TITOLO: Giappone
soprannaturale. Mostri, demoni e animali mutaforma nell'immaginario
del Sol Levante
AUTORE: Marta Fanasca
CASA EDITRICE: Libreriauniversitaria Edizioni
PAGINE: 102
COSTO: 9€
ANNO: 2014
FORMATO: 24 cm X 17 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di
Milano
CODICE ISBN: 9788862924962
Lo
scopo dell'autrice, oltre ad illustrare l'importanza del folklore
nella cultura nipponica, è quello di valutare quanto dei racconti
sugli yokai è sopravvissuto nel Giappone contemporaneo. Infatti i
mostri, spiriti e demoni iniziarono a perdere d'importanza nella
società giapponese in epoca Meiji, l'era della tecnologia e della
scienza, mentre nella precedente era, quella Tokugawa, avevano
raggiunto il massimo della popolarità. Marta Fanasca mixa i semplici
racconti folkloristici con altri fattori: sfumature linguistiche;
rapporto con la letteratura e l'arte; studi sociologici ed
antropologici.
Arrivando
a mettere assieme uno scritto sempre interessante, probabilmente il
migliore disponibile fino ad oggi sul soprannaturale in Giappone,
anche considerando il prezzo esiguo del saggio. Le sole 100 pagine di
cui è composto non traggano in errore, il formato del libro è
abbastanza grande e il carattere in cui è scritto è ridotto, considerando che arriva a toccare fino ai giorni nostri, penso sia
una lettura obbligata per gli appasionati di mostri e spiriti giapponesi.
Nel
primo capitolo, oltre ad una spiegazione linguistica (presente in
tutto il saggio) del carattere usato per scrivere “yokai” (“yo”
= qualcosa che attrae/incanta; “kai” = apparizione/mistero), si
ripercorre la storia dei mostri dai racconti del “Nihon Ryoiki”
(823 DC) fino all'epoca Meiji.
Nel
raccontare l'evolversi degli yokai nel tempo e la nascita continua di
nuovi fenomeni paurosi l'autrice spiega il significato del carattere
usato per scrivere “mononoke”, il significato inteso quando venne
coniata la parola in epoca Hein: “mono” = qualcosa di non
specificabile, strano, senza una chiara forma, straordinario, da
temere come una forza esterna; “ke” = incertezza/mistero.
Spesso
l'autrice fa riferimento a yokai presenti in dipinti e stampe
dell'epoca, che, però, non sempre sono mostrate nel libro, che pur
presenta un certo numero di immagini.
Uno
dei fattori che scatenarono la popolarità dei racconti di yokai in
epoca Tokugawa fu lo sviluppo dell'editoria, incentivata dalla
richiesta di nuovi svaghi, una conseguenza di questa popolarità fu
la nascita dello “yokaigaku”, lo studio degli yokai.
Tra i
divertimenti dell'epoca Tokugawa due erano diretta emanazione del
fascino che i giapponesi nutrivano (e nutrono) per i mostri, fantasmi
e demoni: misemono e kaidan.
Il
misemono era una fiera del fantastico, una manifestazione dove
venivano esposti oggetti occidentali, animali strani, ma anche i
classici fenomeni da baraccone all'europea. Il misemono, pian piano,
acquistò una connotazione fantastica e soprannaturale.
Il
kaidan erano i racconti e le storie con yokai, i cui caratteri
significano: “kai” = strano/misterioso; “dan” =
parlare/narrare.
Tra i
tanti generi di kaidan divenne popolare la consuetudine di
raccogliersi in gruppo la notte per raccontarsi cento kaidan, ma
questo stesso svago era qualcosa di spaventoso, infatti arrivati al
100esimo racconto qualcosa di orrendo sarebbe capitato. Questo
particolare kaidan si chiamava “hyakumonogatari kaidankai”,
“riunione per raccontare cento kaidan”, e scene simili le si son
potute vedere sia egli anime che nei manga scolastici.
Gli
yokai influenzarono anche l'arte giapponese, dai dipinti, alle
stampe, fino alle ukiyo-e.
Il
secondo capitolo si concentra sul periodo storico tra l'era Meiji e
la fine della seconda guerra mondiale. Con l'avvento dell'era della
modernizzazione forzata della società giapponese attuata
dall'imperatore Meiji anche gli yokai parvero diventare obsoleti, era
fin disdicevole mostrarsi superstiziosi agli occidentali. La
nomenclatura Meiji cercò di far aver paura ai giapponesi a mostrarsi
superstiziosi, la paura ella superstizione, si chiedeva al popolo di
non credere più in yokai e sciamani, ma alla scienza occidentale.
Ormai
gli yokai erano diventati fenomeni paranormali da indagarsi, e furono
molto gli studiosi nipponici che in quegli anni presentarono i loro
studi razionali su spiriti e mostri. E' in questo periodo che il
termine “fushigi”, che fino ad allora aveva significato “lo
strano/il meraviglioso/il misterioso/il miracoloso”, acquista la
stessa valenza di yokai. Uno degli studiosi più importanti del
periodo fu Inoue Enryo, che stilò tutta una serie di nuove
classificazioni sui misteri soprannaturali, con lo scopo finale di
far risaltare “i veri misteri” (shinkai) a discapito della
semplice superstizione. Altri due studiosi apportarono nuova linfa
allo studio degli yokai: Yanagita Kunio e Ema Tsutomo.
Il
primo si concentrò sullo studio del folklore (minzokugaku), con
carattere più scientifico, il secondo analizzò gli yokai e gli enge
(creature mutaforma), creando la branchia del “fuzokushigaku”.
In
campo non scientifico, o para-scientifico, va menzionato lo scrittore
Lafcadio Hearn ( "Al mercato dei morti" ; "Storie di spettri giapponesi" ), che fece conoscere agli occidentale i
racconti sugli yokai.
Il
terzo capitolo parla degli yokai nel Giappone contemporaneo, dal
dopoguerra ai giorni nostri, dove il nuovo veicolo per raccontare
storie di mostri, spiriti e demoni sono il cinema (con il successo di
Godzilla), l'animazione (Bem il mostro umano) e i manga (GeGeGe no
Kitaro).
La
letteratura continua ad usare gli yokai, ma sono gli autori di film,
di serie animate televisive e di manga a far rinascere le storie
sugli yokai. Il primo mangaka a scrivere una storia di successo sugli
yokai fu Mizuki Shigeru ( "Enciclopedia degli spiriti giapponesi" ; Enciclopedia dei mostri giapponesi A-K ; "Enciclopedia dei mostri giapponesi M-Z" ), che nel 1959 disegnò “GeGeGe no
Kitaro”. Le opere di questo mangaka danno vita ad un nuovo “yokai
boom”, generando l'interesse degli studiosi, tra cui Ikeda Yasaburo
e Miyata Noboru, che approfondiscono la presenza di yokai e yurei
(spiriti) nelle città metropolitane. Oltre a dar conto di fatti di
cronaca che coinvolsero yokai (come la psicosi collettiva riguardo la
“kuchisake onna” nel 1979), l'autrice elenca ed analizza i film
horror e d'animazione che hanno riportato al centro dell'attenzione
gli yokai: il film “Ringu” (The Ring); i film dello Studio
Ghibli.
Gli
yokai vennero usati anche allo scopo di combattere la crisi economica
nelle città rurali dovuta allo spopolamento, puntando sul folklore
locale creando musei e luoghi di divertimento, ed incentivando le
visite ai templi che possedevano reliquie di yokai.
In
appendice sono riuniti e descritti i tipi di yokai più famosi:
kitsune; tanuki; yurei; kappa; tengu; rokurokubi; kirin; umibozu;
hitotsume kozo; akaname; gashadokuro; yuki onna.
Riguardo
alla “donna delle nevi, la “yuki onna”, chi si ricorda la
puntata in cui la regina Himika arruola una recalcitrante “dama
delle nevi” contro Jeeg? Penso che quella puntata fu il mio primo
contatto con un yokai.
bellissima recensione e libro interessantissimo
RispondiEliminaEd anche economico!
EliminaGrazie Massy :]
Ero indecisa se prenderlo o meno ma la tua recensione mi ha convinto! :D
RispondiEliminaTi ha convinto a non prenderlo? ^_^
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