TITOLO: Per Dio e l'Imperatore, i cristiani del grande Giappone imperiale
AUTORE: Federico Lorenzo Ramaioli
CASA EDITRICE: Aracne
PAGINE: 314
COSTO: 20€
ANNO: 2016
FORMATO: 24 cm x 17 cm
REPERIBILITA': ancora
disponibile a Milano
CODICE ISBN: 9788854893399
Nell'introduzione l'autore spiega bene lo scopo del suo scritto, cioè
descrivere l'influenza che ebbero i cristiani (cattolici e
protestanti) giapponesi nella società giapponese, a tutti i livelli,
da quello politico, a quello culturale, non dimenticando neppure
quello militare e nazionalistico. Nonostante i cristiani in Giappone
non siano mai arrivati oltre l'1% della popolazione, l'influenza che
hanno potuto esercitare sulla nazione è stata, in base alle ricerche
dell'autore, molto alta. Il saggio riporta personaggi e situazioni di
questa influenza dall'epoca Meiji fino al dopoguerra, in particolare
il periodo del militarismo e del nazionalismo dagli anni 20 del 900
fino alla fine della guerra.
Il saggio è integrato con numerose note a fondo pagina, l'autore fa
riferimento quasi sempre a libri di saggistica anglosassone,
purtroppo dopo un po' leggere continuamente “si consulti”, “si
veda”, “si legga” seguito dal titolo di un libro in inglese mi
ha un tantino infastidito. Anche perché in alcuni casi lo scritto a
cui fa riferimento l'autore è stato tradotto in italiano, quindi,
forse, si poteva mettere il corrispettivo italico. E' possibile che
non ci sia neppure un saggio in italiano sull'epoca Meiji che
meritava di essere inserito nella bibliografia?
Non che non si possano mettere libri in lingue straniere nella
bibliografia, o che non si possa richiamarli nelle note, però
leggere solo titoli stranieri (2 o 3 eccezioni) mi è parso un po'
troppo elitario. Potrà sembrare incredibile, ma certi argomenti
possono interessare anche i non professori universitari ^_^
Ci tengo a precisare che il libro è scritto in maniera comprensibile
(a parte qualche bella citazione in latino senza spiegazione...), ed
il tema è poco trattato in lingua italiana. Peccato per i numerosissimi refusi di stampa,
di cui l'autore non ha ovviamente responsabilità, ma danno
abbastanza fastidio.
Eccone un esempio, il non plus ultra (tanto per mettere un po' di latino e fare il figo anch'io) dei refusi, un bel "xche" da messaggino, senza neppure l'accento sulla "e" >_<
E' presente in una nota a pagina 219, ma io leggo anche le note.
Nel primo capitolo si passa brevemente in rassegna la storia dei
cristiani in Giappone, dal loro arrivo nel 1546 alle persecuzioni
dell'epoca Tokugawa. Segue la situazione dei cristiani in epoca
Meiji, che con la fine del bando religioso imposto dagli shogun
permise sia il ritorno dei missionari occidentali, che l'uscita allo
scoperto dei “cristiani nascosti” giapponesi (“kakure
kirishitan”). Vengono descritte le attività politiche e
riformatrici di personalità di fede cristiana in epoca Meiji.
Col secondo capitolo si inizia a trattare il periodo storico inerente
il tema del saggio. L'autore spiega più volte (in tutto il libro)
che durante lo scivolamento del Giappone verso l'autoritarismo, i
cristiani non subiranno persecuzioni per la loro religione. E' un
concetto che viene argomentato spesso, a voler dimostrare che il
fascismo giapponese (termine su cui l'autore non concorda) si
differenziò totalmente da nazismo e fascismo europei. A mio avviso,
però, il punto sarebbe un altro, stante che i giapponesi non
facevano discriminazioni religiose e i cristiani erano liberi di
professare il proprio credo, bastava semplicemente che non si
opponessero al regime.
I cristiani giapponesi, pur essendo una esigua minoranza, occupavano
molte posizioni influenti: intellettuali, aristocratici, finanzieri,
alti burocrati, politici, alti ufficiali di esercito e marina.
Viene
spiegato come i primi intellettuali cristiani riuscirono a coniugare
la fede in cristo con la fedeltà all'imperatore, la fede in Dio con
la grandezza dell'impero nipponico. A mio avviso, scritto con un
centinaio di anni di comodità, forse questi cristiani giapponesi,
soprattutto i cattolici, non avevano ben capito in cosa consistesse
la propria religione, come non lo capirono i fedeli europei che
appoggiavano fascismo e nazismo in Europa. C'è però, secondo me,
una differenza tra i cristiani europei e quelli giapponesi, i primi
erano nati cristiani, i secondi lo erano diventati, spesso da adulti.
Quindi gran parte degli influenti personaggi tratteggiati
dall'autore, nonostante il loro alto livello culturale, abbracciarono
volontariamente una religione che in teoria non gli permetteva di
fare i conquistatori dell'Asia.
Una delle prime figure culturali che coniugarono
(confusero/giustificarono) il cristianesimo al (col) nazionalismo fu
Ebina Danjo, predicatore protestante.
Il terzo capitolo analizza la trasformazione delle cerimonie shinto
in religione nazionale, allo scopo di creare un legame di fedeltà
tra l'imperatore ed il suo popolo. Il capitolo indaga per primo il
valore religioso e/o filosofico dello shinto, poi il suo rapporto con
il cristianesimo. Secondo i cristiani giapponesi lo shinto era la
religione che aveva preceduto e preparato l'avvento del
cristianesimo. L'autore spiega come lo “shinto di Stato” non
fosse una religione, ma una serie di pratiche statali atte ad
incentivare il patriottismo. Il culto shintoista era diviso dallo
“shinto di Stato”, ne è una prova il fatto che i santuari e il
loro clero erano inquadrati nel ministero dell'interno. Inoltre nel
1932 fu lo stesso ministero dell'educazione a rispondere
all'arcivescovo di Tokyo, che chiedeva quale valenza religiosa
avessero i rituali shinto nei santuari, che questi erano solo a scopo
patriottico. Quindi la curia cattolica nipponica e romana autorizzò
tutti i suoi fedeli a partecipare a questi rituali “patriottici”,
in quanto non entravano in contrasto con la religione cattolica.
Nel quarto capitolo sono spiegati i rapporti tra le varie chiese
protestanti, la chiesa cattolica e il governo giapponese, compresi i
tentativi di tenere sotto controllo eventuali rischi di infedeltà
verso il tenno e la patria. Dal capitolo si capisce come la dittatura
non influì sulle questioni religiose dei cristiani, in quanto questi
si dimostravano comunque dei ferventi patrioti. L'autore si focalizza
anche su alcuni autorevoli personaggi di fede cattolica, non solo del
clero, per dimostrare quanto, nonostante l'esiguità numerica, i
cattolici fossero influenti.
Il quinto capitolo è incentrato sull'importanza che le scuole
cristiane ebbero nel formare tutti i livelli dell'organizzazione
statale ed intellettuale della nazione, capitolo molto esauriente.
Oltre alle scuole sono elencate le attività caritatevoli di matrice
cristiana. Nel saggio sono presenti anche personaggi di fede
cristiana che si opposero in varie forme al regime autoritario, ma
risultano, purtroppo, molto poche, dimostrando quanto rari fossero
gli oppositori a quel regime.
Un paragrafo è dedicato all'apporto dei cristiani alle arti dall'era
Meiji alla fine della seconda guerra mondiale. Stesso procedimento
per politici e militari cristiani.
Nel sesto capitolo l'autore indaga il rapporto tra i cristiani e
l'espansione dell'impero nipponico, come vi contribuirono, come lo
accettarono e giustificarono, come lo subirono i colonizzati
cristiani delle nazioni assoggettate. La giustificazione che si
davano i cristiani giapponesi era la medesima dei colonizzatori
europei: salvare le popolazioni infedeli.
L'autore spiega approfonditamente perché alcuni autorevoli cristiani
giapponesi perorarono l'evangelizzazione delle nuove colonie, come il
Manciukuò, non ho trovato, però, punti di vista contrari da parte
di altri personaggi di fede cristiana. Vengono sempre riportate le
opinioni di fautori dell'evangelizzazione delle colonie, mai degli
eventuali oppositori, alla fine pare quasi che si giustifichi il
tutto con un “lo facevano per la fede”, che sostituisce il
vecchio “eseguivano gli ordini”. In pratica i giapponesi
cristiani s ispiravano ai romani e al loro impero, solo che erano
passati un po' di anni nel frattempo... il concetto è ripetuto molte
volte, tanto che quasi ci si convince che l'espansione nipponica dal punto di vista dei cristiani fu
motiva dal convertire le popolazioni infedeli, e non
dall'accaparrarsi le loro risorse naturali, ma allora perché
invadere le cattoliche Filippine?
Alla situazione nelle Filippine e dedicato un paragrafo, dove è
spiegato che i giapponesi usarono inviati del clero cattolico
nipponico, come l'arcivescovo di Osaka Taguchi Yoshigoro, per
stabilire buoni rapporti con gli occupati, e tranquillizzarli sul
fatto che avrebbero potuto continuare a professare la propria
religione.
Io, però, mi chiedo: alla fine l'occupazione nipponica della
cattolica Filippine fu meno violenta delle altre nazioni occupate?
Per assurdo, dal mio punto di vista di ignorante, il fatto che il
clero cattolico giapponese si prestò ad attività “sul campo” fu
un fatto grave. Magari inizialmente cercarono di proteggere i fedeli
cattolici, ma quando si accorsero dei massacri, cosa fecero?
Viene spiegato che all'interno dell'esercito nipponico di stanza
nelle Filippine esisteva la “sezione religiosa” formata da
cattolici giapponesi, con lo scopo di interagire con la popolazione.
Stante tutti questi tentativi di avere buone relazioni con gli
abitanti, io conosco due persone di nazionalità filippina, e mi
hanno sempre riportato racconti negativi riguardo l'occupazione
nipponica, racconti che collimano con i libri di storia.
Tra i tanti argomenti trattati c'è anche quello dei kamikaze
cristiani, tutti protestanti, a cui viene dedicato un paragrafo, che non
mi è piaciuto molto, sempre per i motivi già descritti.
Mi ha assai sbalordito il paragrafo sui campi di prigionia. Dato che
i giapponesi non rispettavano chi si arrendeva, si comportavano male
coi prigionieri (anche civili!). Non mi pare una bella motivazione.
L'autore ci tranquillizza sul fatto che i prigionieri hanno sempre
goduto della libertà religiosa, ma immagino che avrebbero preferito
una patata in più, oppure non lavorare fino alla morte, piuttosto
che poter leggere la bibbia. Un po' meno di libertà religiosa ed un
po' più di umanità avrebbe permesso ai giapponesi di avere qualche
criminale di guerra in meno... certo il saggio è inerente la
religione, e su questa si concentra, ma secondo me non si può
trattare un argomento senza valutare tutto il resto (tipo il tasso di
mortalità dei campi di prigionia nipponici rispetto a quelli
alleati).
Appurato che i militari nipponici non sterminavano la popolazione per
motivi religiosi, cambia molto per gli sterminati?
A pagina 157 c'è uno degli esempi del tipo di impostazione del saggio che mi ha lasciato spesso perplesso.
"Indipendentemente dalla veridicità delle affermazioni circa la correttezza delle truppe giapponesi nei territori occupati..."?
Indipendentemente dalla veridicità?! O_o
Il capitolo si conclude con il racconto della detenzione nel carcere
di Sugano dei criminali di guerra cristiani.
Il settimo capitolo approfondisce la storia dei rapporti diplomatici
tra Vaticano ed impero giapponese, dai primi contatti negli anni 20,
fino al riconoscimento diplomatico nel 1942. Inoltre viene dato conto
dei tentativi diplomatici di instaurare trattative di pace con gli Usa tramite il
Vaticano.
Tutto l'ottavo capitolo è incentrato sulla figura del cristiano
Matsuoka Yosuke, ministro degli esteri dell'impero giapponese. In
altri scritti questo personaggio è spesso criticato per i danni che
arrecò agli interessi giapponesi a lungo termine, inoltre sovente si
mette in luce la superficialità e il dilettantismo con cui condusse la
politica estera nipponica. L'autore pare non condividere questi
giudizi negativi presenti in altri saggi.
Nel nono capitolo si illustrano le figure di alcune personaggi di
fede cristiana che ebbero una certa influenza in svariati campi:
Yamamoto Shinjiro; Sugihara Chiune; Tatsuguchi Nobuo; Katayama Ideo;
Miki e Renzo Sawada; Fuchida Mitsuo; Nagai Takashi; Tokyo Rose (la
Rosa di Tokyo); Hatoyama Ichiro.
Il penultimo capitolo è dedicato al politico cattolico Yoshida Shigeru, che
pur essendo anch'esso un nazionalista favorevole all'espansione in
Cina, era contrario all'entrata in guerra, passò anche alcuni giorni
in carcere, arrestato dalla kempetai,. Alla fine della guerra si
rivelò una preziosa risorsa per la nazione, divenendo più volte
primo ministro, ed iniziando la ricostruzione del paese.
L'ultimo capitolo spiega il ruolo dei cristiani alla corte imperiale,
sotto gli ultimi quattro imperatori: Meiji; Taisho; Showa; Akihito
L'indice del libro.
Sembra interessante l'ho ordinato
RispondiEliminaI libri Aracne però ci mettono sempre tempo ad arrivare mi hanno detto che ci vorrà un mese O__O Tu quanto ci hai messo a fartelo arrivare?
Alessandro
Si, ci mettono molto, almeno 3 settimane.
EliminaUna volta li ordinavo alla Hoepli, ma hano litigato con la Arcacne, che pretendeva il pagamento anticipato dei libri, in modo da non vederseli più restituire in caso di mancato ritiro del cliente.
Ora lo Hoepli non li ordina più... complimenti alla Aracne.
Stengo scusa se ti rompo sempre coi libri ^__^ ma questo libro dove l'hai comprato? E' da due mesi che lo cerco ma non lo trovo. Forse l'hai ordinato direttamente alla casa editrice ?
RispondiEliminaAlessandro
Ci mancherebbe!
EliminaSei uno dei pochi che mi chidede di libri, che poi fu il motivo originario dell'apertura del blog, mica la GNRC :]
I saggi della Aracne li prendo tramite la libreria Cortina:
https://www.libreriacortinamilano.it/negozi
Non il sito, prima telefono, loro li ordinano, e poi passo a ritirarli in libreria, ci vogliono comunque un ventina di giorni.