TITOLO: Gli ultimi pagani, appunti di viaggio di un etnologo poeta
AUTORE: Fosco Maraini
CASA EDITRICE: BUR
PAGINE: 202 (123 quelle sul Giappone)
COSTO: 7,5 €
ANNO: 2001
FORMATO: 20 cm X
13 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN: 9788817125710
Fosco
Maraini racconta la vita di tre popolazioni dell'Asia, due di queste
riguardano il Giappone, la recensione si sofferma su queste. I due
gruppi etnici giapponesi sono quelli degli Ainu e degli Ama.
Nel
1985 la popolazione Ainu ammontava a circa 25000 persone, quasi tutti
meticci di giapponesi e russi.
La
religione Ainu attribuisce agli animali della foresta un'anima
immortale, il più venerato è l'orso. La cerimonia in cui l'anima
dell'orso veniva inviata nella sua dimora celeste si chiama
“iyomande”, ed è uno dei riti principali della loro religione,
Maraini racconta gli Ainu attraverso questo rito. Iyomande
(kuma-matsuri) significa “farlo partire” e può essere riferito,
oltre che ad un animale, anche a un oggetto. L'autore partecipò a
due iyomande, nel 1954 (villaggio di Kotan sulle sponde del lago
Kutcharo) e nel 1971 (nel villaggio di Nibutani). Secondo Maraini il
rito del 1954 fu uno degli ultimi autentici iyomande, infatti gli
anziani Ainu (ekashi) morirono poco dopo, e con loro le tradizioni
che i giovani avevano sostituito con la cultura del popolo Shamo (i
giapponesi).
Nel
1954 Maraini si recò nell'Hokkaido, e con l'aiuto di due studiosi
giapponesi riuscì ad organizzare uno iyomande. Lo organizzarono
perché gli Ainu del villaggio Kotan erano divenuti così poveri, a
causa delle privazioni della guerra e degli anni successivi, che
avevano venduto tutti gli abiti tradizionali, inoltre non possedevano
neppure un orso per il rituale e neppure il cibo e i materiali per
effettuarlo. Gli abiti tradizionali furono prestati dal museo di
Kushiro e l'orso fu comprato da un villaggio Ainu vicino. In quel
1954 le donne anziane avevano ancora il contorno della bocca e le
mani tatuate, mentre quelle giovani già non si tatuavano più.
Nel
1971 Maraini assistette ad un altro iyomande a Nibutani. La
generazione di vecchi ekoshi del 1954 erano scomparse, e con loro
gran parte del rito originario. Dopo un periodo di disinteresse
durante gli anni 50 e 60, i giovani Ainu ricominciarono a seguire le
tradizioni, ma per puro interesse turistico. Dovettero recuperare
molta parte dei riti tramite pubblicazioni o documentari. Durante il
secondo iyomande raccontato da Maraini si era perso il suo senso
religioso, era diventata una rappresentazione per turisti,
debitamente pagata. Maraini per questo non giudica male i giovani
Ainu, si limita ad osservare le differenze rispetto a quello del
1954, celebrato dagli ekashi di prima generazione. Nel 1985 lo
iyomande non ha più un carattere meramente turistico, ma più di
riappropriarsi delle tradizioni Ainu, una rivendicazione identitaria,
politica, comunque non religiosa come nel 54.
Esiste
un altro gruppo etnico che conserva tratti peculiari, seppur
assimilato (più degli Ainu) ai giapponesi), si tratta degli Ama. Una
popolazione dedita alla pesca del mollusco awabi, compito riservato
esclusivamente alle donne, che si tuffano in apnea fino a 20 metri di
profondità. Grazie a questo ruolo le donne Ama hanno un ruolo più
importante nella famiglia e nella vita del villaggio rispetto alla
media delle donne giapponesi. Gli Ama tendono a sposarsi con altri
membri del villaggio, quindi mantengono una distinta identità
antropologica e culturale. Gli ideogrammi Ama significano Donna-Mare
e Uomo-Mare. I giapponesi considerano gli Ama bravi nei loro lavori,
ma fondamentalmente primitivi ed animaleschi. Maraini nel 1954 si
recò sull'isola di Hekura, composta di circa 300 case, per girare un
documentario sulla pesca dell'awabi.. Inizialmente gli Ama di Hekura
non collaboravano al progetto di Maraini, e neppure concedevano la
loro fiducia agli stranieri, specialmente le pescatrici Ama. Un
giorno Maraini va a pescare col suo fucile da immersione,
accompagnato da una donna americana della troupe documentaristica. Al
rientro Maraini ha preso un pesce Tai e gli viene in mente di
chiedere alla sua accompagnatrice di rientrare abbigliata come le
pescatrici Ama, cioè vestendo solo con gli slip, a seno nudo.
Sperando che le pescatrici Ama vedendola prendessero fiducia, ma in
un villaggio Ama vedere una donna semi nuda è come vedere un albero
nella foresta. Fu il pesce pescato da Maraini e specialmente il
fucile subacqueo ad attirare l'attenzione della popolazione a a
rompere il ghiaccio. Così Maraini riuscì a farsi assegnare 4
pescatrici Ama per il documentario, pagando il relativo mancato
introito delle pescatrici. Precedentemente al fatto della pesca col
fucile subacqueo il capo villaggio si era rifiutato di distogliere
le donne Ama dal loro lavoro. In questa occasione Maraini chiese al
capo villaggio il perché fossero solo le donne, invece degli uomini,
a pescare. Questi rispose che le donne sono più resistenti degli
uomini, sopportano più a lungo il freddo dell'acqua, hanno più
fiato e sono più tranquille. Anticamente si tuffavano anche gli
uomini, ma rendevano di meno. Gli uomini Ama assistono le pescatrici
dalla barca, tirando con tutta la loro forza il cavetto che le donne
si legano alla vita e che serve ad aiutarle alla risalita quando
l'aria inizia a mancare. Una delle Ama disse a Maraini che gli awabi
diminuivano di anno in anno, che forse erano in troppe a pescare
(circa 200), e per questo c'era chi doveva tuffarsi oltre i 20 metri
di profondità, cosa faticosissima. Ogni Ama faceva immersioni di
45-50 secondi, talvolta un minuto, dopo una ventina di immersioni
8un'ora circa di lavoro) si riposavano per 30 minuti. A mezzogiorno
pranzavano e si riposavano un po' di più, poi ritornavano a lavoro
fino alle 16/17 del pomeriggio. Tutto questo da giugno a settembre,
il periodo degli awabi, spesso col cattivo tempo ed il freddo.
Nonostante questa dura vita le Ama, ma anche gli uomini, godevano di
ottima salute, ed erano molto longevi, inoltre le morti durante il
lavoro erano molto rare, tanto che quando capitavano se ne parlava
per anni.
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