TITOLO: Hikikomori e adolescenza, fenomenologia dell'autoreclusione
AUTORE: Giulia Sagliocco
CASA EDITRICE: Mimesis
PAGINE: 144
COSTO: 16 €
ANNO: 2011
FORMATO: 21 cm X 14 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di
Milano
CODICE ISBN: 9788857505176
Il saggio è diviso in tre parti, ognuna di esse in più
capitoli, scritti da autori differenti, tutti (tranne Carla Ricci che
è antropologa è ha studiato la questione in Giappone) psichiatri o
psicologhi abbastanza a digiuno di Giappone. La terminologia del
libro, a parte l'intervento di Carla Ricci, è prettamente
psichiatrica, quindi chi, come me, non ha conoscenze in merito
troverà difficoltà a comprendere molte sua parti. C'è da dire che
sarebbe stato auspicabile almeno un contributo di un psicologo o
psichiatra giapponese, conoscitore diretto della problematica
hikikomori.
Nella parte iniziale è spiegata la suddivisione del
libro, e qui riportato il termine “manga animato”... magari,
quando si scrive un libro, sarebbe utile usare le terminologie
corrette, cioè “anime”, che ormai è un termine mediamente
conosciuto. Specialmente quando si usa una puntata di un anime per
analizzare la problematica hikikomori.
Atti del seminario hikikomori: adolescenti in volontaria
reclusione
1: L'esperienza antropologica giapponese. Di Carla Ricci
Questo capitolo ripropone l'intervento di Carla Ricci
del luglio 2009 in un dibattito sugli hikikomori, in cui presentava
il suo libro del 2008 “Hikikomori, adolescenti in volontaria
reclusione”. Quindi chi ha letto quel bel saggio vedrà riproposto
in modo assai succinto le stesse tematiche ed informazioni. Rimando
alla mia recensione di quel libro la lettura del suo contenuto, che
non ripropongo per non ripetermi.
2: Hikikomori e manga: un modo di essere nel mondo e un
modo di “aver cura”? Di Cristina Bartolomeo e Elvira Improta
Durante quel dibattito fu proiettata una puntata
dell'anime Rozen Maiden, alla scopo di illustrare come il
protagonista della storia fosse un hikikomori e come la storia si
evolvesse.
Nella spiegazione al pubblico di cosa siano gli “anime”,
avvenuta prima della proiezione, le due autrici regalano qualche
perla:
“i personaggi manga non assomigliano quasi mai ai
giapponesi (anche se spesso prendono luogo in Giappone), bensì gli
autori tendono ad occidentalizzare i personaggi che spesso hanno
occhi enormi, sproporzionati anche a noi occidentali”.
Ma nel 2011, con decine e decine di saggi
sull'animazione giapponese ormai pubblicati, è possibile che persone
laureate non riescano ad informarsi decentemente sul perché siano
nati gli “occhi enormi” nei manga?
Nella spiegazione della società giapponese si può
leggere un Restaurazione “Maiji”, ma non era “Meiji”?!
Sarebbe bastato digitare su Google la parola “Maiji” per
vedersela correggere in “Meiji ed evitare un bel errore.
Tutta l'analisi delle due psicologhe/psichiatre è
incentrata, appunto, sulla prima puntata di Rozen Maiden, non di
tutta la serie, ma della sola prima puntata. Comprendo che ad un
uditorio non si potesse fare vedere una serie completa, ma forse le
due “esperte” avrebbero potuto/dovuto farlo, per evitarsi altri
errori. Per fortuna (o meno) io quella serie la vidi qualche anno fa,
e, se è vero che il protagonista (Jun) è uno studente che abbandona
la scuola a causa di un trauma psicologico fin banale, non lo si può
propriamente chiamare un hikikomori. Jun non corrisponde a nessuna
delle descrizioni della stessa Carla Ricci riguardo al comportamento
degli hikikomori, non sta chiuso in cameretta, non è trasandato, non
inverte il ritmo giorno/notte, dialoga normalmente con la sorella e
poi con altri personaggi umani della serie. Infine la tematica di
Rozen Maiden non centra nulla con il fenomeno hikikomori.
Vi risparmierò le considerazioni psicologiche su Rozen
Maiden e sui soli 3 personaggi che si vedono nella prima puntata, non
essendo io uno psicologo non mi permetto di entrare nel merito, però
quando le persone commentano una tematica che non conoscono (come
pare che non conoscano nulla degli anime) capita che si facciano
degli errori grossolani, oppure si parta da presupposti assolutamente
errati, forse se avessero visto tutta la serie avrebbero avrebbero
tratto conclusioni differenti.
Fin esilarante è la nota a piè di pagina 45, secondo
la quale la proiezione durante il dibattito di questa prima puntata
di Rozen Maiden non ha violato nessuna legge sul copyright, in quanto
questo episodio era presente nei video “pubblici” di
Megavideo.com!!! Per quel che so io, magari sbaglio ( ed in questo
caso chiedo scusa per l'ignoranza), Megavideo.com metteva online
qualsiasi cosa senza averne nessun diritto (non per nulla è stata chiusa dall'FBI, che pesno contatterà presto le organizzatrici del dibattito. Scherzo).
Per
concludere posso valutare questo capitolo con il detto tutto milanese
“Ofelé
fa
el
to
mesté”
(pasticciere
fai il tuo mestiere).
3: Domande, idee ed esperienze a confronto. A cura di
Cristina Bartolomeo e Elvira Improta.
Inizia il dibattito sui due precedenti interventi
(quello della Ricci e la proiezione di Rozen Maiden), tra il pubblico
e Carla Ricci.
Nelle domande ritorna la questione degli occhi azzurri
occidentali nei personaggi di Rozen Maiden, che in una domanda
vengono considerate “qualcosa di veramente inquietante”. L'unica
cosa inquietante è che nel 2011 si pensi ancora che nei manga e
negli anime ci siano gli occhioni per imitare noi occidentali...
Parte seconda
Per un profilo dell'autoreclusione
4: Hikikomori,fiori di ciliegio, cerchi nel grano. Di
Monica Gemelli e Carlo Pastore.
E' il capitolo di analisi psicologica del fenomeno
hikikomori e degli stessi hikikomori, è scritto con terminologia
psichiatrica e tramite concetti espressamente psichiatrici, quindi
non ne ho capito quasi nulla. Gli autori prendono in esame Yukio
Mishima, e i due saggi “Il crisantemo e la spada” (di Ruth
Benedict) e “La vera storia dei kamikaze giapponesi” (di Emiko
Ohnuki-Tierry). A differenza di Carla Ricci non paiono avere quella
conoscenza della società giapponese che, forse, sarebbe necessaria
per fare certe analisi, ribadendo che io non ho capito nulla di ciò
che hanno scritto.
5: Altre segregazioni o dell'adolescenza attempata. Di
Francesco Grieco e Edoardo Vivard.
Un caso italiano simile all'hikikomori, la storia del
36enne Mario, il tutto trattato e descritto sempre con terminologia
psichiatrica.
Parte terza
Modalità d'intervento in alcune strutture pubbliche
napoletane.
6: Esperienze terapeutiche con adolescenti che si
isolano. Di Maria Grazia Ciuferri e Francesca Mancini.
I casi di due adolescenti italiani autoreclusi e il
percorso terapeutico verso di loro e verso le loro famiglie. Parte
interessante e scritta comprensibilmente, che pur non centrando nulla
con gli hikikomori giapponesi può dare l'idea di cosa scatena il
fenomeno all'interno di una famiglia.
7: Hikikomori e doppia diagnosi. Fenomenologia e
psicopatologia di due presenze ai limiti della vita: Di Giorgio
Troiano.
L'autore fa delle considerazioni sulle similitudini tra
hikikomori e tossicomania occidentale, sempre che io abbia capito,
perché il tutto è trattato in modo molto tecnico, incomprensibile a
chi non abbia delle basi di psicologia.
Non essendo io uno psicologo/psichiatra mi sfugge il
senso di questo capitolo rispetto al titolo del libro, in quanto gli
hikikomori non sono quasi mai trattati, mentre tutto lo spazio è per
i tossicomani seguiti dall'autore.
8: Passeggiata tra Lucifero collaborante e il circolo
del mutuo riconoscimento. Di Marcello De Rogatis, Gaetano Pinto,
Salvatore Sarno.
La storia dell'italiano Martin e della sua famiglia, e
del percorso terapeutico di uscita dall'autoreclusione. Anche di
questo capitolo non ho capito nulla.
9: Virginia e il vasi di Pandora. Di Giulia Sagliocco.
La storia di Virginia, insegnante di 49 anni, e dei suoi
attacchi di panico, del figlio 15enne ammalato e della figlia 20enne
che si chiude nella propria stanza. Mi sfugge il nesso con gli
hikikomori.
Bel post. Ho letto questo libro per la mia tesi di laurea. Se interessa conoscere di più in fenomeno degli hikikomori seguite questo blog http://hikikomoriitalia.blogspot.it/
RispondiElimina