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domenica 4 luglio 2021

Videogames e consumo spettacolare, di Alberto Abruzzese + L'economia dei giochi elettronici, di Giacomo Mazzone - Politica ed Economia dicembre 1982


Cercando articoli giornalistici sull'animazione giapponese in Italia tra la fine degli anni 70 ed i primi anni 80,  mi capita sovente di imbattermi in quello che diverrà, in tempi brevi, il nuovo (ed attuale) nemico dei genitori e degli esperti di educazione:
il videogioco

Scrivere nel 1982 su cosa erano e sarebbero stati i videogames non era semplice, una decina di anni dopo poteva essere più facile intuirne il futuro e valutarli, ma all'alba (in Italia) del loro sviluppo era quasi come giudicare gli anime.
Il campo era completamente sconosciuto, specialmente per il fatto che chi ne scriveva, indipendentemente se a favore o meno, non vi si era mai accostato come fruitore.
Probabilmente la mia è la prima generazione digitale, o almeno semi digitale, tutte le precedenti erano totalmente analogiche, un pixel era come un alieno   :]
Quando, in più, trovi due articoli su una rivista prettamente dedita all'analisi politico-economica e di matrice comunista, come lo era il "CESPE" (Centro studi di politica economica), la curiosità su come erano visti e trattati i primi videogiochi cresce.
Facendo qualche ricerca ho scoperto che il "CESPE" fino al 1984 era un organismo del PCI, dal 1984 lo si sarebbe previsto autonomo:

Il primo articolo è a firma di un super esperto di comunicazione, come Alberto Abruzzese, mentre il secondo scritto è ad opera di Giacomo Mazzone, che forse ai tempi non era conosciuto quanto Abruzzese.
Il primo è una analisi sui valori e i meccanismi del videogioco, il secondo si concentra sull'aspetto economico da loro movimentato.
Ammetto che non ben compreso l'articolo di Abruzzese, non mi pare osteggi il gioco televisivo elettronico, però per me ciò che scrive risulta troppo astruso.
Il fatto di dover spiegare, da adulto che non ha mai preso in mano una levetta, ad altri adulti che non hanno mai toccato una levetta, cosa sia un videogioco, doveva essere un compito immane per chiunque. Non sono in grado di comprendere se Abruzzese ci riuscì, ognuno valuti da sé lo scritto.
L'articolo di Mazzone, invece, essendo un riassunto del florido mercato dei videogiochi del periodo, resta comprensibilissimo. 
L'unica cosa che non mi è chiara è il perché, a livello italiano, si trattino i flipper... mentre per quanto riguarda il mercato Usa ci viene spiegato che una delle aziende leader nei videogiochi produceva anche flipper, e quindi ha senso citarli, per il mercato italiano le aziende vendevano solo flipper, ma i flipper e i videogiochi sono due meccanismi ludici senza nesso, se non per il fatto che si usino le mani e gli occhi per giocarci.
Probabilmente l'essere di una generazione totalmente analogica come quella dell'autore, che da ragazzo avrà giocato ai flipper ma mai ai videogiochi, non gli permise di comprendere le differenze. 
Differenze che si possono vedere da alcuni decenni, i videogiochi spopolano in tantissime forme e piattaforme, i flipper sono estinti   ^_^

Buona lettura.





 

5 commenti:

  1. Il punto di vista di Abruzzese mi sembra piuttosto semplice:
    In soldoni, quando la dinamica densa di significati e fondata sulla negoziazione dei rapporti di forza antipodi come se fosse antani per due anche considerando il dispositivo spettacolare televisore + dimora già carico di per sé di elementi post-spettacolari e preinformatici, si mescola con il dispositivo videogame + corpo, viene innescato un meccanismo straniante per cui nel soggetto dominante, la supercazzola prematurata perde inevitabilmente i contatti col tarapiotapioco, specialmente nel contesto metropolitano e post-metropolitano dove anche solo le due cose come cultura e conflitto incorporate nel lato postculturale del videogame che si biforca dualisticamente, fifty-fifty, nel modello tennis-muro tipico di una società industriale facente riferimento alla produzione, alla fine blinda la sbiriguda veniale ovviamente in senso anafestico, con fuochi fatui.

    'Azz che super esperto di comunicazione. Mi ricorda le famose "convergenze parallele, nella misura in cui..."
    Ma scriveva sempre così o è solo perché l'argomento, come dici tu, era ostico?
    Ora mi rileggo seriamente e con calma lo scritto per cercare di afferrare il senso al di là del terribile stridio delle unghie sullo specchio ... :D

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    1. L'articolo di Mazzone è invece comprensibilissimo, capisco anche il suo paragone con i flipper in quanto nel 1980-82 il grosso del fatturato era ancora rappresentato dagli esercenti di sale giochi.
      Probabilmente il flipper si è "estinto" anche perché non è riuscito a conquistarsi un uso "casalingo" paragonabile al videogame: un flipper da bar è un enorme scatolone che può esser solo flipper, un "videogame" è versatile, può essere di tutto dal flipper all'adventure game.

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    2. Ecco, qualche dubbio mi era sorto ^_^

      Si giusto, la dimensione casalinga del flipper non era possibile, neppure la portabilità.
      Secondo me perdemmo una grande occasione, negli Stati Uniti e in Giappone alcune aziende che costruivano flipper passarono ai videogiochi, in Italia buttammo via un patrimonio tecnologico.
      La stessa cosa che capitò nel settore industriale dei giocattoli, rimanemmo a giochi vecchi, non si capì che i bambini stavano modificando i loro gusti.

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    3. Giusto. Come hai mostrato tu, la stessa azienda leader italiana del settore, cioè la Atlantic, se ne accorse troppo tardi.

      Comunque, con 2 giorni di tempo e con l'aiuto di un amico paleocrittografo sono riuscito a capire il vero senso dell'articolo di Abruzzese: in realtà non ha niente a che fare coi videogames.
      Contiene il terzo segreto di Fatima. Come ben capirai, non lo posso rivelare. :D

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    4. L'Atlantic resta sempre l'esempio corretto:
      i miei/nostri gusti stavano cambiando, non più soldatini, ma avventure spaziali, lo capirono, ma creare una nuova linea necessita tempo, quado arrivarono sul mercato le "action figures" di Atlas Ufo Robot e Capitan Harlock era tardi per l'azienda...
      L'Atlantic la facemmo fallire noi... T_T

      Il bello dell'avere il mio basso livello culturale è che me la posso cavare scrivendo "non ho capito cosa c'è scritto" :]

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