TITOLO: Giappone 1945,
dall'operazione Downfall a Hiroshima e Nagasaki
AUTORE: Clayton Chun
CASA EDITRICE: LEG
PAGINE: 163
COSTO: 18€
ANNO: 2015
FORMATO: 24 cm X 17 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di
Milano
CODICE ISBN: 9788861023109
Nell'introduzione l'autore riepiloga la situazione
politico-militare dopo la capitolazione della Germania nazista, che
permise alla forse Usa di concentrarsi sul Giappone.
Molto spazio nel libro è lasciato alle considerazioni
riguardo il timore statunitense sulle perdite umane causate da una
invasione di terra del Giappone, oltre ai costi economici e
all'allungamento non stimabile della guerra. Il timore americano per
il numero di morti erano dati dalle battaglia di Iwo Jima ed Okinawa,
dove i soldati nipponici, nonostante l'inferiorità numerica e di
dotazione militare, causarono ingenti perdite agli Usa.
Oggi molti contestano questa preoccupazione
statunitense, affermando che ormai il Giappone era sconfitto, ma
sconfitto non vuol dire arreso. Molti sottolineano, non a torto, la
disumanità della decisione di atomizzare Hiroshima e Nagasaki,
ragionando, a mio avviso, con la testa dei giorni nostri, e non con
quella del 1945.
E quanto sarebbe stata disumana l'invasione del Giappone
e il protrarsi della guerra con giornalieri bombardamenti incendiari
sulle città nipponiche?
E quanto erano umani i soldati giapponesi nei territori
occupati?
Mi pare giusto sottolineare che l'autore è legato al
sistema militare Usa, che non ha mai contemplato una qualche
autocritica sullo sgancio atomico.
Nel primo capitolo viene fatto un interessante excursus
sui vari comandanti militari statunitensi e nipponici della guerra
del pacifico. Per quelli americani sono evidenziate le singole
posizioni su come portare alla resa il Giappone imperiale, che spesso
divergevano molto, in quanto ognuno di essi cercava di portare lustro
alla propria arma di appartenenza.
Nel secondo capitolo si analizzano i vari piani
d'attacco degli Usa per obbligare il Giappone alla resa, a cui
seguono i piani difensivi nipponici.
Il Giappone, conscio di non poter resistere, puntava al
sacrificio proprio e del nemico, con lo scopo di causare il maggior
numero di perdite Usa, in modo da minarne lo spirito combattivo.
Gli americano, specialmente dopo Iwo Jima ed Okinawa, si
prefiggevano di ridurre al minimo le perdite. Alla fine,
involontariamente, fu proprio il fanatismo nipponico a dare agli Usa
la motivazione per l'utilizzo della bomba atomica..
Viene ben illustrata la strategia americana dei
bombardamenti incendiari sulle città giapponesi, che causarono più
morti di Hiroshima e Nagasaki. Molti non sanno che lo sviluppo dei
B-29 costò tre miliardi di dollari, mentre quello della bomba
atomica “solo” due miliardi.
E' analizzato con dovizia di particolari l'operazione
Downfall, cioè l'invasione del Giappone, con relative stime sulla
durata dell'operazione e le ipotetiche perdite.
Semplificando di molto l'invasione del Giappone
contemplava delle problematiche nuove rispetto allo scenario europeo:
il fanatismo dei militari e della popolazione
giapponese; la mancanza di informatori sul posto (nonostante la
decifrazione dei codici di comunicazione giapponesi); la mancanza di
informazioni sulle scelte strategiche giapponesi; la necessità di
incrementare la forza di sbarco ed i rifornimenti; l'eventualità di
doversi spingere fino a Tokyo per far abdicare Hirohito; mantenere
dopo la guerra una poderosa forza di occupazione in uno scenario
ostile.
La via diplomatica era impraticabile dalla richiesta
della resa incondizionata del Giappone, il blocco navale avrebbe
richiesto troppo tempo.
Contemporaneamente allo sviluppo di questi piani
strategici si stava pensando alla possibilità di sviluppare la bomba
atomica..
Il terzo capitolo si concentra su tutti gli aspetti
dell'operazione Downfall e sulla posizione delle armate difensive
dell'esercito imperiale in Giappone.
In base alle intercettazioni americane, questi avevano
stimato in 350 mila i soldati nelle zone previste per lo sbarco, in
realtà erano circa 500 mila, a fronte di una forza d'invasione di
750 mila soldati. Le stime americane sulle loro perdite variavano da
un ottimistico 30 mila morti ad un 220 mila morti per arrivare fino a
Tokyo.
I piani nipponici prevedevano una forza di difesa nelle
aree interessate alla sbarco di un milione e mezzo di soldati (di
certo non be be equipaggiati come gli americani), a cui andavano
sommati i civili e l'uso sistematico di mezzi kamikaze (dagli aerei
alle barche).
Nei piani iniziali dei generali Marshall e MacArthur
erano previste anche le armi chimiche per stanare i soldati
giapponesi dalle posizioni difensive (non che i lanciafiamme fossero
armi convenzionali...), ma il fatto che i giapponesi le avessero
usate, assieme a quelle batteriologiche, in Cina, fece loro cambiare
idea.
Col quarto capitolo si inizia ad illustrare le decisioni
che portarono a scegliere l'opzione atomica.
Il quinti capitolo si concentra su tutte le operazioni
che portarono allo sgancio su Hiroshima. Il capitolo sei fa la stessa
cosa per Nagasaki.
Entrambi questi due capitoli si soffermano poco
sull'odissea dei civili colpiti dai bombardamenti, forse perché lo
scritto è puramente militare.
Il settimo capitolo racconta cosa successe dal 9 agosto
in poi:
dichiarazione di guerra dei sovietici e attacco in
Manciuria; le discussioni in seno al consiglio di guerra nipponico
sulla resa o la continuazione della guerra; l'accettazione della resa
da parte di Hirohito; il tentativo di colpo di stato delle
irriducibili frange militari pro guerra; il discorso radio di
Hirohito; la situazione geopolitica dopo la resa del Giappone.
Il brevissimo ultimo capitolo suggerisce i luoghi da
visitare per non dimenticare i fatti accaduti.
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