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domenica 2 giugno 2013

La maschera del samurai


TITOLO: La maschera del samurai
AUTORE: Aude Fieschi
CASA EDITRICE: Mediterranee
PAGINE: 136
COSTO: 15,5 €
ANNO: 2009
FORMATO: 21 cm X 15 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN: 9788827220498
  
Questo breve saggio sui samurai lo si può considerare una buona introduzione al tema, vista la brevità i temi non sono approfonditi, ma non risulta neppure pesante. Peccato per il prezzo, abbastanza esorbitante rispetto ai contenuti.

Nel primo capitolo si spiegano i fatti storici dall'arrivo del commodoro Perry alla Restaurazione Meiji, nell'ottica dei samurai che persero le loro privilegi di guerrieri.

Il secondo capitolo si sofferma sul bushido, codificato nel hagakure (nel 1700), ma rimasto praticamente sconosciuto fino a metà del 1800. Periodo in cui il bushido fu riscoperto e mitizzato, specialmente dalla sua rielaborazione in favore della Restaurazione Meiji, da parte di Nitobe Inazo nel 1905.
Comunque l'hagakure non fu l'unico insieme di precetti morali riguardanti i samurai. Nel 1247, Hojo Shigetoki, scrisse un'opera indirizzata al figlio, contenente una serie di consigli per esercitare il comando. L'opera si chiamava kakun (codice famigliare), e non presentava nessuna spinta al suicidio per il proprio signore, né l'esaltazione della lealtà o del coraggio. Il kakun era incentrato sugli atteggiamenti psicologici che un capo doveva avere per comandare, invitando il figlio ad essere sempre modesto e moderato, e a non trascurare mai il proprio dovere e obbligo (giri).
Gli scritti di Nitobe sul bushido sono confrontati con quelli di Mishima. In questo capitolo si cerca di valutare quali fossero i principi morali del samurai: rettitudine, coraggio, lealtà, sacrificio, onore, sincerità, cortesia.
Il capitolo è pieno di passi di altri scrittori.
Il terzo capitolo si concentra sul feudalesimo giapponese. Le guerre tra i clan Taira e Monamoto, fino alla vittoria del clan Minamoto (nel 1185) e l'istituzione del bakufu o shogunato. In pratica sono brevemente ripercorse le vicende storiche inerenti le epoche Kamakura (1156-1336), Muromachi (1339-1573), fino agli eventi che videro protagonisti Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu, che nel 1603 divenne shogun, dando via all'epoca Edo, l'epoca dell'isolamento che durò 2 secoli e mezzo.

Nel quarto capitolo si riporta quale fosse l'equipaggiamento di un samurai.
Il cavallo era considerato importantissimo, fin sacro, tanto che in epoca Kamakura i cavalli erano sacrificati vivi. Questa usanza fu sostituita con l'offerta di statuette in legno rappresentanti il cavallo, e poi da piccoli dipinti (ema).
L'equitazione era parte integrante dell'istruzione di un samurai, in un combattimento era determinante saper scoccare un freccia mentre si galoppava, quindi usando le 2 mani per impugnare l'arco e la freccia e non le redini. A tal scopo si praticava lo yabusame, l'addestramento a colpire un bersaglio durante il galoppo.
Oltre alla spada lunga (katana) e a quella corta (wakizashi), in epoca Heian i samurai portavano una terza spada più lunga della katana, la tachi. I fabbri artigiani costruttori di spade erano tenuti in gran conto, il loro lavoro prevedeva uno stretto rituale shinto.
Per proteggersi dalle frecce nemiche si utilizzavano delle corazze chiamate o-yoroi (“armatura formidabile”), la loro efficacia era dovuta a delle lamelle di cuoio o metallo (same) applicate sull'armatura. L'elmo (kabuto) proteggeva la nuca e il collo, le spalle fino al gomito erano protette dal sode (maniche), le gambe dal suneatte (gambali). Questo tipo di corazze si chiamava domaru o haramaki, a seconda del tipo di allacciatura. Intorno al XVI secolo comparve un'armatura più protettiva e che permetteva movimenti più liberi, la tosei gusoku “equipaggiamento moderno). Con questa armatura fu aggiunta la maschera per proteggere il volto, ma che serviva anche per intimidire il nemico. Le armatura cambiarono ulteriormente con l'avvento delle armi da fuoco.
Da periodo Kamakura iniziò ad essere usato lo stendardo colorato con l'insegna del clan (mon), retto da un'asta posizionata dietro la schiena del soldato. Lo scopo dello stendardo inizialmente era quello di riconoscere gli amici durante la foga della battaglia, ma in seguito il mon acquistò un valore sociale, legato all'importanza della casata d'appartenenza.
I samurai, oltre all'abbigliamento, si riconoscevano per il tipo di acconciatura, la chonmage.

Il quinto capitolo si sofferma sull'educazione impartita ai samurai. Inizialmente ai samurai erano insegnato solo ciò che serviva in combattimento, ma poco alla volta si impartì loro anche insegnamenti di carattere culturale. Fino a che nel periodo Tokugawa, che fu esente da guerre, l'istruzione culturale divenne prioritaria. Il samurai doveva imparare sia il “bu” (l'arte della guerra”) che il “bun” (la letteratura).

Il sesto capitolo è incentrato sulle attività sei samurai in tempo di pace. La composizione delle poesie tanka e haiku, la calligrafia, l'ikebana, la meditazione, la cerimonia del tè. Ma anche i giochi strategici come il go e lo shogi e la caccia. La caccia agli uccelli, anche tramite l'uso della falconeria (takagari), e della selvaggina. C'era un'attività legata alla caccia e anche allo sport che era la “caccia al cane”, inuoumono, che aveva delle regole ben codificate e si teneva in uno spazio ben definito, a cui partecipavano vari samurai.
Ai samurai era permesso vedere il teatro No, ma non gli altri tipi di teatro, perché li avrebbe esposti al contatto con le altri classi inferiori. Altri spettacoli permessi erano la danza, la musica sacra e il sumo.

Il settimo capitolo illustra come gli oligarchi Meiji, fino al regime fascista giapponese, si adoperarono per trasmettere i precetti dei samurai, che erano una sparuta minoranza, a tutti i giapponesi. Trasformando un popolo di contadini in un popolo di samurai pronti al combattimento.

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