TITOLO: Guida ai super e real robot, l'animazione robotica giapponese dal 1980 al 1999
AUTORE: Jacopo Mistè
CASA
EDITRICE: Odoya
PAGINE: 399
COSTO: 22 €
PAGINE: 399
COSTO: 22 €
ANNO: 2018
FORMATO:
21 cm X 15 cm
REPERIBILITA': Ancora reperibile a Milano
CODICE
ISBN: 9788862884723
In questo saggio Jacopo Mistè affronta l'animazione robotica giapponese dal 1980 al 1999, per la medesima casa editrice (Odoya) nel 2017 uscì un'altra pubblicazione, ad opera di Jacopo Nacci, che si occupò degli anime robotici da 1972 al 1980:
Non so quanto la cosa sia programmata,
ma comunque il risultato finale è che i due autori coprono un arco
temporale dal 1972 al 1999, dando nel complesso una esaustiva
panoramica delle serie robotiche nipponiche, con annessa analisi
dettagliata dei contenuti e delle trame.
Il saggio si differenzia dal precedente
perché analizza i “Real Robot”, cioè quelli che, dall'avvento
del Gundam in poi, mettevano da parte i fantasiosi robottoni
gonagaiani et similia, per concentrarsi su trame e scene più
realistiche.
Nell'introduzione l'autore specifica
che lui non fa parte della “Generazione Goldrake”, (nato nel
1987) e che non apprezza per nulla i vecchi robottoni, preferendo i
“Real Robot”. In pratica è un “purista”, preferendo sempre i
nomi, titoli e sigle originali. Nei vecchi forum capitava spesso di
vedere le guerre tra i puristi ed i nostalgici (in senso buono), ho
sempre trovato entrambe le posizioni esageratamente estremistiche. Mi
sembra più equilibrato, mio punto di vista, seguire anche il nuovo,
ma apprezzando ciò che ha permesso a questo nuovo di esistere.
Premetto che conosco poco le serie
robotiche dal 1980, comunque molto meno di quelle dal 1972 al 1980,
di cui si occupò Nacci. Quindi, mentre la mia recensione del saggio
di Nacci fu parecchio pignola, questa nel saggio di Mistè sarà più
generale, non perché abbia sottovalutato lo scritto, ma perché non
posso chiosare su qualcosa che non conosco o conosco poco
Mistè prende in esame ben 38 “Real
Robot”, con relative serie e/o film. Di questi 38 io ne ho visti 9,
avendoli visti solo una volta anni fa, non posso più di tanto
valutare le analisi dell'autore, perché in gran parte li ho
dimenticati...
Farò dei paragoni tra i due saggi solo
dal punto di vista editoriale.
Il primo conteneva 15 pagine di foto a
colori, questo no. Entrambi sono mancanti della bibliografia.
Entrambi hanno le note a fine saggio, solo che per leggere quelle di
Mistè ci vuole il microscopio... Questo secondo saggio è di circa
100 pagine più lungo rispetto a quello di Nacci, a fronte di un
costo maggiore di 2 euro, considerando che sono passati circa due
anni dalle due pubblicazioni, è un aumento che ci può stare.
In questo saggio sono presenti delle
schede tecniche in cui l'autore descrive, per ogni anime analizzato,
chi si occupò di cosa ed in quali episodi. Un elenco veramente
dettagliato!
Parto subito con una critica di
impostazione generale, che riguarda il primo capitolo:
“Da Tetsujin 28 a Evangelion. Una
panoramica”.
Il capitolo, di 50 pagine, si occupa di
un riepilogo generale delle serie robotiche da Tetsujin 28 (1969) ad
Evangelion (1995). Perché vengono presi in esame i vecchi robottoni
anni 70?
Capisco che si possa aver sentito la
necessità di dare al lettore una, appunto, “panoramica”
generale, però, viste anche le premesse dell'autore sul non
apprezzamento delle serie ante 1980, e considerando che di questi
anime si era occupato più che esaurientemente il saggio di Nacci, mi
è sembrato un capitolo in parte off topic, come si diceva nei forum.
Visto il titolo del saggio,
“L'animazione robotica giapponese dal 1980 al 1999”, sarebbe
stato più coerente iniziare dal 1980, saltando tutto il pregresso.
Inoltre posso ipotizzare che questo saggio verrà acquistato da un
fan delle serie robotiche, che quindi potrebbe far anche a meno della
panoramica che parte dal 1969, anche perché avrà di certo già
letto il succitato saggio che copre dal 1972 al 1980.
Quindi, perché inserire queste 4 serie
anni 70?
Reideen 1975
Zambot 3 1977
Daitarn 3 1978
Gundam 1978
Come ho accennato sopra l'autore
nell'introduzione spiega perché non apprezza i vecchi anime
robotici, perché, allora, ribadirlo nel capitolo?
Che utilità ha quel “fino allo
sfinimento”?
Nel excursus sull'animazione robotica
degli anni 70 ed 80 l'autore si sofferma brevemente sulla figura
degli hikikomori, legandola a quella degli otaku, in quanto parte dei
primi diverrebbero parte dei secondi. Conclusione a mio avviso
superficiale, quanto quella secondo cui gli hikikomori
dedicherebbero tutto il tempo a manga, anime e videogiochi. Con una
affermazione del genere il lettore che non conosce il fenomeno
hikikomori sarà portato a credere che gli hikikomori se ne stiano
chiusi nella loro stanza guardando cartoni, leggendo fumetti e
giocando ai videogiochi. Molti hikikomori sono totalmente apatici,
non c'è nessuno legame tra l'essere otaku e fare hikikomori. Più
che altro una parte degli hikikomori occupano il loro tempo con
anime, manga e videogiochi.
A riprova di ciò porto sempre un
articolo del 1981 su “La Stampa”, in cui un insegnante giapponese
venuto in Italia racconta di una problematica giovanile a causa della
quale gli studenti si rinchiudevano in casa, spiegando che il
fenomeno risaliva agli anni 60!!!
Fenomeno hikikomori in un articolo de "La Stampa" del 27 novembre 1981 - "Molto onorevoli ospiti del Sol Levante" di Alberto Gaino
Ergo zero videogiochi, zero web, quasi
zero anime, solo manga, ma più che altro per bambini.
Probabilmente mi sono dilungato troppo
per una breve considerazione su un tema a latere come quello sugli
hikikomori, però certi argomenti è meglio trattarli con cognizione
di causa, oppure non li si tratta.
Gli hikikomori sono tirati in ballo anche
riguardo a Hideaki Anno, che, secondo l'autore, è stato un
hikikomori. Non sono esperto nella biografia di Anno, sapevo che ha
sofferto di depressioni, che è un otaku, ma è la prima volta che
leggo che abbia fatto hikikomori. In che periodo della sua vita?
Mi pare arduo da adulto, altrimenti
come avrebbe potuto partecipare a tanti film e serie?
Da bambino o ragazzo? Purtroppo questa
informazione non è specificata.
Dal secondo capitolo in poi nascono le
mie difficoltà a seguire le serie analizzate, in quanto, tranne
alcune eccezioni, per la maggior parte non ho mai visto le serie di
cui si tratta.
Resta comunque una lettura interessante
per scoprire nuove vecchie serie robotiche, assieme ai relativi
autori.
Non mancano gli approfondimenti sui
registi, ho apprezzato quello su Tomino, ma anche quelli su altri
autori che conoscevo solo sommariamente o mi erano sconosciuti.
Ovviamente, dovendo trattare delle opere di Tomino, si ritorna alle
serie anni 70, ma in questo contesto lo posso anche capire.
Il capitolo si conclude con l'analisi
del Baldios, che almeno conosco :]
Per fortuna il terzo capitolo inizia
bene, visto che visi Macross, anche se nella versione massacrata
dagli statunitensi...
Mi ha lasciato un po' perplesso leggere
che tra le innovazioni di Macross ci fu l'inserimento di scene di
nudo a scopo prettamente sensuale, mentre fino ad allora servivano
solo come intermezzo comico. E la Fujiko del primissimo Lupin III?
Magari l'autore si riferiva solo agli
anime robotici, dandolo per sottinteso.
Ho apprezzato molto il paragrafo sullo
stupendo Giant Robot degli anni 90. Il capitolo si conclude che gli
anime della Gainax, dove ci si dilunga giustamente molto su Hideaki
Anno, e qui, di nuovo si tira fuori la questione che fece hikikomori.
Sul successo di Evangelion si accenna
ad un legame con i drammatici eventi legati alla setta Aum Shinrikyo, che
riportò in auge il disprezzo dei giapponesi verso otaku e...
hikikomori...
Perché contro gli hikikomori?
Capisco gli otaku, in quanto alcuni degli adepti lo erano, produssero anche un anime sulle gesta del loro santone
Shoko Asahara, ma che responsabilità ebbero gli hikikomori?
Non mi è chiaro se questa affermazione
sia una teoria dell'autore, oppure riporti notizie della stampa
nipponica.
Nel totale il saggio mi ha permesso di
scoprire serie che non avevo mai considerato meritorie di essere
seguite, se un giorno mi sarà possibile cercherò di guardale.
A titolo informativo le serie
analizzate, in neretto quello che ho visto:
Ideon
Xabungle
Dunbine
Le ale di Garzey
Vifam
L-Gaim
The five star stories
Brain Powerd
Z Gundam
Gundam ZZ
Il contrattacco di Char
Gundam F91
V Gundam
Turn A Gundam
Gundam 0080
Gundam 0083
Gundam l'ottavo plotone MS
Dougram
Votoms
Mellowlink
Galient
SPT Layzner
Gasaraki
Baldios
Macross
Megazone 23
Dancouga
Iczer-1
Dangaio
Dragon's Heaven
Patlabor
Giant Robot
G Gundam
Change! Getter Robot
Gunbuster
Evangelion
Blue Gender
The Big O
Boh! La faccenda dello sfinimento si può magari applicare a Nagai, che in effetti ripete un po' lo stesso schema, ma dire che le storyline di Daitarn, Baldios, Zambot ecc. non sono particolari, che sono noiose...
RispondiEliminaLa continuity esiste eccome, a volte anche complessa (Baldios, Godsigma) e vabé, ci sono i combattimenti uno contro uno ma quasi ogni serie non nagaiana, anche non eccezionale, si sforza di introdurre almeno un piccolo elemento che la distingue dalle altre (per es. il fatto che il Trider è pilotato da un bambino).
poi non era considerato proprio Gundam il primo dei robot realistici?
Il mio appunto non era tanto sul fatto che potessero (o non) essere ripetitive "fino alla sfinimento", ma sul volere rimarcare ulteriormente la cosa.
EliminaE' specificato nell'introduzione, è ribadito nelle analisi, ergo trovo quel "fino alla sfinimento" superfluo, atto solo a voler dimostrare (e ci sarebbe da dissentire) che gli anime dei real robot fossero meglio degli anime dei super robot.
Infatti l'autore considera il Gundam lo spartiacque tra il noioso prima e il coinvolgente dopo, tra bambinesco prima e l'adulto dopo.
Comunque, come sempre, consiglio la lettura del saggio, e di non fidarsi più di tanto del mio giudizio, che è ovviamente soggettivo.
EliminaBuongiorno, sono Jacopo Mistè, autore del libro.
RispondiEliminaIn primo luogo apprezzo la recensione e ringrazio per averla scritta. In secondo, vorrei provare a sciogliere alcune delle perplessità del recensore.
La più importante: " Il capitolo, di 50 pagine, si occupa di un riepilogo generale delle serie robotiche da Tetsujin 28 (1969) ad Evangelion (1995). Perché vengono presi in esame i vecchi robottoni anni 70?
Capisco che si possa aver sentito la necessità di dare al lettore una, appunto, “panoramica” generale, però, viste anche le premesse dell'autore sul non apprezzamento delle serie ante 1980, e considerando che di questi anime si era occupato più che esaurientemente il saggio di Nacci, mi è sembrato un capitolo in parte off topic, come si diceva nei forum.
Visto il titolo del saggio, “L'animazione robotica giapponese dal 1980 al 1999”, sarebbe stato più coerente iniziare dal 1980, saltando tutto il pregresso. Inoltre posso ipotizzare che questo saggio verrà acquistato da un fan delle serie robotiche, che quindi potrebbe far anche a meno della panoramica che parte dal 1969, anche perché avrà di certo già letto il succitato saggio che copre dal 1972 al 1980.
Quindi, perché inserire queste 4 serie anni 70?
Reideen 1975
Zambot 3 1977
Daitarn 3 1978
Gundam 1978"
Come dice il Nacci nella presentazione del mio testo, Guida ai super e real robot non è da intendersi come un reale seguito del suo libro. È scritto con finalità completamente diverse: lui prende gli anime e li analizza nella loro concettualità e nella loro dimensione narratologica. Io presento recensioni particolarmente improntate sul percorso produttivo della serie in questione e del loro regista.
La mia panoramica va dagli anni '70 agli anni '90 ed è il percorso della nascita ed evoluzione del genere robotico, rapportato ai cambiamenti della soocietà del tempo. Non racconto o analizzo gli anime settantini, ma ciò che sta loro al di fuori. Insomma, il genere tout court. Quello che racconto semplicemente non c'è nel libro del Nacci, quindi non si può accusarmi di aver fatto un doppione perché parlo di tutt'altro argomento e con altre finalità.
Le quattro serie che effettivamente sono recensite e analizzate sono tali in quanto opera di Yoshiyuki Tomino, quello che indico come il sovrano del genere nonché star del mio libro. Gli anni 70-80-90 sono praticamente gli anni di tutte le sue grandi opere.
Sul discorso hikikomori: ritengo le critiche sbagliate poiché il mio testo si basa sulle sfumature.
I casi estremi di otaku possono sconfinate nell'hikikomori, che a sua volta può presentarsi in forma lieve o estrema (quest'ultima riconducibile sì, al chiudersi in casa a drogarsi di luoghi immaginari). Anno è stato (è?) un hikikomori in forma lieve. Repulsione verso i rapporti sociali, disinteresse verso le cose vive (parole sue!), apatia, voglia di essere elogiato pur senza instaurare rapporti sociali. Tutto questo, pur lavorando nel mondo anime. Anno è Shinji Ikari, come ha detto lui stesso.
Il mio errore, se così si può definire, è di non aver specificato che Anno è un hikikomori in forma lieve, magari facendo pensare che lo sia in forma estrema. Ma non ho scritto reali inesattezze.
Infine, sulla querelle girellismo/purismo. Non esiste purismo, esiste semplicemente il pretendere correttezza di traduzione.
Saluti!
Buonasera, grazie delle puntualizzazioni.
EliminaDiciamo che, con tutto il rispetto ed il tatto possibile, non concordo sugli hikikomori e sulla non esistenza del purismo :]
Premettendo che non sono una psicologo, mi limito alla lettura di saggistica, però direi, che, se il ragionamento è questo, qualsiasi "caso estremo" di qualcosa potrebbe sconfinare in hikikomori.
Uno dei modi di parlare di chi è un hikikomori è, per esempio, "entrare in hikikomori", proprio nel senso di "entrare in autoreclusione".
Una cosa è avere difficoltà a rapportarsi col prossimo, una cosa è autorecludersi per mesi.
Hideaki Anno avrà le sue paturnie, sarà depresso, sarà asociale, ma questo non lo configura come un hikikomori.
Altrimenti altro che il 2/3% della popolazione giapponese sarebbe hikikomori ^_^
Miliardi di persone nel mondo sarebbero hikikomori ;)
Quando le cose mi girano storte, sono un hikikomori pure io.
Per quando riguarda i puristi, son passati i bei tempi delle guerre sante sui forum ^_^
Ma un cartone animato giapponese può essere bello anche se la sigla è italiana, il titolo non è quello corretto, i nomi sono alterati e i doppiatori cannano qualche concetto.
Poi è ovvio che il doppiaggio, per esempio, dei Superboys, irriti pure me.
Però se la serie ha dei contenuti è bello lo stesso, ed è grazie a questi "errori" se ha potuto raggiungere milioni di bambini negli anni 78/83.
Il primo Gundam è stupendo anche coi nomi cannati, ed anche se non lo pronuncio Gandamu :]
Sul purismo non voglio cominciare una dicussione, semplicemente perché, esclusa la breve introduzione, non ho voluto sfruttare il libro per aprire vecchie guerre.
EliminaSugli hikikomori: Anno lo è. Non sono il suo psicologo, ma nello scrivere il libro mi sono basato su frequentissime consulenze di Cristian Giorgi.
Giorgi è il redattore e autore dei testi di molti dei booklet che si trovano nei DVD Dynit. Ha scritto quello di un po' tutti i Gundam (a parte la prima serie), di Eureka Seven, di Gurren Lagann, etc. Insomma è la prima risorsa del leader della distribuzione italiana di anime mecha nel curare i dossier che escono in allegato ai DVD (dossier che tralaltro sono pure approvati dai giapponesi).
È la fonte più autorevole che si possa trovare in Italia, per quello che riguarda il rinvenimento di informazioni ufficiali su anime. La sua collezione di Roman Album, riviste di settore etc parla per lui. Se poi consideriamo che è anche un megafan di Anno e Gainax e sa dirti tutto su quei due... Puoi stare certo che se mi dice che Anno è un hikikomori (anche se non di quelli che si rinchiudono in camera), lo è.
Io posso solo ricordare quello stralcio di intervista con cui Anno risponde seccato alle critiche degli appassionati di Eva mettendoli tutti in uno stesso minestrone simbolico, animefan/otaku/hikikomori. È quella pubblicata a pag. 360.
Saluti! :)
Lungi da me mettere in discussione la tua fonte, non conosco Cristian Giorgi, e non mi permetto di contestarlo. Ci mancherebbe.
EliminaMagari Anno è un po' ipocondriaco, scrive ovunque che è un hikikomori (e Giorgi te lo ha riportato), e gli appioppa anche la colpa della setta Aum.
Io resto assai perlesso, a questo punto, di come Anno vede gli hikikomori, visto che tu riporti fedelmente il suo pensiero.
Al posto di prendersela con la società giapponese, che crea un tale disagio umano da far rinchiudere le persone in una stanza (e succede dagli anni 60, leggi il mio link sopra), invece di prendersela con lo Stato giapponese, che permise alla setta Aum di portare a termine il suo piano terroristico, se la prende con gli otaku e gli hikikomori.
Però quando gli otaku gli comprano i suoi prodotti vanno bene ^_^
Poi, magari, semplicemente Anno sbaglia. Magari.
Ti credo quando dici che gli hikikomori non sono nati con gli anime e gli otaku. Del resto la parola si associa allo "stare in disparte" e non ha legame precisi con gli hobby, e prendo tranquillamente atto che già negli anni Sessanta esistessero reietti che in nessun modo riuscivano a conformarsi in una delle società capitalistiche più disumane al mondo.
EliminaPerò è indubbio che il fenomeno degli hikikomori è diventato popolarissimo in Giappone e in tutto il mondo con gli hikikomori "da anime", più o meno dal 1977 in poi, quando gli anime sono diventati mainstream e non più considerati spazzatura per bambini e si è creata la sottocultura otaku. Anche oggi esistono non so quanti anime e manga che trattano l'argomento (il più famoso è il bellissimo duo romanzo+manga Welcome to the NHK) raccontandoci di questi reietti che si chiudono in camera a drogarsi di manga, internet, videogiochi etc. Erano già una bella realtà ai tempi di Evangelion. Anno non era a quei livelli ma comunque aveva gli stessi loro problemi a instaurare rapporti sociali o a integrarsi perfettamente nella società, per questo ha detto quello che ha detto e scritto quello che ha scritto.
E sì, concordo sul fatto che è un controsenso dire a queste persone di svegliarsi e integrarsi nel mondo quando gli propini tonnellate di gadget a tema Evangelion. :)
Ciao Jacopo ^__^
RispondiEliminaPerche' manca Voltron? Mi sembra un'assenza grave , non potevi togliere qualche serie minore?
Alessandro
Golion non Voltron, mi sono confuso
EliminaAlessandro
Spero che nessun purista se la sia presa ;)
EliminaAlessandro
Golion, come Escaflowne, come Southern Cross, come Gundam Wing e altri anime famosi ancora, è una serie a mio modo di vedere mediocre nonostante sia famosa all'estero. Se l'editore mi avesse concesso maggiore spazio sicuramente avrei analizzato anche questi titoli - magari in un ipotetico capitolo dedicato a lavori brutti ma popolari presso l'occidente. Purtroppo, non avendo avuto le pagine necessarie per affrontare anche questi, ho dovuto tagliare.
RispondiEliminaA scanso di equivoci: nel libro narro quali sono per ME i migliori anime robotici del ventennio. Insomma è una selezione basata sui miei gusti. Tutti quelli che non si trovano semplicemente non li reputo così importanti.
Saluti!
Tagliare Escaflowne e mettere Dragon's Heaven... O___O
RispondiEliminaI miei gusti e i tuoi differiscono molto - le mie serie preferite sono le Super - ma sei uno dei pochissimi autori che risponde a dubbi e critiche di Stengo e dei suoi lettori e per questo meriti rispetto
Ho ordinato il tuo libro
Alessandro
Chiedo scusa per il ritardo nella risposta.
RispondiEliminaIn breve: Dragon's Heaven non è chissà che memorabile, ma è una preziosa testimonianza dell'aria che tirava al tempo, quando uscivano OVA del genere dagli arditi e originali sperimentalismi grafici (Moebius riaggiornato dai giapponesi!). È un rappresentante ideale della seconda generazione di registi e animatori.
Di Escaflowne onestamente non ha alcun senso parlare, dal momento che già parlo abbondantemente di Dunbine di cui è la brutta copia.
i
Sia quel che sia, gusti diversi o vicini, spero che la lettura non ti farà rimpiangere i soldi spesi. ;)
Saluti!