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mercoledì 21 aprile 2021

Il movimento creato - Studi e documenti di 26 saggisti sul cinema d'animazione



TITOLO: Il movimento creato - Studi e documenti e 26 saggisti sul cinema d'animazione
AUTORE: autori vari
CASA EDITRICE: Pluriverso
PAGINE: 220
COSTO: 5 €
ANNO: 1993
FORMATO: 24 cm X 17 cm
REPERIBILITA': on line 
CODICE ISBN: 


Considerando che in Italia la saggistica sull'animazione giapponese è nata dopo la metà degli anni 90, il seguente saggio pubblicato nel 1993 rientra nel gruppo di scritti che analizzava gli anime in maniera più razionale rispetto agli anni 70/80, ma non ancora "professionale" (se posso usare questo termine).
Il libro curato da Giannalberto Bendazzi e Guido Michelone raccoglie i contributi di 26 saggisti, due di questi sono incentrati sull'animazione giapponese, quindi rientrano a pieno titolo nella mia ricerca di come erano trattati i cartoni animati giapponesi dalla stampa e nei libri.
Da ricordare che Bendazzi inizialmente non fu un grande estimatore degli anime televisivi, si vede che man mano negli anni si rese conto che avevano un qualche valore:

Ad oggi ho postato 26 recensioni di libri della "pre-saggistica sugli anime", e ne ho altri da inserire più un certo numero che non riesco a reperire materialmente ma trattarono l'argomento. La valanga di articoli sui cartoni animati giapponesi che mostro nell'Emeroteca Anime ebbe delle conseguenze, influenzò chi si occupava di fumetti ed animazione, ma anche chi faceva ricerche sul rapporto tra televisione e bambini. In alcuni casi gli autori dei saggi furono precedentemente anche estensori di articoli sulla carta stampata, di conseguenza ribadirono nei libri i concetti già espressi, e nel caso di gravi errori, con l'aggravante che per un saggio si possono fare ricerche sulle fonti con più calma rispetto ad un articolo.



I due contributi sui cartoni animati giapponesi di questo saggio si occupano della prima invasione di fine anni 70 e primi anni 80, ed è interessante leggere a distanza di poco più di una decina di anni quanto si fosse riusciti ad analizzare la questione con meno emotività. L'emotività era ormai svanita, ma gli errori non mancano.
I due scritti sono:
"Dalle galassie a Beautiful, viaggio attraverso i nippo-cartoons dei primi anni Ottanta", di Giorgio Simonelli, Paolo Taggi e Federica Villa;
"Big in Japan - Industria, serialità e cultura nei cartoons giapponesi", di Rita De Giuli

Quello che mi ha colpito immediatamente quando ho letto i due titoli degli scritti è l'assenza del termine "anime"... eravamo nel 1993 e usarono "nippo-cartoons" e "cartoons giapponesi".
Da tutto ciò posso presumere che nel 1993 una informazione come il nome corretto con cui identificare l'animazione nipponica non era ancora patrimonio di chi se ne occupava e che tale notizia non era agevole da trovare, oppure no?
C'è un punto in cui nello scritto "Dalle galassie a Beautiful" viene citato (pagina 72) un libro dal titolo "Anime" di autori vari pubblicato a Bologna nel 1982... direi che tolta la data, il titolo sarebbe questo:

La cui prima edizione risale al 1991, quindi due anni prima di questo saggio, in cui si sarebbe potuto sfoggiare il termine corretto per identificare i "cartoni animati giapponesi", cioè "ANIME", ma optarono per continuare a sbagliare scrivendo "cartoons giapponesi" o "nippo-cartoons". 
Peccato, per loro, intendo  :]



Non mancano gli errori, dalla data del Mifed in cui venne acquistato "Atlas Ufo Robot" (non il 1976 ma il 1977), questo un errore accettabile nel 1993, ad altri su trame e ricostruzioni varie. 
Quello, invece, che mi ha colpito è il giudizio generale sfavorevole senza appello sui "nippo-cartoons", che a parte venir scagionati dall'accusa di essere diseducativi per la violenza delle scene, si beccano la qualunque valutazione negativa su tutto il resto   T_T
Lontani dalla creatività di Disney o Hanna e Barbera(!!!) o dal disegno italiano; ; mancanza di creatività; Capitan Futuro l'UNICO con una nobile ascendenza; storie prive di spessore; graficamente schematici, ripetitivi, prevedibili; disegno approssimativo, elementare, ripetitivo; estrema indeterminazione ambientale.

Qui mi fermo, ma potrei proseguire ad elencare le stroncature, del tutto legittime, però mi è parso fossero giudizi dati da esperti poco al corrente di animazione giapponese, che con tutte le serie arrivate in Italia, analizzano "Capitan Futuro", che forse non fu la serie più tipicamente "giapponese" su cui basare lo scritto.
Ad un certo punto si riepilogano i titoli di alcune serie robotiche (pagina 78), inserendo sia Goldrake che "Ufo Robot"... io mi chiedo se da tre studiosi che giudicavano (negativamente) gli anime nel 1993 (15 anni dopo la prima trasmissione di "Atlas Ufo Robot") non si potesse pretendere che per lo meno fossero consci che Goldrake e "Ufo Robot" erano la medesima serie... poi di certo tutte le loro analisi sono corrette ed io sono in errore, ma sarebbe bastato leggersi "Anime, guida al cinema d'animazione contemporaneo" dei Kappa Boys   ^_^
Un po' concordo sulla valutazione finale che noi ex bambini saremmo passati, grazie all'insegnamento della televisione, da seguire tutte le puntate di Goldrake a quelle di Beautiful da adulti. Anche se io Beautiful non l'ho mai visto, ma "Big Bang Theory" si   ^_^
Forse nel 1993 si sarebbe dovuto aggiungere che l'abitudine a seguire i serial televisivi l'avevano anche i nostri genitori quando noi guardavamo Goldrake, e loro da bambini Goldrake non l'avevano visto, quindi forse la colpa non era di Goldrake. Ma non vorrei sembrare troppo pignolo  :]



Il secondo contributo non distrugge gli anime come il primo, non mancano gli errori, ma il tono è più di analisi neutrale. 
Si comincia con illustrare il ciclo produttivo della Toei, citando il computer, ma forse ci si riferiva all'uso del computer nel 1993 (non negli anni 70), non è specificato e non si può escludere che l'informatica nei primi anni 90 avesse qualche funzione. Si può leggere un accenno alle serie vendute in VHS, al mondo del "Home Video", benché non si usi mai il termine OAV . In seguito ci si sposta sui contenuti delle serie robotiche più vecchie, un peccato, perché, pur non dando giudizi negativi, si commettono alcuni errori e comunque sarebbe stato più interessante (leggendolo oggi) un approfondimento sulle produzioni del periodo 90/93.
Tra gli errori quello di pagina 86, dove si afferma che "Goldrake è il successo più grande dell'industria dei cartoni animati giapponesi", ma forse si intendeva, seppur non specificato, in Italia. 





Dato che gli altri 24 capitoli non erano incentrati sull'animazione giapponese, inserisco l'indice per eventuali interessati alle altre analisi.

 

4 commenti:

  1. Il primo saggio è pesantissimo da leggere :D
    Gli stessi Hanna & Barbera hanno sempre detto che, essendo la loro produzione pensata per la televisione, l'animazione è necessariamente semplificata, ripetitiva, piatta ecc., cioè i difetti che gli autori rimproverano a Capitan Futuro. Hanna & Barbera puntavano sui testi. E' semplicemente una questione di tempi e di costi, non c'è dietro chissà quale complotto volto a plasmare le menti dei bimbi. Molti dei cartoni Disney e Warner che passano in TV erano in realtà prodotti per il cinema, quindi il confronto è improprio. La stessa Disney quando passa alle produzioni televisive semplifica l'animazione.
    Edmond Hamilton, ottimo scrittore, era il re della Space Opera degli anni 30, non era Bradbury, ne Sheckley, ne' Clarke, e la trasposizione a cartoni animati per la tv di una letteratura già non trascendentale non può che essere una semplificazione. Forse era meglio analizzare Goldrake e Jeeg, a loro modo più "profondi".
    L'interpretazione degli autori è anche abile, ma spero che gli altri capitoli dell'indice, specie quello su Tex Avery, siano fondati su basi più solide. Il secondo non l'ho ancora letto, ma mi piace il titolo per via degli Alphaville.

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    1. Appunto, il secondo saggio sottolinea alcune cose che ho scritto nel commento... MAI commentare prima di aver letto tutto il post... :D

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    2. Quando mettono a confronto l'animazione televisiva nipponica con quella cinematografica statunitense (vedi Disney) vado fuori di melone... almeno paragona cinema con cinema e tv con tv.
      Mi chiedo come persone del settore non si rendessero conto che non erano produzioni paragonabili per budget.
      Non parliamo poi di quando leggo che Hanna & Barbera, che erano più statici del PD, fossero meglio degli anime.
      Infatti scelsero l'anime senza identificazioni di luoghi e tempo per poi dire che non era identificato luogo e tempo.
      Se avessero analizzato Harlock o Jeeg sarebbe stato meglio, hanno beccato quello senza luogo e tempo :]

      Non ho letto il resto, anche perché sono temi che conosco ben poco, non mi accorgerei di castronerie fattuali o di impostazione.

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