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lunedì 19 novembre 2018

Topolino e poi, cinema d'animazione dal 1888 ai nostri giorni - La fonte travisata di Paolo Cucco sugli anime fatti al computer?




TITOLO: Topolino e poi, cinema d'animazione dal 1888 ai nostri giorni
AUTORE: Giannalberto Bendazzi
CASA EDITRICE: Edizioni il Formichiere
PAGINE: 250
COSTO: 10 €
ANNO: 1978
FORMATO: 21 cm X 11 cm
REPEPRIBILITA': on line
CODICE ISBN:


Nel post precedente (qui sotto) in cui mostro il "Tv Sorrisi e Canzoni" n° 51 dal 17 al 23 dicembre 1978 c'è l'articolo di Paolo Cucco su "Atlas Ufo Robot", in cui il giornalista ribadisce che quei cartoni animati giapponesi erano fatti con l'ausilio del computer.
Fu lo stesso Cucco nell'aprile dello stesso anno ad inserire nel dibattito italico la favola degli anime fatti al computer:
TV Sorrisi e Canzoni N° 14 dal 2 al 8 aprile 1978 - "Atlas Ufo Robot" (genesi della bufala degli anime fatti al computer?), di Paolo Cucco + prima puntata di Goldrake!

Mi son sempre chiesto Paolo Cucco da quale fonte ebbe la notizia.
Perché riporta la fake news appena la serie inizia, il primo giornalista in assoluto (secondo me), e la ripresero su tutte le testate, nonostante che qualche sparuto collega si fosse occasionalmente preso la briga di smentirla, in quanto priva di un qualsivoglia collegamento con la realtà su come lavorassero le case di produzioni nipponiche, che svolgevano tutto il lavoro di disegno e colorazione a mano!
Eravamo negli anni 70, era possibile che venisse usato un fantasmagorico computer per cartoni animati a basso costo?
Era chiaramente un'informazione errata, gravemente errata, che permise ad una larga parte della stampa di criticare ancor di più i cartoni animati giapponesi. Perché, invece, quando la Disney utilizzerà la computer grafica negli anni 90, sarà motivo di sperticate lodi verso gli autori statunitensi e le loro tecnologie all'avanguardia, ma quando i giornalisti pensavano lo facessero i giapponesi negli anni 70, era causa di vergogna e sinonimo di pessima animazione   ^_^

Nel servizio del dicembre 1978 il giornalista riporta la seguente citazione dal saggio di Giannalberto Bendazzi "Topolino e poi, cinema d'animazione dal 1888 ai nostri giorni":
"In Giappone anziché puntare sul grazioso e fondarsi sulla musica e sugli intermezzi cantati e ballati, come quello americano, il lungometraggio preferì in generale un montaggio rapidissimo, un'azione mozzafiato, la descrizione di mondi chimerici, non disdegnando la violenza.".

Una descrizione chiara e corretta di quello che catturò noi tutti.
Ho recuperato il libro in questione, e la citazione è corretta.



Apprendiamo assai tardivamente che Paolo Cucco ebbe come fonte sull'animazione giapponese il saggio di Giannalberto Bendazzi, che non si dilunga moltissimo sugli anime, solo 7 pagine su 250, ma che ai tempi era una delle poche fonti disponibili, o comunque la più recente, essendo il saggio di Bendazzi stato pubblicato proprio in quel 1978. Ergo quelle ivi contenute erano per il giornalista le informazioni più attuali.
Preciso che non ho letto tutte le 250 pagine del saggio di Bendazzi, mi sono limitato alle parti inerenti il Giappone, oltre che a scorrerlo con attenzione, cosa che mi ha permesso di individuare la parte del saggio che posso ipotizzare sia stata la fonte originaria della panzana dei cartoni animati fatti al computer.
Sia chiaro, la mia è solo un'ipotesi, ma partendo dalla considerazione che la falsa notizia sugli anime fatti al computer venne data, e sapendo che Paolo Cucco consultò questo saggio, la mia conclusione logica è che il giornalista, con uno sforzo immane di fantasia, la estrapolò senza motivo da queste righe.
Non essendo riportato il mese di pubblicazione del saggio, ho però il dubbio se Paolo Cucco ebbe già a disposizione il libro di Bendazzi per l'articolo dell'aprile 1978. Sui quotidiani ho trovato notizia del saggio solo dal novembre del 1978, però considerando che la velocità di promozione di un libro nel 1978 non poteva essere quella di oggi, non è da escludere che fosse stato pubblicato all'inizio dell'anno, oppure che Paolo Cucco ne ebbe una qualche anteprima.
E' chiaro che sto facendo delle ipotesi   ^_^

Sono quattro le parti del saggio che ho trovato funzionali alle notizie che ricerco per questo blog.
Due sono inerenti all'animazione giapponese pre e post seconda guerra mondiale, e nella parte del dopo guerra ci sono alcuni accenni agli anime che avremmo visto anche noi successivamente all'aprile 1978.
Una riguarda il crollo della qualità dell'animazione statunitense, non giapponese, ma made in Usa, da quando le produzioni vennero commissionate dalla televisione e non più dal cinema. Quindi meno soldi, un numero maggiore di minuti da produrre, con il risultato finale che la qualità crollò:
"L'animazione parziale diventò la regola, e fu anzi spinta agli estremi limiti del sopportabile. Gli animatori tentarono di risparmiare, riutilizzando di volta in volta gli stessi cicli di disegni usati in precedenza: una camminata, un movimento delle labbra.".

La quarta è inerente l'utilizzo del computer nell'animazione sperimentale statunitense. Bendazzi spiega in modo dettagliato questo aspetto, con tanto di marca dei computer, nomi degli autori e titoli dei cortometraggi.
Ed è a questo punto che ho collegato la fantasia dei cartoni animati giapponesi fatti al computer scritta da Paolo Cucco, con i cortometraggi sperimentali statunitensi fatti realmente al computer riportati nel saggio di Bendazzi.
Chissà, magari il giornalista di TV Sorrisi e Canzoni avrà pensato che se alla fine degli anni 60 gli americani usavano il computer in via sperimentale, i giapponesi con tutta la loro tecnologia miniaturizzata all'avanguardia potevano averli usati per creare così tante scene mozzafiato, innovative e tanto colorate.
E' importante specificare che Bendazzi non afferma mai che l'animazione giapponese usasse il computer, anzi, sottolinea che in Giappone avevano così tante serie da fare per la televisione che appaltavano i lavori a studi coreani, anche per abbassare i costi. Mi pare implicito che tutto il lavoro non fosse fatto al computer.




 La prima parte in cui si cita l'animazione nipponica è quella pre secondo conflitto mondiale.






Poi ci sono le tre pagine in cui si sottolinea quanto l'animazione televisiva statunitense avesse fatto crollare la qualità:
"L'animazione parziale diventò la regola, e fu anzi spinta agli estremi limiti del sopportabile. Gli animatori tentarono di risparmiare, riutilizzando di volta in volta gli stessi cicli di disegni usati in precedenza: una camminata, un movimento delle labbra. Bastava riprendere i vecchi rodovetri e fotografarli di nuovo, sopra una scenografia diversa (si calcola che si risparmi così circa il 40% del lavoro).
In questa maniera era ovviamente impossibile ottenere vicende brillanti e appassionanti: i film risultarono statici e ripetitivi, e si affidarono soprattutto alla voci caricaturali, alla verbosità e agli effetti sonori".

Cioè i cartoni animati della Hanna & Barbera.
Quando gli anime avranno successo in Italia, quella sopra sarà una delle accuse mosse loro: la scarsa qualità, tale e quale a quella dei cartoni animati statunitensi...
I cartoni animati prodotti per la televisione erano a basso costo, sia negli Usa che in Giappone.




E alla fine scopro che i primi ad usare il computer in animazione furono gli americani fin dagli anni 60!   ^_^




       


Probabilmente ai tempi non fu possibile a Paolo Cucco, e magari neppure a Bendazzi, vedere quale tipo di animazione fosse quella che usava il computer, cioè che non avesse nessun nesso con quella dei "disegni animati".
Però a me resta il dubbio che Cucco fece la somma:
"animazione statunitense al computer nel 1966" +
"cartoni animati giapponesi moderni del 1978" =
"cartoni animati giapponesi fatti al computer"



Non si cita l'uso del computer solo per l'animazione, ma anche per il colore.
La parte che ho evidenziato a pagina 155 pare una versione della baggianata secondo cui i giapponesi mettevano in un computer delle storie base, e il calcolatore elettronico creava la trama del cartone animato, che era una delle tante assurdità che si leggeranno sui quotidiani.




Il secondo punto in cui si  trattano gli anime ci è molto più familiare:
si parla di Tezuka, della Tatsunoku, viene citato un anima robotico (Tetsujin 28-go), Kimba, "Tommy la stella dei Giant", gli anime sportivi(!), si accenna al successo delle serie fantascientifiche.

Non si può che fare i complimenti a Bendazzi, che rese disponibili quelle che oggi potrebbero sembrare poche informazioni, ma che nel 1978 erano le poche disponibile. A quanto pare era uno dei pochi che conosceva l'argomento, ma che non mi pare sia stato mai chiamato in causa dai giornalisti per farsi spiegare il fenomeno "cartoni animati giapponesi"...






2 commenti:

  1. E pensare che ancora OGGI ci sono persone che pensano che i cartoni animati giapponesi che andavano in onda sulle nostre emittenti televisive fossero "fatti-al-computer"... Insomma, l'idea di sparare cavolate su cose di cui non si ha alcuna conoscenza e di farle diventare fake-news virali non le ha inventate facebook! :))

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    Risposte
    1. E' connaturato col giornalismo italico.
      Un po' di superficialità, con una spruzzata di scoop a buon mercato, contorno di servilismo ed opportunismo, e la balla è servita ^_ì
      Senza dimenticare i tanti giornalisti che, di contro, hano lottato per le proprie idee, fino ad essere uccisi da mafia e terrorismo...

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