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venerdì 9 agosto 2019

Non mi arrendo, i miei trent'anni di guerriglia nella giungla filippina




TITOLO: Non mi arrendo, i miei trent'anni di guerriglia nella giungla filippina
AUTORE: Hiroo Onoda
CASA EDITRICE: Mondadori
PAGINE: 247
COSTO: 20 €
ANNO: 1975
FORMATO: 21 cm X 16 cm
REPERIBILITA': on line
CODICE ISBN: 


Conoscevo solo a grandi linee la storia del tenente Onoda Hiroo, l'ufficiali dell'esercito Imperiale giapponese che si arrese solo nel marzo del 1974 sull'isola filippina di Lubang.
Marzo 1974, 30 anni dopo la fine del conflitto...
Mi son sempre chiesto se io al suo posto mi sarei comportato come lui, praticamente impossibile dare una risposta, resto profondamente convinto di no, per il semplice motivo che non sono un cuor di leone, quindi mi sarei arreso subito o quasi subito.
Certo che per la maggior parte dei soldati giapponesi la resa era impensabile, e tanti tragici aneddoti storici lo confermano, partivano in guerra già con lo scopo di sacrificare la vita per il buon Hirohito (un vero pacifista...), senza contare che la propaganda militare aveva convinto tutti i giapponesi che se fossero caduti prigionieri degli americani avrebbero subito indicibili torture.
Per il tenente Onoda, però, la morte in battaglia non era una opzione, la sua missione era restare vivo e portare a termine operazioni di guerriglia dietro le linee americane, e nel contempo preparare e favorire il ritorno delle truppe Imperiale sul suolo di Lubang. Faceva infatti parte di una speciale sezione del servizio segreto dell'esercito, di nuova creazione, i cui compiti erano per giunta top secret.
La vicenda di Onoda parrebbe più da film di fantascienza che un racconto ormai storico, in realtà lui non fu l'unico, non per nulla il termine "essere come l'ultimo giapponese" non nasce da un solo episodio:
https://it.wikipedia.org/wiki/Soldati_fantasma_giapponesi

Semplicemente quello del tenente Onoda fu il più eclatante, nato grazie ad una capacità di inculcare alle masse concetti assurdi. che in seguito abbiamo visto raramente, popolo giapponesi che forse era in parte già predisposto culturalmente per accettare tanto fanatismo.
Personalmente mi ero convinto che Onoda e i suoi due commilitoni fossero rimasti quasi del tutto tagliati fuori dai rapporti con la popolazione indigena e con le notizie del mondo, ed era questa la causa, per quello che pensavo prima di leggere questo libro, di tanto assurdo fanatismo.
Non era così. In quei 30 anni tantissime volte ed in diversi modi si cercò di convincere Onoda che la guerra fosse terminata. Sono rimasto sbalordito nel leggere che, oltre ad opuscoli e lettere lasciate sul posto, ci furono numerose spedizioni nella giungla di giapponesi che si mettevano ad implorare Onoda di arrendersi, spiegandogli che la guerra fosse terminata. Addirittura più volte si recarono a Lubang i parenti del tenente (fratello, sorella e padre) e di uno dei suoi due compagni.
Ma perché in Giappone sapevano che Onoda era ancora in quella giungla di Lubang?
Perché i tre soldati continuavano ad uccidere, sul web ho trovato una cifra che oscilla dai 30 ai 50 civili filippini uccisi dalla fine della guerra al marzo 1974, i tre furono soprannominati dai civili filippini "i diavoli delle montagne". Per sopravviver i tre soldati si davano ad "operazioni militari" di saccheggio, espediente normale per l'esercito imperiale giapponese, e qualche volta per i civili filippini finiva male... ovviamente al momento della sua resa, l'unico sopravvissuto del trio, non subì alcun processo per quegli omicidi, il presidente Ferdinando Marcos preferì usare il caso per rinsaldare i rapporti con il Giappone, piuttosto che per creare fratture.
Inutile dire che, una volta giunto in Giappone, Onoda fu trattato come un eroe, e non come un personaggio tragico che aveva continuato ad ammazzare poveracci che cercavano solo di lavorare per vivere.
Da notare che in questo libro raramente si parla di filippini uccisi da parte di Onoda e dei suoi due compagni, lo si capisce, ma i vari omicidi non sono mai esplicitati, mentre sono enfatizzate le morti del caporale Shimada (maggio 1954) e del soldato Kinshichi Kozuka (ottobre 1972).
In realtà il terzetto fu, nel primo periodo, un quartetto, infatti ne faceva parte anche il soldato Yuichi Akatsu, che però nel settembre del 1949 "disertò", come scrive Onoda.
Akatsu, qualche tempo dopo la sua "diserzione", fece pervenire ai tre commilitoni un volantino in cui li avvertiva che la guerra era finita, e che se si fossero arresi l'esercito filippino non li avrebbe puniti. Onoda e soci non vi credettero, come non credettero a tutte le tante altre prove che la loro guerra era assurda.
Da notare che al momento della morte di Shimada e Kozuka si intensificarono i tentativi di contattare i superstiti, proprio perché in Giappone sapevano che Onoda faceva parte di quel contingente, e le autorità dell'isola segnalavano le continue incursioni dei soldati giapponesi.



Questa sopra è la piccola isola di Lubang, il percorso centrale è quello del "territorio" di Onoda, la zona in cui si muovevano continuamente per non essere scoperti.
Per questa recensione ho deciso di lasciar parlare il tenente Onoda, ho quindi estrapolato alcune parti del libro, in particolare quelle in cui vari gruppi di ricerca cercarono di contattarli. Mettere assieme tutti questi tentativi di contatto, che Onoda vide sempre, fa veramente impressione...



Mi pare giusto ricordare, a chi cerca ogni tanto di negare certi fatti, che i giapponesi si sentivano superiori a tutto il resto della popolazione mondiale.



Gli ordini del tenete Onoda non erano quelli di morire per l'Imperatore, ma di sopravvivere, e solo un ordine diretto di un suo superiore poteva farlo arrendere.
Peccato che lui sentì la sorella, il fratello e pure il padre chiedergli di arrendersi, è più importante l'ordine di un superiore gerarchico o la voce dei tuoi cari?



Quando Onoda arrivò a Lubang non ebbe una buona impressione del resto del contingente, che non era formato da combattenti, ma reparti di servizio.



 Onoda non aveva l'autorità militare per dare ordini, quindi doveva assistere ad una certa anarchia.



La parte del contingente di Lubang che era ferito decise, come era prassi per il soldato imperiale, di suicidarsi all'arrivo dei soldati americani.




Da qui in poi possiamo leggere una sequela quasi infinita di avvisi che la guerra era finite, il primo è datato ottobre 1945, ma ovviamente per Onoda non poteva che essere una mossa dei soldati americani.
Lo posso anche capire, la guerra era terminata da poco, ci poteva anche stare, ma dopo 30 anni no...


Ogni testo che ordinava ai soldati di arrendersi veniva rielaborato dalla loro mente in modo che fosse una prova del non doversi arrendere.





 Il "disertore" Akatsu avvisa i suoi tre commilitoni di arrendersi. Nessun effetto...



Un dialogo fra i tre. Ovviamente basato solo su quello che afferma Onoda.



 Tre pagine consecutive in cui Onoda e soci si ostinavano a non credere a ciò che leggevano.




La morte del caporale Shimada.




"Onoda, Kozuka, la guerra è finita!!!"




Il capitolo "Falsi messaggi" è incentrato proprio su tutti i tentativi che fecero gli stessi giapponesi di far arrendere Onoda e Kozuka.
Un capitolo allucinante...





Uno dei rari casi in cui si accenna alla morte di un civile filippino:
"Mi voltai di scatto e sparai verso la cima della collina. Udimmo un grido, e un uomo piombò dall'altra parte del colle.".




Il fratello maggiore di Onoda si recò a Lubang più volte, il tenente lo ascoltò, ma non volle credere a ciò che sentiva...



Uno dei pochi casi in cui Onoda esprime rammarico per ciò che ha fatto alla popolazione filippina e per i 30 anni buttati nel cesso seguendo ordine che, avendo ascoltato ciò che gli dicevano i famigliari, avrebbe dovuto smettere di seguire.



Sono trasalito quando ho letto che nel 1965 lui e Kozuka si "procurarono" una radiolina a pile, ora potevano anche ascoltare radio estere, ma nulla, non riuscivano a mettere assieme gli appelli dei parenti, i volantini e le notizie della radio: era tutto un complotto.

Un giorno in Italia qualcuno ci dirà che siamo invasi dagli stranieri, e noi ci crederemo..  ah no.. sta già succedendo...



Viene ucciso anche Kozuka.




I tentativi di far ragionare Onoda si intensificarono.








Alla fine fu l'incontro con Norio Suzuki che sbloccò la situazione, ma Onoda pretese che Suzuki tornasse con il suo diretto superiore, il maggiore Taniguchi, che gli avrebbe dovuto dare l'ordine diretto di cessare le operazioni di guerriglia.
















2 commenti:

  1. Molto interessante, grazie per la segnalazione. Cercherò di recuperarlo appena lo trovo su ebay a prezzi umani.

    Si rimane affascinati e allo stesso tempo angosciati che un uomo posso sacrificare trent'anni della sua vita per una causa ormai persa in partenza.

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    1. E che quando torna in patria sia accolto come un eroe invece che un pirla...

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