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mercoledì 5 giugno 2013

Noi robot, giocattoli spaziali


TITOLO: Noi robot, giocattoli spaziali
AUTORE: Massimo Monteleone e Guglielmo Signora
CASA EDITRICE: Granata Press
PAGINE: 127
COSTO: 35€
ANNO: 1994
FORMATO: 24 cm X 21 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN: 9788872481202

Penso che questo sia in assoluto il primo libro italiano che cerca di entrare nel mondo del collezionismo robotico. Cercavo questo titolo da parecchi anni, e come capita spesso, quando una cosa non la cerchi più te la ritrovi sotto al naso. Per giunta la copia che ho trovato è in condizioni perfette.
Uno dei due autori è quel Guglielmo Signora che ha scritto “Anime d'Acciaio” per la Kappa Edizioni, libro imperdibile per ogni collezionista robotico e non, io non lo sono ma il libro l'ho divorato ugualmente.
Tornando a questa prima pubblicazioni sui robot metallico/plastici, la si può considerare un prequel di “Anime d'Acciaio”, non è così esaustivo, ma ne ripropone a grandi linee la struttura.
Le prime 60 pagine sono di analisi e di storia del fenomeno “collezionismo robotico, le restanti 67 pagine sono occupate da 200 immagini a colori (mentre nella parte scritta le immagini sono in bianco e nero) di robot di latta e di “robottoni”.

Il primo capitolo, a cura di Massimo Monteleone, si occupa dei robot metallici ispirati alla fantascienza degli anni 50/60, fabbricati in Giappone dagli anni del dopo guerra fino a quando vennero soppiantati dai robot delle serie tv costruiti in metallo e plastica.
I robot di latta a carica meccanica o a pile per la gran parte, o almeno inizialmente, erano totalmente inventati. Negli anni 50/60 iniziarono ad ispirarsi ai film fantascientifici made in Usa e alle prime attività umane fuori dell'atmosfera terrestre.
Il titolo di questo primo capitolo capitolo è un po' lungo, ma rende bene l'idea del suo contenuto:
Japanese graffiti. I giocattoli di fantascienza dell'era atomica e delle prime imprese spaziali. Dalla latta alla plastica, dai comics americani ai manga-heroes, passando per Robby the Robot e Tetsuwan Atom. Preistoria e sviluppo industriale degli Space-Toys fino a metà degli ani 70.

Il secondo capitolo (“Dalla nostalgia al merchandising: l'evoluzione della specie”) è scritto da Guglielmo Signora, e spiega il periodo in cui i robot di latta iniziano ad essere sostituito da quelli fatti in plastica e metallo, più economici, ma anche più sicuri rispetto a quelli in latta. Inoltre i 2 nuovi materiali impiegati permettevano una maggiore somiglianza coi robot presenti negli anime.
Ci fu comunque un periodo di “interregno”, in cui vennero prodotti robot di latta delle prime serie robotiche gonagaiane, prima che la latta cedesse definitivamente campo ai robot di plastica/metallo.

Nel terzo capitolo (“I robot in Italia: storia di un'invasione”), sempre Guglielmo Signora, cerca di mettere ordine nell'invasione dei robot giocattoli ispirati ai cartoni animati (robotici) giapponesi, cioè da Goldrake (che l'autore scrive essere arrivato sulle tv italiane nel 1976/77...) in poi, stilandone un ordine cronologico fino all'anno dell'uscita del libro.
Ad una prima invasione un po' caotica, quando una volta fiutato l'affare si iniziò ad importare qualsiasi modellino senza nessuna logica commerciale, seguì un'importazione collegata alla trasmissione della serie tv (cioè quello che succedeva in Giappone), ed in questa seconda fase fu la Ceppi Ratti a stringere il maggior numero di accordi con le case di produzioni nipponiche.

Nel quarto capitolo (“Il robot e la sua valutazione”) Guglielmo Signora fa un breve excursus su come valutare un modellino da collezionismo, e su quali sono i criteri per valutarlo:
  1. modellino “made in Japan” con confezione in giapponese;
  2. modellino fabbricato fuori dal Giappone, ma per il mercato giapponese;
  3. modellino fabbricato fuori dal Giappone per il mercato occidentale, con scatole in lingua occidentale, ma che conservi il marchio delle aziende giapponesi;
  4. modellino tarocco fabbricato fuori dal Giappone per il mercato occidentale.

Nel concludere il libro Guglielmo Signora si augura (nel 1994) che sui modellini robotici non esploda una speculazione in grande stile, mi sa che, a distanza di 18 anni, fu un auspicio vano...

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