TITOLO: Cannoni e ciliegi in fiore, il Giappone moderno
AUTORE: Mario Appelius
CASA EDITRICE: A. Mondadori
PAGINE: 336
COSTO: 10 €?
ANNO: 1942
FORMATO: 22
cm X 14 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN: ?
Intanto
una puntualizzazione sul costo del libro: io l'ho trovato a 10€, ma
essendo un libro vecchio va a fortuna.
Speso
le foto del libro non sono nello stesso capitolo, ma sparpagliate nel
libro. Inoltre dubito che i nomi di persone, cose e luoghi siano
sempre quelli corretti.
“Il
Giappone è pieno di antitesi sconcertanti”, scrive l'autore, un
giudizio che si ripete nei secoli.
Breve
storia e spiegazione dei fatti accaduti dal 1860 (Restaurazione
Meiji). Il racconto è scritto bene, reso interessante, un po'
enfatico e con qualche inesattezza storica. Per esempio si legge che
“La guida fu presa da un uomo forte”, quando ai tempi
l'imperatore Meiji era solo un ragazzo. Si inneggia al Giappone
colonizzatore, e molte righe sono dedicate ad incensarlo per il suo
ingresso nell'alleanza tripartita con Italia e Germania. L'autore
accosta i giapponesi e le lor conquiste e nemici ai nostri romani,
spiega anche che il prossimo nemico saranno gli anglo-americani.
Mi
viene il dubbio che un libro tanto positivo sul Giappone volesse
anche dimostrare che ci eravamo alleati con una super potenza, che
però era ubicata dall'altra parte del mondo... tatticamente molto
utile...
Capitolo
2: Il mare interno
Riguardo
la stampa nipponica si legge:
“Il
governo ha bombardato il paese di circolari e di proclami, ai quali
ha fatto eco con infiammati articoli la stampa che, secondo la buona
abitudine giapponese, è sempre d'accordo col governo quando si
tratta di cose che abbiano comunque un carattere nazionale”.
Il
tutto riguardava il cambio del nome della nazione da Giappone a
Nippon.
In
questo capitolo, perlopiù architettonico e geografico, si toccano
argomenti vari: la struttura famigliare, la religione, la folata
navale civile e militare, la natalità, la limitazione delle nascite.
Scopro che nel 1935 il governo incentivò la nascita di negozi
chiamati “Botteghe Sessuali”, in cui era possibile trovare tutto
ciò inerente il sesso, per il piacere, la natalità, ma anche la
contraccezione, Infatti il governo era spaventato dal tasso di
natalità, l'esperimento fallì, perché la contraccezione non
attecchì sulla popolazione giapponese.
Gli
Ainu sono chiamati “Aynos”. I kami dello shintoismo sono chiamati
“iddi sintho”, il commodoro Perry diventa “Peng”. Però tutti
questi errori sono momentanei, in altri punti del libro la
terminologia è corretta, forse non esistevano i correttori di bozze
in quel periodo.
Capitolo
3: La donna giapponese (le madri, le ghesce, le dgiorò, le
butterfly)
Un
bello ed esauriente spaccato della condizione femminile del periodo,
sempre tenendo conto della mentalità di quegli anni. Forse il tutto
è un po' ammantato di orientalismo, però non mancano i giudizi
schietti e i paragoni con le donne occidentali (che l'autore
riconosce non vivere in condizioni poi tanto migliori).
La
condizione femminile del 1942 è la medesima che gli Usa, una volta
entrati nel paese, ribaltarono legislativamente.
Le
donne sono divise in tre gruppi: Le donne per bene (cioè la donna
corrente giapponese); le ghesce; le djorò.
L'autore
elenca i compiti e descrive le attitudini della donna giapponese “per
bene”. Scrive anche: “sessualmente la donna giapponese deve
essere considerata casta e frigida”.
Sulla
geisha: “La ghescia deve essere considerata una sublimazione
artificiale delle qualità piacevoli della donna, ottenuta in
determinate creature attraverso un duplice processo di di selezione
ed educazione”.
E'
spiegato che queste non sono prostitute, ma svolgono la funzione di
valvola di sfogo della società (maschile), permettendo all'uomo di
svagarsi. Non sottace che il rapporto sessuale fa parte della
tradizione, ma non è sempre il fine ultimo.
E'
stilata la storia delle geishe dal 700/800 in poi. E' raccontato
anche il metodo di “arruolamento” delle geishe, comprate all'età
di 6/7 anni, e liberate solo quando avranno ripagato il loro debito,
formato dai soldi dati alla famiglia, più il denaro impiegato per
istruirle e mantenerle, più il corredo acquistato. In pratica la
schiavitù.
La
terza categoria è quella della djorò, la prostituta. Queste fanno
parte di una casta riconosciuta ed istituzionalizzata dallo stato, ed
insediate in quartieri appositi. Anche per le djorò l'autore compie
un excursus storico molto dettagliato ed interessante.
Per
ultimo si tocca l'argomento Mekakè (a cui si ispira Madama
Butterfly), giovani donne che venivano date in matrimonio
“temporaneo” ai primi bianchi arrivati tra il 1860 e il 1910.
Usanza scomparsa nel 1942.
Capitolo
4: La forza militare e navale
Esaltando
la potenza militare nipponica l'autore analizza questi 11 punti:
Stato
d'animo del paese; Forza dello Stato; Efficienza tecnica
dell'esercito e della marina; Stato d'animo delle forze armate; Alto
Comando; Efficienza delle industrie belliche; Riserve di materie
prime; Capacita finanziaria della nazione; Resistenza alimentare;
Situazione strategica del paese rispetto ai suoi avversari; Gli
elementi imponderabili.
Per
molti di questi 11 punti l'analisi dell'autore si dimostrò un pelino
errata...
Capitolo
5: La potenza industriale
La
situazione dell'industria pesante, molti dati.
Capitolo
6: La situazione economica e sociale
La
situazione dell'industria manifatturiera, dell'agricoltura e
dell'economia in generale, comprensiva di tutti i risvolti di
carattere sociale. La descrizione tende ad esaltare la forza del
Giappone, specialmente in caso di guerra, l'autore ipotizza che la
potenza economica del Giappone aumenterebbe grazie alla frugalità
della popolazione, allo spirito nazionalistico e alla docilità della
popolazione. Sebbene i punti 3 punti si dimostrarono veri, ciò non
fu abbastanza per avere la meglio sulla potenza economica Usa (di una
popolazione per nulla frugale...).
Da
ricordare che noi italiani mandammo l'esercito in Russia con gli
stivali di cartone...
Il
capitolo è impostato proprio per dimostrare che il Giappone
resisterà ad una lunga guerra contro gli Usa.
Sono
spese molte righe per spiegare che il successo delle merci giapponesi
non è dovuto al dumping sociale (bassi salari), ma alla
razionalizzazione industriale, e che la forza lavoro, pur guadagnando
poco, vive bene perché non necessita di lussi.
La
forza ultima del Giappone è l'imperialismo, a cui partecipa tutta la
nazione. L'autore elenca tutti i territori conquistati al 1941/42.
Sotto
l'aspetto statale, sempre per l'autore, il Giappone è la quinta
essenza dell'espressione nazionalista e socialista, quindi
nazional-socialista, ergo fascista. A cui si somma una società con
le consuetudini sociali asiatiche. Creando un ix unico di obbedienza
e sacrificio per la patria, incarnato dal ruolo dell'esercito.
Nell'indottrinamento
del cittadino la scuola ha avuto un ruolo primario, l'impero inizia
ad educarli a 6 anni, creando una uniformità culturale unica, il
tutto in nome dell'imperatore: padre supremo di tutti i giapponesi.
Sono
3 i concetti inculcati fin dalla scuola primaria.
La
superiorità del popolo giapponese su tutti gli altri popoli del
mondo; Una devozione mistica alla persona sacra e divina
dell'Imperatore; il culto della Patria.
Capitolo7:
Osaka
Un
profilo economico, sociale, e culturale di Osaka.
Capitolo
8: Tokyo capitale dell'Impero
Un
profilo economico, sociale, culturale e architettonico di Tokyo.
Capitolo
9: Kyoto
Un
profilo economico, sociale, culturale, religioso e architettonico
Kyoto.
Capitolo
10: Nara
Un
profilo culturale, religioso e architettonico di Nara.
Capitolo
11: I meravigliosi templi di Nikko
Un
profilo culturale, storico, religioso e architettonico dei templi di
Nikko.
Capitolo
12: I tre “sankei” del Giapponese
Per
“sankei” si intende i luoghi più belli del Giappone, che sono:
l'isola sacra di Miayima; l'Isola di Matsuscima; Amanoscidate, un
ponte di pini che taglia in due la baia di Miyazu.
Dopo
una descrizione minuziosa dei 23 luoghi l'autore elegge l'Italia e il
Giappone a nazioni più belle del mondo, scegliendo alla fine
l'Italia per la sua cultura e il suo clima.
Capitolo
13: Dinanzi al grande Budda di Kamakura
Una
descrizione artistica, paesaggistica e storica.
Capitolo
14: S. M. l'Imperatore solare
E'
brevemente analizzata la figura del Tenno/imperatore Hirohito: la
fedeltà assoluta del suo popolo, il suo ruolo religioso e politico.
Capitolo
15: Il grande tempio di Ise
L'autore
visita il tempi di Ise.
Capitolo
16: Il Mikado senza corona
Il
Kezai-club è il quartier generale della lobby industriale ed
economica del Giappone. Il luogo dove la Mitsui e la Mitsubishi (e
pochi altri) decidono le sorti del paese. In quanto i membri di
questo club sono imparentati con parlamentari e burocrati di stato, e
hanno forti rapporti d'interesse economico col la marina e
l'esercito. Creando dei nuovi clan come in epoca feudale. Il “Mikado
senza corona” altri non è che il re del Kezai-club, il barone
Hakiroemon Mitsui.
Capitolo
17: Come si fabbrica una religione di stato
E' un
fatto risaputo (anche allora) che lo shintoismo di stato (con a capo
l'imperatore) fu creato appositamente per dare unità alla neo rinata
nazione. E' cosa nota anche che il bushido fu utilizzato/rielaborato
per collegare gli eroici samurai al nuovo cittadino moderno
giapponese.
Però
l'autore prende un bell'abbaglio quando scrive che nel 1888 lo stato
mise assieme shinto, buddismo, confucianesimo, cristianesimo,
religione mussulmana(!!), per creare il Bushido!!! La nuova religione
di stato.
Il
bushido è antecedente alla restaurazione Meiji.
Questo
grosso errore dell'autore mi fa dubitare su altri punti del libro che
mi son sembrati validi.
Capitolo
18: Nel più grande cratere del globo
L'autore
si reca in viaggio al vulcano di Aso, raccontando anche del rischio
sismico presente in Giappone.
Capitolo
19: Le tre avanzate del Giappone
Sono
spiegate le tre direttrici espansionistiche del Giappone: verso sud
(contro gli Usa ed Inghilterra); verso nord (contro l'URSS); verso
ovest (contro Cina ed Inghilterra).
Capitolo
20: L'incognita del mare di Bering
Strategicamente
sono 4 le marine interessate allo stretto di Bering e al suo mare:
Giappone, URSS, Usa ed Inghilterra.
L'autore
ci anticipa uno scoop, Stalin ha già pronto il piano per costruire
un tunnel subacqueo di 25 km (in 2 tronconi) per unire la Siberia
all'Alaska. Magari ai tempi era una disinformatia sovietica.
Capitolo
21: Tra gli uomini-orso e le donne barbute
Sono
descritti i luoghi dell'Hokkaido, la terra degli Ainu (chiamati
erroneamente Ayno), i veri abitanti autoctoni del Giappone.
Nell'illustrare
le origini degli Ainu si spiega anche quella del giapponese moderno,
un mix malese-mongolo. A questo proposito l'autore riporta che le due
popolazioni (ainu e giapponesi) in parte si mescolarono, scrivendo
che: “In ogni modo è accertato che l'incrocio del giapponese con
l'Aynu è sterile alla terza generazione”.
I
dati di allora censivano circa 15 mila ainu. La prova inconfutabile
che i 2 popoli appartenessero a due “razze” (ricordiamoci che il
libro è del 1942) diverse è la pelosità. Glabri i giapponesi,
irsuti gli ainu, che hanno barbe lunghissime e folte chiome. Siamo
informati che “Molte donne sfoggiano una magnifica barba da priore
cappuccino. Le ragazze hanno baffetti e la mosca”.
L'autore
racconta il tipo di vita che conducono, i riti religiosi (compreso il
sacrifico dell'orso), i mezzi di sostentamento.
Secondo
alcuni studiosi avevano caratteristiche fisiche (osso appiattito
dell'omero e della tibia) tipico degli uomini preistorici europei.
Per altri gli ainu sono originari della Finlandia, con i quali
condividono alcuni miti legati all'orso.
L'autore
si reca nei villaggi di Shiaroi e Chicabumi, in quest'ultimo assiste
al rito sacrificale dell'orso, che descrive con dovizia di
particolari (giusti?):
Capitolo
22: Viaggio all'isola di Formosa
E'
raccontata la storia di Formosa dal 1600 all'annessione nipponica del
1894. E' descritta l'importanza strategico/economica di questa isola
per l'impero giapponese.
Capitolo
23: Nelle foreste di canfora
Ancora
a Formosa.
Capitolo
24: La casa dei tifoni
L'autore
giunge ad Okinawa, descrivendone la geografia, costumi della
popolazione, storia economia e il clima. E' riportato che gli
abitanti delle isole Ryukyo (Okinawa) non sono storicamente
giapponesi, ma poco dopo si afferma che comunque sono giapponesi al
100%.
Capitolo
25: Fra i tagliatori di teste
Si
ritorna a parlare di Formosa e dei suoi tagliatori di teste, i circa
100 mila nativi/selvaggi dell'isola. E' spiegato che in 40 anni di
annessione il Giappone non è riuscito né con le buone né con le
cattive a “civilizzare” i selvaggi. Una metà circa ha smesso di
tagliare teste e vive ai margini della civiltà nipponica, la
restante metà resta isolata nelle foreste e sui monti continuando la
propria vita selvaggia.
L'autore
dopo molte insistenze (le autorità giapponesi non gradivano mostrare
neanche gli abitanti “addomesticati”) riesce a visitare un
villaggio semi civilizzato, riportandone lo stile di vita degli
abitanti.
Riporto le scannerizzazioni delle immagini presenti nel libro, un tuffo in quel (non sempre piacevole) Giappone.
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