TITOLO: Japan Pop: parole,
immagini, suoni dal Giappone contemporaneo
AUTORE: autori vari a
cura di Gianluca Coci
CASA EDITRICE: Aracne Editrice
PAGINE: 711
COSTO: 27
€
ANNO: 2013
FORMATO: 21 cm X 14 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di
Milano
CODICE ISBN: 9788854860025
Il corposo saggio
curato da Gianluca Coci si divide in quattro parti tematiche, per un
totale di 20 capitoli a cura di altrettanti autori, sia italiani che
stranieri. C'è subito da dire che il sottotitolo del libro che
recita“...dal Giappone contemporaneo” è veritiero, infatti tutti
i temi trattati, pur comprendendo spesso un riepilogo storico,
arrivano fino ai giorni nostri. Sottolineo questo aspetto perché mi
è capitato di leggere altri saggi con una struttura come questa, ma
i cui contributi erano datati o riciclati da altri libri.
Una bella
caratteristica del saggio è che a conclusione di ogni singolo
contributo viene presentata una intervista al soggetto dell'analisi,
oppure ad uno dei personaggi citati, tutto questo rende più diretto
il saggio, permettendo al personaggio di esprimersi, oltre al piacere
di leggere spesso degli aneddoti di artisti famosi e talentuosi,
rendendo piacevole la lettura anche di argomenti in cui si è poco o
per nulla ferrati. Tanto per fare un solo esempio io sono totalmente
ignorante riguardo la poesia, non parliamo poi di quella giapponese,
ma l'intervista a Tanikawa Shuntaro l'ho trovata interessantissima.
Mi pare corretto
avvertire che dei quattro temi in cui è diviso il saggio io mi posso
considerare un minimo ferrato della “Parte II, Anime e Manga”, ho
una conoscenza superficiale della “Parte III, Cinema”, ma per il
solo motivo che ho visto qualche film giapponese. Mentre le mie
conoscenze sono assai scarse riguardo la “Parte I, Letteratura”,
e praticamente nulle per ciò che concerne la “Parte IV,
Arte-Poesia-Teatro”, se non per la lettura di altri saggi, che, per
esempio, trattavano le opere di Mori Mariko.
Parte I: Letteratura
Riorientando
Murakami Haruki (di Rebecca Suter)
Come costruire una
pila di gattini addormentati... cercando di non svegliarli (Rebecca
Suter intervista Murakami Haruki)
L'analisi
dell'autrice parte dalla sua considerazione personale secondo la
quale “il
fascino di Murakami si fondasse sulla sua capacità di fondere
diverse tradizioni culturali, con il duplice effetto di soddisfare il
gusto per l'esotico dei lettori giapponesi e offrire loro
l'opportunità di prendere le distanze dalla propria cultura”.
Personalmente di Murakami ho letto solo “Underground, racconto a più voci dell’attentato alla metropolitana di Tokyo ”, nonostante ciò son riuscito a seguire lo stesso il senso del
suo approfondimento. Rebecca Suter si sofferma su come Murakami è
visto dalla critica letteraria giapponese e statunitense, dando conto
sia dei giudizi positivi che negativi. Molto bella la sua intervista
finale.
Quattordicenni alla
frontiera: “L'esodo nel paese della speranza” di Murakami Ryu e
“Kafka sulla spiaggi” di Murakami Haruki (di Shimizu Yoshinori)
La forza
rigeneratrice della musica, del cinema e delle relazioni
interpersonali (Shimizu Yoshinori e
Gianluca Coci
intervistano Murakami Ryu)
L'autore prende
spunto dai due scritti del titolo per indagare l'età di passaggio
dei 14 anni, che fino a qualche decennio fa era 17 anni. Questo
abbassamento di età ha generato nei giovani e nelle giovani
giapponesi ancor più inquietudini. Il contributo di Shimizu
Yoshinori non si limita alla letteratura, ma spazia anche in anime e
manga, diventando un piccolo saggio sulla fase iniziale
dell'adolescenza in Giappone.
Dalla capitale alla
metropoli: la letteratura giapponese contemporanea e l'irrealtà del
luogo (di Michael Emmerich)
Scrivere è correre,
correre è vita (Michael Emmerich intervista Fukurawa Hideo)
L'autore analizza
come la letteratura contemporanea presenta la città di Tokyo,
illustra anche le differenze rispetto agli scrittori del passato, ed
entra nel particolare della differenza tra metropoli e capitale.
Viene spiegato che nella letteratura Tokyo assume sempre più
l'aspetto di metropoli, perdendo quello di capitale del Giappone.
Nell'intervista si
chiede a Fukurawa Hideo di spiegare come mostri Tokyo nei suoi
romanzi.
Flowers of romance
2013 (di Nakamata Akio)
Il Flower Power del
terzo millennio (Nakamata Akio intervista Abe Kazushige)
Soggetto del saggio
è il “kazoku shosetsu”, il romanzo famigliare giapponese, in
tutte le sue attuali forme ed evoluzioni. Sono analizzate la famiglia
Ayame del romanzo “Pistilli” di Abe Kazushige e la famiglia
Nire del romanzo “La famiglia Nire” di Kita Morio. Molto spazio è
riservato al romanzo “Pistilli” di Abe Kazushige.
Tra campi di fragole
e simpatia per il diavolo: la letteratura giapponese contemporanea a
tempo di rock (di Gianluca Coci)
Finché Neil Young
sarà vivo, il rock non morirà (Gianluca Coci intervista Machida Ko
e Nakahara Masaya)
Questo capitolo mixa
musica rock e letteratura, l'autore analizza l'influenza che ha avuto
la musica rock nella letteratura giapponese moderna. Riporto i titoli
dei paragrafi per cercare di renderne il contenuto:
Il diavolo e l'acqua
santa: Murakami f***ing rocking Ryu e Ashihara la-la-la-la Sunao;
Deconstructing Simon
& Garfunkel: il caso di Hashimoto Osamu;
Gabba Gabba Hey: Go,
write an Play! - Machida Ko e Nakahara Masaya;
Riot J-Grrrls: Nirei
Akiko e Tsumura Kikuko.
Silhouettes in
black: l'ombra del giallo nella scrittura femminile del Giappone
contemporaneo (di Paola Scrovolezza)
Donne, scrittura,
libertà (Paola Scrovolezza intervista Kirino Natsuo)
Viene analizzato il
genere “detective fiction”, puntando su alcuni temi:
Giochi di ruolo: la
femme fatale;
Oltre i confini,
vittime e aguzzine;
Corpi.
L'intervistata è
l'autrice dei romanzi analizzati nel capitolo.
Parte II. Manga e
Anime
Nagai Go e
l'ortodossia robotica. Dall'incorporazione alla possessione meccanica
(di Gianluca Di Fratta)
La metamorfosi della
macchina (Gianluca Di Fratta intervista Nagai Go)
Essendo il totale
del saggio di carattere multi-disciplinare, Gianluca Di Fratta ha
dovuto rivolgersi ad una platea di lettori che non necessariamente
conoscono Go Nagai e i vecchi robottoni. Ergo l'autore riepiloga,
sempre in maniera interessante e leggibile, la classica biografia
dell'inventore del genere robotico, illustrando l'evoluzione da
Mazinga Z a Kotetsu Shin Jeeg, passando per Psicho Armour Govarian,
Jushin Liger, e tutte le varianti dei Mazinger e dei Gettar.
Nell'intervista c'è
un momento in cui il nostro amato mangaka, rispondendo alla prima
domanda di Di Fratta, mi ha fatto ridere molto, cioè quando dice:
“...visto che non amo ripetermi(!!!), in Getter Robot...”.
Non ama
ripetersi?!?!
Ma se sono decenni
che non fa altro che propinarci nuovi Mazinga, nuovi Getter, nuovi
Jeeg (l'unico riuscito decentemente assieme al Neo Gaiking)!!!
Noto che
l'intervista a Go Nagai è molto più breve rispetto a quelle
rilasciate dagli affermati scrittori della prima parte del saggio.
P.S.
I libri di Gianluca Di Fratta recensiti qui sul blog:
Una mangaka con una
missione educativa: Takemiya Keiko (di Jaqueline Brendt)
Ehi, voi, riuscite a
sentore il “poema del vento e degli alberi”? - Una vita per gli
altri: artista, artigiana e insegnante (Jaqueline Brendt intervista
Takemiya Keiko)
Il contributo di
Jaqueline Brendt inizia subito con l'informarmi riguardo un aspetto
dei manga in Giappone che non conoscevo: i “Manga Studies”.
Il “Manga
Studies” è un nuovo campo (nato nei primi anni del 2000) di studio
accademico, formato da più ambiti di ricerca e portato avanti con la
collaborazione sia di ricercatori universitari che professionisti del
settore. Una mangaka che svolge un ruolo primario in questi “Manga
Studies” è Takemiya Keiko.
Numerosi sono gli
argomenti di ricerca sui manga: ricerca storico-medialogia; analisi
del linguaggio visivo (hyogenron) e testuale; analisi del target del
lettore; analisi delle sottoculture (otaku); convergenza mediatica
(media-mix).
Mentre sono rari gli
studi sui singoli mangaka, quindi il capitolo propone sia una analisi
della carriera di mangaka che di quella didattico-accademica di
Takemiya Keiko. La prima parte illustra la vita accademica della
mangaka. La seconda parte si concentra sulla carriera di mangaka nei
primi anni 70, ed il suo ruolo di innovatrice nel nuovo genere
“shonen ai” (“amore tra ragazzi maschi”) e yaoi (con
contenuti esplicitamente sessuali). La terza parte analizza il suo
manga di genere shonen ai “Il poema del vento e degli alberi”. La
quarta parte valuta il valore politico dei manga di Takemiya Keiko,
in relazione all'anno di pubblicazione e alla situazione femminile
contingente.
L'intervista è
composta da domande non banali e da risposte non scontate, almeno per
il mio livello di conoscenza dell'argomento.
L'Italia nei manga:
specchio identitario e convergenza mangaesque (di Toshio Miyake)
Il Rinascimento
italiano Made in Japan (Toshio Miyake intervista Soryo Fuyumi)
Ho trovato
particolarmente interessante il tema di questo contributi a cura di Toshio Miyake, riguardante come l'Italia è vista e
proposta nei manga. Questo successo del “Bel Paese” nel “Paese
del Sol Levante” nasce nella metà degli anni 80, con il boom
consumistico giapponese, quando tutto ciò che era Made in Italy era
considerato alla moda. Quell'onda lunga di notorietà si è
trascinata fino ad oggi in manga ed anime. Nel contempo anche il
Giappone è molto popolare in Italia, seppure in maniera minore, ma
la motivazione è ascrivibile solo alle generazioni che sono
cresciute con manga, anime e videogiochi. Bisogna ricordare che
l'Italia è il mercato extra nipponico in cui si vendono più anime,
dove ha sede la terza fiera del fumetto al mondo (Lucca Comics and
Games), e dove nel 2013 a Milano si è svolta la mostra ontologica
sul manga (Milano Manga Festival) più grande al mondo.
Su questo ultimo
punto, visto che l'anno scorso mi son recato per ben due volte alla
mostra Milano Manga Festival, mi devo togliere un piccolo sassolino
dalla scarpa: aspetto ancora il catalogo della mostra, più volte
promesso e mai pubblicato... secondo me in Giappone, ma anche negli
Usa o in Canada (ecco un esempio di un catalogo per una mostra), l'avrebbero
stampato di certo.
L'autore osserva ed
analizza come è rappresentata l'Italia nei seguenti manga:
“Bambino!”; “Ristorante Paradiso”; “Lega no 13”;
“Aqua/Aria”; “Cesare, il creatore che ha distrutto”; “Thermae
Romae”; “Axis Power Hetalia”; “Gunslinger Girl”.
Ancor più
interessante ho trovato che l'autore faccia un ulteriore passo,
mostri come il lettore italiano abbia recepito la visuale nipponica
dell'idealizzazione dell'Italia. Personalmente ho visto alcuni anime
tratti da questi manga sopra citati (ed anche di altri non in
elenco), e non è che abbia riconosciuto né il mio paese né
l'immagine dell'italiano. Devo dire che li ho trovati quasi tutti
ridicoli, l'anime di “Ristornate Paradiso” è addirittura nella
mia top five di bruttezza, c'è da dire che probabilmente era uno
spettatore molto fuori target...
Semplificando di
molto si può affermare che i giapponesi ci considerano l'oriente
d'occidente, esotici tanto quanto noi pensiamo loro lo siano. Ci
valutano superiori in occidente come cultura, ma inferiori dal punto
di vista tecnologico e di modernità, un occidente più umile,
genuino e simpatico rispetto a Usa e Germania, perché non
concorrenziale.
Nel raccontare il
boom della cucina nostrana in Giappone l'autore spiega anche il
genere manga culinario, “ryori manga” o “gurume manga”.
L'interesse
nipponico per la storia italiana è di marca prettamente femminile,
disegnato da autrici di manga per un pubblico femminile (con
l'eccezione di “Cesare, il creatore che ha distrutto” e “Thermae
Romae”).
Oltre alle donne,
sono i giovani dai 16 ai 35 anni ad eleggere l'Italia a paese
preferito, e senza distinzione di sesso. Viene illustrata la
tipologia di manga e il tipo di Italia mostrata al pubblico
nipponico: “Axis Power Hetalia”; “Gunslinger Girl”.
Toshio Miyake
effettua una bella intervista a Soryo Fuyumi, autrice di “Cesare,
il creatore che ha distrutto”.
Scrittura e pensiero
nell'opera di Ichiguchi Keiko (di Marcello Ghilardi)
Essere mangaka in
Italia (Marcello Ghilardi intervista Ichiguchi Keiko)
Quando, scorrendo
l'indice del libro, ho scoperto che un intero capitolo era dedicato
all'analisi delle opere e del linguaggio della mangaka Ichiguchi
Keiko sono stato veramente contento. Nel contempo sono rimasto un po'
dubbioso sulla possibilità che avrei compreso il senso dello
scritto, in quanto Marcello Ghilardi talvolta mi resta un tantino
ostico alla comprensione. Infatti ci sono punti dell'analisi di
Ghilardi che proprio non ho capito, ma per fortuna sono minoritari
rispetto alle 36 pagine del suo contributo.
Non sono un lettore
dei manga della Ichiguchi, però ho letto con piacere i suoi libri, e
mi ha sempre incuriosito la figura di una mangaka che si stabilisce a
Bologna. Tra l'altro ho avuto il piacere di assistere ad una sua
conferenza a Lucca Comics and Games 2013, ed ho notato che era quella
che sul palco parlava in maniera più semplice e chiara.
L'intervista di
Marcello Ghilardi mi ha permesso di conoscere meglio la mangaka che
dal 1992 vive in Italia.
P.S.
I libri di Marcello Ghilardi e Ichiguchi Keiko recensiti qui sul blog:
Il fenomeno One
Piece. Le ragioni della popolarità di un manga/anime che ha battuto
tutti i record (di Marco Pellitteri)
Un regista
all'arrembaggio (Marco Pellitteri intervista Sakai Munehisa)
Marco Pellitteri,
dopo aver dato i numeri del successo planetario di One Piece, inizia
l'analisi del manga di Oda Ei'ichiro. In primis nota che One Piece
(come altri manga) ha un successo mondiale perché veicola tratti
della cultura giapponese frammisti ad ambientazioni di altre nazioni
o immaginarie. Quando il manga vuole rappresentare il Giappone “per
quel che è” il successo spesso resta entro i confini nipponici.
Dopo aver valutato altri aspetti del manga Pellitteri si chiede se
riuscirà a infrangere l'ultimo record, quello intergenerazionale,
diventerà come Lady Oscar, Astroboy o Lupin III?
L'intervista di
Marco Pellitteri è al regista Sakai Munehisa, autore di una parte
delle puntate della serie e di alcuni lungometraggi su One Piece.
P.S.
I libri di Marco Pellitteri recensiti qui sul blog:
Parte III: Cinema
I registi giapponesi
e gli “anni di piombo” - United Red Army di Wakamatsu Koji (di
Yomota Inuhiko)
Nonostante tutto, ho
fiducia nei giovani (Yomota Inuhiko intervista Wakamatsu Koji)
Il capitolo inizia
col racconto dell'autore di un fatto inerente il terrorismo di
sinistra giapponese del 1972: il massacro ad “Asama Sanso” (Wikipedia)
Nel 2007 il regista
Wakamatsu Koji rievoca quel terribile accadimento nel film “United
Red Army”. Dopo una esauriente sinossi del film, l'autore analizza
ogni parte di esso, permettendo al lettore venire a conoscenza anche
del contesto in cui quei fatti si svolsero.
L'intervista a
Wakamatsu Koji è il perfetto corollario finale al capitolo.
Nel paese della
yakuza: Miike Takashi e il ninkyo eiga (di Dario Tommasi)
Il fascino poco
discreto della yakuza (Dario Tommasi intervista Miike Takashi)
Un aspetto molto
utile di tutto il saggio viene amplificato in questo capitolo, cioè
la caratteristica di andare oltre il tema preso in esame, fornendo al
lettore informazioni (ed analisi) aggiuntive.
La yakuza è un tema
poco approfondito dalla saggistica italiana sul Giappone, e la cosa
mi ha sempre sorpreso, visto che siamo la nazione con il record di
organizzazioni criminali. Nonostante l'autore analizzi solo ed
esclusivamente come la yakuza è stata mostrata nei decenni nei film
giapponesi, si ottengono anche informazioni di carattere sociale. I
film sulla yakuza nascono negli anni 60, a fronte di in declino dei
film di genere jidaigeki (drammi in costume in ambientazione
storica), ma già da subito questi tendono ad imitare i film sui
samurai, affibbiando allo yakuza un codice d'onore simile a quello
del bushido. In questi film degli anni 60 si ritrova sempre un
protagonista yakuza buono, e come antagonista uno yakuza cattivo, con
il risultato che l'immagine finale dell'organizzazione criminale era
positiva., in quanto il pubblico si identificava in quello buono, che
si ispirava ai samurai. Non per nulla il ninkyo eiga, cioè i film
sulla yakuza, erano anche chiamati “ninkyodo” (la via del
cavaliere) o “jingi” (il codice d'onore”). Inoltre i film
ninkyo eiga si basavano, come per i samurai, sulla relazione di
“giri” e “ninjo”, esaltando il dramma personale dello yakuza
buono che deve scegliere tra l'obbligo/dovere (“giri”) verso il
proprio capo clan e i propri sentimenti personali (“ninjo”). Nel
filone ninkyo eiga degli anni 60 la yakuza è mostrata come una
grande famiglia (che è poi come la yakuza voleva essere vista), che
aiuta i ragazzi sbandati. L'autore spiega i miti cinematografici del
“isshoku ippan”, ed vari concetti dei film ninkyo eiga: “non
puoi dire di no”; “gaman monogatari” (racconto di pazienza);
“inochi o kakeru”; “nagurikomi”; “l'addio alla donna
amata”; “michiyuki”; “irezumi”.
Al romanticismo dei
ninkyo eiga fanno seguito negli anni 70 i film di Fukasako Kinji, che
riduce il mito della yakuza, creando il genere “jitusroko eiga”
(documenti dal vero), dove il jingi (codice d'onore) degli anni 60 è
disatteso. Ne è un esempio il rituale del “yubitsume”
(l'amputazione della falange del mignolo), trasformato in mero mezzo
per evitare che il capo clan (oyabun) debba sborsare dei soldi per
risarcire un capo clan avversario cui è stata arrecata un'offesa da
un suo uomo.
Infine l'autore
passa ad analizzare tre film sulla yakuza di Miike Takashi, che dal
1990 fa rinascere il genere: Shinjuku Outlaw (1994); Fudo, the new
generation (1996); Ichi the killer (2001).
Sono evidenziate le
similitudini e le differenze con i classici ninkyo eiga anni 60 e 70,
mostrando le originalità apportate da Miike Takashi.
L'intervista è un
po' breve, ma interessante.
Androidi, ginoidi e
ibridismi nel cinema giapponese contemporaneo (di Maria Roberta
Novielli)
Mutatis mutandis
(Maria Roberta Novielli intervista Tsukamoto Shin'ya)
Sono riepilogate le
tematiche principali dei film (anche di animazione come "Gost in the Shell") su androidi e
ginoidi, illustrando le implicazioni etiche e morali di questi “nuovi
corpi”. Il capitolo, seppur breve (come l'intervista al regista del
mitico ed inquietante Tetsuo), resta interessante, anche se un po'
complesso.
La lunga strada:
l'ascesa delle registe giapponesi (di Tom Mes)
Tanada Yuki, una
Japanese Original (Tom Mes intervista Tanada Yuki)
All'inizio del
capitolo si ripercorre la storia delle sparute registe giapponesi (a
dire il vero mi pare che le donne registe fossero rare in tutto il
mondo cinematografico), per poi concentrarsi sul boom degli anni
2000. Vengono analizzate le opere di queste registe giapponesi del
periodo 2000/2010. Il breve contributo di Tom Mes si conclude con
l'intervista a Tanada Yuki, in cui la regista spiega anche come
funziona il mondo del cinema giapponese.
Quando una donna
ricorda, nascosta dietro un vetro – Memoria e amore nel cinema di
Koreeda Hirokazu (di Claudia Bertolè)
Lo sguardo
documentario incontra il cinema fiction (Claudia Bertolè intervista
Koreeda Hirokazu)
Sono analizzati
quelli che per l'autrice sono i due temi principali dei film di
Koreeda Hirozaku: memoria e sentimenti. Inizialmente è illustrata la
vita e le opere del regista, per poi esaminare i suoi contenuti.
Il cinema di
Yamashita Nobuhiro: sogni e disagi di giovani outsider (di Giacomo
Calorio)
Le stranezze degli
altri (Giacomo Calorio intervista Yamashita Nobuhiro)
Viene svolta
un'analisi molto specifica dei film di questo regista, divenuto
famoso negli anni 2000. In particolare ci si sofferma sulla figura
dei suoi protagonisti, giovani outsider che vivono in una società in
cui faticano ad inserirsi.
Parte IV: Arte,
Poesia, Teatro
Mori Mariko e le due
anime del Neopop giapponese (di Claudia D'Angelo)
Creare connessioni.
Coniugare gli opposti (Claudia D'Angelo intervista Mori Mariko)
Particolarmente
accurato ed interessante lo studio che Claudia D'Angelo svolge delle
opere della artista che fa parte dei quattro fondatori del Neopop
giapponese. Questa corrente artistica è nata a metà degli anni 90,
e nasce dall'immaginario (in parte anche nostro) di manga, anime e
videogiochi. All'inizio del capitolo l'autrice spiega quali siano le
due anime del Neopop giapponese, per poi passare in rassegna le opere
di Mori Mariko.
Tanikawa Shuntaro:
l'aporia della poesia tra oggetto e ologramma della realtà (di Luca
Capponcelli)
Arbitrarietà e
autenticità della poesia (Luca Capponcelli intervista Tanikawa
Shuntaro)
L'ultra 80enne poeta
giapponese, che si è espresso artisticamente, oltre che con le
poesie, anche attraverso sceneggiature cinematografiche, testi di
canzoni, libri illustrati per bambini, ha sempre cercato il contatto
con il pubblico, nello sforzo di far uscire la poesia dalle pagine
scritte. Luca Capponcelli illustra al lettore la variegata produzione
artistica del poeta, con il commento ad alcune sue poesie.
Nell'intervista, tra i tanti aneddoti raccontati da Tanikawa
Shuntaro, viene ricordato quando durante una trasmissione radiofonica
in diretta si fece iniettare LSD per spiegare al pubblico quali
fossero i suoi effetti(!!!). Al confronto quello che fa Sgarbi in tv
è roba da asilo nido...
Grazie a Tanikawa
Shuntaro (e a Luca Capponcelli che lo ha intervistato) ho scoperto
con qualche decennio di ritardo la fiaba “Piccolo blu e piccolo
giallo” di Leo Lionni. L'intervista va ben oltre la poesia, e penso
sia la più bella dell'intero saggio.
La donna dai seni
strabilianti e le altre poesie prodigiose e portentose di Ito Hiromi
(di Lee Friederich)
Sessualità e
vegetazione, vegetazione e sessualità... e altri esperimenti (Lee
Friederich intervista Ito Hiromi)
L'autore spiega come
la poetessa rivisiti le figure femminili di antichi racconti
mitologici giapponesi rendendo le madri sensuali e sconvolgenti. Sono
commentate le sue poesie o brani di esse, sinceramente sono un po'
oltre le mie capacità di apprezzamento poetico.
I colori proibiti di
Kinjiki (1959-2009): Ono Yoshito, Hijikata Tatsumi e il corpo eretico
nel buto (di Katja Centonze)
La preghiera della
lepre di Rimbaud, il mistero di Akita e la pietra scagliata dal buto
(Katja Centonze intervista Ono Yoshito)
Sarò sincero, ho
fatto un po' di fatica ad approcciarmi ad alcuni dei numerosi temi
trattati nel saggio, tipo il capitolo precedente a questo, ma la
danza è veramente fuori dalla mia portata, non parliamo poi della
danza buto... me ne scuso con l'autrice nel caso arrivi mai su queste
pagine.
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