Il bello di frugare nei mercatini è che, talvolta, si incappa del classico tesssssoro, quell'oggetto a prezzo stracciato che non ti aspettavi di trovare, e che scatena l'effetto "Affari al buio" (la trasmissione tv).
Stavolta ho beccato un numero di Playboy del giugno 1981, che, a fronte di un titolo esilarante, contiene le sinossi, a grandi linee corrette, di alcune serie animate.
Ammetto che dover sfogliare i Playboy (impensati contenitori di interessanti articoli) in cerca di perle del genere, mi imbarazza un po', però poi penso che il contenuto di un Playboy del 1981 lo vediamo al telegiornale quando ci sono le cronache inerenti silvietto :]
Detto ciò, ammesso fosse necessario scriverlo, della prima pagina sopra si notato subito le due schede preforate, che hai tempi erano l'emblema del computer, con sopra i personaggi degli anime.
Ed il sottotitolo ci illumina subito sul contenuto dell'articolo:
"Miliardi e calcolatori dietro le disgrazie a ripetizione di Heidi, Candy Candy, Remi e soci".
Intanto gli anime non costavano "miliardi", mentre qualche miliardo lo fecero guadagnare alla Rai, soprattutto Heidi.
Sui "calcolatori", poi, penso sia inutile soffermarsi, ma questa è l'ennesima prova di quanto quella ridicola menzogna venisse ripetuta a pappagallo da un sacco di giornalisti e testate, anche le più impensate: da Topolino nel 1978, che si inventa per primo l'uso del computer, fino a questo Playboy, passando per una miriade di quotidiani nazionali..
Questo non fu l'unico articolo di Playboy sui cartoni animati giapponesi, il mese successivo toccò agli anime robotici/fantascientifici:
"La moltiplicazione degli Ufo Robot", di Andrea Ferrari - Playboy luglio 1981
E sulla rivista concorrente, Penthouse, lo stesso mese venne pubblicato un altro vaneggiante articolo:
"Favole della galassia", di Raul Alvarez e Massimo Buscema - Penthouse luglio 1981
La partenza dello scritto di Paolo Cucco è veramente al fulmicotone, poi migliora.
Se una colpa i giapponesi l'avevano, era quella di aver usato tristi romanzi europei di fine '800, ma le storie non le avevano inventate loro, ma noi europei...
Come più e più volte ribadito le case di produzione nipponiche non pensavano minimamente al mercato europeo, solo a quello interno, se poi qualcuno gli acquistava una serie che ormai giaceva in magazzino, ormai ammortizzata, ovviamente gliela vendevano con piacere.
Ma questi anime non veniva prodotti per la nostra televisione.
Comunque il giornalista non lesina anche dei complimenti agli anime, che poi non ci fosse effettivamente paragone tra i cartoni per la tv made in Usa e quelli made in Japan era una realtà.
Segue l'esilarante parte sull'uso del calcolatore elettronico!
"A loro (i giapponesi) va il merito di aver introdotto il computer nel cartone animato: hanno programmato migliaia di movimenti, basta schiacciare un bottone ed ecco che il personaggio calza vivo ed efficace. I tempi di lavorazione in questo modo sono ridotti al minimo."
Segue una dichiarazione di Bruno Bozzetto in base alla quale parrebbe che lui credesse che gli anime fossero fatti al computer. Ora Bruno Bozzetto presenzia ai festival d'animazione giapponesi come ospite d'onore: fonte.
Il finale cerca di mettere un po' di pepe dove praticamente non esisteva, delle serie citate in questo articolo solo una mostra qualche scena non consueta per i bambini italici del tempo: Bia che si faceva qualche bagno.
Mentre Candy è sempre molto abbottonata, in tutta la serie riceve un solo bacetto, e manco lo voleva quel bacio...
E certo, il target finale di questi anime del genere meisaku e shojo erono i padri salaryman ^_^
Questo tentativo di vedere una sessualità che quasi non esisteva, lo leggeremo amplificato nell'articolino finale di Bonvi. Che per quanto, forse, volesse essere ironico, a mio avviso non vi riesce.
Da qui in poi ci sono le sinossi di alcune serie del genere meisaku e shojo (ed una majokko), a grandi linee abbastanza corrette, alcuni errori ci sono, ma visto la topica sui computer ci si poteva aspettare ben di peggio. Ovviamente il giudizio è quello di un adulto, e non è sempre un giudizio negativo.
Il numero di coniglietti ne indica il gradimento del pubblico, immagino.
Candy Candy ispira ancora saggi e libri, quindi il personaggio è dotato di una certa forza intrinseca che supera le barriere del tempo, e della sfiga...
Ee é abbastanza umano prendersi gioco delle sfighe di Candy.
Da notare che nella scheda su Remì il giornalista è molto categorico nell'affermare che gli occhialini in 3D per vedere Remì non funzionassero come un 3D vero, e cosa si aspettava?!
Mai sopportata...
Matteo?! O_o
A me Pinocchio piaceva, a piccole dosi :]
Mai visto.
Qui canna qualche nome, è indubbio che per un adulto sia difficile apprezzare la storia, io abbandonai la principessa Zaffiro dopo poche puntate, troppi fiori e pochi fioretti :]
Per sua fortuna apprezza Heidi :]
La birichina Bia, l'unica birichina del gruppo.
Probabilmente questo trafiletto di Bonvi, fuori dal contesto temporale e dalla rivista dove era inserito, risulta assai insensato, forse un po' sopra le righe.
Bonvi aveva dimostrato il suo astio professionale, magari anche legittimo, verso i cartoni animati giapponesi già in precedenza:
Bonvi VS "i cartoni animati giapponesi" - Il Resto del Carlino aprile 1980
Ma quindi il buon Paolo Cucco non scriveva solo su TV sorrisi e Canzoni? Questa sì che per me è una novità
RispondiEliminaDimenticavo... dicono tutti che comprano Playboy ai mercatini per andare alla ricerca di articoli sui cartoni animati... ^______________^ e invece....
RispondiEliminaLa cosa impegnativa è darsi il tono di uno che sta facendo una ricerca seria :]
EliminaFa impressione quanto poco sia osè un Playboy del 1981 rispetto ad un Studio Aperto delle 12,30 ^_^