TITOLO: Itako, sciamane e spiriti dei morti nel Giappone contemporaneo
AUTORE: Marianna Zanetta
CASA EDITRICE: Mimesis
PAGINE: 256
COSTO: 20 €
ANNO: 2024
FORMATO: 20 cm x 13 cm
REPERIBILITA': disponibile nelle librerie di Milano
CODICE ISBN: 9791222309033
CASA EDITRICE: Mimesis
PAGINE: 256
COSTO: 20 €
ANNO: 2024
FORMATO: 20 cm x 13 cm
REPERIBILITA': disponibile nelle librerie di Milano
CODICE ISBN: 9791222309033
Il saggio lo compari alla sua uscita, ma sono parecchio indietro con le letture...
L'autrice premette subito che il tema "itako" è trattato dal punto di vista antropologico, ma cosa sono o chi sono le itako?
Sono donne sciamane che interagiscono con gli spiriti dei defunti e che devono (o dovrebbero) possedere un minus fisico per essere tali, cioè non vedenti.
Nel Giappone non attuale essere non vedenti, ma valeva per qualsiasi altra menomazione, era una condanna, specialmente se si era donne in una società maschilista. Una bambina, ragazza e poi donna cieca come poteva mantenersi e non essere di peso alla famiglia?
Diventava l'apprendista fin da bambina di una itako anziana, un apprendistato duro...
In questo saggio ho avuto la conferma che le itako non sono ben viste dalle autorità religiose ufficiali, in quanto considerate delle approfittatrici che campano sulle superstizioni (fa ridere il pulpito da cui viene mossa l'accusa). Effettivamente una persona che afferma di parlare con gli spiriti dei defunti, sempre che non si sia autoconvinta di possedere tale potere, è tendenzialmente considerabile poco corretta, diciamo così ^_^
Il concetto analizzato nel saggio non è, come è ovvio, se le itako abbiano o meno questo potere paranormale, ma perché la società giapponese richiedeva e richiede una tale figura religiosa o para religiosa.
In questo blog cerco, magari non riuscendoci, di portare informazioni su un Giappone non stereotipato, non dico quello reale, ma almeno che non sia quello del turista occasionale.
L'autrice, parlandoci delle itako, ci racconta di uno spaccato che coinvolge più settori della vita comune giapponese: la vita della donna disabile e non; i rituali funebri; la vita nelle zone rurali.
Non è il primo saggio inerente le religioni giapponesi che recensisco oppure sui riti funebri, tra cui un altro della medesima autrice, quindi la tematica mi è conosciuta, ma anche chi non ha mai letto nulla in merito, non farà alcuna fatica a seguire i concetti espressi, in quanto il saggio è scritto in maniera chiara ed esemplificativa.
Vengono individuate alcune parole chiave per guidare il lettore in questo viaggio tra le itako e i riti funebri nipponici: donna; sciamana; morte (kegare = impurità); famiglia; legame (en).
Questi termini/concetti vengono ben illustrati, sia dal punto di vista storico che nel contesto attuale del Giappone, in cui l'autrice si è recata, dopo studi in merito, dal 2012 nella regione del Tohoku, più specificatamente la prefettura di Aomori, per poi spostarsi in altre zone del paese.
Il primo capitolo è una mini full immersion sulle religioni in Giappone. Introduzione indispensabile per chi è a digiuno della tematica.
Il secondo capitolo illustra le itako sotto la lente della "teoria", della saggistica già pubblicata, degli studi e della storia.
Le donne cieche diventavano itako perché non avevano alternative per mantenersi economicamente nella società in cui vivevano.
Viene ripercorsa la storia delle sciamane, delle miko, delle imperatrici sciamane e delle itako, in modo da contestualizzare storicamente i successivi capitoli.
Nel capitolo, oltre alle varie tipologie di miko, sono trattate le sciamane delle isole Ryukyu e degli Ainu.
Sono analizzati i vari riti svolti delle itako:
kuchiyose (possessione da parte di un defunto);
kami-oroshi (possessione da parte di un kami per conoscere il futuro);
oshirama-asobase (protezione di casa e famiglia).
Le itako stanno scomparendo in quanto le migliori cure mediche riducono le possibilità che si diventi cieca, sia per un cambio radicale delle prospettive di vita sociale di una donna non vedente nel Giappone moderno, che oggi può contare su un minimo di welfare (e tecnologia).
La scelta di diventare itako era, ovviamente, presa dalla famiglia, allo scopo di rendere la propria figlia autonoma e non più per loro un peso.
Viene illustrato il processo di insegnamento verso una apprendista itako bambina. In pratica una tortura continua di una minorenne ceduta a degli estranei... da ricordare che anche nel Giappone pre 1945 le famiglie povere vendevano la prole femminile ai bordelli, quindi diventare itako non era poi così terribile, se si consideravano le alternative.
Il kamitsuke era il rito che segnava il passaggio dell'apprendista itako a giovane donna itako. Una volta diventata itako, e dopo aver ripagato il debito economico con la sua maestra, la donna sciamana era finalmente autonoma.
Vengono quindi spiegate le attività spirituali da cui la nuova italo traeva guadagno/sostentamento.
Con il terzo capitolo si passa sul campo, cioè le interviste fatte a tre itako tra il 2012 e il 2017:
Take; Hiroko; Setsu.
Da notare che due su tre (Hiroko e Setsu) non erano cieche, motivazione che viene spiegata nello scritto.
Nel quarto capitolo si sposta l'attenzione sul bisogno nipponico di avere una figura spirituale come la itako, cioè il rapporto dei giapponesi con la morte e i defunti. In realtà questo capitolo è più che altro un dialogo introduttivo con il lettore.
Ecco, se proprio dovessi muovere una critica allo scritto, sarebbe questo. Troppe volte ci si rivolge al lettore, magari suggerendo pazienza o chiedendo attenzione per questo o quel tema, oppure scusandosi per eventuali divagazioni.
Il quinti capitolo illustra il significato di morte che il monte Osorezan (il monte del terrore o il monte degli inferni) ed il suo rapporto con le itako.
Il sesto capitolo si concentra sul rapporto dei giapponesi con la morte, non la semi introduzione precedente.
Per spiegare la necessità di una figura come la itako, che media tra lo spirito del defunto e i parenti vivi, viene illustrato il concetto storico di famiglia in Giappone (ie), con i legami funerari correlati a shintoismo e soprattutto buddismo, cioè il culto degli antenati.
Dove l'antenato è pacifico e soddisfatto si avrà protezione, ma se l'antenato ha motivo di inquietudine, per come è trapassato o perché i parenti non lo avrebbero ossequiato sufficientemente, può diventare uno spirito inquieto e/o vendicativo:
muebotoke (spirito senza legame, cioè un defunto che non si è sposato o che non ha avuto figli);
goryo o onryo (spiriti violenti);
mizuko (spiriti dei bambini non nati);
yurei (spiriti animati dall'ira).
Una parte del capitolo è dedicata ai riti funebri del passato, fin dalle ere più antiche, per capire come siano cambiati questi riti e di cosa potessero aver timore quei vivi officianti.
Questo sesto capitolo si concentra sui riti funebri buddisti, i più usati in Giappone, anche dal punto di vista storico. Alcune parti mi son parse un po' off topic rispetto al tema del saggio.
Il settimo ed ultimo capitolo è di carattere più generalista storico/sociologico sulla morte in Giappone, una specie di riepilogo finale.

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