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martedì 6 gennaio 2015

Nagasaki per scelta o per forza, il racconto inedito del pilota italo-americano che sganciò la seconda bomba atomica



TITOLO: Nagasaki per scelta o per forza, il racconto inedito del pilota italo-americano che sganciò la seconda bomba atomica
AUTORE: Fred Olivi
CASA EDITRICE: FBE Edizioni
PAGINE: 240
COSTO: 14€
ANNO: 2007
FORMATO: 21 cm X 15 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN: 9788889160589

L'italoamericano Fred Olivi racconta la sua parte nella missione su Nagasaki, fu uno dei copiloti. A dire il vero trovo un po' erroneo il titolo, in quanto Fred Olivi non pilotava in quel momento il B29, e non sganciò neppure Fat Man. Ergo non capisco a cosa si riferisca la frase “il racconto inedito del pilota italo-americano che sganciò la seconda bomba atomica”, sarà stato anche un racconto inedito, ma sarebbe stato più corretto scrivere “che partecipò alla missione su Nagasaki”. Considerando il fatto che ad un certo punto fu anche escluso dall'equipaggio ufficiale, dovendo dare il suo posto ad un superiore, infine venne riammesso senza compiti specifici, come pilota supplementare.
Detto ciò per le prime 70 pagine, la prima parte del libro,Olivi racconta la sua storia e quella della sua famiglia, immigrati in Usa negli anni 20. Storia che, per quanto non sia connessa ai fatti di Nagasaki, resta piacevole da leggersi, grazie allo stile di scrittura, oppure al traduttore italiano del libro (Paolo Gussoni). 
Il libro contiene numerose foto del periodo, personali di Olivi, dell'addestramento, dei momenti di svago e dei commilitoni, della missione su Nagasaki.
Intorno alla 70esima pagina, seconda parte del libro, Olivi inizia a raccontare del suo addestramento nello Utah per poter volare su un B29, fino ad allora lui era abilitato solo ai B24. A quel punto era già stato informato che era stato selezionato con altri piloti e tecnici per una missione segretissima, lo sgancio di un ordigno che da solo poteva distruggere un'intera città. In quella sede, e nelle esercitazioni future, veniva loro impartito l'addestramento per ridurre al massimo il consumo di carburante, a bombardare e in seguito, ancora più importante, eseguire la particolare manovra per allontanarsi il più velocemente, viste le onde d'urto che il B29 avrebbe subito, oltre alle radiazioni.
Nelle esercitazioni di sgancio della “zucca”, così avevano soprannominato quella segretissima strana bomba, ci si rese conto che i primi prototipi non precipitavano in maniera corretta, finendo fuori del bersaglio. I tecnici di Los Alamos risolsero il problema modificando la coda della bomba. Le esercitazioni di sgancio erano necessarie anche per insegnare ai piloti a gestire il sobbalzo del B29 nel momento in cui si alleggeriva dei 4500 kg del suo peso.

Olivi racconta un po' la storia di tutti i membri dell'equipaggio, e dei suoi rapporti con loro.
Nella terza parte del libro si racconta la parte più operativa, lo spostamento alla base di Tinian, da dove partirono sia l'Enola Gay che l'aereo di Olivi (il Bockscar).
Il 4 agosto venne loro comunicato il 6 agosto il comandante Tibbets avrebbe effettuato la prima missione con l'Enola Gay. A partecipare alla missione furono più B29, infatti ognuno di questi montava varie apparecchiature scientifiche e di ripresa per monitorare l'esplosione e i suoi devastanti effetti materiali.
Per raccontare i momenti salienti della missione riporta il giornale di bordo del Bockscar, a cui aggiunge i suoi ricordi personali.
Nel briefing alla missione su Nagasaki il comandante Tibbets, che aveva appena pilotato il B29 su Hiroshima, disse a tutti che, se qualcuno non se la sentiva di partecipare alla missione, visto l'altissimo numero di civili che sarebbero periti, si poteva ritirare senza subire provvedimenti disciplinari. Nessuno si ritirò, in quanto di missioni che avevano ucciso migliaia di civili in bombardamenti, in Giappone e in Europa, ce ne erano già state.
L'obbiettivo primario era Kokura, ma a causa di nuvole e fumo (proveniente forse da una città vicina appena bombardata), si dovette ripiegare su Nagasaki.
E qui devo fare un considerazione sui documenti presenti in appendice. Io ho sempre letto che uno dei criteri per scegliere l'obbiettivo era l'assenza di campi di prigionia con americani, mentre nei documenti finali sono riportate due lettere di prigionieri di stanza in un campo a Kokura, i quali si rallegrano di quelle nubi, che furono la loro salvezza. Può anche essere che i comandi statunitensi non conoscessero l'esistenza di quel campo di prigionia, vicino ad una fabbrica in cui lavoravano (più sotto metto le scan delle lettere).
Quindi diressero il B29 verso Nagasaki, ma erano già a corto di carburante, sia per i giri su Kokura, sia per aver atteso oltre tempo uno dei B29 di appoggio. Arrivati sull'obbiettivo secondario trovarono altre nubi, e l'ordine era di sganciare a vista, senza l'uso del radar, ma alla fine l'incaricato dello sgancio di Fat Man (non Olivi) trovò un punto con buona visibilità ottemperò alla loro missione. Forse con un po' più di fortuna gli abitanti di Nagasaki quel giorno potevano salvarsi, un po' meno di carburante per il B29 o un po' più di nuvole sarebbero bastati.
Il rientro del B29 fu più avventuroso, al posto di tornare a Tinian o Iwo Jima, dovettero atterrare ad Okinawa, finendo l'atterraggio senza carburante.
Olivi nota che la loro accoglienza non fu trionfale come quella riservata all'Enola Gay.
Nel breve quarto capitolo Olivi racconta il suo “dopo Nagasaki”.

Le scan inerenti le lettere ricevute da Olivi da parte di due prigionieri che si rallegravano che il suo B29 non potè sganciare Fat man su Kokura a causa della scarsa visibilità.
















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