TITOLO: Hikikomori, il nuovo male del secolo
AUTORE: Michele Miccoli e Simonetta Vernocchi
CASA EDITRICE: Lupetti
PAGINE: 178
COSTO: 24,90€
ANNO: 2019
FORMATO: 24 cm X 17 cm
REPERIBILITA': online
CODICE ISBN: 9788883913709
E' questo il 15esimo saggio sugli hikikomori che recensisco su questo blog, il primo lo lessi nel 2008, ciò non fa di me un esperto in materia, anche perché non ho nessun titolo di studio in merito, però mi consente di raffrontare gli scritti e valutare, dal mio punto di vista, se possono essere analisi interessanti e nuove.
Perché uno dei problemi dei saggi sugli hikikomori è che spesso riportano informazioni datate.
Per quanto mi riguarda io sono interessato al fenomeno in Giappone, non qui in Italia, e un altro problema sono i saggi che non differenziano le due casistiche nazionali.
Se il risultato finale in entrambe le nazioni è il rinchiudersi in casa nel rifiuto di ciò che li circonda ( e di come li circonda), le cause scatenanti sono date dalle società in cui queste persone vivono, ed Italia e Giappone hanno abitudini ed obblighi sociali differenti. Quindi trattare le due casistiche (nipponica ed italica) assieme, è per me un errore.
Ho altri due criteri generali per valutare un saggio: il restare in topic con l'argomento (cioè, in questo caso gli hikikomori) e non fare del sensazionalismo.
Per tutti i motivi sopra esposti, sempre dal mio punto di vista di lettore non scolarizzato su questo tema (non scolarizzato in generale...), non consiglierei questo saggio per comprendere il fenomeno hikikomori.
Intanto il sottotitolo: IL NUOVO MALE DEL SECOLO
Con tutti i problemi che il nostro povero mondo ha, è questo il nuovo male del secolo?
Ma esiste un nuovo male di un secolo che non venga, nel giro di pochi anni, sostituito da un altro più nuovo nuovo male del secolo?
Non si potevano usare delle parole meno allarmanti?
Dalla data di pubblicazione abbiamo avuto il Covid-19, con l'annesso crollo economico mondiale... in cui milioni di persone (non io) sono diventate hikikomori per decreto legislativo!
L'ambiente ne ha beneficiato (crollo dell'inquinamento ovunque), qualcuno ha iniziato a vivere differentemente la propria vita, molti hanno avuto problemi (e non solo di salute). Ovviamente gli autori non potevano immaginare lo scatenarsi di una pandemia mondiale, forse proprio per questo un sottotitolo più pacato sarebbe stato saggio, per un saggio ^_^
Il libro tratta del fenomeno hikikomori in Giappone o in Italia? Purtroppo è un misto di informazioni dove non sempre è chiaro a quale scenario ci si riferisca.
L'analisi resta in tema del soggetto? A mio avviso no, ma ci torno più sotto.
Il saggio è approfondito nel trattare i temi esposti?
Non direi, specialmente se si pensa che nelle 169 pagine scritte (poi c'è la bibliografia) ci sono 166 paragrafi (verificare l'indice alla fine della recensione). In una singola pagina ci possono essere anche 3 o 4 paragrafi, ovviamente molto brevi.
A pagina 115 è riportato che "il suicidio (negli hikikomori) appare l'estrema risorsa in una minoranza di casi".
Però il saggio si apre con la storia di un povero ragazzo che si suiciderà (e poi c'è un'altra storia di questo tipo) ed è chiuso con ben 55 pagine (un terzo del saggio!!!) solo sul tema del suicidio, ma trattato in generale, non sui casi inerenti gli hikikomori.
In questa trattazione del suicidio nelle ultime 55 pagine si parla anche del suicidio dei detenuti in carcere, dell'omicidio-suicidio e dell'infanticidio (li cito solo per fare un esempio).
Ma che nesso hanno questi aspetti (drammatici) del suicidio con gli hikikomori?
Per quanto riguarda la situazione in Giappone, il cui tasso di suicidi nazionale è assai alto, tra gli hikikomori il togliersi la vita non è la prassi, anzi, pare che queste persone (non solo ragazzi) siano addirittura più attaccati alla vita rispetto ad altre categorie con problemi personali. Gli altri si suicidano, gli hikikomori, nel tentativo di sfuggire all'opprimente società giapponese, non scelgono di morire, ma di allontanarsi dalla società chiudendosi in casa.
Allora perché tutta questa attenzione degli autori sul tema suicidio?
Ho un po' anticipato la recensione, ripartirò dalle prime pagine.
A pagina 17 si afferma che il fenomeno hikikomori si è diffuso in Giappone negli ultimi 15 anni(!!!), ma in realtà io ho scovato un articolo (che pare non riesca a far recepire agli esperti in materia) del 1981 su "La Stampa" in cui si parla degli hikikomori (non chiamandoli ovviamente in questo modo) fin dal 1960!!!
Il 1960!
Nel 1981 la presenza di videogiochi, manga ed anime non era così massiva. Non esistevano i videogiochi on line, e quelli che esistevano non avevano una meccanica di gioco che ti permetteva di giocarci ore ed ore continuativamente. Non parliamo poi del 1960(!!!), periodo che l'insegnante giapponese (il signor Shiogama) dell'articolo indica come inizio di questo fenomeno di assenteismo scolastico.
Quindi dare la colpa ai videogiochi è assurdo. Chiaramente chi fa hikikomori è confinato in uno spazio angusto a non fare nulla, e se nel 1960 "sfogliava qualche libro", nel 2020 si "sfonda" coi videogiochi!
Dopo l'introduzione è raccontata la triste storia di Marco, suicidatosi dopo un periodo di autoreclusione.
Capisco che gli autori siano rimasti colpiti da questa esperienza personale, ma quel è il messaggio che arriva al lettore?
Magari un lettore che non ha mai letto nulla sugli hikikomori...
Hikikomori = suicidio
In Giappone non è così, lo è per l'Italia?
A pagine 29 veniamo informati che in Oman fare hikikomori è considerata una forma di possessione demoniaca... che utilità può avere una informazione del genere?
L'Oman è una pietra di paragone per Italia e Giappone?
Nel capitolo "Stile di attaccamento dell'hikikomori" (non ho capito il titolo) si parla anche degli "stili genitoriali", sarebbero sette, tra cui quello "porte aperte", dove manca il senso del pudore e vengono mostrati atti sessuali davanti ai figli.
Che nesso c'è con gli hikikomori?
Vengono illustrati questi sette stili genitoriali differenti.
Ok, e se i due genitori avessero stili diversi?
Di nuovo, quale "plus" conferisce all'analisi sugli hikikomori?
Poi non ho capito, tra i tanti, il paragrafo "Il bambino del mercoledì" di pagina 53, qual nesso con gli hikikomori?
A grandi linee fino a pagina 59 non si entra nell'argomento hikikomori, ma, dato un fattore che potrebbe scatenarlo, lo si analizza in pochissime righe: il tipo di stile genitoriale; il senso di colpa etc etc.
Se si togliesse il soggetto "hikikomori" e lo si sostituisse con un altro malessere personale (dipendenza dal web, rifiuto scolastico) queste parti del libro resterebbero immutate.
A pagina 63 sono riportati i cinque stadi della sindrome hikikomori:
fobia scolastica;
ludopatie;
antropofobia;
insonnia;
agorafobia
In Italia per "ludopatia" intendiamo la dipendenza dal giogo d'azzardo, nel libro si intende i videogiochi. A parte il fatto che si sarebbe potuto usare un termine che non lasciasse spazio ad equivoci, ma l'articolo del 1981 (linkato sopra) dimostra che i videogiochi sono solo un modo per impegnare il tempo di uno che non ha nulla da fare tutto il giorno.
A pagina 78 si classificano le emozioni non positive, con la chiosa finale che gli hikikomori hanno alcune di queste emozioni. Quindi? Sempre che un hikikomori non sia un vulcaniano, avrà di certo un tot di emozioni non positive.
Una persona che si auto segrega in casa potrà mai essere ilare e sereno?
A pagina 82 si può leggere l'affermazione della scan qui sorpa.
Io sapevo che sono proprio i giapponesi a non gradire il contatto personale. Quando si incontrano non si abbracciano né baciano, poi chiaramente in metropolitano sono ammassati come delle sardine... poi magari avrò capito male io il senso del concetto.
E' trattato il tema del bullismo scolastico, ma di nuovo in maniera generale, non con un focus sugli hikikomori.
Nello spiegare il sistema scolastico giapponese, la cui durezza è una delle cause (assieme al bullismo scolastico) del fenomeno hikikomori tra gli studenti, si può leggere la scan sopra.
Come si chiama lo studente giapponese che, fallendo il test di ingresso all'università, resterà un anno a non far nulla fino al successivo test?
Per gli autori si chiama "unioni", ma non era "ronin"?
Quindi Godai di "Maison Ikkoku" era un "unioni"?
Bisognerebbe dirlo a Rumiko Takahashi ^_^
Ok, sarà un refuso, capita.
Però il termine giapponese per descrivere "l'inferno degli esami", "shinke-jigoku" è scritto tutto attaccato, quando sono due parole distinte. Altro refuso?
A pagina 104 è presente un altro racconto (drammatico) di un ragazzo, finale? Il suicidio...Si arriva a pagina 112 (stralcio mostrato all'inizio del post), in cui si afferma che "il suicidio (negli hikikomori) appare l'estrema risorsa in una minoranza di casi".
Ma se riguarda una minoranza di casi, perché viene tirato in ballo così spesso?
La cosa che sorprende è che, dopo aver affermato che il suicidio è l'estrema risorsa di una MINORANZA di casi, nella pagina di fianco il nuovo capitolo (finale di 55 pagine!) si intitola "Il suicidio dell'hikikomori"...
Ultima cosa, il saggio costa 25 euro (24,90), che è a mio avviso un costo esagerato per i sui contenti e il numero di pagine.
L'indice del libro per valutarne i temi trattati e il loro approfondimento.
fanne uno te di saggio :D e piscia in testa a questi demagoghi del kazoo
RispondiEliminaScriverò un saggio a-saggio oppure un assaggio di saggio
Eliminauno dei mali è che oggi molti scrivono un libro per venderlo (raramente ne trovo uno odierno che sia stato scritto solo per pura onesta’) , scrivi una bella parola speciale e misteriosa nel titolo, per attirare gente senza abilità e conoscenze critiche... “ (non mi riferisco a te, ovviamente) “Non si potevano usare delle parole meno allarmanti?“. Esatto, è una vera stupidaggine definirlo un “male”, e addirittura di questo secolo. Molti dei migliori filosofi hanno anzi affermato che starsene da soli è una cosa che fanno le persone intelligenti, leggasi la fiaba dei porcospini di Schopenhauer. Gli eremiti sono sempre esistiti, dal Budda fino alla persona invisibile in ogni dove. Certo, se uno vive da solo e passa la vita su roba inutile come intrattenimento, videogames, ecc, allora sì lo definirei un male, ma solo per se stesso. Gli eremiti sono diventati tali per studiare, apprendere scienze, fare arte, scrivere libri (i libri buoni, ovviamente)....e alla fine, come scrisse Schopenhauer: “La socievolezza di una persona è proporzionale alla sua intelligenza: più ha qualcosa dentro, meno ha bisogno di quello che trovera’ fuori, che in genere denota solo la bassezza del mondo: sono le persone più volgari che amano mischiarsi nella folla, e non avendo niente in testa, perdono il loro tempo giocando a carte e passano la vita a creare intrighi e sciocchezze varie”. E ancora: “Essere soli non è una situazione ideale, siccome quando nasciamo siamo circondati dai nostri genitori, fratelli, sorelle. Ma è comunque il male minore di due”. Oppure Seneca: “Quando ritorno a casa dopo essere stato in mezzo alla gente mi sento più cattivo, piu’ crudele, piu’ marcio“ (dalle Lettere A Lucillo)
RispondiEliminaConcordo in molto, non in tutto ^_^
EliminaStante che non ho una conoscenza sugli eremiti, se una minima sulla medesima usanza che esisteva in Giappone nell'antichità (non rammento il termine specifico per indicare gli eremiti giapponesi), trovo che questa figura ascetica si caratterizzava dal non essere comune e dal non essere "facile".
Non era una scelta semplice, non la voleva fare nessuno.
Chi decide di rinchiudersi in casa, lo può fare perché c'è qualcuno che lo protegge/aiuta, anche involontariamente, in questa scelta.
Io non potrei fare l'hikikomori, come farei a portare a casa lo stipendio per vivere?
Un eremita non ha questo problema di sussistenza di una "stile" di vita.
E quando a fare gli "eremiti" sono milioni di individui, questi non sono più tali. Secondo me entra in gioco il malessere per la società.
Probabilmente questo malessere per la loro società lo avevano anche gli antichi eremiti, però non avevano "tutto servito" fuori dalla porta della propria camera, manco l'avevano una camera ^_^
Con questo non voglio affermare che chi si auto isola abbia una bella e comoda vita, ma non vedo il nesso con gli eremiti, almeno per come li vedo io ;)
purtroppo questo stupido blogger non mi ha pubblicato un’altra lunga risposta che ho scritto, mi spiace
RispondiEliminacomunque sto leggendo un libro di Franco Bignotto intitolato ‘Chi Sei’ , una interessante autobiografia mista fra realtà e sogno, secondo me spiega molto di più sul perché alcune persone diventano eremiti. Un libro breve, che spiega moltissimo, lo puoi leggere in un’ora e mezza
RispondiEliminaGrazie della segnalazione, ma a naso è troppo poco terra terra per uno come me ;)
Eliminaun’altro libro interessante sulla solitudine è quello scritto da Giangiorgio Zimmermann, di pubblico dominio. E naturalmente, nel capolavoro “Parenesi E Massime” di Schopenhauer, viene spiegato pressoché tutto sul perché essere soli è una cosa che hanno fatto quasi tutte le grandi menti
RispondiEliminaMi sa che son testi troppo complessi per me T_T
EliminaComunque grazie, potrebbero essere utili ad altri ;)
la grande differenza consiste non nell’essere soli, ma in quello che si fa essendo soli
RispondiEliminaConcordo
Elimina“”Mi sa che son testi troppo complessi per me T_T
RispondiEliminaComunque grazie, potrebbero essere utili ad altri ;)”” Di complesso non c’è proprio nulla, se capisci l’Italiano li capirai anche tu, inoltre come fai a dire se qualcosa che non conosci è troppo complesso per te? mica sono saggi scientifici, comunque la scelta è tua, ciao
“Non era una scelta semplice, non la voleva fare nessuno”
RispondiEliminaNessuno, eccetto quelli che l’hanno fatta, cioè il 90 per cento di tutte le menti più grandi: scrittori, filosofi, musicisti, monaci buddisti, samurai, da Budda a Dostoyevsky a Beethoven e dozzine di altri esseri umani superiori alla media.
Forse volevi dire “non la fanno tutti” non “ non la voleva fare nessuno”, un’asserzione evidentemente priva di fatti e di verità. Inoltre il fatto che non la fanno tutti è comprensibile: non è cosa per persone comuni. Come scrisse Schopenhauer: “Le persone comuni sono come i bambini, appena li lasci solo si mettono a piangere e a scalpitare”. E la sua massima che distrugge tutto: “ Le grandi menti sono come le aquile: si trovano solo sui picchi piu’ alti del monte della solitudine”. E ancora: “Un giovane che è in gamba nella società e sa come sfruttare le sue opportunità, denota un animo volgare e comune, mentre uno che è impacciato e introverso, denota un animo nobile, perché la maggior parte della folla fa parte della prima categoria, e non della seconda”. Ciao
“Grazie della segnalazione, ma a naso è troppo poco terra terra per uno come me ;)”
RispondiEliminaNon ho capito cosa volevi dire, comunque come vuoi, ciao
“Chi decide di rinchiudersi in casa, lo può fare perché c'è qualcuno che lo protegge/aiuta, anche involontariamente, in questa scelta.”
RispondiEliminaDa qui si vede che non sai proprio nulla sull’argomento, ad esempio vallo a dire a persone disabili , anziane, ecc, che vivono da sole perché non hanno scelta, Inutile che continuiamo la discussione, i libri che leggi sono inutili e ti stanno facendo perdere solo tempo e soldi, in più ti stanno solo confondendo le idee sulla realtà, in questo senso non solo non ti fanno capire nulla, ma ti fanno credere le cose sbagliate (a meno che non sia tu a farlo già in partenza, che è ancora peggio). Le tue sono generalizzazioni grossolane, cosi’ come lo sono per quest’autore che menzioni, mentre questi sono argomenti complessi, perché ognuno può avere dei motivi diversi per fare una cosa, e tu non puoi saperlo. “Questo è bianco, quello è nero” non ti fa capire nulla, ma ti fa vedere solo la cosa in bianco e nero. Per me invece è tutto chiarissimo, si può anche dire che io sia un esperto nel campo, sia nel campo teorico che quello pratico. Scusa come fa uno ad andare a vivere da solo e avere qualcuno che li “protegge”?. Chi sarebbe questo “protettore”, e da cosa poi lo proteggerebbe? Ma la vera domanda è: e questi presunti “protettori” chi li protegge, dalle sfortune a cui tutti sono soggetti? Non sto dicendo che io sia migliore di te, o che tu lo sia, il punto non è su chi è “migliore”, dico solo che questi argomenti ti sono completamente estranei e che né tu né questo autore che menzioni può capire nulla al riguardo, parlate parlate ma a livello di conoscenza vera avete solo parole, è come se io vivessi in Tibet e tu possa solo vederlo in una foto.Forse quello che dici si potrebbe applicare al quindicenne che rimane in casa davanti al computer guardando Netflix, io stavo parlando di uomini, alienazione, i libri te li ho consigliati, ma forse hai ragione, non fanno al caso tuo. Padronissimo. Ciao
Ok, grazie. Ciao
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