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martedì 23 giugno 2015

Giappone 1945, dall'operazione Downfall a Hiroshima e Nagasaki



TITOLO: Giappone 1945, dall'operazione Downfall a Hiroshima e Nagasaki
AUTORE: Clayton Chun
CASA EDITRICE: LEG
PAGINE: 163
COSTO: 18€
ANNO: 2015
FORMATO: 24 cm X 17 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di Milano
CODICE ISBN: 9788861023109

Nell'introduzione l'autore riepiloga la situazione politico-militare dopo la capitolazione della Germania nazista, che permise alla forse Usa di concentrarsi sul Giappone.
Molto spazio nel libro è lasciato alle considerazioni riguardo il timore statunitense sulle perdite umane causate da una invasione di terra del Giappone, oltre ai costi economici e all'allungamento non stimabile della guerra. Il timore americano per il numero di morti erano dati dalle battaglia di Iwo Jima ed Okinawa, dove i soldati nipponici, nonostante l'inferiorità numerica e di dotazione militare, causarono ingenti perdite agli Usa.
Oggi molti contestano questa preoccupazione statunitense, affermando che ormai il Giappone era sconfitto, ma sconfitto non vuol dire arreso. Molti sottolineano, non a torto, la disumanità della decisione di atomizzare Hiroshima e Nagasaki, ragionando, a mio avviso, con la testa dei giorni nostri, e non con quella del 1945.
E quanto sarebbe stata disumana l'invasione del Giappone e il protrarsi della guerra con giornalieri bombardamenti incendiari sulle città nipponiche?
E quanto erano umani i soldati giapponesi nei territori occupati?
Mi pare giusto sottolineare che l'autore è legato al sistema militare Usa, che non ha mai contemplato una qualche autocritica sullo sgancio atomico.
Nel primo capitolo viene fatto un interessante excursus sui vari comandanti militari statunitensi e nipponici della guerra del pacifico. Per quelli americani sono evidenziate le singole posizioni su come portare alla resa il Giappone imperiale, che spesso divergevano molto, in quanto ognuno di essi cercava di portare lustro alla propria arma di appartenenza.
Nel secondo capitolo si analizzano i vari piani d'attacco degli Usa per obbligare il Giappone alla resa, a cui seguono i piani difensivi nipponici.

Il Giappone, conscio di non poter resistere, puntava al sacrificio proprio e del nemico, con lo scopo di causare il maggior numero di perdite Usa, in modo da minarne lo spirito combattivo.
Gli americano, specialmente dopo Iwo Jima ed Okinawa, si prefiggevano di ridurre al minimo le perdite. Alla fine, involontariamente, fu proprio il fanatismo nipponico a dare agli Usa la motivazione per l'utilizzo della bomba atomica..
Viene ben illustrata la strategia americana dei bombardamenti incendiari sulle città giapponesi, che causarono più morti di Hiroshima e Nagasaki. Molti non sanno che lo sviluppo dei B-29 costò tre miliardi di dollari, mentre quello della bomba atomica “solo” due miliardi.
E' analizzato con dovizia di particolari l'operazione Downfall, cioè l'invasione del Giappone, con relative stime sulla durata dell'operazione e le ipotetiche perdite.
Semplificando di molto l'invasione del Giappone contemplava delle problematiche nuove rispetto allo scenario europeo:
il fanatismo dei militari e della popolazione giapponese; la mancanza di informatori sul posto (nonostante la decifrazione dei codici di comunicazione giapponesi); la mancanza di informazioni sulle scelte strategiche giapponesi; la necessità di incrementare la forza di sbarco ed i rifornimenti; l'eventualità di doversi spingere fino a Tokyo per far abdicare Hirohito; mantenere dopo la guerra una poderosa forza di occupazione in uno scenario ostile.
La via diplomatica era impraticabile dalla richiesta della resa incondizionata del Giappone, il blocco navale avrebbe richiesto troppo tempo.
Contemporaneamente allo sviluppo di questi piani strategici si stava pensando alla possibilità di sviluppare la bomba atomica..
Il terzo capitolo si concentra su tutti gli aspetti dell'operazione Downfall e sulla posizione delle armate difensive dell'esercito imperiale in Giappone.
In base alle intercettazioni americane, questi avevano stimato in 350 mila i soldati nelle zone previste per lo sbarco, in realtà erano circa 500 mila, a fronte di una forza d'invasione di 750 mila soldati. Le stime americane sulle loro perdite variavano da un ottimistico 30 mila morti ad un 220 mila morti per arrivare fino a Tokyo.
I piani nipponici prevedevano una forza di difesa nelle aree interessate alla sbarco di un milione e mezzo di soldati (di certo non be be equipaggiati come gli americani), a cui andavano sommati i civili e l'uso sistematico di mezzi kamikaze (dagli aerei alle barche).
Nei piani iniziali dei generali Marshall e MacArthur erano previste anche le armi chimiche per stanare i soldati giapponesi dalle posizioni difensive (non che i lanciafiamme fossero armi convenzionali...), ma il fatto che i giapponesi le avessero usate, assieme a quelle batteriologiche, in Cina, fece loro cambiare idea.
Col quarto capitolo si inizia ad illustrare le decisioni che portarono a scegliere l'opzione atomica.
Il quinti capitolo si concentra su tutte le operazioni che portarono allo sgancio su Hiroshima. Il capitolo sei fa la stessa cosa per Nagasaki.
Entrambi questi due capitoli si soffermano poco sull'odissea dei civili colpiti dai bombardamenti, forse perché lo scritto è puramente militare.
Il settimo capitolo racconta cosa successe dal 9 agosto in poi:
dichiarazione di guerra dei sovietici e attacco in Manciuria; le discussioni in seno al consiglio di guerra nipponico sulla resa o la continuazione della guerra; l'accettazione della resa da parte di Hirohito; il tentativo di colpo di stato delle irriducibili frange militari pro guerra; il discorso radio di Hirohito; la situazione geopolitica dopo la resa del Giappone.
Il brevissimo ultimo capitolo suggerisce i luoghi da visitare per non dimenticare i fatti accaduti.





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