TITOLO: Lo specchio dell'anime, l'animazione giapponese di serie e il suo spettatore
AUTORE: Marco Teti
CASA EDITRICE: Clueb
PAGINE: 75
COSTO: 10 €
ANNO: 2009
FORMATO: 24 cm X 17 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN: 9788849132731
Queste
sono 71 pagine difficili da leggersi, “difficili” nel senso di
complicate, complesse, astruse, non solo per le singole parole, ma
per i concetti espressi. Non è una critica, non è responsabilità
dell'autore se io lettore non ho gli strumenti culturali per capire
queste 71 pagine (magari una 30ntina le ho capite, non di più). Mi
limito ad avvertire tutti gli altri potenziali lettori nelle mie
stesse condizioni culturali.
L'autore
cerca di esplorare un aspetto poco indagato degli anime: il
linguaggio del prodotto animato in relazione con le modalità con cui
questo comunica con lo spettatore di riferimento, cioè il target.
Per
analizzare questo aspetto degli anime l'autore ha scelto la serie
“3X3 Occhi” (tra l'altro una serie uscita, mi pare in OAV, e non
in tv, ne italiana ne giapponese), e su questa effettuerà le sue
valutazioni.
Il
secondo capitolo, intitolato “Per un orientamento metodologico”,
analizza la struttura della serie, con una terminologia prettamente
tecnica da critica cinematografica, semiotica, critica letteraria,
psicanalisi ed antropologia (ho riportato i campi di analisi scritti
nell'introduzione).
Il
fatto è di certo corretto dal punto di vista dell'analisi, ma rende
la lettura abbastanza oscura per un normale lettore (come me).
Le
poche cose che ho capito di questo capitolo le sapevo già, di tutto
il resto che non ho capito non commenterò nulla, ovviamente.
Il
terzo capitolo si occupa di come gli anime (cioè le case di
produzione) selezionano il target di telespettatori. L'autore
individua negli adolescenti il target preferito dall'animazione
nipponica. Inizia, quindi, a spiegare quale sia il rapporto tra
l'anime e l'adolescente.
Le
case di produzione nipponiche riescono ad instaurare un rapporto
intimo e confidenziale con l'adolescente (maschio o femmina che sia).
Intanto i protagonisti dell'anime sono più o meno coetanei dello
spettatore, questo genera già una comunanza di sentimenti e vissuto.
L'animazione
nipponica riesce a crearsi un prototipo dello spettatore modello, e
lavora sul prodotto (l'anime) affinché i gusti di questo modello
siano i più vicini possibile allo spettatore adolescente reale.
Un
anime è un testo che contiene un messaggio, il contenuto di questo
messaggio vede preponderante la componente emotiva rispetto a quella
cognitiva. L'anime va visto col cuore, più che con la mente.
Un
anime non è intrattenimento puro, ma la rappresentazione del mondo,
questo permette di stabilire il rapporto intimo e confidenziale con
lo spettatore.
Uno
degli aspetti che stimolano di più lo spettatore sono le scene
erotiche o gli ammiccanti. In queste scene le pulsioni sessuali
sublimate (cioè deviate verso una nuova meta non sessuale e
socialmente valorizzata, come il combattimento per salvare il mondo)
sono una delle caratteristiche maggiori degli anime indirizzati agli
adolescenti.
Non è
solo l'età dei protagonisti a far identificare lo spettatore
nell'anime visionato, ma anche la psicologia dei personaggi, le
pulsioni, i tempi e i ritmi della narrazione (convulsi). Lo
spettatore vi si specchia e ritrova le proprie paure, ansie, dubbi,
il suo sentire.
Il
“genere” di un anime è già la scelta di un messaggio,
l'instaurarsi di un dialogo con l'adolescente, il fantasy o lo shojo
attirano il/la giovane, specialmente se questi generi sono
contaminati dall'horror.
Il
quarto e ultimo capitolo cerca di lanciare un ponte tra oriente e
occidente tramite le fiabe i i miti occidentali, che condividono con
gli anime la struttura narrante.
Il
resto del capitolo eviterò di commentarlo per non ne ho capito molto
(vedi spiegazione ad inizio recensione).
Nessun commento:
Posta un commento