed
enfasi degli anni 70, diventando più realistici e iniziando a
contaminarsi col cyberpunk. Il pilota non è più il super eroe
invincibile degli anni 70, ma un semplice militare/pilota/lavoratore,
che ha anche una vita privata.
L'idol
(aidoru) è un'altra delle figure più comuni degli anime degli anni
80 giapponesi. L'idol non è una creatura di manga e anime, ma una
figura dello spettacolo di massa, ella dovrebbe essere giovane,
dotata di talento canoro, avere un atteggiamento infantile ed essere
innocente. Questo personaggio ha ispirato molteplici serie animate,
vedendola protagonista di vari generi. L'autore prosegue analizzando
le figure di Lynn Minmay in Macross e Creamy.
Il
quarto capitolo prende in esame le “peculiarità estetiche” degli
anime.
La
prima parte di questo capitolo verte sulle relazioni tra l'anime e il
manga sul piano espressivo.
Il
codice espressivo (disegno, trama, caratterizzazione dei personaggi,
tematiche, tempi, inquadrature, dissolvenze, primi piani etc etc)
degli anime negli anni 80 è influenzato dalle versioni manga che li
precedono, puntando sulla regia e il montaggio, più che sulla
fluidità del disegno, a causa di budget
economici
scarsi.
“Il
genere sessuale e quello narrativo” è l'argomento della seconda
parte del capitolo.
Il
procrastinarsi dell'adolescenza, nel senso di non assumersi le
responsabilità che la società ti affida in base all'età, nella
società giapponese è rispecchiato nell'affievolirsi del confine tra
generi rivolti a maschi e femmine in manga e anime. Nasce un nuovo
genere di manga e anime che attirano sia ragazzi che ragazze. In
particolare il tratto dei personaggi si modifica, gli arti si
allungano, le figure diventano longilinee, mantenendo, però, i nasi
stilizzati, seni e fianchi poco sviluppati (per i personaggi
femminili), corpi poco muscolosi (per i personaggi maschili), quindi
delle figure androgine. Segue un'analisi sui manga con tematiche
omosessuali per ragazzi/giovani donne, e una valutazione sulla rigida
divisone tra uomini e donne dei ruoli nella società giapponese.
Nella
terza parte di questo capitolo si analizzano i “significati di
ordine linguistico e significati di ordine emotivo”.
L'autore
concentra l'attenzione sugli “enormi occhi” dei personaggi in
manga ed anime. La tematica è stata spesso affrontata, nonostante
ciò l'argomento è sviscerato da nuove angolazioni e con una lunga
discettazione. In pratica l'autore va oltre il concetto che gli
“occhioni” servono a rendere meglio le emozioni dei personaggi.
Inoltre, in collegamento sempre agli “occhioni”, fa un raffronto
interessante tra la produzione animata della Disney e quella
giapponese.
Nella
quarta è ultima parte di questo quarto capitolo si continua
l'analisi degli “occhioni”, valutando altri aspetti. Come il
concetto nipponico di “amae” (“pulsione alla dipendenza”),
che per l'autore è espresso visivamente tramite questi “occhi
enormi”, che esprimono il bisogno di conforto degli adolescenti (ma
non solo) nipponici. Questo aspetto è ravvisabile anche in altre
caratteristiche dei personaggi, come la loro goffaggine
adolescenziale, lo stile del disegno, i personaggi kawaii.
Nel
quinto capitolo viene effettuata un'analisi testuale di 4 serie degli
anni 80, scelte e analizzate con i criteri fin qui letti.
Le 4
serie sono: “Lady Georgie”, “Punta al top! GunBusters”; “Ken
il guerriero”; “Kiss me Licia”.
Nonostante
io non abbia mai seguito nessuna di queste serie (tranne alcune
puntate a caso di “Ken il guerriero”) ho trovato molto
interessante l'approfondimento.
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