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lunedì 13 agosto 2018

"La teledipendenza è peggio della scarlattina", di Francesca Lazzato, Federica Giulietti e Loretta Bondi - "Quotidiano Donna" 23 aprile 1980


Come ho già scritto più volte in tanti post, nel mese di aprile del 1980 si raggiunsero vette di isteria collettiva contro i cartoni animati giapponesi a cui mai più si sarebbe giunti. Se si guarda la tabella riepilogativa degli articoli sugli anime pubblicati nel mese di aprile 1980 (post relativo), si noterà che solo nei giorni 2, 4, 6, 7, 17 e 25 aprile non ci furono articoli. Da considerare che il 25 aprile l'attenzione era rivolta alla festa della Liberazione, e alcune testate neppure erano in edicola. Negli altri giorni si poteva arrivare fino a 13 articoli su svariate diverse testate, e la tabella è ovviamente non definitiva.
A questa caccia alle streghe mediatiche, impersonate dagli anime, non si sottrasse praticamente nessuno, ci fu qualche voce fuori dal coro, ma in generale la voce gridava: "Bruciateli!"  ^_^
Al rogo giornalistico si aggiunse anche la rivista femminista "Quotidiano Donna", che non fu la prima pubblicazione femminista che si occupò di animazione giapponese.
Infatti nell'autunno 1978 "Effe" si concentrò sulla povera pastorella svizzera animata:
"L’abominevole bambina delle nevi", di Marina Valcarenghi - Effe (mensile femminista autogestito) n° 10/11 ottobre/novembre 1978

Come scrissi nel post di commento all'articolo di Effe, ribadisco anche per questo di "Quotidiano Donna", che non è mia volontà sminuire l'attività di queste giornaliste solo perché spararono qualche cavolata sugli anime. Il mio rispetto verso di loro è e sarà sempre altissimo, per le battaglie che fecero nelle condizioni in cui le fecero. Detto ciò, lo "Speciale tv ragazzi" del 23 aprile 1980, presente nel n° 13 anno III, contiene le sue belle perle, che forse, con un pelino più di applicazione da parte delle giornaliste, potevano essere tranquillamente evitate.
Si capisce subito dalla prima pagina che il tono non sarebbe stato positivo:
"Come vincere la telemania dei nostri figli".
Forse sarò stato l'unico bambino, ma io non ho mai guardato la televisione attaccato alla schermo, mi sorge il dubbio che la bambina della foto fu fatta posare davanti alla tv per creare più scalpore. In fondo, quale bambina sana di mente si sarebbe dimostrata così entusiasta per Boss Robot?  O_o
Le giornaliste criticavano i cartoni animati giapponesi nella loro doppia veste di madri e femministe, però una informazione errata resta una informazione errata, nonostante tutti i buoni propositi dell'articolo.
C'è da dire che il bersaglio degli scritti non erano solo gli anime e i loro diseducativi eroi animati, ma anche la televisione in quanto baby sitter, le stesse madri, la Rai, in particolare il funzionario di Rai 1 addetto alla scelta dei programmi per ragazzi (Luciano Scaffa).
Le due pagine dello speciale, quindi, non si concentravano solo su Mazinga e Candy, ma sul sistema che aveva utilizzato questi cartoni animati per tenere buoni i bambini e, nel contempo, riempirli di prodotti da compare. Sono perciò, perlomeno, due pagine con una critica più organica ai programmi televisivi dedicati ai bambini.
Come accennavo sopra sono criticate anche le madri, che lasciavano il bambino davanti alla televisione per occuparsi di altro, ma critiche subiscono anche le madri che stavano col bambino davanti alla tv... cioè... in pratica qualsiasi cosa facesse questa disgraziata (che magari aveva anche altro a cui pensare), era sbagliato.
I giudizi sono chiari e trancianti, gli anime erano "brutti, sporchi, cattivi e lacrimevoli", infine, tanto per non farsi mancare nulla, c'era il giudizio della grande esperta (Evelina Tarroni) che li sentenziava come prodotti al computer...



Gli scritti sono ben sei.
"Per gli esperti è comunque colpa della madri la telemania dei ragazzi":
in cui ci si concentrava sulle colpe della madre, il padre non è mai contemplato...
"L'uomo Ragno porta guadagno":
Intervista a Luciano Scaffa, funzionario di Rai 1 addetto alla scelta dei programmi per ragazzi.
"Storia di un progetto affondato":
Viene criticato Luciano Scaffa per aver stroncato un programma alternativo per bambini.
"Gundam, Mazinga, Goldrake, Jeeg Robot; Tekkaman, Danguard, Gai King":
Si spara alzo zero contro gli anime.
"Il diavolo custode":
Parola all'esperta di turno, per la quale gli anime erano fatti al computer...
"Una baby sitter onnipotente":
Una critica all'uso della televisione come baby sitter.



Perché la televisione piace tanto ai nostri figli?
Che possibilità hanno le madri di contrapporsi alla telemania dei più piccoli?
Chi è in televisione che sceglie e compra questi tremendi programmi tutti a base di mostri maschilisti che vengono propinati ai piccoli teleutenti in dosi sempre più massicce?
Che conseguenze fisiche e psichiche e culturali può avere per i ragazzi una teledipendenza cronica?
A queste e a molte altre domande proviamo a dare una risposta



Riuscirono le giornaliste di "Quotidiano Donna" a dare delle risposte alle domande di cui sopra?
Risposte soddisfacenti, intendo. A mio avviso no. Non per l'analisi che se ne può fare oggi, che sarebbe ingiusta, ma per le informazioni che si potevano già avere nell'aprile del 1980. Inoltre, nessuno avrebbe impedito alla redazione di interpellare qualche esperto giapponese, magari mettendosi in contatto con l'ambasciata nipponica.
In particolare pare proprio che non si resero conto che erano proprio quei vituperati cartoni animati giapponesi che mettevano la donna animata al di fuori dei soliti stereotipi femminili. Non se ne resero conto proprio loro che erano femministe. Una Venusia che passa da essere una ragazzina petulante, ad una dura combattente petulante, fatto che in Giappone infastidì non poco i giovani "maschilisti" telespettatori, non lo notarono neppure. La determinante figura di Miwa in Jeeg, neppure la citarono. E Jun? Ragazza nippo-africana che deve combattere contemporaneamente contro le orde dei mostri guerrieri ed il razzismo giapponese? Zero...
Il problema resta sempre il medesimo, se una persona, per quanto intelligente come le giornaliste di "Quotidiano Donna", non si guarda neppure una puntata di una serie animata giapponese, è difficile che ne colga gli aspetti positivi, si soffermerà solo su quelli (che esistevano) negativi più evidenti.


In pratica la giornalista, che non si firma, catalogava tre tipi di madri:
flusionale; conflittuale; illusa.
La madre flusionale che guardava gli anime coi figli: sbagliando.
La madre conflittuale che lasciava il figlio davanti alla tv, sentendosi in colpa: sbagliando.
La madre illusa, colei che pensava di scegliere per il figlio: sbagliando
Mi chiedo quale dovesse essere per la giornalista, a questo punto, l'atteggiamento corretto che doveva avere una madre... ma, soprattutto, e il padre?
No dico, esisteva anche il padre, o no?  >_<



La redazione diede la parola ad uno di quei burocrati (democristiani) che davano i loro figli in pasto ai mostri giapponesi: Luciano Scaffa.
L'intervista resta interessante, anche perché il dirigente Rai si vanta di aver promosso lui il referendum "Mazinga vs Pinocchio", che in parte contribuì a generare il terribile mese mediatico di aprile.
Quello che non mi è chiaro è il perché, visto che l'articolo successivo muove delle precise accuse verso Luciano Scaffa, non gliene chiesero conto in questa intervista. Magari le appresero dopo.



Parrebbe che Federica Giulietti racconti in prima persona il fatto narrato, quindi direi che a lei venne stroncato il nuovo programma per bambini da parte di Luciano Scaffa, ma è la motivazione di questa bocciatura che lascerebbe pensare:
"Per i ragazzi vanno benissimo i films giapponesi e americani, sono già bell' e pronti e costano meno".
Peccato non averne chiesto contro al dirigente Rai nell'intervista della pagina precedente...



In questo articolo non mancano le perle, la sua lettura regala molte soddisfazioni  :]
Tralasciando l'erronea scrittura di "Gai King", strafalcione presente anche su altre testate, ma che si sarebbe potuto evitare semplicemente aprendo una rivista a caso coi programmi tv, le figuracce abbondano quando gli autori entrano nel particolare della serie. Finché si mantengono su giudizi negativi generali, per quanto inesatti, riescono a dare una parvenza di autorevolezza, ma quando entrano nello specifico, si capisce che scrivevano di cose che non conoscevano.
A parte che fa sorridere che l'Ape Maia sia considerata positiva in quanto non giapponese, mica come
l'Ape Magà, e già questo dimostra l'ignoranza di chi scriveva in materia di anime.
Ma perché i contenuti sarebbero "biechissimi e reazionari"?  T_T




Io non mi permetto di affermare che Evelina Tarroni non fosse una personalità di grande cultura ed esperta nel suo settore, ma il settore non era l'animazione nipponica. E come si può essere considerata "esperta" su un argomento se dichiari che " i cartoni animati giapponesi, essendo prodotti col computer, permettono di contenere i costi: li si può acquistare perciò in quantità ingentissime."?
Ovvio che tutte le restanti risposte dell'esperta, saranno da considerarsi in rapporto con la castroneria di cui sopra.
Gli anime ostavano poco per vari fattori:
erano nei magazzini delle case produttrici da tanti anni, ormai mega ammortizzati e pronti all'uso;
il costo della mano d'opera era basso;
i giapponesi intendevano lucrare sui diritti legati al merchandising;
un tasso di cambio favorevole al Giappone.


L'ultimo articolo è incentrato più in generale sull'uso della televisione, cioè piantare i bambini davanti alla tv per fare altro. Oggi la medesima cosa la si fa con i videogiochi, ed oggi la colpa è dei videogiochi, come allora lo era degli anime. C'è da dire che la giornalista fa un ragionamento molto più ampio, non fossilizzandosi sui cartoni animati giapponesi.
Qui sotto l'articolo diviso in 4 parti.





8 commenti:

  1. Boh, l'articolo basato su luoghi comuni e leggende urbane come i cartoni fatti al computer, i robot biechissimi e reazionari, le inesattezze che sfociano nel ridicolo (praticamente l'ape Magà è brutta perchè è la copia dell'ape Maia, peccato che è venuta prima; è brutta perché è una "copia giapponese", peccato che anche Maia è giapponese: il giornalista è ridicolo 2 volte) potrebbe essere anche solo fastidioso.
    Il problema è che questo di riportare le notizie così come fa comodo, alla carlona, senza verifica, in Italia non è un caso ma proprio un metodo.
    Il tragico è che lo applicano regolarmente e senza problemi anche quando parlano di mafia, di stragi, di corruzione.

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    1. Mentre cerco questi articoli leggeri mi soffermo anche su quelli di cronoca politica ed altro.
      Di certo sulla stampa col tempo c'è stato un boom del sensazionalismo e della corsa al dettaglio scabroso e sanguinolento, in stile Studio Aperto.
      Però già c'era anche ai tempi una certa tendenza alla superficialità, si scrivevano cose senza citare fonti. Altri giornali le riprendevano e alla fine diventavano la realtà.
      Non so dire come sia o fosse la carta stampata in altre nazioni, ma qui da noi il germe della fake news era abbastanza consolidato, basti pensare alle veline provenienti dai servizi segreti, Digos, logge segrete etc etc

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    2. A mio modesto parere le fake news hanno preso il sopravvento verso la metà degli anni ottanta con trasmissioni come Maurizio Costanzo show e personaggi che si vogliono occupare di tutto senza sapere proprio di niente (vedi Vittorio Sgarbi 🙄). Poi e ovvio che già negli anni 70 anche in Rai c'erano i buffoni di corte come Emilio Fede.

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    3. Concordo nell'individuare neglla metà degli anni 80 l'inizio di un vistoso peggioramento della qualità informativa.

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  2. se avessero saputo che l'ape magà era in realtà un fuco! scandalo: i bimbi italiani traviati dall'insetto transessuale!!

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    1. In realtà, a rigor di logica, il fatto che il protagonista fosse diventato da maschio a femmina, forse sarebbe dovuto essere un motivo di orgoglio femminista.
      Non so, forse, in qualche modo :]

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  3. Bè tecnicamente Maya non era giapponese , in quanto produzione tedesca tratta da racconti tedeschi e "solo" animata in jap.
    Se bastasse qusto a considerarla un anime, allora lo sarebbero gran parte dei cartoni USA ( compresi quelli Disney, tipo Winnie the Pooh )

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    1. Non concordo, a parte che è riportato in tutti gli scritti sugli anime, ma registi e sceneggiatori erano giapponesi.
      Se in Giappone si fossero limitati a disegnare conto terzi l'anime, con regia e sceneggiatura tedesca, allora sarebbe stato come i cartoni disegnati in Corea o Taiwan su commessa nipponica, ma i giapponesi ci misero del loro.

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