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mercoledì 30 marzo 2022

Animage Bunko "AM Ju Ju" (1984) "Il gatto con gli stivali" ("Nagagutsu o haita neko") - con il manga di Hayao Miyazaki


Dei tre film de "Il gatto con gli stivali" della Toei il mio preferito è il secondo, "... continuavano a chiamarlo il gatto con gli stivali" (1972), il primo lo vidi prima al cinema e poi tante volte in televisione, ma non mi catturò mai, a parte la scena dell'inseguimento finale.
Ho recuperato questo albo di piccolo formato (solo 15 cm x 10,5 cm) che contiene oltre al riepilogo delle gesta del film, il manga originale a colori di Hayao Miyazaki, che è di sole 12 pagine 
Sul web ho trovato alcune informazioni in giapponese su questo libricino, usando il traduttore di Google le riporto qui sotto.


È un riassunto come quello di un album romantico, ripensando al film sui 2/3. Lungo la strada, un'immagine e una frase si trovano a cavallo del dorso del libro È un peccato che ci siano alcune parti che sono difficili da leggere. Successivamente, c'è un breve manga di "Cat in Boots" disegnato da Hayao Miyazaki, che è stato serializzato nel Chunichi Shimbun. A differenza del manga serializzato in "Nausicaa of the Valley of the Wind" e Model Graphix, sembra ancora giovane. Ho visto il film e ho ordinato questa libreria tre anni fa, ma non l'ho letto per un po'. Tuttavia, quando stavo guardando il dramma mattutino "Natsuzora" modellato su Toei Animation, mi è venuta voglia di leggerlo. La Chiara di Arata Iura disegnata da Mr. Naka è disegnata da Mr. Odabe, ma è simile alla Principessa Rose in "Long Cat". Il direttore dell'animazione di "Naganeko" è un modello di Yasuji Mori e Naka. Mi ha colpito pensare che il signor Odabe fosse a conoscenza dei dipinti del signor Yasuji Mori. "Long Cat" realizzato dopo il modello del film "La grande avventura di Horus, il principe del sole", che si è concluso in un dramma. È interessante vedere come si è sentito lo staff riguardo a questo film. Parla anche di relazioni amorose completamente diverse dal dramma. .. ..



C'era un dialogo tra Yasuji Mori e Yasuo Otsuka, quindi l'ho letto. È stato impressionante che Otsuka abbia detto che Mori è stato il primo regista di animazione in Giappone per questo lavoro. In "Cat in Boots", sono rimasto sorpreso di aver prima disegnato uno schizzo di un'immagine come Disney, poi l'ho trasformato in uno storyboard e ho iniziato a lavorare. Il signor Otsuka ha spiegato che Yasuji Mori è stato incluso come direttore dell'animazione perché lo schizzo dell'immagine è diverso a seconda dell'immagine originale e anche i personaggi saranno diversi. La canzone e la sceneggiatura sono state scritte da Hisashi Inoue, ed è stato un grande lavoro con la partecipazione di animatori come Yoichi Kotabe, Hayao Miyazaki, Akira Daikuhara e Yasuo Otsuka.


Del libricino ho omesso le pagine finali scritte completamente in giapponese e per quanto riguarda le pagine con il riassunto del film ho inserito quattro pagine per ogni immagine, forse lo scritto risulterà un po' piccolo.
In fondo la parte importante è il manga di Miyazaki   ^_^

Non sono riuscito  



domenica 27 marzo 2022

Articoli del 1981-1982 sui cabinati (videogiochi) da bar - Corsera e l'Unità


Proseguo la panoramica di articoli sui videogiochi da bar, nata dal post catalogo Enada del 1981 e proseguita con gli articoli del 78, 79 e 1980:

Stranamente l'unico anno in cui non ho trovato articoli sulla manifestazione Enada che si svolgeva ad ottobre è quello del catalogo, cioè il 1981, mi saranno sfuggiti quando li immagazzinavo senza sapere di preciso se sarebbero tornati utili.
Per il 1981 mostro un solo articolo, ed è del 24 aprile, in cui si comunica ai lettori che la Sapar, l'ente che organizzava l'Enada, cercava "vecchie" apparecchiature automatiche di divertimento per una mostra da tenersi alla manifestazione di ottobre (quella del catalogo linkato sopra).
Chissà se riuscirono a mettere assieme queste vecchie macchinette mangiasoldi, e chissà che fine fecero una volta terminata la mostra, oggi che valore avrebbero?
Non è la prima volta che mi imbatto nella rivista "Automat", che era la rivista della Sapar e si occupava proprio di questi marchingegni, ne ho trovata anche una, ma è dei primi anni 70, un po' fuori dal mio orticello temporale.
A proposito dell'Emeroteca Anime speso faccio presente che è un peccato che tante testate non siano facilmente consultabili, alcune non esistono neppure nelle emeroteche. "Automat, rivista italiana dell'automatico", fa parte di questo enorme bacino di fonti che non saranno mai più consultabili.
Immagino le annate dal 1977 ai primi anni 80 strapiene dei cabinati da bar, magari con articoli di approfondimento, tutto perso...



Di norma gli articoli su l'Unità erano più di commento, come questo del 10 gennaio 1982.
E' fin commovente leggere il giornalista adulto che si spende a favore dei flipper, il suo amore di gioventù, contro la novità delle "macchinette dei marzianetti", cioè i videogiochi, che stavano facendo crescere tutto il settore, visto che i bambini, che prima quasi non accedevano a giochi al bar, ora disponevano di oasi piene di suoni e colori a loro dedicate.
L'approccio di una parte dei giornalisti ai videogiochi fu il medesimo di quello ai cartoni animati giapponesi, lo si comprende quando si esalta la battaglia navale giocata in classe su un quaderno rispetto ai cabinati con le guerre navali.
Paragoni senza alcun senso.
Ieri, come oggi, i videogiochi più moderni sono pensati per le menti più versatili, cioè quelle dei giovanissimi, io non ci vedo nulla di male, nel 1982 era già sinonimo di qualcosa di losco.
Da notare che Packman viene chiamato Puckman, cioè il nome originale giapponese, chissà se fu un refuso o l'autore consultò del materiale promozionale nipponico.
Il giornalista annota che i personaggi più morbidi (kawaii) di questi videogiochi potevano avere lo scopo di attirare le bambine e le ragazze, per il mio campione personale non c'erano ragazze che giocavano ai cabinati, ci vorranno ancora alcuni decenni per far avvicinare il gentil sesso a questo stupendo mondo.
Di "Astro Blaster" si parla anche nel post del catalogo Enada, ed ho scoperto che fu un flop commerciale, pur essendo tecnologicamente innovativo:

Scopro che la legge mi avrebbe impedito di giocare ai videogiochi da bar, in quanto erano vietati agli under 14!
Questo aspetto meriterebbe un qualche tipo di approfondimento legislativo, perché se fosse vero, sarebbe l'ennesima legge che nessuno faceva rispettare. Nei bar entravano sia i carabinieri che i vigili urbani, ma nessuno ci ha mai detto nulla.
Si parla ancora del divieto legislativo di far vincere qualcosa al giocatore, tema già trattato nel precedente post.
Nel complesso un articolo interessante.

sabato 26 marzo 2022

Articoli del 1978-1979-1980 sui cabinati (videogiochi) da bar - Corsera, Corriere D'Informazione, La Stampa, l'Unità


Questo post nasce dal precedente sul catalogo dell'esposizione romana Enada dell'ottobre 1981, infatti tutti gli articoli tranne uno sono dell'ottobre 1978, 1979 e 1980, scritti sempre in occasione di questa manifestazione di settore.
La presenza di ben quattro testate permette di avere un'ampia panoramica della mostra mercato Enada, che serviva a mostrare i nuovi apparecchi di divertimento automatici, quelli che ci avrebbero fatto cacciare altre monete da 100 e 200 lire in quelle diaboliche gettoniere mangiasoldi, ma tanto divertenti!
Purtroppo in più di un'occasione i giornalisti fanno un po' di confusione tra flipper e videogiochi, che non sarebbero confondibili, in quanto i secondi ti fornivano anche una narrazione del gioco, per quanto primitiva e limitata, nei primi si dimostrava solo la propria abilità fine a se stessa.
La superiorità dei cabinati da bar lo ha dimostrato il tempo, i videogiochi si sono evoluti e fanno parte del nostro quotidiano, i flipper restano una reliquia del passato (si, ok, a me non piacevano, si nota?).
Ai tempi, oltre a mettere assieme flipper e videogiochi da bar, veniva sommata alla categoria anche il calciobalilla, il biliardo e i juke-box, fatto che oggi sarebbe impensabile.

Dal primo articolo qua sopra del 3 ottobre 1978 sul Corsera non è specificato quanto fosse la spesa per i cabinati da bar nel 1977, ma ipotizzando una semplice sottrazione dalla cifra totale di 27 miliardi di lire, si arriva per esclusione a circa 4 miliardi di lire:
7 peri i jukebox + 16 miliardi per i biliardi = 23 miliardi



A quanto ammontavano le previsioni di spesa per il 1978?
La sempre stupenda Sabina Ciuffini sorridendo ci dice che si arriverà a 35 miliardi, e l'incremento sarà trainato ovviamente dai videogiochi da bar.
Il problema dello scritto sul "Corriere d'Informazione" del 26 ottobre 1978 è che i miliardi spesi nel 1977 salgono da 27 a 35... con le cifre i giornalisti italiani hanno sempre avuto problemi...



L'unico articolo che non è stato pubblicato in ottobre è questo del 15 agosto 1979 sul Corsera, e forse è il primo caso di demonizzazione di un videogioco in Italia!
Nel titolo, però, si parla espressamente di flipper, ma mi sorge il dubbio che l'estensore dello scritto sbagliasse. Non sono pratico di flipper, ma mi chiedo se si potesse giocare contemporaneamente in due con la meccanica di gioco descritta, mi pare più da cabinato, anche se di un videogioco del genere non ho letto da nessuna parte né lo vidi nei bar.
Infatti nell'articolo si parla "giochi di guida elettronici", quindi nessun nesso con i flipper, un GTA ante litteram?
Temo resterà un mistero...

domenica 20 marzo 2022

Catalogo 10° Esposizione Nazionale Apparecchi Divertimento Automatici - Enada 10 dal 15 al 18 ottobre 1981


Nella seconda metà degli anni 80, forse il 1986, andai ad una fiera di Milano, immagino la vecchia Fiera Campionaria, dove rimasi piacevolmente sbalordito nel vedere un piano completamente pieno di cabinati da bar!
Certo, non erano più quelli a cui giocavo io da bambino, gli stessi mostrati in questo catalogo, ma ipotizzo che l'atmosfera fosse identica a quella che si poteva apprezzare al decimo Enada svoltosi al palazzo dei congressi dell'EUR a metà ottobre del 1981.
Peccato che, molto probabilmente, i bambini non erano ammessi, essendo una fiera del settore e non una fiera tipo la campionaria di Milano.
Purtroppo una buona metà delle pagine di questo catalogo è occupata dai nomi degli espositori, ma il restante presenta una serie di pubblicità di aziende che si occupavano di "apparecchiature di divertimento automatiche", che altro non erano che i flipper, il calcio balilla, ping pong, juke-box, biliardi etc. etc, cioè tutti quei giochi che si potevano trovare nei bar, compresi i cabinati con i videogiochi!
Il bar di quando ero bambino era, chiaramente, un modo per adulti, ma si era creato uno spazio a nostra sola disposizione, anzi, a nostra sola comprensione, perché i "grandi" proprio non li capivano i videogiochi... a differenza di oggi in cui abbiamo dagli under 55 in giù che li apprezzano.
Per quanto mi riguarda i flipper li ho sempre considerati giochi per "vecchi", solo con l'avvento di "Space Invaders" e soci il bar è divenuto un luogo a misura di bambino... vabbè... fumo, alcol, parolacce, persone poco raccomandabili... ma a parte tutto questo per un po' di anni i bar divennero il luogo dove poter giocare alle ultime novità in fatto di videogiochi.
Alcune di queste novità per l'annata 1981 e 1982 le vediamo in questo catalogo, ma non solo, sono pubblicizzate le aziende che fornivano gli apparecchi per assemblare i cabinati, dagli schermi alle diaboliche apparecchiature in cui inserivi le monete!

E' presente un breve editoriale sulla situazione del florido mercato italiano.
Negli anni, oltre agli articoli sull'animazione giapponese, ho tenuto anche qualche articolo di commento sui videogiochi da bar, che dagli adulti erano visti come la nuova mania diseducativa, i mangiasoldi... i flipper e i juke-box andavano bene perché erano della generazione dei giornalisti, i cabinati simboleggiavo lo spreco di soldi... devo iniziare a postarli questi articoli.
In pratica le aziende italiane, che già erano leader nella costruzione di flipper, si erano in parte dedicati all'assemblaggio dei cabinati da bar dei videogiochi statunitensi e giapponesi.



Vanguard era uno spettacolo, con quella musichetta che si attivava quando diventavi indistruttibile!
La caratteristica unica di Vanguard era proprio, come illustrato nello scritto, che inserendo altre 200 lire potevi proseguire dal punto in cui eri stato distrutto!
Per rendere più tangibili i cabinati pubblicizzati ho cercato i video su YouTube, da cui ho estrapolato qualche immagine, non ho trovato "Vega" della "Olympia" e "Dribbling" della "Model Racing", nomi troppo comuni...

sabato 19 marzo 2022

Yamato, mensile italo giapponese - Aprile 1943


E' più di un anno che non posto numeri della rivista "Yamato", talvolta mi perdo dei filoni che meriterebbero di essere proseguiti.
Ad oggi ho postato dieci numeri del mensile italo giapponese:



Quello di oggi è il secondo numero del 1943 che posto, e contiene numerosi spunti interessanti, per esempio un lungo articolo a firma dell'addetto militare dell'ambasciata nipponica a Roma, il generale Moriakira Shimizu, che esaltava lo spirito dei soldati italiani e giapponesi contro "le difficoltà costituite dalla potenza materiale"... 
In pratica i due eserciti erano tecnologicamente inferiori, chi stava al fronte si impegnava in gesta eroiche per non crepare, non riuscendoci neppure a sopravvivere...
Il privilegio di leggere questi articoli è che si può conoscere, a dispetto dei lettori del periodo, tutta la vita di chi scriveva, e da quello che si può intuire dal link di Wikipedia di cui sopra, parrebbe che questo esaltatore del sacrificio altrui in battaglia, la battaglia non la vide mai... e mandiamoceli un po' di generali al fronte (tipo Ucraina), che magari qualcuno capisce come vanno le cose...
Ovviamente il generale Shimizu campò fino al 1979, i soldati che lui ammirava per il loro spirito indomito di sacrificio non furono così fortunati...
Il secondo articolo (Spiriti e volontà) è la cronaca della conquista giapponese di Singapore, ad opera del generale Yamashita... bella personcina...
Il terzo articolo l'ho anticipato qui sotto.
Il quarto articolo racconta la vita della contadina giapponese, che non doveva essere comoda, come in qualunque altra nazione del mondo.
Il quinto articolo è sul teatro giapponese, necessita di una certa conoscenza dell'argomento, ma immagino sia assai interessante.
Torno, quindi, al terzo articolo, che mi ha ricordato molto le atmosfere pseudo storico-scientifiche del Gaiking:
"Ipotesi sulla geogenesi dell'arcipelago  nipponico"


Prima curiosità, ormai il termine "geogenesi" non esiste più.
Lo scritto si divide in due parti, c'è quella scientifica ad opera del colonnello Nerio Brunetti, e poi quella mitologica di T, penso Giuseppe Tucci, dal titolo "Il trascinamento del paese e il territorio Mu".
E' importante chiarire che l'argomento scientifico della deriva dei continenti troverà una teoria scientifica unanimemente riconosciuta solo alla fine degli anni 50, quindi è logico che Brunetti si rifaccia alle teorie considerate più in voga in quel periodo:

Ma quando sulla mappa si legge "Territorio Mu", già vedo il Gaiking partire in missione, ma anche Capitan Harlock alla ricerca delle mazoniane in fondo all'oceano.
Non ho mai visto il Raideen, ma questo robottone era proprio stato creato dalla civiltà Mu!
Quindi tutto torna!  
Kolosimo e la Sunrise avevano ragione! ^_^
In special modo l'articolo di "T.", con la spiegazione della scrittura "Kohau Rongo Rongo" dell'isola di Pasqua, è veramente una sceneggiatura di un episodio del Gaiking!

domenica 13 marzo 2022

"Spazio 1999 , vivete anche voi le avventure di un pugno di uomini alla deriva nello spazio" - Clementoni (1975)


Nella mia memoria è questo il primo gioco in scatola che ebbi, non considerando il "Sapientino", fatto comprare a mia madre perché ero un fan sfegatato, e qualche volta un po' impaurito, di "Spazio 1999".
Quasi sicuramente io vidi il telefilm di coproduzione italo-britannica in una seconda visione rispetto alla prima messa in onda del 31 gennaio 1976 alle ore 22,00:

Nel 1976 ero troppo piccolo per restare alzato fino a quell'ora, quindi immagino che l'enorme e dotatissima confezione della Clementoni arrivò nel 1977, per il Natale di certo. Non può essere il Natale 1978 perché eravamo già in era Goldrake, mentre "Spazio 1999" è pre "Atlas Ufo Robot", poi i due convissero sui teleschermi, ma il telefilm lo vidi prima del cartone animato giapponese.
La terza caratteristica della confezione di un tipico gioco in scatola della Clementoni, dopo la grandezza e i numerosi accessori, era il prolisso sottotitolo, in questo caso "Vivete anche voi le avventure di un pugno di uomini alla deriva nello spazio", chissà perché il solo "Spazio 1999" non era considerato abbastanza invitante.
Purtroppo il gioco fu una delusione, probabilmente non ero dell'età corretta, ancora troppo piccolo, il problema era che nessuno in cortile ci voleva giocare... nessuno...
Effettivamente, dopo aver letto e riletto il regolamento, posso capire il perché non fosse un gioco amato da me e dai miei coetanei, procedeva in maniera po' troppo macchinosa, direi astrusa.
Quindi non posso affermare se il gioco in scatola fosse bello o brutto, semplicemente mia madre spese dei soldi per nulla, se non per farmi giocare con le quattro Aquile colorate, che usai abbastanza in fretta per altre attività ludiche, e poi persi. 
E' questo, forse, il motivo per cui gran parte delle confezioni che si trovano sul web o ai mercatini mancano spesso di tutte o alcune delle Aquile: 
i bambini si stufavano del gioco e usavano le Aquile per altro, il gioco restava intonso, ma le astronavicelle mancavano.

Spero che qualcuno che ci giocò attivamente possa darne un giudizio con cognizione di causa nei commenti  ;)


         

L'apertura dell'opening con quel rullo di timpani iniziale e i fiati è stupenda, la chiusura un po' banalotta, ma è epica il giusto per un gioco in scatola a cui sono fortemente affezionato, pur non avendoci praticamente mai giocato!   ^_^

Piccola digressione.
Ormai hanno fatto il remake di film di qualsiasi cosa, le serie tv remake di qualsiasi cosa, i reboot, i sequel, i pre-sequel, i post-sequel... eppure "Spazio 1999" è uno dei pochi titoli che è sfuggito a questa cannibalizzazione dei ricordi.
Certo che la storia di una Luna che viaggia spedita nello spazio è troppo ridicola da digerire nel 2022, nel 1975/77 eravamo molto ingenui, e poi dovrebbero cambiargli il titolo almeno in "Spazio 2099"   ^_^



Scorrendo le 69 (70 con questa) recensioni di giochi in scatola si noterà che spesso queste confezioni erano dotate di "computer" o "elaboratori", oppure erano denominati come "giochi elettronici", tutto questo perché avevano una batteria, una luce e, in qualche occasione, un cicalino (una piccola bobina elettromagnetica).
Non poteva fare eccezione un gioco in scatola che si ispirava ad un telefilm di fantascienza in cui il computer era parte integrante della sceneggiatura di ogni episodio.
Era questo rossissimo "Elaboratore Centrale" a dare il consenso alle mosse che volevi fare, il regolamento prevedeva tre status di risposte, una scelta scarsamente binaria se si voleva imitare un computer:
POSITIVA = accensione dell'OK ed eventuale cicalino;
NEGATIVA = solo suono del cicalino;
NEUTRA = nessun effetto sonoro o luminoso.

Per quanto banale possa essere nel 2022 questo chassis di plastica ci dava ben tre stimoli:
la luce;
l'OK sullo schermo;
il suono.

Ricordo bene che, accantonata ormai l'idea di giocare al gioco in scatola, mi mettevo ad inserire il puntale nella scheda preforata al solo scopo di ottenere la luce e il ronzio, era affascinante.. da dove diavolo arrivavano?
Era per forza fantascienza!
In realtà non era neppure elettronica, era mera elettrotecnica ^_^

L'Elaboratore Centrale!!!! 

sabato 12 marzo 2022

"Onda TV" dal 21 al 27 maggio 1978 - undicesimo numero della rivista


Proseguo con i post cronologici di "Onda TV", di cui mi manca il decimo numero, quindi si passa dal nono all'undicesimo.
In questo numero on è presente la hit delle emittenti più gradite, peccato, avrei voluto vedere se le mie amate "Antenna Nord" e "Milano TV" riuscivano ad insidiare la potentissima "Antenna 3 Lombardia", che era, secondo i giudizi inviati dai lettori/telespettatori alla redazione, meglio della Rai   :]
In copertina non c'è un esponente di "Antenna 3 Lombardia", ma Terence Hill in una scena di Trinità, inconfondibile la maglietta bucata.
Anche in questo caso, come per la copertina del numero nove, l'immagine venne capovolta rispetto all'originale, basta cercare sul web il confronto con questo Terence Hill, e si vedrà che il doppio buco della maglietta sulla spalla era su quella sinistra. 
Chissà perché commettevano questo errore di stampo...
La rivista era un po' scarna di articoli, se la paragoniamo al più famoso "TV Sorrisi", ma l'editore voleva mantenere basso il costo della rivista, solo 250 lire, quindi il numero di pagine era basso. 
Ho controllato il prezzo del numero di "TV Sorrisi" della medesima settimana, e costava 350 lire con 75 pagine, mentre "Onda TV" costava cento lire in meno ma aveva solo 32 pagine. 
"Settimana TV" di fine aprile 1978 costa anch'esso 350 lire, ma con un numero di pagine simile a quello di "Onda TV".
Come si formassero i prezzi delle cose era e resta un mistero, c'è da dire che di certo "TV Sorrisi" aveva una tiratura di copie non paragonabile alle altre due testate, una nuova, cioè "Onda TV", l'altra in via di chiusura, cioè "Settimana TV".
Sul versante palinsesto non ci sono anime, neppure Kimba,  ma i "cartoni animati" qualche volta durano 30 minuti, indizio che forse potevano essere serie nipponiche, visto che i cartoni occidentali al massimo erano di una decina di minuti.

La stessa redazione spiega ai lettori che avrebbero voluto inserire numerosi articoli, ma lo spazio reso disponibile dall'editore non lo permetteva, forse nei prossimi numeri, vedremo...   ^_^



L'articolo degno di nota è l'intervista a Mario Rasini, il responsabile dei programmi di "Tele Milano".
Ci videro giusto, l'emittente ha avuto un futuro.
Vengono illustrate numerose trasmissioni di "Tele Milano" al momento della sua nascita, sinceramente non ne ricordavo manco una, io aspettavo solo i cartoni animati, possibilmente giapponesi   :]
Ho provato a cercare il libro di Arnaldo Cozzi pubblicizzato in basso a destra, ma pare non si trovi... peccato...

mercoledì 9 marzo 2022

"I cartoons giapponesi non sono fatti al computer", di G.A.B. - Libertà 30 settembre 1982



La fake news ante litteram dei cartoni animati giapponesi fatti al computer (o con un elaboratore elettronico), per prodotti creati negli anni 60, 70 e nei primissimi anni 80, l'ho riproposta molte volte su questo blog con articoli d'epoca oppure in saggi del periodo:

Neppure alla Nasa avevano un computer che avrebbe potuto eseguire un compito del genere, ma i giornalisti italici, nella loro consolidata disabitudine a controllare la veridicità di una notizia, ripetevano a pappagallo questa bubbola, tra l'altro allo scopo di sminuire l'animazione giapponese.
Sto cercando da anni la genesi di questa baggianata, ma ancora non ho certezze:





In fondo il Giappone era la patria dell'elettronica e della miniaturizzazione, con una nomea di plagiatori di prodotti altrui, chi se non loro avrebbero potuto inventarsi questo fantomatico mega computer che eliminava l'arte del disegno?
Ricordo sempre che quando negli anni 90 sarà la Disney a produrre i primi lungometraggi animati con parti fatte completamente al computer, gli stessi giornalisti grideranno al miracolo tecnologico!
Ogni tanto c'era qualcuno che rinsaviva, si rendeva conto dell'assurdità che in quel periodo potesse esistere un computer che disegnasse gli anime, inventasse la trama, ma anche solo gestisse un qualsiasi aspetto della produzione di una seria animata.
Ogni tanto qualche giornalista si ricordava di essere un giornalista, faceva le domande giuste ai diretti interessati, e i giapponesi rispondevano sempre allo stesso modo:
non esisteva alcun computer, tutto il processo era fatto a mano.





Uno delle primissimi smentite  sull'uso del computer per produrre le serie animati nipponiche fu anche quella che avrebbe dovuto estirpare la fake news, in quanto si trattava di una trasmissione della Rai!


E invece la baggianata continuò a propagarsi (addirittura fino agli anni 90), veicolata anche da esperti di animazione, non solo da giornalisti superficiali o tuttologhi a caso.
Quando nel settembre del 1982 un giornalista (o una giornalista, ci sono solo le iniziali) svela che i cartoni animati giapponesi sono fatti a mano, pare quasi sia questa una balla   ^_^
In occasione delle "Giornate sul cinema d'animazione" svoltosi a Forlì a fine settembre il tema è l'uso del computer in animazione, vengono invitati veri esperti ed autori, e in questo contesto saltano fuori i cartoni animati giapponesi, che non erano fatti al computer   ^_^
L'autore, come si vedere al link sopra, sbaglia grandemente nell'affermare che quella era la prima occasione in cui si discolpavano gli anime dall'essere fatti con l'ausilio di un elaboratore elettronico.
Temo che equivocò anche il concetto di archiviazione di sfondi e scene ripetute, il famoso "bank system", che lui immaginava organizzato e gestito, di nuovo, da un computer, mentre in quel periodo era un semplice archivio tipo biblioteca vecchia maniera, del tutto analogico.
Ma si sa che i giapponesi da qualche parte dovevano usarlo un computer!   :]


domenica 6 marzo 2022

"Temple e Tamtam" ("Fūsen shōjo Temple-chan" - 1977) - puntata 4


Mi sta sorprendendo il fatto che la serie non sia composta da episodi autoconclusivi, come ho sempre pensato, mentre la storia mantiene un minimo di ricordo di cosa sia successo nella e nelle puntate precedenti.
Per esempio ad inizio episodio la voce narrante femminile riepiloga brevemente cosa sia capitato nelle puntate 2 e 3.
Nel libro pubblicato da poco "Anche mio nonno era un otaku! L'incredibile storia dei manga", a latere dell'argomento principale, si fanno alcune affermazioni (seconda scan al link) sull'animazione giapponesi in Italia che non ho condiviso molto, tra cui quella secondo la quale venisse modificato "qualsiasi" riferimento" all'oriente. 
Sappiamo che questa prassi censoria fu la norma nel periodo fininvestiano dell'animazione giapponese trasmessa in Italia, mentre in precedenza capitava raramente, e quando anche succedeva non aveva motivazioni oscurantiste, ma solo di semplificazione.
Tutta questa premessona, prendendo spunto da quello che è un singolo errore (a mio avviso) di un libro per altro corretto, perché il titolo di questo episodio è "La canzone del barcaiolo", e in che lingua canta questo barcaiolo?  ^_^
Si, in giapponese, e ben in due canzoni, a cui si accodano anche tutti gli altri personaggi! 
Essendo la serie dedicata ai bambini più piccoli, motivo per il quale ai tempi non la guardai, sarebbe stato proprio il giusto caso per modificare "qualsiasi" riferimento all'oriente, per di più in una serie in cui l'ambientazione è totalmente europea, come ne "Il fantastico mondo di Paul", sempre della Tatsunoko.
Un bambinetto sentiva cantare in giapponese, tutto ciò avrebbe potuto rovinargli una sana crescita evolutiva ed emotiva, basandosi sulle teorie fininvestiane successive, eppure l'azienda italiana che svolse l'adattamento non vi ravvisò alcune problema, senza contare che ridoppiare anche le due canzoni avrebbe comportato spendere altri soldini   :]



Il gruppo, compresa la nuvoletta Fatty, si è addormentato facendosi cullare dal rollio del vento, peccato che un albero si stia pericolosamente avvicinando... o viceversa.


L'impatto sveglia tutti, ma peggio ancora trancia le corde che legavano il pallone alla cesta...

sabato 5 marzo 2022

"Dream Worlds" (1976) - edizione originale inglese della collana Rizzoli "Il mondo dell'occulto"



A gennaio 2021 conclusi di postare i 16 volumi della collana "Il mondo dell'occulto" con l'ultimo numero dal titolo "Al di là del tempo e dello spazio":



La pubblicazione italiana era la traduzione di una inglese del 1975, come riportato dai volumi nostrani. Da bambino ebbi solo due volumi, che sfogliai all'infinito, specialmente quello sugli extraterrestri, e quando la trovai completa non mi feci sfuggire la possibilità di apprezzarla in toto.
Tranne qualche articolo un po' a caso non l'ho mai letta, gli argomenti non mi interessano in quanto non credo a nessuno di questi temi, ma visivamente è una bella opera.
Se a metà degli anni 70 poteva avere un senso che la gente desse per realistiche certe cose, rimango basito quando capisco che nel 2022 non è cambiato nulla...
Abbastanza incredibilmente ad un mercatino ho trovato a due euro un volume dell'edizione originale, per mera curiosità me lo sono portato a casa, anche per capire se differisse dalla nostra traduzione.







Intanto scopro, a differenza di ciò che veniva scritto nell'edizione italiana, che quella inglese venne pubblicata anch'essa nel 1976. Inoltre venne prodotta in Spagna, alla faccia della delocalizzazione degli ultimi 30 anni...
Le due edizioni sono pressoché identiche internamente, stessi argomenti e stessa impaginazione, il testo mi è parso il medesimo, pur con i miei grandi limiti di comprensione dell'inglese. 
Quello che cambia è il materiale della copertina, più bella la nostra in un materiale "rugoso", mentre quella anglo iberica ha una sovracopertina lucida. Inoltre nell'edizione originale c'è l'indice , da noi assente, ma nella versione Rizzoli è presente l'incipit del volume, non esistente nell'altra.



Essendo l'edizione originale dotata di sovracopertina, all'interno di questa c'è l'incipit mancante internamente, ma ha un testo differente, e sull'altro lato c'è una breve biografia dell'autore, non inserita dalla Rizzoli.
Non so quanto possa contare, ma le belle tavole disegnate hanno una tonalità un po' differente, immagino che fosse un fatto abbastanza normale per le tecniche di stampa del periodo, quando queste venivano effettuate in stabilimenti diversi.

venerdì 4 marzo 2022

Hirohito in Italia


TITOLO: Hirohito in Italia
AUTORE: Lia Beretta
CASA EDITRICE: Edizioni del CIRVI 
PAGINE: 255
COSTO: 14 
ANNO: 2013
FORMATO: 24 cm x 17 cm
REPERIBILITA': disponibile online
CODICE ISBN: 



Ho trovato questo titolo sul web, quindi non l'ho potuto sfogliare, forse lo avrei comprato lo stesso, visto che cerco di leggere tutto quello che viene pubblicato su Hirohito, ma forse anche no  ^_^

Inutile dire che il libro non mi ha soddisfatto, anche per il costo, probabilmente non è che ci fosse poi molto da dire su quel breve viaggio di piacere in Italia del futuro imperatore del Giappone.
Hirohito arrivò in terra italica per l'ultima tappa del suo viaggio all'estero (il primo per un principe ereditario giapponese), visita svoltasi dall'11 luglio al 19 luglio 1921, era partito dal Giappone a marzo. Si vede che ieri, come oggi, l'Italia non era tra le grandi potenze da visitare prioritariamente, a fine viaggio, qualche giorno, tanto per dire di esserci stato.
Il primo capitolo riepiloga la situazione storico politica in Giappone al momento dell'incoronazione di Hirohito, ma è un po' troppo riassunta.
Stessa cosa per il secondo capitolo con la biografia di Hirohito, troppo scarna.
Il terzo capitolo è il diario di viaggio della tappa italiana redatto da un membro della corte che accompagnò il principe ereditario.
Per ogni giorno è riportato cosa fece, chi incontrò, è trascritto l'eventuale discorso ufficiale (compreso quello dell'autorità italiana del momento).
L'unica cosa che mi ha colpito è che l'autore riporta sempre cosa Hirohito indossasse, se vestito da civile o in uniforme e, nel caso quale uniforme.
Si vede che a chi scrisse il diario non interessava molto del contesto italiano, c'è da dire che venne redatto due anni dopo, magari si era dimenticato i particolari.
Da pagina 59 a 90 è riproposto lo stesso diario, ma in inglese... ma essendo non in italiano certezze non ne ho  ^_^
Il quinto capitolo riporta gli articoli della stampa italiana sul viaggio di Hirohito, pochini gli articoli un minimo interessanti, pare che i giornalisti di 100 anni fa fossero in media con quelli odierni.
Per il resto, come sempre, inserisco l'indice del libro.
L'autore del diario.

martedì 1 marzo 2022

Anche mio nonno era un otaku! L'incredibile storia dei manga



TITOLO: Anche mio nonno era un otaku! L'incredibile storia dei manga
AUTORE: Maurizio Iorio (Kirio 1984)
CASA EDITRICE: Mondadori
PAGINE: 160
COSTO: 15,90 
ANNO: 2022
FORMATO: 21 cm x 14 cm
REPERIBILITA': disponibile in libreria
CODICE ISBN: 9788891834133


Quando ho sfogliato questo libro ho capito che io non ero il target individuato dall'autore e dalla casa editrice, che si può identificare della fascia di età delle scuole medie (massimo la prima superiore), però ho pensato che sarebbe stato interessante leggere come si volesse spiegare il mondo dei manga.
E' abbastanza indubbio che la lettura dei manga abbia negli ultimi anni preso piede tra le nuovissime generazioni, ma la saggistica, ammesso che qualcuno la legga(...), non è indirizzata alle fasce più giovani, quindi effettivamente mancava uno scritto cartaceo che spiegasse la storia del manga, come viene pubblicato in Giappone, e le questioni delle divisioni per target, generi e sesso.
Ho notato che specialmente le librerie Mondadori hanno settori molto ampi dedicati al manga, e questo libro è della Mondadori, immagino faccia parte di una sensata strategia per avere dei lettori più consci di quello che leggono.
Essendo il libro indirizzato a ragazzi/e delle scuole media ha poco senso che precisare l'ho trovato scritto in maniera chiara, scorrevole e piacevole, perché io conosco già il tema e sono un po' più grande del target. Bisognerebbe sentire cosa ne pensa un lettore incuriosito dai manga e dell'età corretta.
Direi che l'obiettivo di fare un po' di sana informazione è stato ampiamente raggiunto, dal primo all'ultimo capitolo si ottiene un'organica conoscenza del mondo dei manga, fatto non sempre possibile prendendo le informazioni dal web, le cui fonti non sono sempre corrette.
Bella l'idea dell'autore di rivolgersi direttamente al giovane lettore in termini colloquiali (dandogli del tu), evitando di far sembrare il libro una noiosa lezione di storia, cosa che poi è effettivamente, non intendo "noiosa", ma "storia", storia del manga.
Considerando che il libro si legge in un paio di ore (da parte di un adulto che conosce l'argomento), visto che le 160 pagine hanno una spaziatura tra le righe abbastanza vasta ed il carattere di scrittura è grande (vedi terza scan), forse quasi 16 euro sono un prezzo un po' esagerato da parte della Mondadori, anche in virtù del fatto che il libro è indirizzato ad una fascia di età con poca possibilità di spendere.
Ma se la Mondadori prezza 160 pagine con poco scritto quasi 16 euro, la "Società Editrice La Torre" quanto avrebbe dovuto far pagare i due tomi da 1000 pagine di "C'era una volta Goldrake" ?

Non conosco l'autore, ho scoperto che ha un canale Youtube e Twitch, direi che sia nato nel 1984, basandomi anche sul nickname, di certo escluderei abbia vissuto il first impact, e questo è spesso un fattore dirimente quando si spiega l'arrivo dell'animazione giapponese in Italia.
Semplicemente non si può capire una cosa che non si è vissuta, cioè la rivoluzione del linguaggio parlato, musicale e visivo dei cartoni animati giapponesi.



Un altro aspetto che mi interessava, e che più si confà ai temi trattati da questo blog, era capire come si era raccontata ai ragazzi la storia dell'avvento dei "cartoni animati giapponesi" in Italia dal 1978 ai primi anni 80.
E' vero che il libro è incentrato sul mondo dei manga, ma a parte il fatto che c'è un capitolo espressamente dedicato agli anime, se oggi in Italia si leggono manga e vengono pubblicati libri come questo è perché Heidi e Goldrake (e tutte le serie dal 1978 al 1982) fecero da apripista.
Ogni tanto l'autore cita i vari Goldrake, Mazinga etc. etc., invitando il giovane lettore a chiedere lumi ai genitori o agli zii, ma solo in un paio di pagine affronta quell'avvento, le due pagine qui sopra.
Considerando le poche pagine del libro e l'importanza del tema, forse dedicargli due paginette in più ed evitare semplificazioni sarebbe stato più informativo.
A mio avviso vengono riportate delle affermazioni non correte, magari nulla di particolare, però con tutta la saggistica che è stata pubblicata...