Quanto avrei voluto girare pagina e leggere il titolo "Non sono fatti al computer!", con relativa spiegazione di quanto fosse assurda la teoria secondo cui dei cartoni animati televisivi di metà anni 70 fossero stati creati con l'ausilio dell'elaboratore elettronico, mentre mi son ritrovato davanti il titolo opposto: "Il trionfo del computer".
Anche perché l'articolo che si può leggere sul numero 2 della rivista "Bimbosapiens", fu pubblicato nel gennaio/febbraio 1982, non 1972... nel 1982 alcuni giornalisti avevano già scritto ( e riscritto) che gli anime era tutti fatti a mano, zero computer.
Basti pensare al fatto che nell'aprile del 1979 la trasmissione del TG1 "Tam Tam" dedicò un servizio al successo degli anime, in cui veniva detto chiaramente che:
"Abituati ad associare il lavoro dei
giapponesi a sofisticate attrezzature elettroniche, gli occidentali,
quando apparvero i cartoni nipponici, parlarono subito di
programmazione e di elaborazione elettronica.
Non è così, come mostrano queste
immagini.
I disegni animati giapponesi sono il
risultato del più artigianale dei lavori."
Ovviamente non era obbligatorio che i giornalisti avessero visto il servizio dei colleghi di "Tam Tam" (ed infatti è palese che non lo vide nessuno...), però se ad avere quelle informazioni c'era riuscito Giuseppe Breveglieri, voleva dire che non erano segreti industriali nipponici.
Quello che sorprende è che l'autore dell'articolo fosse Giannalberto Bendazzi, uno storico del cinema, che si occupava espressamente di animazione. Quindi non un giornalista che doveva riempire tre colonne su un quotidiano, a cui avevano appioppato l'articolino sui cartoni animati giapponesi, tematica che in lui non suscitava alcun interesse, ma un vero esperto del settore.
Bendazzi avrebbe potuto, rispetto ad un giornalista comune, fare appello a fonti dirette magari che conoscevano più di lui l'animazione giapponese, magari avrebbe potuto cercare di contattare direttamente qualche artista nipponico.
Questo articolo dimostra in quattro punti quanto ormai fosse radicata la fake news dei "cartoni animati giapponesi fatti al computer":
1) l'autore era un esperto del settore;
2) non fu scritto agli albori dell'animazione giapponese in Italia;
3) la rivista che ospitò l'articolo si occupava di educazione infantile;
4) la rivista era un bimestrale.
I punti 1 e 2 li ho illustrati sopra, per quanto riguarda il punto 3 è sufficiente rilevare che il titolo completo della pubblicazione era "Bimbosapiens: guida animata per accompagnare i grandi nel mondo misterioso dei piccoli".
Ci si trovava davanti ad un rivista di approfondimento sull'educazione infantile, non era Playboy... Infine la pubblicazione usciva ogni due mesi, forse il tempo per controllare le informazioni date in sei colonnine era ampiamente a disposizione.
Un fatto curioso riguarda sempre Bendazzi, che nel 1978 pubblicò il saggio "Topolino e poi, cinema d'animazione dal 1888 ai nostri giorni", in cui , benché all'animazione giapponese venissero dedicate poche pagine, non c'era alcuna affermazione sull'uso del computer per creare i serial televisivi animati.
Cosa fece cambiare idea a Bendazzi?
Mistero.
A pagina 60 Bendazzi esprime più che legittimamente delle critiche verso le serie animate giapponesi giunte in Italia: storia omogeneizzata; livellamento verso il basso; bassa qualità; esteticamente misero; violenti.
Pare che anche lui, assieme ad altri, fosse convinto che quelle serie venissero prodotte con lo scopo di essere esportate, quando, invece, erano pensate totalmente per il mercato televisivo interno, e se successivamente capitava l'occasione , la si coglieva piazzandole all'estero:
"La storia viene omogeneizzata (resa cioè adatta a pubblici di diversi Paesi e di diverse tradizioni) e diffusa in massa."
Già a pagina 60, però, viene buttato lì un "La tecnologia offre un supporto nuovo", ma quale era quel supporto tecnologicamente nuovo?
L'animazione col calcolatore elettronico! ^_^
Quello che sorprende è che si entri nei particolari di come veniva applicato il software per creare i cartoni animati al computer, una tecnologia che non esisteva!
Non esistevano i programmi, non esisteva l'hardware, non esistevano gli specialisti che l'avrebbero dovuta sviluppare ed usare, non esistevano i fondi economici per creare una tale tecnologia... eppure ne viene descritto il processo produttivo, dati dei giudizi etici negativi su questa tecnologia, fatti risaltare i difetti tecnici.
Mi chiedo se, quando sarà la Disney a produrre le prime scene animate totalmente al computer per i suoi lungometraggi, le valutazioni saranno identiche.
Un particolare che mi pare strano sia sfuggito a tutti questi giornalisti, convinti dell'esistenza di questo computer, è che mai se ne dica la marca!
Chi avrà mai progettato e costruito un computer tanto potente e costoso?
La Nasa nipponica?
Tutti ne parlavano, nessuno lo aveva mai visto, neppure i giapponesi ^_^
Sono d'accordo con te. Chissà che cavolo di fonti avrà usato Bendazzi per creare l'articolo. L'unica cosa interessante è vedere come certe idee balorde siano dure a morire (che poi oggi con la computer grafica siamo quasi arrivati a quel punto).
RispondiEliminaE Bendazzi era un vero esperto del settore, figuriamoci gli altri ^_^
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