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giovedì 6 giugno 2013

Il paese dell'eroica felicità, usi e costumi giapponesi


TITOLO: Il paese dell'eroica felicità, usi e costumi giapponesi
AUTORE: Pietro Silvio Rivetta
CASA EDITRICE: Hoepli
PAGINE: 293
COSTO: 25 €(?)
ANNO: 1941
FORMATO: 24 cm X 16 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN: ?

Il prezzo del libro è da considerarsi relativo, la mia copia è un po' conciata, e mi è costata 25 euro, su e-bay ho trovato un annuncio che lo vendeva a 113 euro...
Ho scoperto che l'autore del libro, Pietro Silvio Rivetta, fu un personaggio poliedrico (consiglio di fare una ricerca sul web), con tante passioni e capacità, mi chiedo se avesse tanto bisogno di cacciare nel libro cosi frequenti rimandi (con numerose immagini) alla grandiosità del fascismo e del duce... probabilmente era un fascista pure lui, e poi si dice che la cultura ti mette al riparo da certe idee...
Tornando al libro...

Il libro non può essere scisso dalle sue 171 foto e disegni, che ne sono parte integrante. Ho notato che in tutti questi libri sul Giappone pubblicati in questo periodo le immagini sono sempre molte, in questo sono moltissime, e molto belle, oltre che descrittive.
L'unica pecca del libro (oltre alle soventi esaltazioni del fascismo...) è che spesso si passa da un tema all'altro senza un filo logico, l'autore tende a divagare un po'. Quindi i capitoli sovente non sono divisi per tema, difficile, quindi, rendere totalmente il contenuto del libro. Quasi sempre mi limiterò a riportare i temi principali affrontati nei capitoli, anche perché spesso gli argomenti sono solo accennati.
E' superfluo avvertire che nell'esaltazione del Giappone mai si accenna ai lati negativi, mai si racconta, per esempio, di Nanchino, fatto che nel 1941 era conosciuto.
Il titolo di ogni capitolo è preso da un proverbio, massima o poesia giapponese.

Capitolo 1
L'autore spiega che il Giappone ha rischiato di occidentalizzarsi, ma grazie ai nazionalisti (sic...) il pericolo è stato svenato. Si narra la vicenda del commodoro Perry (l'apertura forzata del Giappone), ma nonostante quel sopruso occidentale lo “yamato-damashi” (spirito nazionale) ha permesso al Giappone di eguagliare gli occidentali e vincere quattro guerre (fino al 1941).

Capitolo 2
La tradizione di togliersi le calzature prima di entrare in una casa, il tatami, i regali, la mancia.

Capitolo3
L'autore cerca di sfatare l'idea che i giapponesi manchino di sensibilità e abbiano un comportamento doppio ed infido. Se non ama gli abbracci e non esprime contrarietà direttamente è dovuto a specifici motivi culturali e sociali. Nel medesimo capitolo si affrontano temi come: l'arte marziale ju-jitsu, il kendo, il gioco del Go.

Capitolo 4
Il giardino e la veranda (engawa) sono descritti con un unicum architettonico giapponese, l'autore spiega dettagliatamente tutte le parti che compongono questa parte della casa. E' presente un disegno con tutti i nomi che poi sono spiegati nel libro.
Si passa, quindi, all'importanza dei fiori in una casa giapponese, i fiori nell'araldica e l'ikebana.

Capitolo 5
I bambini: educazione, gioco, affetto, festività a loro dedicate.
La morte: il dolore, le festività.

Capitolo 6
L'arte del bon-kei (paesaggio presentato su un vassoio di porcellana) e del bon-sai, che da spunto all'autore per illustrare i cognomi giapponesi che si rifanno alla natura.
Si passa quindi alle usanze del funerale per le bambole e gli aghi da cucito rotti, le cerimonie in onore degli animali sacrificati alle necessità umane: gatti (per la cassa dei samisen), bachi da seta, aringhe, balene.

Capitolo 7
La storia dei 41 Ronin (recitata al teatro kabuki o nei film), assieme a quella del generale Nogi (che fece seppuku alla morte dell'imperatore Meiji), sono 2 tra gli esempi del senso dell'onore nipponico.
Prendendo spunto dall'opera teatrale sui 47 Ronin l'autore illustra il teatro kabuki.

Capitolo 8
Nell'ottavo capitolo si inizia col tema te, per poi passare alla figura religiosa del budda Daruma (che lo portò agli uomini), finendo (o iniziando) con lo zen. Quindi si unisce il te e lo zen parlando della cerimonia del te. Il capitolo termina con un accenno al fatto che ai bambini giapponesi è insegnato fin da piccolissimi a sorridere e a non mostrare collera.

Capitolo 9
L'autore prende spunto dal compito di immane difficoltà che aspetta la dattilografa giapponese, che ha a che fare con una macchina da scrivere con un numero di tasti infiniti (in realtà un tasto solo ma con una matrice di 2340 caratteri!), per spiegare la difficoltà della lingua giapponese scritta. Si passa all'importanza che in Giappone viene riservata alla calligrafia.

Capitolo 10
Il capitolo parte da una domanda: “Perché i giapponesi non adottano la scrittura alfabetica?”.
Questo capitolo cerca di spiegare (al lettore italiano del 1941) l'alfabeto hiragana e katakana, illustrando il perché un cinese non potrà mai leggere il giapponese benché gli ideogrammi giapponesi siano gli stessi di quelli cinesi. Per l'autore la complessità del giapponese scritto sta nel fatto che chi legge “deve comprendere ciò che è scritto prima di aprire le labbra e pronunziarlo” e “i segni suggeriscono le idee; comprese queste, il lettore può pronunziare le parole che esprimono tali idee”. Inoltre c'è il problema della doppia interpretazione dell'ideogramma di provenienza cinese: “il suono dell'ideogramma (on) si differenzia dal “significato” (kun) giapponese”. E' spiegato perché questo “bifrontismo fonetico” sia una ricchezza unica per la lingua giapponese.
Quindi la domanda iniziale non potrà che apparire assurda ad un giapponese.
Questo capitolo, come buona parte del libro, non può prescinder dalle immagini presenti, che rendono molto più chiara la spiegazione.

Capitolo 11
Il capitolo prende spunto dall'espressione giapponese per indicare il “bene e il male” (“zen-aku”) che c'è nelle cose della vita, per far numerose digressioni sociali. Dall'uso della tecnica occidentale e il mantenimento delle tradizioni giapponesi, al nuovo movimento nazionale del principe Konoe (che vuole una nova restaurazione imperiale). E' toccato anche il concetto di “mono no aware” “compassione verso le cose” o “sintonia con la natura”.
Per finire con la storia dell'arrivo del buddismo in Giappone e gli elementi base delle fede shintoista. In questo contesto storico/religioso l'autore informa il lettore italiano che l'attuale imperatore (Hirohito) è il 124esimo imperatore di origine divina genealogicamente discendente dal primo sovrano salito al trono nel 660 A.C. Fatto che già in quel tempo si sapeva storicamente non vero, tralasciando delle origini divine degli imperatori.
Prendendo spunto dal concetto di purezza e purificazione (che è uno dei più importanti) dello shintoismo si spiega il perché i giapponesi tengano così tanto alla pulizia personale, ma anche alla purezza dello spirito.
Si passa a spiegare l'importanza che ha per ogni giapponese il santuario di Yasukuni, infatti fin da bambini imparano che “coloro che muoiono per la patria sono veramente come dei nello Yasukuni-zinzya”. Questo concetto, aggiungo io, a distanza di tanti decenni (e ormai nel terzo millennio) crea ancora grossi problemi a livello diplomatico al Giappone, con tutte le nazioni asiatiche che invasero. Questa del santuario di Yasukuni è una “maledizione”, ereditata dal nazionalismo precedente la seconda guerra mondiale, dalla quale mi pare che gli stessi giapponesi non vogliano liberarsi più...

Capitolo 12
Toccando l'argomento bushido e “yamato-damashi” l'autore spiega la storia del nome originale del Giappone: Yamato.
Si addentra nel significato spirituale e patriottico del termine “yamato-damashi”, una fede per ogni giapponese.
L'autore ci spiega anche che anteporre il diritto del singolo cittadino al bene e alla grandezza della patria è uno dei mali dell'occidente (non l'avrei mai detto...): “lo yamato-damashi”, come il fascismo, esalta la tradizione, nutriente radice di ogni nazionale rigoglio”.
A pagina 238 l'autore riporta il concetto che i giapponesi avevano della guerra e delle morti che causavano invadendo altre nazioni:
In qualità di incarnazione della Dea del Sole, l'imperatore deve agire sinteticamente in modo che la virtù militare sia un complemento armonico della virtù marziale, al pari della gioia con la spada. Ne consegue una teoria politica giapponese secondo la quale l'uso delle forze armate non mira ad uccidere la vita, ma a rigenerare e rinvigorire quella vita che ha cessato di pulsare con il suo ritmo cosmico.”
Questo concetto l'ho letto spesso in libri di analisi storica di questi anni, ed è considerata una delle cause della spietatezza dei militari nipponici. In pratica l'autore rivelava, in tempi in cui non c'era da vergognarsi di questo, il perché il Giappone si sentisse autorizzato a governare gli altri stati asiatici.
Si affronta quindi la questione della venerazione che ha ogni giapponese verso l'imperatore, un dio in terra.

Capitolo 13
Viene affrontato il rapporto uomo/donna in Giappone, anche dal punto di vista grammaticale, vocaboli e scritto.
E' esaltata la gentilezza femminile nipponica, ma anche lo spirito di abnegazione che la sposa ha verso il marito.
Si passa alla spiegazione del perché esistano ancora (nel 1941) le geisha, e del ruolo che queste hanno nella società giapponese. Ruolo che per l'autore è secondario, di contorno, ma non così importante come si crede in occidente.
Da notare che ai tempi i giapponesi si vergognavano verso gli occidentali sia per le geisha che per la prostituzione/schiavitù. Posso immaginare che l'autore abbia voluto fare un piacere ad un popolo amico sminuendo l'importanza delle geisha e non toccando l'argomento prostituzione.
Infine si accenna al ruolo di grande consumatrice che la donna giapponese ricopre nell'economia, protagonista dei grandi centri commerciali delle grandi città giapponesi (centri commerciali che in Italia sarebbero arrivati molti decenni dopo).

Capitolo 14
Il libro si conclude con l'immancabile argomento “ciliegi in fiore”, illustrando la consuetudine dello “hana-mi” (andare a vedere la fioritura dei ciliegi) e riportando accenni storici, l'etimologia del termine “sakura”, la filosofia della fugacità delle cose belle.


All'interno del libro sono presenti numerose immagini, cosa che ho notato essere usuale nei libri di quel periodo, le inserirò a testimonianza di un'epoca.





























































































































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