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domenica 26 maggio 2013

Mass media e consenso nel Giappone prebellico


TITOLO: Mass media e consenso nel Giappone prebellico
AUTORE: Marco Del Bene
CASA EDITRICE: Mimesis Edizioni
PAGINE: 241
COSTO: 20€
ANNO: 2008
FORMATO: 21 cm X 14 cm
REPERIBILITA': Raro nelle librerie di Milano
CODICE ISBN: 9788884835284

Questo saggio analizza dettagliatamente con quali metodi i mass media furono spinti (o si spinsero da soli) ad appoggiare il regime militare che portò il Giappone all'entrata in guerra. E' importante sottolineare che i mezzi di comunicazione di massa nel Giappone di quel periodo non erano un qualcosa di secondario, editoria, quotidiani, riviste periodiche, film, radio e canzoni avevano una diffusione enorme e capillare. Incommensurabilmente più dell'Italia dello stesso periodo. Ecco alcuni dati presi dal saggio, tanto per rendere l'idea del fenomeno:
Nel 1940 i 5 principali quotidiani arrivavano a vendere 6 milioni di copie al giorno!
Osaka asashi = 1,1 milioni di copie al giorno
Tokyo asashi = 1,2 milioni di copie al giorno
Osaka mainichi = 1,2 milioni di copie al giorno
Tokyo nichinichi = 1,3 milioni di copie al giorno
Yomuri = 1,3 milioni di copie al giorno


Nella sola Tokyo c'erano decine e decine di quotidiani (e non solo nel 1940, ma anche nei decenni precedenti), e nel Giappone centinaia di testate, tra nazionali e locali. Le riviste periodiche erano centinaia, e toccavano qualsiasi argomento, rivolgendosi a qualsiasi fascia di età e di classe sociale, oltre a indirizzarsi verso le donne.
La pubblicazione di libri era diffusissima, comprese mote collane economiche, che quindi raggiungevano anche le classi meno abbienti. Nell'anno 1924 la produzione libraria era di 14000 titoli (in Italia 6000).
Nel 1944 c'erano 7,4 milioni di abbonamenti alla radio nazionale NHK. Nel 1939 erano già 5 milioni, quando in Italia si arrivava a un milione.
Nel periodo 1931 – 1945 in Giappone vennero prodotti 5500 film. In Italia nel periodo 1925 – 1943, quindi in un arco temporale maggiore, vennero prodotti 1500 film.
La mobilitazione delle masse ebbe lo scopo di creare consenso verso il regime, ma anche di generare un sentimento di “quieta rassegnazione”. Tutto avveniva poiché era predestinato, anche perché il Giappone aveva una “missione divina” a cui adempiere. Ciò permise l'affermarsi di un regime che non ebbe mai una opposizione nella popolazione, il singolo poteva anche dissentire, ma non agiva conto il potere costituito. Cosa che accadde, invece, verso la dittatura italiana e tedesca (anche se in misura minore). I mass media furono il mezzo che il regime (fin dall'epoca Meiji) nipponico usò per inculcare dogmi e dottrine al popolo.
Il consenso fu creato/imposto anche grazie ad altri tasselli:
- La famiglia, che si basava sul binomio superiore/subalterno. Dentro la quale si imparava ad uniformarsi al volere del gruppo rifiutando l'autoaffermazione. Con il crescente inurbamento degli anni 20 e l'indebolimento della famiglia tradizionale, vennero create le Tonorigumi (gruppi di vicinato) che facevano capo ai Chonaikai (raggruppamenti di quartiere), che rispondevano al Naimusho (il Ministero degli Interni).
- Il sistema educativo. Fino al 1880 i testi e le materie di studio potevano considerarsi libere da ingerenze governative, ma già da questa data il ministero dell'educazione aveva uno stretto controllo su tutta la scuola (che era stata resa obbligatoria per tutti i bambini/e e ragazzi/e). Il Rescritto Imperiale sull'educazione (Kyoiku Chokugo) del 1890, che tutti gli studenti dovevano imparare a memoria, indicava bene a quale scopo sarebbe servita la scuola in futuro.
- Dai 14 anni ai 20 anni c'era l'iscrizione all'Associazione del Grande Giappone (Doi Nippon Seinenedan), fondata nel 1915. Da questa associazione i ragazzi passavano al servizio di leva obbligatorio.
- Lo Shintoismo di Stato (Kokkashinto) fu il modo in cui usarono la religione per creare il culto dell'Imperatore. La formazione del clero shintoista era controllata dallo Stato. Dalla guerra russo-giapponese del 1904 alla fine della guerra del 1945 il clero shintoista dette un contributo decisivo per la diffusione del culto dell'immagine dell'Imperatore e della glorificazione dei caduti di guerra, le cui anime (in realtà Kami) erano venerati nel santuario Yasukumi di Tokyo.
- Anche il sistema industriale venne usato per creare un paese ubbidiente. Alle proteste operaie degli anni 20 venne risposto con la creazione di sindacati aziendali (Goyo kumiaia) che cercavano di promuovere la conciliazione tramite la Kyochokai (associazione per la collaborazione). La Kyochokai si prefiggeva di sostituire gli aumenti salariali o la diminuzione degli orari di lavoro con il “compenso spirituale” (!!) e “l'etica del lavoro” (!!!).
- Anche lo sport venne usato a fini propagandistici. Il Sumo fu rivestito di un'aura mistica.
Dopo la restaurazione Meiji e grazie allo sviluppo industriale e all'istruzione obbligatoria nacque una forte richiesta informativa. La quantità dei quotidiani era molto alta, ma dovevano fare i conti con varie ordinanze governative che sanzionavano le notizie “eversive”, in quei decenni centinai di testate furono chiuse. In quel periodo esistevano 2 tipi di quotidiani, i quotidiani popolari che vennero soprannominati Koshinbun, e i quotidiani per le élite del paese che scrivevano essenzialmente di politica, gli Oshinbun, man mano i 2 “generi” si contaminarono a vicenda. I conflitti con la Cina di fine 800 e la guerra russo-giapponese del 1904 crearono un nuovo boom informativo, ma nel contempo nuove ordinanze governative per ostracizzare i giornali che contestavano il governo. La prima volta in cui i quotidiani riuscirono a far dimettere i governi in carica fu nel periodo 1912/13 fino al 1916. Le proteste dei quotidiani per i “moti del riso” e la “spedizione siberiana” del 1918 generano nuove censure governative. Nel 1919 fu palesata ai lettori l'ipocrisia dei quotidiani e dei loro giornalisti ed editori. I quotidiani avevano sempre appoggiato le rivendicazioni sindacali degli operai, ma negli altri settori industriali, quando furono i tipografi a scioperare vennero licenziati e lo scioperò falli.
Il terremoto del Kanto dimostrò quanto i giornali influenzavano la società nipponica. A causa del terremoto ci fu un blocco delle pubblicazioni che creò il panico tra la popolazione. Inoltre le prime pubblicazione con notizie del terremoto riportavano saccheggi e rivolte da parte della minoranza coreana, questo generò la caccia al coreano. Le notizie erano false, ma vennero comunque riportate in tutto il paese, generando un odio verso i coreani anche in zone del paese che non avevano subito il terremoto.
Le riviste periodiche di evasione avevano grandi tirature. La più grande casa editrice del settore era la Kodansha, che con le sue 9 riviste creò addirittura la Kodansha bunka (la cultura Kodansha) . La sua rivista di punta Kingu arrivo fino a 1,5 milioni di copie vendute. La Kodansha fu uno degli strumenti propagandistici preferiti dal regime negli anni 30.
Sia nell'era Meiji che nella prima parte di quella Taisho i quotidiani e le riviste periodiche avevano in gran parte una linea editoriale antigovernativa, dettata, però, dal voler vendere più copie, non da dei ferrei principi di controllo sul governo da parte della stampa.. Finché il popolo sembrava preferire la critica al governo i mezzi di informazione lo accontentarono, ma quando il clima cambiò la stampa si uniformò subito. Di certo i provvedimenti censori e le intimidazioni fisiche verso chi criticava il regime erano tante e forti, ma la paura di una diminuzione delle copie vendute era altrettanta. Quindi tutta la carta stampata diventò entusiasticamente militarista tanto quanto era stata antigovernativa. Il 1925 si può considerare l'anno della fine della labile democrazia nipponica, la legge per il mantenimento dell'ordine pubblico (Chian Ijiho) permise l'annientamento di tutti i gruppi contestatori e mise i media sotto silenzio. Grazie alla Chian Ijiho poteva essere vietato tutto ciò che fosse contro il Kokutai (sistema nazionale). Venne promulgata la legge apposita sulla censura cinematografica, Katsudo shashin ken'etsu kisoku. Resa più restrittiva la già esistente legge sull'editoria, Shuppanho, che inglobò anche la produzione discografica. In seguito, nel 1936, sull'editoria si abbatté la legge di emergenza per il controllo della letteratura sediziosa, Fuon bunsho rinji torishimariho. La stampa periodica era regolata dalla legge sui giornali, Shinbunshiho. Sull'emittente radiofonica di Stato Nhk esisteva il regolamento sulle trasmissioni sulle apparecchiature private per la telefonia senza filo (Hosoyo shisetsu musendewa kiroku). Comunque la Nhk trasmetteva in regime di monopolio statale, quindi era strettamente controllata dal governo.
La Chian Ijiho permise la creazione della “polizia del pensiero” e di tribunali speciali che potessero condannare i “crimini di pensiero”. Dovevano essere controllate le “attività di pensiero” (Shiso kado) tramite i “procuratori del pensiero” (Shiso kenji). Uno strumento importante per neutralizzare gli oppositori, specialmente i membri del partito comunista giapponese, (reso illegale), era il Tenko, la conversione o abiura politica.
Oltre alla classica censura i giornalisti erano controllati, o meglio si auto controllavano, dagli Kisha Kurabu, i circoli dei giornalisti, cioè gruppi di giornalisti accreditati presso un ministero. Il Governo creò ed incentivò questi circoli che permettevano il controllo dei flussi informativi e l'autocensura dei giornalisti. Infatti se si era cacciati da uno di questi circoli per aver divulgato informazioni sconvenienti non si poteva più accedere alle informazioni date da quel ministero. Quindi il giornalista aveva tutto l'interesse a mantenere buoni rapporti con quel centro di potere. In Giappone i Kisha Kurabu funzionano perfettamente anche ai giorni nostri, e sono la prassi informativa per tutti i giornalisti!
Fino all'invasione della Manciura da parte dell'esercito giapponese il controllo dei media era stato improntato alla censura e all'indirizzo. Dopo questo fatto il governo iniziò a prendere possesso dei media con un intento “propositivo”, per generare consenso all'invasione. Di pari passo fu fu incentivata l'editoria di destra, che inneggiava all'Imperatore (cosa che facevano tutti i giornali), alla guerra e al sacrificio delle vite dei giapponesi per l'Imperatore. L'invasione della Manciuria fece aumentare a dismisura gli abbonamenti alla radio Nhk. La propaganda radiofonica veniva effettuata con programmi indirizzati alle scuole, con programmi sulla religione di Stato Shintoista, ma anche con il Rajio Taiso. Ovvero programmi di “ginnastica radiofonica”, che da semplice esercizio mattutino scandito da un ritmo musicale divennero programmi di esercizio di gruppo per stimolare lo spirito marziale della popolazione.
I pochi giornalisti o direttori che, anche timorosamente, si permettevano ancora di criticare il Governo (o l'esercito) in mano ai militari, oltre alla censura e ai reati di opinione, dovevano aver a che fare coi militanti dei partiti nazionalisti e militaristi di destra, che sovente arrivavano ad ucciderli.
Nel 1936 fu creato il potente ufficio governativo che avrebbe controllato tutti i media, il Naikaku Joho Iinkai (Comitato della presidenza del consiglio per l'informazione). Lo scoppio della guerra in Cina del 1937 (che i giapponesi chiamavano solo incidente cinese, Shina Jihen) modificò ulteriormente il sistema di controllo del governo sui media. Furono adottati 2 principi cardine: Blocco di tutte le informazioni che potevano arrecare turbativa alla quiete pubblica, “per non far sapere”, Shirasenai;
E un utilizzo positivo per “uniformare l'opinione pubblica”, Seron Toitsu.
L'invio di nuove truppe in Cina fu appoggiata entusiasticamente da tutti i media. Invece lo scarso appoggio della popolazione verso la guerra in Cina spinse il Governo a creare la campagna di mobilitazione spirituale nazionale, Kokumin seishin sudoin undo, che fu il primo tentativo sistematico di indottrinamento di massa.
I mass media si lanciarono in una nuova crociata nazionalistica quando nel 1940 il Governo annunciò il Nuovo ordine per la grande Asia orientale, Daito Shinchitsujo, che in pratica era il preavviso dell'invasione del pacifico e del sud est asiatico. I giornalisti e tutti i mezzi di comunicazione trattavano quella che era una guerra di conquista di quelle nazioni come se fosse una guerra di liberazione dai colonialisti europei. Per rendere l'idea di quanto gli editori ed i giornalisti appoggiassero il regime militare basta il fatto che al momento della conquista delle nazioni del pacifico il Governo diede in gestione ai quotidiani più importanti giapponesi i giornali autoctoni delle zone occupate.
Negli anni 20 i vignettisti e gli autori di manga (non il tipo di manga di oggi) erano solitamente di posizioni antigovernative. Man mano che la stretta sulla libertà di stampa si faceva più ferrea anche questi autori prestarono le loro abilità in favore del nazionalismo e del militarismo. Erano 2 i più famosi manga propagandistici: Norakuro e Boken Dankichi

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