TITOLO: Fukushima l'anno zero
AUTORE: Naomi Toyoda
CASA EDITRICE: Jaka Book
PAGINE: 159
COSTO: 35 €
ANNO: 2014
FORMATO: 24
cm X 30 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di
Milano
CODICE ISBN: 9788816605046
Non prediligo i
libri fotografici, oltre al costo maggiore, mancano o sono scarsi di
testo, ma ho fatto un'eccezione per questa testimonianza scritta e
fotografata da Naomi Toyoda. Intanto perché l'approfondimento
scritto, seppur ridotto, è ben presente e valido, ed inoltre di
libri sullo tsunami e su Fukushima in Italia ne sono usciti ben pochi: Tsunami e Fukushima
Il fotografo
giornalista giapponese fissa efficacemente il dramma atomico
abbattutosi su Fukushima e dintorni, affiancando alle fotografie una
parte scritta di denuncia. Viene raccontato il mito della sicurezza
dell'uso pacifico dell'energia nucleare in Giappone, di come questa
campagna di disinformazione nazionale pluridecennale abbia coinvolto
le autorità governative e statali, oltre alle aziende private
direttamente interessate al business nucleare.
Il libro inizia,
però, con una domanda che il fotografo poneva a sua madre quando era
bambino riguardo alla guerra: Perché tutta quella generazione non si
era opposta alla guerra?
La madre gli
rispondeva semplicemente che “non si poteva, perché nessuno si è
opposto alla guerra”. Ora Naomi Toyoda si pone lui stesso la
medesima domanda, che un qualsiasi bimbo giapponese di oggi potrebbe
porgli: Perché la sua generazione non si è opposta al nucleare?
Penso che questo suo
libro, oltre a denunciare gli errori e gli orrori di Fukushima, abbia
lo scopo di testimoniare quel nuovo grande errore del popolo
giapponese di non essersi opposto neppure questa volta ad una scelta
governativa (in questo caso di un governo democratico), nonostante
proprio il Giappone conoscesse le conseguenze del danno atomico.
Leggendo questo
libro, e guardando le sue belle foto, non posso altro che essere
felice, ed una volta tanto anche fiero, che noi tanto vituperati
(giustamente) italiani una volta tanto (anzi, per la seconda volta!)
si sia vinto il referendum contro il nucleare, che ci volevano
spacciare per sicuro...
Il primo capitolo
riporta la cronologia di ciò che successe al reattore 1 di Fukushima
Daiichi da quel 11 marzo 2011, comprese le continue menzogne della
Tepco, delle agenzie statali di controllo e dei comunicati
governativi. L'autore spiega bene come la potentissima lobby nucleare
nipponica abbia cambiato strategia comunicativa, dal mito della
sicurezza a quello della rassicurazione: gli effetti delle radiazioni
non sono gravi.
Il popolo giapponese
ci cascherà ancora?
Naomi Toyoda non
nasconde le enormi responsabilità del sistema informativo
giapponese, che prima non ha mai messo in discussione il “mito
della sicurezza”, e dopo l'incidente ha tardato a denunciare
l'accaduto, minimizzando i fatti e mettendo a grave rischio la salute
della popolazione esposta alle radiazioni. In quanto chi vedeva quei
telegiornali rassicuranti e leggeva quegli articoli che non
drammatizzavano l'accaduto evitarono di evacuare i luoghi
contaminati.
Nel secondo capitolo
il foto giornalista cerca di farci capire il suo stato d'animo in
quei momenti, mentre fotografava le macerie dello tsunami.
Il terzo capitolo
racconta il ritardi ad evacuare i comuni più vicini alla centrale
nucleare, causati dalla reticenza delle autorità, che non si
decidevano ad ammettere la gravità della contaminazione radioattiva.
In particolare si racconta il dramma della popolazione di Iitate,
lasciata senza nessuna informazione ed esposta inutilmente a forti
dose di radiazioni, fino a quando, alla fine, il territorio comunale
fu evacuato. A tal proposito è giusto ripetere cosa ha detto
un'abitante di queste zone: “se le radiazioni fossero state
colorate, saremmo fuggiti senza esitare”.
Alla fine molti
territori comunali furono evacuati, e al territorio comunale vietato
l'accesso. Sui cartelli che avvisano di questo divieto di accesso si
può leggere una frase che potrebbe sorprendere l'occidentale per il
suo contenuto vago. In realtà è risaputo che in Giappone si evitino
frasi dirette, preferendo giri di parole che rendono la realtà meno
traumatica, però ha tutto c'è un limite:
"Zona dove si
prevede che i residenti avranno difficoltà a tornare per molto
tempo”.
“Si prevede”?
Quindi potrebbero anche sbagliarsi.
“Difficoltà”?
Quindi non ostacoli insormontabili tipo radiazioni mortali.
“Per molto tempo”?
Quanto tempo?! Si sa che il tempo è soggettivo.
Nel quarto capitolo
è messo in evidenza il punto di vista di allevatori e agricoltori,
che per le radiazioni hanno perso tutto ciò che era stato costruito
in più generazioni, senza avere nessuna certezza che avranno un
qualche tipo di risarcimento. La loro disperazione era così profonda
che uno di loro, Shigekiyo Kanno, si tolse la vita nel capannone dove
allevava le sue bestie. Su una parete di questo capannone ha lasciato
la il suo testamento:
“Se solo quella
centrale nucleare non fosse mai esistita
Sono davvero
grato alla mia cara sorella
Grazie per tutti
questi anni
La mia capacità
di sopportare è superata
13:30 del 10
giungo 2011
Perdonami!
Ti prego, paga il
carpentiere con i soldi dell'assicurazione
Come vorrei che
non fosse mai esistita quella centrale nucleare
Chiedo a tutti
gli allevatori rimasti di tenere duro, non arrendersi alla centrale
nucleare
Perdonatemi per
essere andato via in anticipo, lasciandovi soli
Ho perso la forza
di volontà per lavorare
Sono
infinitamente grato alla signora Kesayo, tanto che non so come
ringraziarla
Cara moglie, cari
figli miei
Perdonatemi. Mi
dispiace, sono un padre che non è stato capace di offrirvi nulla
Chiedo perdono
anche ai miei genitori nell'aldilà”
Il quinto capitolo
serve all'autore per fare il punto di ciò che ha raccontato fino ad
ora, proseguendo, nel contempo, il suo viaggio nelle aree
contaminate.
Nel sesto capitolo
Naomi Toyoda cerca di rendere al lettore il sentimento di perdita per
non poter mai più tornare nelle proprie case, l'aver perso pper
sempre il proprio luogo natio.
Il settimo capitolo
contiene l'ultima, ma forse la più terribile, balla che gli abitanti
delle zone contaminate dovettero subire: la decontaminazione.
Le
autorità di Iitate il 28 settembre 2011 pubblicarono un documento
dal titolo “Programma di decontaminazione per Iitate: rigenerare la
nostra terra feconda”. Secondo questo piano le abitazioni sarebbero
state decontaminate in due anni, i campi in cinque e i boschi (il 70%
del territorio comunale di Iitate) in venti anni, con un costo
approssimativo di 4000 miliardi di yen (29.227.892.520,740
euro) solo
per il comune di Iitate!
L'assurdità
di questo piano di decontaminazione, oltre ala fatto che prevedei di
rimuovere solo 5 cm di terreno contaminato, è che per ultimo si
interverrà sui boschi (il 75% del territorio comunale), il che
implica che ad ogni pioggia, nevicata o vento il bosco riverserà si
abitazioni e campi già decontaminati(?) le sue radiazioni,
ricontaminando tutto un'altra volta!
Nell'ultimo
capitolo si raccontano le inquietudini della madri, lasciate nel
dubbio sulla decisione di restare o lasciare i luoghi non evacuati ma
vicino alla centrale. Le autorità non si pronunciano, emettono
comunicati rassicuranti, ma queste donne temono per la salute dei
loro figli. E se la loro indecisione causasse loro danni alla salute?
L'indice del libro.
Le scorie radioattive diventano inerti solo in migliaia di anni, nel frattempo sono pericolosissime (e aumentano esponenzialmente di anno in anno) e ingombranti.
RispondiEliminaQuesto quando tutto va bene, poi quando succede una roba come quella di Fukushima diventa impossibile anche vivere nel raggio di centinaia di km.
L'informazione al grido di "non creiamo panico" omette spesso e volentieri che le cause di morte tumorali che stanno centuplicando ogni decade hanno un rapporto stretto con quella merda (nucleare) che creiamo.
Chernobyl me lo ricordo ancora, e anche la nube tossica che raggiunse l'europa, e il fatto che si diceva che le conseguenze si sarebbero viste 30, 40 anni dopo. Cioè oggi, E infatti ho perso il conto di persone vicine e MOLTO vicine che si sono ammalate e alcune ahimè morte per tumore.
Con tutti gli agenti cangerogeni a cui siamo esposti (per lavoro o nella vita comune), o a cui ci esponiamo volontariamente (tipo le sigarette...), è un po' arduo stabilire un nesso causa/effetto tra la nube radioattiva che attraversò l'Europa nel 1986 e i decessi odierni per tumori.
EliminaMio punto di vista ;)
Daccordo, però statistiche alla mano essendo l'inquinamento più o meno costante dagli anni 60/70 in poi è strano che proprio negli ultimi vent'anni l'andamento dei casi di nuovi tumori abbia avuto un impennata verso l'alto.
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