TITOLO: Nagasaki per scelta o
per forza, il racconto inedito del pilota italo-americano che sganciò
la seconda bomba atomica
AUTORE: Fred Olivi
CASA EDITRICE: FBE Edizioni
PAGINE: 240
COSTO: 14€
ANNO: 2007
FORMATO: 21 cm X 15
cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN: 9788889160589
L'italoamericano Fred Olivi racconta la sua parte nella missione
su Nagasaki, fu uno dei copiloti. A dire il vero trovo un po'
erroneo il titolo, in quanto Fred Olivi non pilotava in quel momento
il B29, e non sganciò neppure Fat Man. Ergo non capisco a cosa si
riferisca la frase “il racconto inedito del pilota italo-americano
che sganciò la seconda bomba atomica”, sarà stato anche un
racconto inedito, ma sarebbe stato più corretto scrivere “che
partecipò alla missione su Nagasaki”. Considerando il fatto che ad
un certo punto fu anche escluso dall'equipaggio ufficiale, dovendo
dare il suo posto ad un superiore, infine venne riammesso senza
compiti specifici, come pilota supplementare.
Detto
ciò per le prime 70 pagine, la prima parte del libro,Olivi racconta
la sua storia e quella della sua famiglia, immigrati in Usa negli
anni 20. Storia che, per quanto non sia connessa ai fatti di
Nagasaki, resta piacevole da leggersi, grazie allo stile di
scrittura, oppure al traduttore italiano del libro (Paolo Gussoni).
Il libro contiene numerose foto del periodo, personali di Olivi, dell'addestramento, dei momenti di svago e dei commilitoni, della missione su Nagasaki.
Intorno
alla 70esima pagina, seconda parte del libro, Olivi inizia a
raccontare del suo addestramento nello Utah per poter volare su un
B29, fino ad allora lui era abilitato solo ai B24. A quel punto era
già stato informato che era stato selezionato con altri piloti e
tecnici per una missione segretissima, lo sgancio di un ordigno che
da solo poteva distruggere un'intera città. In quella sede, e nelle
esercitazioni future, veniva loro impartito l'addestramento per
ridurre al massimo il consumo di carburante, a bombardare e in
seguito, ancora più importante, eseguire la particolare manovra per
allontanarsi il più velocemente, viste le onde d'urto che il B29
avrebbe subito, oltre alle radiazioni.
Nelle
esercitazioni di sgancio della “zucca”, così avevano
soprannominato quella segretissima strana bomba, ci si rese conto che
i primi prototipi non precipitavano in maniera corretta, finendo
fuori del bersaglio. I tecnici di Los Alamos risolsero il problema
modificando la coda della bomba. Le esercitazioni di sgancio erano
necessarie anche per insegnare ai piloti a gestire il sobbalzo del
B29 nel momento in cui si alleggeriva dei 4500 kg del suo peso.
Olivi
racconta un po' la storia di tutti i membri dell'equipaggio, e dei
suoi rapporti con loro.
Nella
terza parte del libro si racconta la parte più operativa, lo
spostamento alla base di Tinian, da dove partirono sia l'Enola Gay
che l'aereo di Olivi (il Bockscar).
Il 4
agosto venne loro comunicato il 6 agosto il comandante Tibbets
avrebbe effettuato la prima missione con l'Enola Gay. A partecipare
alla missione furono più B29, infatti ognuno di questi montava varie
apparecchiature scientifiche e di ripresa per monitorare l'esplosione
e i suoi devastanti effetti materiali.
Per
raccontare i momenti salienti della missione riporta il giornale di
bordo del Bockscar, a cui aggiunge i suoi ricordi personali.
Nel
briefing alla missione su Nagasaki il comandante Tibbets, che aveva
appena pilotato il B29 su Hiroshima, disse a tutti che, se qualcuno
non se la sentiva di partecipare alla missione, visto l'altissimo
numero di civili che sarebbero periti, si poteva ritirare senza
subire provvedimenti disciplinari. Nessuno si ritirò, in quanto di
missioni che avevano ucciso migliaia di civili in bombardamenti, in
Giappone e in Europa, ce ne erano già state.
L'obbiettivo
primario era Kokura, ma a causa di nuvole e fumo (proveniente forse
da una città vicina appena bombardata), si dovette ripiegare su
Nagasaki.
E qui
devo fare un considerazione sui documenti presenti in appendice. Io
ho sempre letto che uno dei criteri per scegliere l'obbiettivo era
l'assenza di campi di prigionia con americani, mentre nei documenti
finali sono riportate due lettere di prigionieri di stanza in un
campo a Kokura, i quali si rallegrano di quelle nubi, che furono la
loro salvezza. Può anche essere che i comandi statunitensi non
conoscessero l'esistenza di quel campo di prigionia, vicino ad una
fabbrica in cui lavoravano (più sotto metto le scan delle lettere).
Quindi
diressero il B29 verso Nagasaki, ma erano già a corto di carburante,
sia per i giri su Kokura, sia per aver atteso oltre tempo uno dei B29
di appoggio. Arrivati sull'obbiettivo secondario trovarono altre
nubi, e l'ordine era di sganciare a vista, senza l'uso del radar, ma
alla fine l'incaricato dello sgancio di Fat Man (non Olivi) trovò un
punto con buona visibilità ottemperò alla loro missione. Forse con
un po' più di fortuna gli abitanti di Nagasaki quel giorno potevano
salvarsi, un po' meno di carburante per il B29 o un po' più di
nuvole sarebbero bastati.
Il
rientro del B29 fu più avventuroso, al posto di tornare a Tinian o
Iwo Jima, dovettero atterrare ad Okinawa, finendo l'atterraggio senza
carburante.
Olivi
nota che la loro accoglienza non fu trionfale come quella riservata
all'Enola Gay.
Nel
breve quarto capitolo Olivi racconta il suo “dopo Nagasaki”.
Le scan inerenti le lettere ricevute da Olivi da parte di due prigionieri che si rallegravano che il suo B29 non potè sganciare Fat man su Kokura a causa della scarsa visibilità.
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