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domenica 28 luglio 2019

Megaloman (1979) - puntata 8




La puntata ottava è Ippei-centrica, a parte il combattimento con il mostro d'acciaio, fa tutto il coraggioso giovane attore paffutello, ma ci tornerò poco sotto.
Nella puntata ci sono altri due aspetti interessanti, il classico stereotipo della moglie giapponese (madre di Ippei) che vessa il povero marito sottomesso (padre di Ippei), la riscoperta della cabina telefonica  :]
Lo sgusciante Ippei sta fuggendo da un manipolo di soldati alieni che lo bracca senza sosta, dato che questo genio ha dimenticato di portarsi dietro i bracciali, che permettono una comunicazione diretta con i suoi amici, tipo telefonino, deve utilizzare la classica cabina telefonica. La scena è per noi ormai alquanto desueta, persone che necessitano di un hardware fisso per comunicare tra di loro.
C'è da dire che io all'età di Ippei non uscivo di casa con i gettoni del telefono (chissà se quei telefoni giapponesi erano a gettoni o a monete) o monete, e comunque non sapevo a memoria manco il numero di telefono di casa mia, figuriamoci il numero di telefono di altri... evidentemente Ippei era assai sveglio, ma non così tanto da portarsi dietro i braccialetti/telefonino...
La scena della moglie autoritaria e del marito bullizzato è un po' un classico di quel periodo, specialmente nelle scene comiche.



Torno alla mia considerazione su Koji Hasamichi, che secondo Wikipedia era il nome del giovane attore che impersonava Ippei.
Al minuto nove c'è la scena in cui gli alieni a bordo di un auto cercano (inutilmente) di investire Ippei, si conferma ciò che avevo già fatto notare nelle puntate precedenti, cioè che la produzione era formata da dei potenziali assassini colposi, e neppure tanto colposi...
Qui sopra mostro solo un fotogramma (più sotto è completa), ma la scena è assai elaborata, e l'incolumità del bambino è messa più volte a repentaglio... faccio notare che l'auto viaggia sullo sterrato, quindi un terreno accidentato, cosa che avrebbe potuto far perdere il controllo al pilota.
L'auto insegue il bambino da veramente vicino, sarebbe bastato che Ippei inciampasse mentre correva per farlo virare dal lato sbagliato rispetto alla marcia del mezzo, e per finire sotto i pneumatici...
Mi chiedo dove fossero i genitori di Koji Hasamichi, se durante le riprese fosse presente qualcuno che tutelasse il minore, e se il pilota si rendesse conto del rischio che stava correndo.
A tutti questi miei quesiti la risposta è no  ^_^
Da notare che la scena dura ben un minuto, quindi posso ipotizzare che la durata del girato originario fosse maggiore, ergo ancora più rischi per la vita del paffutello giovane attore.



Il titolo esorta il bambino a stare attento rispetto ai produttori del serial...
La puntata inizia con Capitan Delitto che mette alla prova un mostro lanciandogli dei missili, visto che la prova non viene superata, il mostro viene distrutto.
Tanto per evitare a Megaloman "l'ingente incomodo dato nel frangente" (cit.).

venerdì 26 luglio 2019

"Il Giappone Moderno" - Giovanni De Riseis (1895) - Capitolo 13



E' già qualche anno che mi ripropongo di leggere questo libro antico (dal mio punto di vista) che narra del viaggio del nobile, poi Senatore, infine podestà(...) di Napoli, Giovanni De Riseis, ma a forza di rimandare rischio che diventi più che antico, direi vetusto...
Sono due le problematiche che mi hanno frenato, in primis il numero di pagine, quasi 600, che non saprei bene come riassumere, in quanto ogni descrizione di un Giappone tanto trapassato può risultare interessante, riportarne un aneddoto, per tralasciarne un secondo, ha ben poco senso.
Inoltre le pagine sono veramente delicate, molto leggere, tanto che nello sfogliarlo c'è sempre il rischio che si rompano, senza contare che alcune parte interne al libro si sgretolano, lo si nota pure dalle scan. Mentre la rilegatura regge ancora bene, considerando che lo scritto, risalente al 1895, fu pubblicato del 1900, ergo 118 anni fa!
Quindi, alla fine, ho pensato che aveva molto più senso scannerizzare per intero lo scritto, ovviamente diviso in più post, in questo modo ognuno potrà fruire di questo documento storico senza dover pendere dal mio punto di vista.

Questo 13esimo capitolo sarebbe potuto essere estremamente interessante perché l'autore avrebbe voluto recarsi sull'idola di Yesso, cioè l'Hokkaido, per entrare in contatto con gli ainu. Da notare che non era facile ottenere le autorizzazione per fare i turisti in Hokkaido, per tutto il resto del Giappone quasi non c'erano problemi, per l'isola a nord di Tokyo si doveva sottostare a controlli aggiuntivi. Probabilmente perché ai tempi ancora non era stata del tutto conquistata dallo Stato centrale giapponese, inoltre, immagino, non doveva far piacere che si notasse che non tutti i nipponici erano al 100% nipponici  :]
Dicevo che "avrebbe voluto" visitare il luogo dove sopravvivevano gli ainu, ma la temperatura troppo rigida del periodo invernale glielo impedì... un vero peccato...
Comunque il buon De Riseis si fece un altro bel giretto a nord (Sendai), per poi tornare verso Tokyo, con il solito profluvio un po' caotico di aneddotica giapponese.
Ammesso e non concesso che l'autore cogliesse sempre la realtà di una situazione che osservava o che gli traducevano, è interessante l'annotazione presente alle pagine 351 e 352 su quanto fossero inquinati i torrenti, inquinati dalla produzione industriale della seta, più di quanto lo fossero i torrenti lombardi!



giovedì 25 luglio 2019

(Atlas) Ufo Robot Goldrake Box DVD 1,2,3 - Yamato Video



Da buon ultimo sul web arrivo a recensire i tre box DVD di ATLAS Ufo Robot Goldrake.
Si "Atlas", sarà stato anche un errore, un grossolano errore, anche voluto, ma per noi resterà sempre "Atlas", indipendentemente da quello che la Dinamic o chi per loro, vorrebbe.
A distanza di tanto tempo dalla loro uscita non ha senso, ammesso ne avesse prima, disquisire sulle caratteristiche audio/video dei DVD.
Ormai lo ribadisco ogni volta, pretendere il full mega HD 5000 kappa da una serie animate di metà anni 70 pensata per essere trasmessa via etere e vista tramite televisori a colori a tubo catodico, è fin puerile, se poi ci aggiungiamo che nell'aprile del 1978 gran parte di noi manco l'aveva la tv a colori, di cosa ci si lamenta?
Goldrake non è solo una serie di immagini che scorrono sullo schermo, è affetto.
Una volta che si vede bene, che è presente il doppiaggio e storico e il nuovo doppiaggio, che ci sono sottotitoli fedeli al parlato giapponese, di cosa cavolo vi lamentate?
Ma può un appassionato non comprarsi tutta la serie completa dopo aver passato decenni a piangere che nessuno gliela pubblicava?
Giusto giusto avrebbero da lamentarsi solo coloro che presero la precedente versione ridoppiata incompleta, loro si, ma per altri motivi, non per come è stata confezionata questa versione completa.
Personalmente l'unica lamentela che posso muovere è che è stato fatto passare troppo tempo dai dvd in versione edicola, capisco che ne dovessero sbolognare il più possibile, però quattro anni sono un lasso di tempo esagerato... considerando l'età dei potenziali acquirenti, qualcuno di noi non avrà fatto in tempo a vedere l'uscita dei box...
Devo dire che ho trovato di buon senso la scelta di lasciare nel nuovo doppiaggio i nomi della versione italiana ad esclusione di quello di Alcor, sostituito con Koji Kabuto. Forse non sarà stata la decisione invocata dai puristi dei doppiaggi nipponici, e neppure dagli integralisti del vecchio doppiaggio italico, ma è stata la scelta più saggia ed ascoltabile.
Purtroppo si nota nella voce l'età un po' più che matura di alcuni dei doppiatori, però anche qui, una volta deciso di richiamare il vecchio cast (ove possibile), la difformità di timbro dei doppiatori più giovani di personaggi pari età di quelli con doppiatori meno giovani, era inevitabile.
In pratica, l'importante è che ci fosse Malaspina  ^_^
Rispetto a Jeeg ammetto che ho fatto un po' più fatica a terminare la serie, un po' perché 74 puntate sono di più che 46, un po' perché gran parte della serie ormai la conosco a memoria :]





Ma quando è bello il nostro cornutone!

mercoledì 24 luglio 2019

"80ttanta Nostalgia" - Allegato alla rivista "Julienne n° 7 del 15 luglio 2019



Essendo io sprovvisto di FB et similia, il buon vecchio Massimo Nicora, sarebbe da capire se più "buon" o "vecchio", ma io propenderei per la seconda, mi ha cortesemente reso edotto dell'uscita della rivista "80ttanta Nostalgia".
Sono riuscito a recuperare la rivista in tempi brevi, anche considerando il periodo pre-ferie, grazie all'efficienza del mio edicolante, già dimostrata spesso nel periodo della GNRC, che mi ha altresì spiegato che non si trattava di una testata autonoma, ma di un allegato della rivista di cucina "Julienne". Infatti in copertina è ben visibile la dicitura "Non vendibile separatamente da Julienne" e nel sommario è riportato "Julienne anno 3 numero 7", e questa testata non ha tre anni...
Quando il "buon vecchio" Nicora (ah no, l'ho già fatta la battuta...) mi girò la foto della rivista pensai subito che Luca Alberici e Mary Berciga fossero riusciti a spostare in formato cartaceo da edicola la loro creatura televisiva e web:
80 Nostalgia

61 pagine derivate dalle loro tante simpatiche puntate televisive:
Bravi Luca e Mary!
Però, poi, leggendo l'indice ho notato che tra gli autori dei tanti articoli non compariva mai nessuno dello staff del sito web.
Gli autori dei contributi presenti nell'allegato sono:
Fabrizio Ponciroli (6 articoli); Margherita Murgese (1 articolo); Sergio Stamini (1 articolo); Silvia Saccani (2 articoli); Thomas Saccani (2 articoli); Luciano Costarelli (1 articolo); Enzo Galbiati (1 articolo).

Lo staff del sito di "80 Nostalgia" è formato da:
Luca Alberici; Mary Berciga; Gianni Draghi; Paolo Ceruti; Giammateo Palese; Marco Montali

Ergo, dando fondo a tutte le mia capacità intuitive, direi che questo allegato dal titolo "80ttanta Nostalgia" non abbia nessun nesso con la trasmissione e sito web "80 Nostalgia".
Certo che è veramente un fortuito caso che la pubblicazione cartacea sia stata chiamata quasi come la trasmissione ed il sito, ed entrambi trattano il medesimo argomento.
Una vera assoluta casualità :]



Vediamo un po' i contenuti della pubblicazione, ovviamente mi sono soffermato sugli argomenti più confacenti a questo blog, cioè animazione, telefilm e giocattoli.
Sia chiaro, indipendentemente dalle mie valutazioni, considerando il costo irrisorio e il suo essere un numero unico (anche se a settembre dovrebbe esserci un numero speciale sui robottoni), l'acquisto della rivista ha un senso. Direi che il target sia quello del lettore occasionale che non si sia mai curato dei programmi che vedeva da bambino/a o dei giocattoli che aveva.
In altri casi ho fatto notare come libri che vogliono inneggiare agli stupendi(...) anni 80 tendono leggerissimamente ad arruolare anche cose degli anni 70, trasformando il decennio 1 gennaio 1980/31 dicembre 1989 in un ventennio o anche più.
Seppur in misura minore rispetto ad altri casi ho notato la medesima tendenza anche in questa pubblicazione.
Nell'articolo di Fabrizio Ponciroli "Si giocava così..." vengono inseriti il Lego, "le Crystal ball", Cluedo, le macchine Bburrago o il "Dolce Forno Harbert"...
Il fatto che negli anni 80 si giocasse ancora con questi articoli non li fa divenire "giochi degli anni 80"...
Senza fare una ricerca particolarmente approfondita tra il mio materiale, ho trovato subito  il "Dolce Forno Harbert" in un catalogo Dag del 1975:
Catalogo DAG (Distribuzione Associata Giocattoli) 1975 - PRIMA PARTE

Il gioco in scatola "Brivido" sarà anche degli anni 80, peccato che fosse identico al "Castello Incantato" del 1972...
Senza contare che i primi videogiochi da usare a casa sono degli anni 70, non degli anni 80!
Nel suddetto articolo si parla anche dei giocattoli derivati dai robottoni giapponesi, e c'è una piccola immagine di Daitarn III. Di nuovo peccato che il primo catalogo che riporta il medesimo modellino in foto sia datato Natale 1979:
"CID Giocattoli Natale 1979" - prima parte

Comprendo bene che il dicembre 1979 è molto vicino al primo gennaio 1980, ma resta inesorabilmente negli anni 70!!!  Fatevene una ragione!  ^_^
Io mi chiedo perché questi fan(atici) degli anni 80 non si limitino al proprio adorato decennio e debbano sentire l'irresistibile impulso di saccheggiare gli anni 70...
Poi non mi è chiaro l'articolo sul Fantacalcio, idea stupenda che ci ha permesso di vedere il calcio in una maniera differente (io ed i miei amici ci giocammo ininterrottamente dal 1990 al 2007), ma il cui primo libro acquistabile dal pubblico è del 1990...
C'è poi l'articolo "I nostri cartoni", però mi sa che che i miei differiscono dai loro  ^_^

domenica 21 luglio 2019

"Mondo Papero" - Clementoni (le 2 versioni del 1973 e del 197?)



I giochi in scatola della Clementoni a marchio "Walt Disney", oltre ad avere delle belle illustrazioni sul coperchio della confezione, ci risultavano familiari grazie ai personaggi dei fumetti e dell'animazione, quindi acquistarli era anche una scelta più semplice da parte dei genitori.
Faccio notare che quando saranno i personaggi degli anime a generare i relativi giochi in scatola, si griderà allo scandalo per lo sfruttamento del povero bambino italico rincretinito dai giapponesi e sfruttato dai commercianti.
E' questo uno dei giochi in scatola che in cortile non si vedeva spesso, ma che comunque ogni tanto appariva, leggendo il regolamento mi son reso conto che non ne rammento nulla, se non il piano di gioco dalla particolare forma esagonale.
Tra l'altro il regolamento è assai curioso, in quanto non si giocava prendendo le parti dei personaggi Disney disponibili, ma facendo affari con loro, quindi restando "se stessi" anche nello sviluppo del gioco. In pratica io, Stengo, giocavo a vendere beni e proprietà a Paperon de Paperoni, Paperino, Nonna Papera, Archimede e Rockerduck. Il bambino che incassava più soldi da questi affari intavolati coi personaggi della Disney, vinceva la partita.
Interessante anche il fatto che il primo che tirava i dadi fissava il numero di posizioni avanzate per tutti gli altri giocatori in quel turno.
Infine il segnalino di Qui Quo Qua avevo lo scopo di mero disturbatore tattico, in quanto non poteva acquistare beni, ma veniva manovrato per ostacolare gli altri giocatori.
Ammetto che il regolamento in altri più non mi è risultato molto chiaro, ma penso che sia dovuto al fatto che non ne ricordo nulla.
In questo post, oltre a recensire il gioco in scatola, mostrerò le modifiche che la Clementoni operò dalla prima versione del 1973 alla successiva, di cui non sono in grado di datare l'anno.
Nella seconda versione modificarono del tutto le carte di colore verde, il tabellone ed il regolamento, il tutto (secondo me) per rendere più agevole raggiungere le caselle ove vendere i beni ai personaggi Disney, e vennero fatte sparire le cinque buste azzurre.
Direi che il gioco in scatola della Clementoni presentasse una buona, se non ottima, giocabilità.



Oltre al grande numero di tagli di banconote disponibili, fattore che nei giochi in scatola degli anni successivi verrà man mano ridotto, da notare le cinque buste azzurre coi nomi dei segnalini (tranne Qui Quo Qua).
Riguardo le cinque buste azzurre c'è, a mio avviso, un errore nel regolamento, che ne prevede un numero di sei (manca quella dei tre paperelli), senza considerare che Qui Quo Qua non avevano un ruolo attivo dal punto di vista commerciale.

Le immagini qui sotto sono tutte della versione del 1973



Il tabellone mi ha sempre affascinato, ed è l'aspetto che mi era rimasto in mente negli anni:
6 personaggi = sei lati

venerdì 19 luglio 2019

Ombre Rosa - Le bambine tra libri, fumetti e altri media




TITOLO: Ombre Rosa - Le bambine tra libri, fumetti e altri media
AUTORE: autori vari
CASA EDITRICE: Giunti & Lisciani Editore
PAGINE: 89
COSTO: 10€
ANNO: 1987
FORMATO: 19 cm X 12 cm
REPERIBILITA': biblioteca
CODICE ISBN:


Come si potevano valutare le eroine di libri, fumetti ed altri media dedicati alle bambine?
Ecco, a me interessava leggere la parte degli altri media, che nel 1987, non esistendo il web, poteva essere solo la televisione. Dei cinque capitoli del saggio solo il terzo, ad opera di Donatella Ziliotto, si concentra sulle eroina animate, tra cui quelle giapponesi. Lo scritto in realtà, più che un capitolo di un libro, è della lunghezza di un articoli di un periodico, visto che consta di otto pagine. E delle otto pagine solo le ultime tre sono dedicate ai personaggi femminili dell'animazione giapponese, ma lo scritto merita di essere citato per una certa serie di luoghi comuni ed inesattezze.
L'autrice si occupava di letteratura per bambini (sul web non ho trovato una pagina che ne illustrasse tutte le attività), sia come traduttrice di altri opere che come scrittrice, ha pubblicato anche saggi sull'infanzia. Quindi Donatella Ziliotto, alla luce di tutto ciò, nel 1987 la si poteva arruolare tranquillamente tra la folta schiera di "esperti" che giudicavano (di solito negativamente) l'animazione giapponese.
Intanto l'autrice divide i personaggi femminili degli anime in quattro categorie:
Le Perseguitate (Candy Candy, Heidi, Georgie);
Le Streghette (Bia, Lilly, Selly, Stilly);
Le Ambigue (le mazoniane di Capitan Harlock, Lady Oscar);
Le Professioniste (Jenny, Mimì).

Tralasciando l'opinabilità o meno della suddivisione, il breve commento ad alcuni dei personaggi citati mi ha lasciato perplesso.
A proposito di Lady Oscar si può leggere che "... abbiamo Lady Oscar (la cui mamma, come ben dice la canzoncina, aveva sempre desiderato un maschio); anch'essa in odore di incesto, finché alla fine, per fortuna, si scopre di essere sorella della regina (per questo l'amava così!)".

Ma la sigla non recitava "Il buon PADRE voleva un maschietto"?!?!
Ma quando Lady Oscar ha rischiato di subire le morbose attenzioni del generale de Jarjayes?!?!
E da quando madamigella Oscar è la sorella di Maria Antonietta?!?!
E in quale frangente la nostra eroina tisica si innamorò della regina di Francia?!?!

Stiamo parlando di sole 4 righe nel libro, ma si possono commettere tante imprecisioni in sole 4 righe?
Ad occhio e croce direi che, a parte la figuraccia del testo sbagliato della sigla... l'esperta abbia clamorosamente cannato la critica alla serie animata, non Lady Oscar ma "Il Tulipano Nero-La Stella della Senna"!!!
Ma una "esperta" che commenta "Il Tulipano Nero" pensando sia "Lady Oscar", quale autorevolezza può avere quando si vuole valutare il resto del suo scritto?
Ovviamente la critica bisogna estenderla anche alla casa editrice che, nel 1987, pare non avesse nessuno in redazione che potesse accorgersi dei numerosi errori...
La cosa che un po' fa sgomento è che poche righe sopra Donatella Ziliotto racconta di considerarsi esperta nella serie di Capitan Harlock in quando ha curato i libri, da cui "tagliò" tutte le scene in cui le persone uccise non si rivelavano essere mazoniane (pagina 47).
Ovviamente non poteva mancare la citazione dei cartoni animati fatti al computer:
"I cartoons giapponesi (scrive Faeti) sono i diretti discendenti computerizzati e omologati di una grande tradizione grafica... etc etc".
Siamo nel 1987 e la baggianata dei cartoni animati giapponesi prodotti negli anni 60, 70 e primi anni 80 fossero fatti con il computer continuava ad essere veicolata...

Ad oggi ho recuperato 16 libri (con questo) che trattarono in varia misura e profondità di analisi l'argomento "cartoni animati giapponesi":

mercoledì 17 luglio 2019

"Non c'è tele senza network", di Stefano Pancera - Altrimedia febbario 1982



Il mensile "Altrimedia" era una rivista molto di nicchia, assieme a "Millecanali" si occupavano del mondo della radio e delle televisioni, in particolare di quelle private e locali, quindi analizzarono anche il passaggio ai network all'italiana.
Nel numero del febbraio 1982 si analizzano i primi agglomerati di tv locali che diedero vita al nuovo "sistema misto" televisivo:
un enorme pachiderma pubblico (la Rai) versus vari nascenti (ed alcuni sarebbero stati "morenti" di lì a poco) gruppi privati.

La fine del 1981 e l'inizio del 1982 segna proprio il periodo dell'agglomerarsi di queste piccole tv locali private, fagocitate un po' alla volta da quelle più grandi, che fecero estinguere la biodiversità dell'etere italico in favore di pochi (ed alla fine uno solo) gruppi privati.
La torta in gioco era quella della pubblicità (oltre 600 miliardi di lire per il 1982), chi fosse riuscito a ritagliarsi la fetta più grossa avrebbe vinto, indipendentemente dal rispetto delle leggi e dalla sostenibilità finanziaria del proprio piano industriale.
Gli attori privati in gioco erano i seguenti:
Canale 5 (Berlusconi);
Italia 1 (Rusconi);
Rete 4 (Mondaodri- Caracciolo-Perrone);
STP-RV (Parmalat- Edizioni Paoline- Niccolini);
CPV Elefante (Marcucci);
PIN (Rizzoli)

Gli ultimi due erano già in fase morente, il quarto ebbe sempre un ruolo minore, ergo i primi tre erano i contendenti della grande battaglia dell'etere privato italico, e come per gli immortali Higlander, ne resterà solo uno  ^_^
Questo genere di articoli sono interessanti in quanto riportano fedelmente lo stato della situazione televisiva del periodo, invece di leggerne su siti sparsi a caso sunti più o meno fedeli.
Molto chiare le tabelle.



lunedì 15 luglio 2019

"Il libro nella pancia del video - Il bambino lettore nell'era dell'informatica"



TITOLO: "Il libro nella pancia del video - Il bambino lettore nell'era dell informatica"
AUTORE: autori vari
CASA EDITRICE: Ediesse
PAGINE: 344
COSTO: 10€
ANNO: 1986
FORMATO: 21 cm X 14 cm
REPERIBILITA': mercatini oppure on line
CODICE ISBN:


All'interno di questo saggio c'è un contributo dal titolo "L'ascesa dei nippon cartoon" ad opera di Alfredo Castelli e Gianni Bono, autori nel 1983 di "If, speciale Orfani e Robot" e nel 1985 di "Kodansha Comic Catalog, discover the world of japanese manga". Già nel 1983 nel dossier presente in "if" i due autori smentivano categoricamente che i cartoni animati giapponesi fossero fatti al computer, ma la loro presa di posizione non fece molta presa sui giornalisti italici. Quindi ero molto curioso di leggere le loro considerazioni nel 1986 in questo "L'ascesa dei nippon cartoon", di cui leggevo in alcune bibliografie, il cui titolo, però, non dava mai riscontri, pareva essere un saggio fantasma. Questo solo perché non era il titolo di un libro, ma quello di un contributo all'interno di uno scritto che conteneva più analisi. Infatti le 344 pagine contengono gli atti dell'omonimo convegno svoltosi a Roma (località Ariccia) il 26 e 27 aprile 1985, con ben 37 (vedi indice alla fine del post) diversi interventi inerenti il mondo televisivo del bambino, che spaziavano dal computer ai videogiochi, dai fumetti allo sport, passando, ovviamente, per i cartoni animati, tra cui quelli giapponesi.
Come sempre io mi sono focalizzato solo sui contenuti inerenti l'animazione giapponese in Italia, nella mia ricerca della "pre-saggistica sugli anime dal 1978 ai primi anni 90".
Il saggio fu pubblicato nel 1986, ma riprendeva le relazioni del convegno, alcune di queste neppure riviste dai relativi autori, come quella di Luciano Staffa (dirigente Rai) sui "Cartoni animati made in Italy", in cui lui fa riferimento direttamente all'intervento di Castelli e Bono, come si si stesse leggendo una trascrizione da una registrazione audio/video.
Altri interventi furono rivisti, ma direi abbastanza in maniera superficiale, come farò notare più sotto, non rendendosi conto che in alcuni punti del libro si affermavano dei concetti ed in altri l'esatto opposto...
Ad oggi ho recuperato 15 libri (con questo) che trattarono in varia misura e profondità di analisi l'argomento "cartoni animati giapponesi":
Topolino e poi, cinema d'animazione dal 1888 ai nostri giorni (1978)
Da Cuore a Goldrake, esperienze e problemi intorno al libro per ragazzi (1980)
La Televisione - Come si producono come si guardano le trasmissioni tv in Italia e nel nel mondo, le reti pubbliche e private (1980)
Mamma, me lo compri? Come orientarsi tra i prodotti per bambini (1980)
Capire la TV (1981) 
Il ragazzo e il libro: corso di aggiornamento (1981)
L'alluvione cine-televisiva, una sfida alla famiglia alla scuola alla chiesa (1981)
TV e cinema: Quale educazione? (1982)
Fare i disegni animati - Manuale didattico di cinema d'animazione (1982)
La camera dei bambini – Cinema, mass media, fumetti, educazione (1983)
Guida al cinema di animazione - Fantasie e tecniche da Walt Disney all'elettronica (1983)
Il bambino e la televisione, a cinque anni solo con Goldrake (1985)
Fantascienza e Educazione (1989)
Il bambino televisivo, infanzia e tv tra apprendimento e condizionamento (1993)



Il contributo del duo Castelli e Bono riprende in realtà quello che scrissero nel "if" del 1983, quindi direi nulla di nuovo, se non il fatto positivo che i due giornalisti (ri)diedero delle informazioni realistiche sul mondo dell'animazione giapponese e sulle dinamiche che li videro invadere il Bel Paese nel 1978 con Heidi.
Ribadisco, il 7 febbraio 1978, non il 1976:
La prima puntata di Heidi - 7 febbraio 1978 (non 1976)

Si nota da questi piccoli particolari che ai tempi le fonti sugli anime erano veramente poche, ne bastava una errata in origine (come quella dell'uso del computer...) per far sì che l'inesattezza si propagasse senza sosta. La datazione errata della prima puntata di Hedi la si legge spesso negli scritti linkati sopra, probabilmente tutti influenzati dall'if "Orfani e robot" del 1983.
Ho trovato molto curioso il fatto che i due autori a fronte di una ottima informazione rilasciata su anime a manga, dessero, invece, un giudizio assai negativo su tali prodotti (pagina 172):
"Ma non vogliamo improvvisarci difensori d'ufficio di un prodotto che, per sua natura o per come è stato diffuso costituisce comunque un grave pericolo.
Ci piacerebbe, però, se questa relazione fosse il primo passo verso una critica obiettiva di un'opera di ingegno che, tutto sommato, nessuno ancora conosce a fondo".

Pare quasi che i due avessero timore di passare per difensori dei cartoni animati giapponesi, rischiando di essere magari messi al rogo dall'uditorio, quindi ne confermavano la pericolosità, seppure forse dovuta ad una errata diffusione, e ne auspicavano una maggiore conoscenza per evitare giudizi superficiali.
Ma allora perché non difenderli fino in fondo?
I due, oltre a citare il termine "man-ga" e a spiegarne il significato, ribadiscono che le serie animate giapponesi viste in Italia non erano prodotte per invadere il mercato estero, ma a solo uso interno. Ovviamente venivano vendute anche all'estero, altrimenti non noi le avremmo mai viste, ma non era lo scopo iniziale di una serie pensata per attrarre il giovane telespettatore nipponico, non quello europeo.. i robottoni non vestivano armature da samurai o usavano armi da samurai per far piacere a qualche bambino appassionato dei film di Akira Kurosawa   ^_^

Edit del 19 luglio 2019:
Non ho specificato che quello di Castelli e Bono non è l'unico contributo che si occupa dei cartoni animati giapponesi, ve ne sono altri tre, per un totale di quattro capitoli, che non sono pochi.

domenica 14 luglio 2019

"TV e buoi dei paesi tuoi" - "Corriere della Sera Illustrato 21 luglio 1979



Per rispondere al quesito che si può leggere nella parte superiore della prima e seconda pagina dell'articolo direi che si, le tv private riuscirono a rompere il monopolio della Rai, ma solo quando diventarono un network nazionale, cioè l'inizio della tele-mutazione genetica italica operata dal golem berlusconiano...
Nel luglio del 1979 non si era più nel far-west dell'etere, dove ogni giorno nasceva una emittente che occupava un frequenza libera senza autorizzazioni alcune, oppure una frequenza già assegnata ad altri. Nel 1979 era già iniziata una certa razionalizzazione delle emittenti private, più che altro dovuta ad una selezione naturale economica:
chi macinava introiti pubblcitari sopravviveva, chi non guadagnava
Ma non è questo l'argomento dell'articolo, che invece penso volesse conferire dignità ai programmi dei canali privati e anche ai telespettatori che seguivano quei programmi non targati Rai.
Per i più eruditi guardare le tv locali era un po' da celebrolesi, Maurizio Costanzo ed Enzo Siciliano cercavano di rivalutare i contenuti dei programmi trasmessi dalle emittenti locali... no asp.. Maurizio Costanzo... il direttore de "L'Occhio"... come non detto...   ^_^

L'unica cosa che mi resta oscura è il senso di aver messo degli insetti nell'illustrazione dell'articolo...


venerdì 12 luglio 2019

"Playgulp 10 e 11: arrivano i pornofumetti di Playboy"- Playboy ottobre e novembre 1981



E' arduo fare un commento su questo microfumetto di Bonvi, a mio avviso bisogna prenderlo con la formula "visto e piaciuto", anche se ci sono punti in cui potrebbe non piacere  >_<
Da ricordare che la rivista in cui era ospitato era Playboy, che correva l'anno 1981, che il linguaggio era assai non politicamente corretto (anche perché la filosofia politica correlata a questo termine non esisteva ancora), che Bonvi non amava molto i cartoni animati giapponesi, e che comunque non si faceva problemi a dissacrare neppure i suoi personaggi, figuriamoci quelli degli altri  ^_^
Infine è lo stesso Bonvi a battezzare Playgulp "turpe fumetto"  :]

I cinque post precedenti:
"Playgulp 1: arrivano i pornofumetti di Playboy"- 14 numeri dal dicembre 1980 al febbraio 1982 - "Benvenuto Bonvi", di Giovanna Tettamanzi - Playboy dicembre 1980

"Playgulp 2 e 3: arrivano i pornofumetti di Playboy"- Playboy gennaio e febbraio 1981 

"Playgulp 4 e 5: arrivano i pornofumetti di Playboy"- Playboy marzo e aprile 1981 

"Playgulp 6 e 7: arrivano i pornofumetti di Playboy"- Playboy maggio e giugno 1981 

"Playgulp 8 e 9: arrivano i pornofumetti di Playboy"- Playboy luglio e settembre 1981


Playgulp 10:

lunedì 8 luglio 2019

Pamphlet produzioni "Mushi Production" di Osamu Tezuka dal 1962 al 1973 (1975?)


Come di prassi non ho compreso un acca di quello che contiene questo opuscolo, però al momento dell'acquisto pareva interessante  ^_^
Pur non potendolo leggere, direi che non ci voglia un genio per intuire che il pamphlet contenga tutte le produzioni di Osamu Tezuka per la sua "Mushi Production", inoltre di fianco ad ogni titolo (in giapponese) c'è un numero che pare inequivocabilmente l'anno di uscita dell'opera.
Ergo in totale sono elencate 31 tra film e serie animate televisive, alcune di queste le vedemmo in televisione, altre totalmente inedite.
Ho cercato di risalire ad ognuna delle 31 voci, però alcune non mi tornavano, quindi ho preferito evitare di scrivere baggianate... o almeno più del solito   ^_^
Buona lettura per chi potrà.
P.S.
All'interno dell'opuscolo era presente un ciclostilato di quattro pagine più un bigliettino blu con disegnato Astroboy. Non saprei dire quale nesso avessero con il pamphlet, ma li ho inseriti comunque.

domenica 7 luglio 2019

Fantascienza e Educazione




TITOLO: Fantascienza e Educazione
AUTORE: Carlo Marini e Vincenzo Mascia
CASA EDITRICE: QuattroVenti
PAGINE: 234
COSTO: 10€
ANNO: 1989
FORMATO: 21 cm X 14 cm
REPERIBILITA': mercatini oppur on line
CODICE ISBN:


Controllare le bibliografie in libri ed articoli, ove presenti, mi ha permesso di scatenare un altro effetto domino inerente la "pre-saggistica sugli anime", cioè tutti quegli scritti dal 1978 ai primissimi anni 90 che trattarono dei cartoni animati giapponesi, quando ancora non si erano attivati i saggisti cresciuti a pane ed animazione seriale giapponese.
Ovviamente ogni libro propone stralci più o meno approfonditi sui cartoni animati giapponesi, ma restano, a mio avviso, importanti per definire il grado di conoscenza della tematica in quel periodo.
In alcuni casi la tematica del saggio non era neppure l'animazione, potevano essere scritti sul rapporto tra bambini e televisione o sui prodotti dedicati ai bambini.
Se per un articolo scritto su un quotidiano (o al limite un settimanale) poteva far parte della fretta di andare in stampa ogni giorno una certa superficialità dell'informazione, per mensile ed ancor di più libri, gli errori e la disinformazioni di talune considerazioni non erano più ammissibili.
Stante che se riportate in un saggio le inesattezze non siano mai accettabili, se presenti più vicino all'esordio del fenomeno anime in Italia presentano un livello di errore minore rispetto ad un periodo più in là con gli anni.
I primi saggisti che trattarono di animazione giapponese in Italia si basavano spesso sulle informazioni della carta stampata, che sovente erano grandemente errate. Quindi leggere che i cartoni animati giapponesi fossero fatti al computer in un libro scritto dal 1978 al 1981 o 1982 ricadrebbe della disinformazione ed ignoranza imperante di quel periodo, leggere la medesima argomentazione in scritti successivi lascia assai più perplessi. Implicava che certe fake news erano diventate realtà incontrovertibili.
Ad oggi ho recensito 14 titoli (compreso questo che posto oggi) che posso inserire nella categoria "pre-saggistica sugli anime":
Topolino e poi, cinema d'animazione dal 1888 ai nostri giorni (1978)
Da Cuore a Goldrake, esperienze e problemi intorno al libro per ragazzi (1980)
La Televisione - Come si producono come si guardano le trasmissioni tv in Italia e nel nel mondo, le reti pubbliche e private (1980)
Mamma, me lo compri? Come orientarsi tra i prodotti per bambini
Capire la TV (1981) 
Il ragazzo e il libro: corso di aggiornamento (1981)
L'alluvione cine-televisiva, una sfida alla famiglia alla scuola alla chiesa (1981)
TV e cinema: Quale educazione? (1982)
Fare i disegni animati - Manuale didattico di cinema d'animazione (1982)
La camera dei bambini – Cinema, mass media, fumetti, educazione (1983)
Guida al cinema di animazione - Fantasie e tecniche da Walt Disney all'elettronica (1983)
Il bambino e la televisione, a cinque anni solo con Goldrake (1985)
Il bambino televisivo, infanzia e tv tra apprendimento e condizionamento (1993)




Come al solito mi sono concentrato esclusivamente sulle parti inerenti l'animazione giapponese, ed è il settimo ed ultimo capitolo, ad opera di Carlo Marini, che tratta espressamente di "Nipponcartoons":
"Il bambino, la televisione e i nippocartoons"
In realtà solo il paragrafo 7.5 parla degli anime, prima e dopo l'autore prende in esame vari argomenti, diciamo che ha un respiro più ampio, e, alla fine, le pagine dedicate ai "nippocartoons" sono soltanto sei.
Carlo Marini certa di capire se la fantascienza può essere un pericolo per i bambini, quale sia il rapporto tra televisione e bambini, a riguardo è assai pessimista. Per Marini la televisione trasmette programmi che vedono anche i bambini, ma che sarebbero dedicati agli adulti, in questo modo si tenderebbe ad eliminare il periodo di normale crescita infantile, insegnando ai bambini ad essere adulti troppo presto. Effettivamente questo timore si è dimostrato realistico, specialmente per gli stimoli veicolati dalla pubblicità.
Da pagina 163 a pagina 184 non si parla di animazione giapponese, ma, appunto del rapporto bambini/fantastico/televisione e di come si potrebbe educare il bambino a comprender meglio le immagini che vede al cinema, in televisione e nei fumetti, in modo da esserne meno influenzato.
Dal paragrafo 7.6 di pagina 190 a pagina 217 si ritorna a fare una analisi generale della tematica (vedi indice).


Direi che quando si legge che "in numerose città" si trovano "Anime Shop" ci si riferisca, benché non chiaramente specificato, al Giappone.
Per il resto l'approfondimento sugli anime è abbastanza limitato, nonostante fosse richiamato dal titolo del capitolo, perlomeno non è presente la balla degli anime fatti al computer  ^_^

venerdì 5 luglio 2019

Mamma, me lo compri? Come orientarsi tra i prodotti per bambini



TITOLO: Mamma, me lo compri? Come orientarsi tra i prodotti per bambini
AUTORE: Anna Casu Bruna Miorelli
CASA EDITRICE: Feltrinelli
PAGINE: 273
COSTO: 6€
ANNO: 1980
FORMATO: 18 cm X 11 cm
REPERIBILITA': mercatini oppure on line
CODICE ISBN:


Come per quotidiani e periodici, dove trovavi articoli sui cartoni animati giapponesi in testate che mai e poi mai avresti pensato se ne sarebbero occupate, e che negli anni a venire mai più la avrebbero fatto, anche per quanto riguarda la saggistica gli anime erano analizzati in titoli in cui non te lo saresti aspettato.
Ne è un buon esempio questo saggio della Feltrinelli (una casa editrice importante) scritto dal due Anna Casu e Bruna Miorelli, in cui il tema portante era lo sfruttamento commerciale del rapporto madre/figlio.
Penso sia inutile spiegarne la dinamica, visto che noi stessi ai tempi la usammo indiscriminatamente, che funzionasse e quante volte funzionasse, non ne inficia il meccanismo.
Il saggio consta di ben 272 pagine, in cui sono trattati non solo i giocattoli, come io immaginavo sfogliando il libro, ma un largo numero di settori in cui l'influenza del figlio/a verso la madre poteva essere sfruttato dalle aziende per piazzare in casa delle famiglie italiane i loro prodotti. Infatti (vedi l'indice) i nove capitoli spaziano dal latte in polvere e gli alimenti, ai farmaci e ai prodotti sanitari, passando per l'abbigliamento, l'arredamento ed, infine, il giocattolo e la pubblicità.
In mezzo a questo esauriente percorso, che ho letto solo a grandi linee e che ho trovato parecchio sensato (visto che la prassi si è poi perfezionata nei decenni...), poteva mancare un capitolo sulla televisione e i cartoni animati?
E di quali cartoni animati si sarà mai trattato? 
Ma di quelli giapponesi!!!  ^_^
Il saggio fu pubblicato nel 1980, quindi in piena tempesta mediatica contro gli anime, è abbastanza ovvio che vi si riportassero i clamori (o clangori...) della stampa.
E poteva mancare per la miliardesima volta la bufale dei cartoni animati giapponesi fatti al computer?
C'è bisogno che dia una risposta?  :]



Il capitolo parte lancia in resta con la petizione dei 600 genitori di Imola, seguono gli stralci di una serie di articoli che ho in parte postato pure io qui sul blog:
"Discutendo con i bambini di Mazinga e di fantasia", di Lella Longoni - "La Repubblica" 26 luglio 1980

mercoledì 3 luglio 2019

TV e cinema: Quale educazione?



TITOLO: TV e cinema: Quale educazione?
AUTORE: Roberto Farnè
CASA EDITRICE: Cappelli Editore
PAGINE: 135
COSTO: 
ANNO: 1982
FORMATO: 19 cm X 13 cm
REPERIBILITA': biblioteca
CODICE ISBN:


La casa editrice Cappelli Editore aveva una collana il cui titolo denotava inequivocabilmente chi ne fossero i beneficiari:
"Il mestiere del genitore".

Ho trovato vari titoli inseriti in questa collana, per quello che ho letto spaziava su una vasta gamma di argomenti, dall'alimentazione dei bambini all'educazione sessuale, passando per la scuola di ogni ordine e grado, l'abbigliamento, lo sport i giocattoli etc etc...
Potevano mancare la televisione ed il cinema?
Ovviamente no  ^_^
Per fortuna fu pubblicato nel 1981, quindi potevano mancare indicazioni sull'animazione giapponese?
Ovviamente no ^_^
Sia chiaro, nulla di scandaloso, gran parte delle considerazioni sono più che condivisibili, anche perché si argomenta più che altro sul medium (televisione e cinema) piuttosto che sul messaggio veicolato, quello che conta è l'autorevolezza del messaggio.
Il libro era una guida, un manuale, un aiuto ai genitori che si sentivano spiazzati dai cambiamenti incessanti della società moderna di allora, figuriamoci oggi...
Sono quattro i punti in cui si accenna ai cartoni animati giapponesi, in alcuni casi il discorso è un po' più approfondito in altri è solo un richiamo a scopo di esempio, in quanto ormai per gli adulti (e per i figli) del 1981 gli anime erano un chiaro simbolo di un certo tipo di animazione.
Roberto Farnè non considerava l'animazione un prodotto solo per bambini, come purtroppo era valutata ai tempi in Italia (e per alcuni è così anche oggi), visto che i cartoni animati venivano identificati nei prodotto Disney, ergo per bambini.
Oltre a ciò bisogna dar atto a Farnè che non diede la colpa solo ai cartoni animati giapponesi dello sfruttamento commerciale dei giovani telespettatori, dato che i primi a farlo furono gli studi della Disney, seguiti dalle altre case di produzione statunitensi. Oggi parrà una conclusione quasi ovvia, ma in quel periodo per molti giornalisti ed esperti sembrava che solo gli anime vendessero merchandising.
Ma poteva mancare l'accusa verso i cartoni animati giapponesi di essere fatti con il computer?
Domanda retorica  ^_^
"I prodotti della Toei Animation si avvalgono di una catena di produzione mastodontica e capillarmente organizzata, e di un disegnatore tutto particolare: il computer, che permette di riutilizzare in continuazione gli stessi moduli figurativi, indipendentemente dai soggetti, in un lavoro seriale di grandi proporzioni." (pag. 96).

Come già letto in altri saggi del periodo, non solo si propagandava un balla colossale, quella dell'uso del computer per fare gli anime, ma si inventava di sana pianta tutto un processo produttivo totalmente inesistente!
Ed ancora:
"... i cartoni animati giapponesi trasmettono in realtà, come unico contenuto al di là di storie e personaggi particolari, <<l'estetica del computer>>.
In un ritmo tanto travolgente quanto meccanico, volti, espressioni e movimenti hanno la freddezza, l'asetticità e la perfezione tecnica della macchina che li ha partoriti.
Da un altro punto di vista,  l'opera di quei disegnatori (programmatori)..."

"L'estetica del computer"!!!
I grandi animatori nipponici diventano "programmatori", niente arte, solo tecnologia...
Parole a caso  ^_^




La posizione dell'autore verso i cartoni animati giapponesi mi è parsa abbastanza negativa, anche se in certi punti ci tiene a sottolineare che i genitori non dovevano vietare ai figli di guardare Goldrake e soci, però poi li descrive come "metastasi televisiva dei cartoon giapponesi" (pagina 41), prendendosela con Gianni Rondolino che aveva una posizione poco invasiva.
"Metastasi televisiva" è nuovo come giudizio negativo, me lo devo segnare.