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domenica 23 giugno 2019
Il bambino televisivo, infanzia e tv tra apprendimento e condizionamento
TITOLO: Il bambino televisivo, infanzia e tv tra apprendimento e condizionamento
AUTORE: Leonardo Trisciuzzi e Simonetta Ulivieri
CASA EDITRICE: Editori Riuniti
PAGINE: 244
COSTO:
ANNO: 1993
FORMATO: 19 cm X 14 cm
REPEPRIBILITA': biblioteca
CODICE ISBN:
Non sapevo se postare questo saggio, visto che non è prettamente sugli anime, ed essendo stato pubblicato nel 1993 non potrebbe neppure rientrare nella mia ricerca di saggistica sull'animazione/televisione che trattò il tema dei cartoni animati giapponesi nel periodo della loro prima messa in onda, quindi dal 1978 al 1985:
nel post al link ci sono gli altri titoli di questa tipologia
Ho però notato che, dal punto di vista cronologico, anticipò tutta la saggistica degli anni 90 del settore anime/manga, tranne "Il mondo dei manga, introduzione al fumetto giapponese" di Thierry Groensteen, che venne tradotto in Italia nel 1992.
I due autori (un autore ed una autrice)di questo "Il bambino televisivo" toccarono solo marginalmente l'argomento anime, un po' come fecero quelli del primo link di cui sopra, però cercarono di fare una analisi un minimo approfondita del fenomeno (paragrafo 1.4 "Una prima analisi del fenomeno").
Questo saggio si pone un po' in un limbo, successivo di un decennio al primo anime boom, anticipatore di qualche anno della saggistica del settore, basti pensare che "Anime, guida al cinema d’animazione contemporaneo" arrivò l'anno dopo.
Tra l'altro il saggio contiene un bibliografia molto dettagliata, professionale, da studiosi, che mi ha permesso di risalire ad altri titoli che potrebbero dimostrarsi interessanti.
Il saggio non l'ho letto tutto, mi sono concentrato solo sulle parti nipponiche, ma non ho, per fortuna, riscontrato nulla sulla balla dei cartoni animati giapponesi fatti al computer ^_^
Gli autori cercano anche di riepilogare la storia dell'avvento dei cartoni animati giapponesi in Italia, commettono qualche errore di date, però nel 1993 non era facile trovare certe informazioni, specialmente per non esperti del settore.
I due studiosi, penso senza avere conoscenze sull'animazione giapponese, notarono, forse tra i primi, alcune caratteristiche visive degli anime: la dilatazione del tempo; la modifica dello spazio; l'uso di viso ed occhi per trasmettere le emozioni; la presenza di generi differenti (sportivo, sentimentale, fantascientifico etc); la targhettizzazione delle serie per sesso ed età.
Non pensavo che il post che feci per puntualizzare che Heidi fu mandato in onda per la prima volta nel febbraio 1978 sarebbe tornato tante volte utile ^_^
La prima puntata di Heidi - 7 febbraio 1978 (non 1976)
Errata anche la cronologia degli anime del genere "meisaku" dopo Heidi, vale la giustificazione di cui sopra.
Viene correttamente fatto notare gli anime non furono i primi a sfruttare il merchandising in Italia, visto che la Disney lo faceva da sempre.
Qui inizia il paragrafo 1.4 "Una prima analisi del fenomeno", in cui i due studiosi cercano di analizzare il fenomeno anime più del dettaglio.
"Staccandosi dalla cultura giapponese - questi cartoni sono fatti per l'Occidente - la parte del cattivo viene assunta dalla donna (streghe e matrigne), come appunto si riscontra nella nostra tradizione e molto meno in quella giapponese."
Non c'è la fake news degli anime fatti al computer, però quella che i giapponesi creassero Candy Candy e colleghe per il pubblico Occidentale, e non per quello nipponico, era dura a morire.
La citazione a fine pagina 23 di "Castelli e Bono, 1983" dovrebbe riguardare "If, speciale Orfani e Robot 1963/1983" (dicembre 1983).
Tra tutti i generi degli anime arrivati in Italia, i due studiosi si concentrarono sullo "spokon".
Un capitolo successivo, pagina 139.
Altro capitolo, da pagina 156, ultimo punto in cui si tratta di anime, in particolare modelli per maschi e femmine.
A mio avviso l'autrice di questo capitolo sottovalutò quanto furono rivoluzionari gli anime dal punto di vista di un maggior ruolo femminile.
La puntata di Goldrake in cui Venusia, da ragazzina sullo sfondo della storia, inizia a combattere, e nelle primissime puntate del suo nuovo ruolo addirittura distrugge un mostro spaziale salendo di nascosta sul "Goldrake 2", fu qualcosa di assolutamente mai visto in Italia!
Venusia non solo infranse le regole dettate dal professor Procton e da Actarus, cioè di non combattere, di non partecipare alla guerra in quanto femmina, ma salvò la vita all'eroe della serie animata più amata da tutti i bambini e bambine di quel periodo.
A Venusia si aggiunse per giunta Maria, quindi già dagli esordi dell'animazione giapponesi in Italia le bambine potevano avere delle eroine che non fossero solo comprimarie.
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