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martedì 28 dicembre 2021

Bambini d'acqua, i rituali Mizuko Kuyo nel Giappone contemporaneo



TITOLO: Bambini d'acqua, i rituali Mizuko Kuyo nel Giappone contemporaneo
AUTORE: Marianna Zanetta
CASA EDITRICE: Franco Angeli
PAGINE: 186
COSTO: 25 
ANNO: 2018
FORMATO: 23 cm x 15 cm
REPERIBILITA': disponibile on line
CODICE ISBN: 9788891762016



Dalla sua pubblicazione nel 2018 son stato più volte tentato di acquistare questo saggio, ma temevo che la terminologia andasse oltre le mie capacità, visto che il tema si basa sulla religione, invece l'autrice espone la sua analisi in maniera chiara e leggibile. Per chi conosce qualcosa del Giappone la lettura sarà ancor più semplice. 
Nota di merito perché la quasi totalità delle citazioni in inglesi sono state riportate tradotte in italiano nelle note (grazie).
Una grande nota di demerito, invece, bisogna appiopparla alla casa editrice, che ha pubblicato un libro strapieno di refusi, pare quasi una auto produzione con Youcanprint...

E' importante capire che in Giappone l'aborto non è messo in discussione (come purtroppo nella realtà capita in Italia a causa dell'obiezione di coscienza dei sanitari, spinti dal colore politico dell'amministrazione regionale...), non ci sono guerre di religione a fini elettorali a discapito della libera scelta della donna.
Gli atti funerari in Giappone per i neonati morti, mai nati o i feti non ha (nella stragrande maggioranza) intenti politici o religiosi anti abortisti (come capita in Italia), ma negli ultimi decenni è nata la prassi di sfruttare economicamente il dolore delle donne, instillando in loro il timore che lo spirito del figlio possa vendicarsi. Lo scopo originario dei riti Mizuko Kuyo era quello di dare sollievo allo spirito del trapassato, che per le credenze nipponiche shintoiste e buddiste poteva soffrire del suo status di entità non definita. 
I riti del Mizuko Kuyo non sono rivolti solo ai casi di aborto indotto, ma in tutti gli eventi che hanno visto la morte o la non nascita di un neonato, chiaramente anche per cause naturali, l'autrice si sofferma più espressamente sull'aborto indotto.
In Giappone l'aborto fu legalizzato dopo la fine della seconda guerra mondiale, ma, sebbene vietato in precedenza, era tollerato, come tollerato era l'infanticidio, soprattutto per motivi economici.
Lo stesso buddismo, pur condannando l'omicidio, ha sempre considerato l'aborto come un peccato necessario, indotto dalla durezza della vita.
Per questo studio l'autrice, oltre a basarsi su una corposa bibliografia, ha svolto una ricerca in Giappone per alcuni mesi, quindi il saggio è un buon mix di teoria e attività in loco su un tema praticamente ignorato.

Tema delicato quello dell'aborto, infatti l'autrice vi dedica una pagina di premessa, che riporto qui sotto.



Il primo capitolo riepiloga la situazione religiosa in Giappone, anche dal punto di vista storico. E' questa una parte essenziale del saggio per chi non ha mai letto nulla in merito, ma resta interessante anche per chi ha già affrontato il tema:

Anche il secondo capitolo funge da introduzione, spiegando come la morte è vista sia nello shinto che nel buddismo, illustrando i relativi rituali funebri.
Con il terzo capitolo si entra nel tema dei Mizuko Kuyo, che sono un insieme di pratiche rivolte al culto e alla memoria dei bambini abortiti. Questi riti sono una evoluzione/prosecuzione dei riti riservati agli antenati. In quarta di copertina è presente una spiegazione molto esauriente (ultima scan).
Il capitolo prende come esempio quattro luoghi dove vengono eseguiti i riti Mizuko Kuyo:
il tempio buddista di Hasadera (nella città di Kamakura); il tempio/cimitero Shiun-zan Jizo-ji nella prefettura di Saitama; i templi di vicinato; il monte Osorezan nella prefettura di Aomori.

Ad ognuno di questi luoghi è dedicato un paragrafo, dove è spiegata la prassi dei Mizuko Kuyo per ogni sito, sono elencati anche i costi, la disposizione degli edifici/monumenti sacri.
Oltre ai quattro luoghi è descritta la possibilità data da alcuni templi di riportare in forma anonima per iscritto le proprie sensazioni su dei diari chiamati "Omoidegusa".
Il quarto capitolo tratta dell'aborto in Giappone sotto molteplici punti di vista, da quello storico a quello morale, passando per il legale. In pratica viene data una panoramica abbastanza esaustiva, seppure in poche pagine.
Nel quinto capitolo viene illustrato il culto di Jizo, figura sacra a cui ci si rivolge maggiormente nei riti Mizuko Kuyo, in quanto questa entità è una di quelle dedicata alla protezione dei bambini. In particolare viene spiegato come si sia evoluta la figura di Jizo dalla sua introduzione dalla Cina (intorno al 700 d.C.) fino al dopoguerra.
Nel sesto capitolo si affrontano alcuni temi correlati ai riti Mizuko Kuyo: 
la famiglia; gli antenati e gli spiriti irrequieti; il concetto di maternità; l'infanzia.

Nel paragrafo sulla famiglia è spiegato come sia cambiata la sua struttura dall'era Meiji ad oggi, con la drastica riduzione dei suoi membri fino ad arrivare alla famiglia di una sola persona. L'ultimo caso comporta che nessuno si occuperà dei defunti, compresi gli eventuali riti Mizuko Kuyo. Nasce così il concetto di "muen", "essere senza legami", valido anche per gli spiriti dei defunti che non hanno più discendenti che si occupino di loro.
Nel secondo paragrafo vien fatta la distinzione tra due tipi di spiriti, quelli pacificati e quelli irrequieti, che possono avere sentimenti di astio, anime vagabonde pervase dal "tatari", cioè invidia e rancore. I riti Mizuko Kuyo hanno lo scopo di quietare gli spiriti dei bambini. Il paragrafo approfondisce anche il tema del culto degli antenati. 
Tra i tanti termini nipponici spiegati dall'autrice ne segnalo un paio, che mi pare di aver riscontrato in vari anime di genere spiritico: 
"muenbotoke" = "spirito senza discendenza"; "goryo" = "anime dei morti vendicativi".

Il terzo paragrafo di questo sesto capitolo affronta il concetto di maternità, che si è modificato molto dall'epoca Tokugawa alla Meiji, ed è di nuovo cambiato dopo la fine della guerra. La figura della "ryosai kenbo", "la buona moglie e saggia madre" venne creato a scopo nazionalistico in era Meiji e durò fino alla fine della guerra. In epoca Tokugawa il concetto di maternità era molto poco definito, in quanto entrambi i genitori si occupavano della prole. In pratica viene illustrato come e quanto in Giappone il concetto di maternità si è modificato nel tempo.
Il quarto paragrafo illustra il ruolo e la figura dei bambini nel folklore nipponico, anche in epoche passate, specialmente per quanto riguarda kami, spiriti, demoni etc. etc.
Sono riepilogati anche i riti religiosi che i bambini devono svolgere durante la crescita.
Il settimo ed ultimo capitolo rende conto (e confronta tra loro) di quattro studi accademici sui riti Mizuko Kuyo:
William LaFleur e la metafora dell'acqua; Elizabeth Harrison e la nuova maternità; Helen Hardacre e la negoziazione della cultura sessuale; Bardwell Smith e la guarigione sociale.

Di queste quattro analisi mi ha colpito quella di Helen Hardacre, sui riti Mizuko Kuyo del dopoguerra, creati con lo scopo di sfruttare economicamente il dolore delle donne e porle sotto una luce negativa.
L'ultimo paragrafo del capitolo spiega i concetti di "tatari" e "tsumi" in rapporto ai riti Mizuko Kuyo.
"Tsumi" è il senso di colpa della madre per la perdita del figlio.
"Tatari" è il rancore dello spirito del feto/bambino/neonato.
I due concetti sono spesso veicolati proprio per spingere la donna a spendere soldi in questi riti, quindi uno sfruttamento economico di uno stato emotivo di sofferenza.
Alcuni templi vietano i Mizuko Kuyo per questo motivo, e sono anche considerati riti non in linea con la tradizione buddista.

Concludo con ribadire il consiglio di leggere questo saggio.


 

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