TITOLO: I kamikaze (collana “I
documenti terribili” Mondadori)
AUTORE: Giorgio Bonacina
CASA EDITRICE: Mondadori Editore
PAGINE: 171
COSTO: 10€
ANNO: 1973
FORMATO: 22 cm X 16 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN:
Libro interamente dedicato ai kamikaze, che vengono
analizzati sotto vari punti di vista, principalmente storico, ma
anche sociologico.
Gran
parte dello scritto riporta la cronaca storica delle missioni dei
kamikaze, dalla prima non pianificata, passando dall'istituzione dei
corpi suicidi, fino a quelle che non vedevano più solo gli aerei e i
piloti come mezzi di attacco, ma i mezzi navali (sommergibili nani e
siluri guidati da uno o due piloti).
Pur
essendo un po' datato, il libro resta a mio avviso interessante per
la cronaca dei singoli episodi, e contiene anche delle interviste ad
alcuni kamikaze che non riuscirono a compiere la loro missione
suicida. Queste pagine le scannerizzate per intero, dato che le
ritengo assai interessanti.
Per
quanto mi riguarda considero quei poveri ragazzi dei disgraziati a
cui inculcarono fin da bambini un sacco di panzane su concetti come
onore, patria e disprezzo della morte. La cui unica colpa, a mio
avviso, è che non ebbero il coraggio (incredibile scriverlo per un
kamikaze) di non offrirsi volontari. Vittime in primis dei governati
nipponici e dell'Imperatore Hirohito che li mandarono a morte, ma
anche dei giapponesi e degli stessi genitori che li incitavano alla
loro missione suicida. Infine vittime di se stessi, prigionieri di
obblighi a cui avrebbero potuto scampare semplicemente dirigendo il
proprio velivolo lontano dalla missione, ma il senso dell'onore e
quello della vergogna (rispetto alla propria famiglia in patria)
glielo impedivano, condannandoli a morte.
Forse
un po' meno valida la parte di analisi sociologica e storica sul
perché i kamikaze nacquero dalla società nipponica. Questo a causa,
a mio avviso, del periodo storico in cui scritto il libro,
relativamente ancora vicino ai fatti accaduti. Comunque le
spiegazioni sulla nascita del fenomeno kamikaze restano interessanti,
ma ritengo che il saggio "La vera storia dei kamikaze giapponesi, la militarizzazione dell'estetica nell'Impero del Sol Levante " offra un'analisi più attuale e dettagliata.
Come
inizio vengono presentati i tragici protagonisti che diedero vita ai
kamikaze: Masabumi Arima; Eiichiro Jo; Takijiro Onishi; Kimpei
Teraoka; Matome Ugaki.
Segue
il racconto storico delle prime missioni di kamikaze, seguito
dall'organizzazione dei copri ufficiali, e delle prime missioni
pianificate con decine e decine di aerei, che, nei piaci degli alti
comandi nipponici, avrebbero dovuto fermare l'avanzata statunitense.
Finita
la parte di cronologia storica sui kamikaze inizia un'altra parte
anch'essa storica, ma che ha l'obbiettivo di capire come i suicidi in
campo militare possano essere nati in Giappone. Partendo dal Giappone
antico, si arriva a narrare di quello medioevale e della propaganda
militare nipponica prima della seconda guerra mondiale, che rese il
suicidio in onore della patria e dell'Imperatore un atto desiderabile
da un intero popolo.
Sono
proposte anche numerose lettere che i giovani piloti scrissero ai
propri cari il giorno prima di partire in missione suicida.
A
queste testimonianze postume seguono quelle di tre kamikaze che
sopravvissero perché il Giappone accettò la resa prima che loro
partissero in missione: Naomichi Jin; Kamuri Ishimoto; Takaiuki
Matsuo.
Questa
parte è conclusa dalla testimonianza di un kamikaze che partì in
missione, ma precipitando in mare con il suo aereo venne fatto
prigioniero dagli americani: Yasunori Aoki.
Sono
proposte sia le schede tecniche di numerosi aerei nipponici, con
tanto di disegno degli aerei, che degli Hellcat e dei Corsair
statunitensi, che fecero sterminio dei velivoli giapponesi
tecnologicamente più arretrati.
C'è
un accenno, comunque interessante, ad alcuni casi sporadici in cui
dei piloti americani si lanciarono contro navi giapponesi, ma furono
sempre atti volontari e rari, non pianificati dai loro comandanti.
Un
interessante capitolo è riservato alle missioni (fallimentari) dei
kamikaze marini, che venivano imbarcati in mezzi come i “sommergibili
nani”, il Kaiten (siluri guidati da un uomo), lo Shinyo (canotti
pieni di esplosivo).
L'ultima
parte del libro è composta da articoli giornalistici italiani e
stranieri che vanno dal 1942 al 1971.
Di seguito propongo alcune scan del libro, in gran parte foto, alcune delle quali poco comuni. Ho postato anche delle scan con testo, perché ritengo che certe cose sia meglio leggerle direttamente, che farsele raccontare dal sottoscritto.
La parte storica inzia appena dopo la presentazione dei personaggi che crearono ed organizzarono i kamikaze.
Il fatto che negli anni 60 ancora si celebrassero le gesta di quei poveri ragazzi è una prova che, a mio avviso, i giapponesi non avevano fatto (neppure oggi) tutti i conti con la storia...
Da questo punto in poi l'autore cerca di dare un perchè a quella inutile follia.
Le lettere dei piloti kamikaze.
Le tre testimonianze dirette, ho scannerizzato interamente questa parte.
La didascalia in basso a sinistra della scan qua sopra è riferita alla foto qua sotto: frate Luigi, ex kamikaze.
La follia dei vertici militare era palese anche dalla costituzione dei mezzi navali kamikaze, praticamente inutili contro le navi statunitensi, oltre al fatto che spesso i mezzi esplodevano o si guastavano ancor prima di essere distrutti in azione...
Per fortuna questi rimasero in deposito...
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