TITOLO: Giapponesi poverini! Il
sistema nipponico ovvero la ricetta della infelicità
AUTORE: Lio Giallini
CASA EDITRICE: Youcanprint
PAGINE: 422
COSTO: 22,90 €
ANNO: 2012
FORMATO: 22 cm X 16 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN: 9788866187509
Da che parte stia il
libro di Lio Giallini è chiaro sia dal titolo che dal sottotitolo,
critica la società giapponese e i suoi cittadini che sottostanno
alle sue regole, che l'autore considera la causa dell'infelicità
della popolazione.
Ho scoperto questo
libro dopo due anni dalla sua pubblicazione, e nel tentativo di
informarmi se valeva la pena acquistarlo, anche in considerazione del
prezzo non basso (da considerare, però, che è rilegato con una
copertina rigida), ho letto una moltitudine di giudizi negativi. Mi
son deciso d'acquistarlo, nonostante le stroncature dei lettori, perché
conosco per esperienza diretta (sui forum) che c'è una larga fetta
di appassionati del Giappone totalmente incapaci di accettare
qualsivoglia critica sulla loro nazione preferita. Non che tutte le
critiche al libro siano campate in aria, alcune le farò anch'io nella
recensione, ma semplicemente ho pensato che una persona che vive e
lavora in Giappone dal 1995 avrà pur accumulato un minimo di
esperienza in loco. Esiste sempre la possibilità che abbia inventato
tutte queste storie solo con lo scopo di rendere più interessante e
vendibile il libro, ma avrebbe ottenuto un risultato migliore
scrivendo che il Giappone è il paese più felice del mondo, senza
prendersi gli insulti dei nippofanatici.
Comunque l'autore
non lesina i complimenti per altri aspetti positivi della società
giapponese, e non dimentica mai di ricordare le cattive abitudini
italiche o di altri paesi, però non c'è dubbio che i giudizi negativi sulla società giapponese sono
prevalenti. Critiche che, in ogni caso, collimano con tanti altri
libri più scientifici di questo, che non ha pretesa di esserlo,
visto che l'autore ci tiene a specificare che lui ha riportato solo
casi da lui vissuti o che gli sono stati raccontati nell'arco della
sua vita giapponese. Infatti il fine di Lio Giallini non è spiegare
il perché certe dinamiche sociali accadano in Giappone, né da dove
nascano storicamente, si limita a raccontarle, non facendo mancare
mai un suo commento al fatto. I fatti narrati sono reali, mentre le
identità delle persone, il periodo e i luoghi sono stati modificati
per preservare la privacy delle persone.
A causa di questa
legittima decisione dell'autore mi è stato difficile immedesimarmi
nei protagonisti dei racconti “reali”, in quanto sapevo che alla
fine il fatto accaduto era la sola cosa vera, mentre i nomi, luoghi e
spesso anche i lavori originali erano differenti.
Il libro procede
raccontando tanti singoli episodi negativi accaduti a giapponesi e a
stranieri, tutti causati delle storture del sistema giapponese.
Molto spazio è
occupato dall'organizzazione del lavoro in Giappone, specialmente,
anzi, in gran parte, sul rapporto tra superiore ed inferiore, tra
“supervisor” e supervisionato, che per l'autore è la causa di
tutte le angherie subite dai sottoposti sui luoghi di lavoro in
Giappone.
L'unica grossa
critica che mi sento di muovere allo scritto è che molte pagine sono
spese per raccontare particolari e dinamiche personali dei
protagonisti e non che potevano tranquillamente essere omesse. In
particolare per quello che riguarda il lungo racconto inerente
all'insegnante Francesco, che ad un certo punto praticamente scompare
dal libro, senza che si sappia più come sia finita la sua battaglia
contro l'organizzazione nipponica e i suoi esecutori italiani.
Infatti una parte del libro non racconta solo delle difficoltà
incontrate dagli italiani nel mondo del lavoro giapponese, e questa
parte andrebbe letta da tutti quei giovani che pare sognino solo di
andare a lavorare in Giappone (manco fosse un lavoro in un
ministero...), ma racconta di come uno straniero messo al posto di un
giapponese in ruoli di responsabilità (anche minima) si comporti da
aguzzino come il giapponese. Una delle critiche al libro che ho letto
sul web era proprio che l'autore raccontava solo di beghe tra
italiani, a parte che non è vero, ma questo dimostrerebbe, invece,
che anche uno straniero (italiana, inglese o tedesco che sia), quindi
in possesso di uno schema mentale differente, se messo negli stessi
meccanismi organizzativi tende ad uniformarcisi, in negativo,
ovviamente.
Tornando a Francesco
e alla sua odissea, quello che mi ha sorpreso è che un italiano, che
non aveva necessità di quel lavoro par-time di insegnante di
italiano in una scuola privata di lingue, in quanto rappresentava
solo il 15% del suo reddito, continui ad ingoiare fiele per due anni
sottostando alla dittatura di una collega italiana e di qualche
giapponese senza mandarli tutti a quel paese... manco fosse uno dei
47 ronin... di colpo poi, come ho accennato sopra, Francesco scompare
(tranne per un breve ritorno a pagina 208.).
Spesso l'autore
paragona la società giapponese (famiglia, scuola e mondo del lavoro)
alla naia del militare di leva, con la differenza che quella durava
solo 12 mesi, mentre il nonnismo in Giappone te lo porti dietro fino
alla pensione ed oltre.
L'aspetto negativo
del rapporto superiore/inferiore nei luoghi di lavoro in Giappone è
molto approfondito, con numerosissimi racconti. In pratica il proprio
“Supervisor” ha quasi potere di vita e di morte, e se uno si
azzardasse a contestarlo le cose non potrebbero che peggiorare, due
sole sono le soluzioni, il servilismo o licenziarsi.
Dato che
l'uniformità della popolazione giapponese è uno dei mezzi per
permettere al sistema di continuare ad esistere, chi eccelle in
qualcosa spesso viene messo all'angolo, genera invidia. Subiscono
questo trattamento anche i campioni sportivi, alcuni dei fatti
narrati li conoscevo, altri mi erano ignoti, l'autore riporta le
vicissitudini dei seguenti sportivi: il campione di sumo Takanohana;
il mitico Hidetoshi Nakata; la maratoneta Naoko Takahashi.
Oltre al mondo del
lavoro l'altro campo maggiormente raccontato è quello dei rapporti
tra uomo e donna, non necessariamente d'amore o di sesso, anche solo
d'amicizia, o tentata amicizia.
Volontariamente o
meno l'autore ripercorre praticamente tutte le tematiche di qualunque
saggio di sociologia sul Giappone, e nel leggerlo si capisce che lui
conosce più che bene sia le abitudini giapponesi, che la cultura e
la popolazione. Poche volte ho letto cose che mi son sembrate
inutilmente esagerate. Una di questi rari casi è quello inerente ad
una madre che per insegnare al proprio figlio neonato a non piangere
lo lasciava gridare fino alla sfinimento. A mio avviso quel fatto era
ascrivibile più all'essere uno schifo di madre, che all'essere
giapponese.
Nel totale ho
trovato interessante la lettura di questo libro, che andrebbe letto
assieme a qualche titolo più scientifico, possibilmente recente.
Ho trovato un sito in cui sono pubblicati alcuni articoli sul Giappone a firma dell'autore, alcune tematiche sono le stesse riportate nel libro, e mi pare siano tutti articoli antecedenti alla sua pubblicazione: http://www.agoravox.it/Lio-Giallini
Inserisco le scan dell'indice del libro, dove sono riportati tutti gli aneddoti giapponesi.
Alcune considerazioni dell'autore.
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