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domenica 27 aprile 2014

Japan Pop: parole, immagini, suoni dal Giappone contemporaneo




TITOLO: Japan Pop: parole, immagini, suoni dal Giappone contemporaneo
AUTORE: autori vari a cura di Gianluca Coci
CASA EDITRICE: Aracne Editrice
PAGINE: 711
COSTO: 27 €
ANNO: 2013
FORMATO: 21 cm X 14 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di Milano
CODICE ISBN: 9788854860025


Il corposo saggio curato da Gianluca Coci si divide in quattro parti tematiche, per un totale di 20 capitoli a cura di altrettanti autori, sia italiani che stranieri. C'è subito da dire che il sottotitolo del libro che recita“...dal Giappone contemporaneo” è veritiero, infatti tutti i temi trattati, pur comprendendo spesso un riepilogo storico, arrivano fino ai giorni nostri. Sottolineo questo aspetto perché mi è capitato di leggere altri saggi con una struttura come questa, ma i cui contributi erano datati o riciclati da altri libri.
Una bella caratteristica del saggio è che a conclusione di ogni singolo contributo viene presentata una intervista al soggetto dell'analisi, oppure ad uno dei personaggi citati, tutto questo rende più diretto il saggio, permettendo al personaggio di esprimersi, oltre al piacere di leggere spesso degli aneddoti di artisti famosi e talentuosi, rendendo piacevole la lettura anche di argomenti in cui si è poco o per nulla ferrati. Tanto per fare un solo esempio io sono totalmente ignorante riguardo la poesia, non parliamo poi di quella giapponese, ma l'intervista a Tanikawa Shuntaro l'ho trovata interessantissima.
Mi pare corretto avvertire che dei quattro temi in cui è diviso il saggio io mi posso considerare un minimo ferrato della “Parte II, Anime e Manga”, ho una conoscenza superficiale della “Parte III, Cinema”, ma per il solo motivo che ho visto qualche film giapponese. Mentre le mie conoscenze sono assai scarse riguardo la “Parte I, Letteratura”, e praticamente nulle per ciò che concerne la “Parte IV, Arte-Poesia-Teatro”, se non per la lettura di altri saggi, che, per esempio, trattavano le opere di Mori Mariko.




Parte I: Letteratura

Riorientando Murakami Haruki (di Rebecca Suter)
Come costruire una pila di gattini addormentati... cercando di non svegliarli (Rebecca Suter intervista Murakami Haruki)

L'analisi dell'autrice parte dalla sua considerazione personale secondo la quale “il fascino di Murakami si fondasse sulla sua capacità di fondere diverse tradizioni culturali, con il duplice effetto di soddisfare il gusto per l'esotico dei lettori giapponesi e offrire loro l'opportunità di prendere le distanze dalla propria cultura”. Personalmente di Murakami ho letto solo “Underground, racconto a più voci dell’attentato alla metropolitana di Tokyo ”, nonostante ciò son riuscito a seguire lo stesso il senso del suo approfondimento. Rebecca Suter si sofferma su come Murakami è visto dalla critica letteraria giapponese e statunitense, dando conto sia dei giudizi positivi che negativi. Molto bella la sua intervista finale.



Quattordicenni alla frontiera: “L'esodo nel paese della speranza” di Murakami Ryu e “Kafka sulla spiaggi” di Murakami Haruki (di Shimizu Yoshinori)
La forza rigeneratrice della musica, del cinema e delle relazioni interpersonali (Shimizu Yoshinori e
Gianluca Coci intervistano Murakami Ryu)

L'autore prende spunto dai due scritti del titolo per indagare l'età di passaggio dei 14 anni, che fino a qualche decennio fa era 17 anni. Questo abbassamento di età ha generato nei giovani e nelle giovani giapponesi ancor più inquietudini. Il contributo di Shimizu Yoshinori non si limita alla letteratura, ma spazia anche in anime e manga, diventando un piccolo saggio sulla fase iniziale dell'adolescenza in Giappone.



Dalla capitale alla metropoli: la letteratura giapponese contemporanea e l'irrealtà del luogo (di Michael Emmerich)
Scrivere è correre, correre è vita (Michael Emmerich intervista Fukurawa Hideo)

L'autore analizza come la letteratura contemporanea presenta la città di Tokyo, illustra anche le differenze rispetto agli scrittori del passato, ed entra nel particolare della differenza tra metropoli e capitale. Viene spiegato che nella letteratura Tokyo assume sempre più l'aspetto di metropoli, perdendo quello di capitale del Giappone.
Nell'intervista si chiede a Fukurawa Hideo di spiegare come mostri Tokyo nei suoi romanzi.



Flowers of romance 2013 (di Nakamata Akio)
Il Flower Power del terzo millennio (Nakamata Akio intervista Abe Kazushige)

Soggetto del saggio è il “kazoku shosetsu”, il romanzo famigliare giapponese, in tutte le sue attuali forme ed evoluzioni. Sono analizzate la famiglia Ayame del romanzo “Pistilli” di Abe Kazushige e la famiglia Nire del romanzo “La famiglia Nire” di Kita Morio. Molto spazio è riservato al romanzo “Pistilli” di Abe Kazushige.


Tra campi di fragole e simpatia per il diavolo: la letteratura giapponese contemporanea a tempo di rock (di Gianluca Coci)
Finché Neil Young sarà vivo, il rock non morirà (Gianluca Coci intervista Machida Ko e Nakahara Masaya)

Questo capitolo mixa musica rock e letteratura, l'autore analizza l'influenza che ha avuto la musica rock nella letteratura giapponese moderna. Riporto i titoli dei paragrafi per cercare di renderne il contenuto:
Il diavolo e l'acqua santa: Murakami f***ing rocking Ryu e Ashihara la-la-la-la Sunao;
Deconstructing Simon & Garfunkel: il caso di Hashimoto Osamu;
Gabba Gabba Hey: Go, write an Play! - Machida Ko e Nakahara Masaya;
Riot J-Grrrls: Nirei Akiko e Tsumura Kikuko.



Silhouettes in black: l'ombra del giallo nella scrittura femminile del Giappone contemporaneo (di Paola Scrovolezza)
Donne, scrittura, libertà (Paola Scrovolezza intervista Kirino Natsuo)

Viene analizzato il genere “detective fiction”, puntando su alcuni temi:
Giochi di ruolo: la femme fatale;
Oltre i confini, vittime e aguzzine;
Corpi.
L'intervistata è l'autrice dei romanzi analizzati nel capitolo.

Parte II. Manga e Anime

Nagai Go e l'ortodossia robotica. Dall'incorporazione alla possessione meccanica (di Gianluca Di Fratta)
La metamorfosi della macchina (Gianluca Di Fratta intervista Nagai Go)

Essendo il totale del saggio di carattere multi-disciplinare, Gianluca Di Fratta ha dovuto rivolgersi ad una platea di lettori che non necessariamente conoscono Go Nagai e i vecchi robottoni. Ergo l'autore riepiloga, sempre in maniera interessante e leggibile, la classica biografia dell'inventore del genere robotico, illustrando l'evoluzione da Mazinga Z a Kotetsu Shin Jeeg, passando per Psicho Armour Govarian, Jushin Liger, e tutte le varianti dei Mazinger e dei Gettar.
Nell'intervista c'è un momento in cui il nostro amato mangaka, rispondendo alla prima domanda di Di Fratta, mi ha fatto ridere molto, cioè quando dice: “...visto che non amo ripetermi(!!!), in Getter Robot...”.
Non ama ripetersi?!?!
Ma se sono decenni che non fa altro che propinarci nuovi Mazinga, nuovi Getter, nuovi Jeeg (l'unico riuscito decentemente assieme al Neo Gaiking)!!!
Noto che l'intervista a Go Nagai è molto più breve rispetto a quelle rilasciate dagli affermati scrittori della prima parte del saggio.

P.S.
I libri di Gianluca Di Fratta recensiti qui sul blog:


Una mangaka con una missione educativa: Takemiya Keiko (di Jaqueline Brendt)
Ehi, voi, riuscite a sentore il “poema del vento e degli alberi”? - Una vita per gli altri: artista, artigiana e insegnante (Jaqueline Brendt intervista Takemiya Keiko)

Il contributo di Jaqueline Brendt inizia subito con l'informarmi riguardo un aspetto dei manga in Giappone che non conoscevo: i “Manga Studies”.
Il “Manga Studies” è un nuovo campo (nato nei primi anni del 2000) di studio accademico, formato da più ambiti di ricerca e portato avanti con la collaborazione sia di ricercatori universitari che professionisti del settore. Una mangaka che svolge un ruolo primario in questi “Manga Studies” è Takemiya Keiko.
Numerosi sono gli argomenti di ricerca sui manga: ricerca storico-medialogia; analisi del linguaggio visivo (hyogenron) e testuale; analisi del target del lettore; analisi delle sottoculture (otaku); convergenza mediatica (media-mix).
Mentre sono rari gli studi sui singoli mangaka, quindi il capitolo propone sia una analisi della carriera di mangaka che di quella didattico-accademica di Takemiya Keiko. La prima parte illustra la vita accademica della mangaka. La seconda parte si concentra sulla carriera di mangaka nei primi anni 70, ed il suo ruolo di innovatrice nel nuovo genere “shonen ai”  (“amore tra ragazzi maschi”) e yaoi (con contenuti esplicitamente sessuali). La terza parte analizza il suo manga di genere shonen ai “Il poema del vento e degli alberi”. La quarta parte valuta il valore politico dei manga di Takemiya Keiko, in relazione all'anno di pubblicazione e alla situazione femminile contingente.
L'intervista è composta da domande non banali e da risposte non scontate, almeno per il mio livello di conoscenza dell'argomento.



L'Italia nei manga: specchio identitario e convergenza mangaesque (di Toshio Miyake)
Il Rinascimento italiano Made in Japan (Toshio Miyake intervista Soryo Fuyumi)

Ho trovato particolarmente interessante il tema di questo contributi a cura di Toshio Miyake, riguardante come l'Italia è vista e proposta nei manga. Questo successo del “Bel Paese” nel “Paese del Sol Levante” nasce nella metà degli anni 80, con il boom consumistico giapponese, quando tutto ciò che era Made in Italy era considerato alla moda. Quell'onda lunga di notorietà si è trascinata fino ad oggi in manga ed anime. Nel contempo anche il Giappone è molto popolare in Italia, seppure in maniera minore, ma la motivazione è ascrivibile solo alle generazioni che sono cresciute con manga, anime e videogiochi. Bisogna ricordare che l'Italia è il mercato extra nipponico in cui si vendono più anime, dove ha sede la terza fiera del fumetto al mondo (Lucca Comics and Games), e dove nel 2013 a Milano si è svolta la mostra ontologica sul manga (Milano Manga Festival) più grande al mondo.
Su questo ultimo punto, visto che l'anno scorso mi son recato per ben due volte alla mostra Milano Manga Festival, mi devo togliere un piccolo sassolino dalla scarpa: aspetto ancora il catalogo della mostra, più volte promesso e mai pubblicato... secondo me in Giappone, ma anche negli Usa o in Canada (ecco un esempio di un catalogo per una mostra), l'avrebbero stampato di certo.
L'autore osserva ed analizza come è rappresentata l'Italia nei seguenti manga: “Bambino!”; “Ristorante Paradiso”; “Lega no 13”; “Aqua/Aria”; “Cesare, il creatore che ha distrutto”; “Thermae Romae”; “Axis Power Hetalia”; “Gunslinger Girl”.
Ancor più interessante ho trovato che l'autore faccia un ulteriore passo, mostri come il lettore italiano abbia recepito la visuale nipponica dell'idealizzazione dell'Italia. Personalmente ho visto alcuni anime tratti da questi manga sopra citati (ed anche di altri non in elenco), e non è che abbia riconosciuto né il mio paese né l'immagine dell'italiano. Devo dire che li ho trovati quasi tutti ridicoli, l'anime di “Ristornate Paradiso” è addirittura nella mia top five di bruttezza, c'è da dire che probabilmente era uno spettatore molto fuori target...
Semplificando di molto si può affermare che i giapponesi ci considerano l'oriente d'occidente, esotici tanto quanto noi pensiamo loro lo siano. Ci valutano superiori in occidente come cultura, ma inferiori dal punto di vista tecnologico e di modernità, un occidente più umile, genuino e simpatico rispetto a Usa e Germania, perché non concorrenziale.
Nel raccontare il boom della cucina nostrana in Giappone l'autore spiega anche il genere manga culinario, “ryori manga” o “gurume manga”.
L'interesse nipponico per la storia italiana è di marca prettamente femminile, disegnato da autrici di manga per un pubblico femminile (con l'eccezione di “Cesare, il creatore che ha distrutto” e “Thermae Romae”).
Oltre alle donne, sono i giovani dai 16 ai 35 anni ad eleggere l'Italia a paese preferito, e senza distinzione di sesso. Viene illustrata la tipologia di manga e il tipo di Italia mostrata al pubblico nipponico: “Axis Power Hetalia”; “Gunslinger Girl”.
Toshio Miyake effettua una bella intervista a Soryo Fuyumi, autrice di “Cesare, il creatore che ha distrutto”.



Scrittura e pensiero nell'opera di Ichiguchi Keiko (di Marcello Ghilardi)
Essere mangaka in Italia (Marcello Ghilardi intervista Ichiguchi Keiko)

Quando, scorrendo l'indice del libro, ho scoperto che un intero capitolo era dedicato all'analisi delle opere e del linguaggio della mangaka Ichiguchi Keiko sono stato veramente contento. Nel contempo sono rimasto un po' dubbioso sulla possibilità che avrei compreso il senso dello scritto, in quanto Marcello Ghilardi talvolta mi resta un tantino ostico alla comprensione. Infatti ci sono punti dell'analisi di Ghilardi che proprio non ho capito, ma per fortuna sono minoritari rispetto alle 36 pagine del suo contributo.
Non sono un lettore dei manga della Ichiguchi, però ho letto con piacere i suoi libri, e mi ha sempre incuriosito la figura di una mangaka che si stabilisce a Bologna. Tra l'altro ho avuto il piacere di assistere ad una sua conferenza a Lucca Comics and Games 2013, ed ho notato che era quella che sul palco parlava in maniera più semplice e chiara.
L'intervista di Marcello Ghilardi mi ha permesso di conoscere meglio la mangaka che dal 1992 vive in Italia.

P.S.
I libri di Marcello Ghilardi e Ichiguchi Keiko recensiti qui sul blog:


Il fenomeno One Piece. Le ragioni della popolarità di un manga/anime che ha battuto tutti i record (di Marco Pellitteri)
Un regista all'arrembaggio (Marco Pellitteri intervista Sakai Munehisa)

Marco Pellitteri, dopo aver dato i numeri del successo planetario di One Piece, inizia l'analisi del manga di Oda Ei'ichiro. In primis nota che One Piece (come altri manga) ha un successo mondiale perché veicola tratti della cultura giapponese frammisti ad ambientazioni di altre nazioni o immaginarie. Quando il manga vuole rappresentare il Giappone “per quel che è” il successo spesso resta entro i confini nipponici. Dopo aver valutato altri aspetti del manga Pellitteri si chiede se riuscirà a infrangere l'ultimo record, quello intergenerazionale, diventerà come Lady Oscar, Astroboy o Lupin III?
L'intervista di Marco Pellitteri è al regista Sakai Munehisa, autore di una parte delle puntate della serie e di alcuni lungometraggi su One Piece.

P.S.
I libri di Marco Pellitteri recensiti qui sul blog:

Parte III: Cinema

I registi giapponesi e gli “anni di piombo” - United Red Army di Wakamatsu Koji (di Yomota Inuhiko)
Nonostante tutto, ho fiducia nei giovani (Yomota Inuhiko intervista Wakamatsu Koji)

Il capitolo inizia col racconto dell'autore di un fatto inerente il terrorismo di sinistra giapponese del 1972: il massacro ad “Asama Sanso” (Wikipedia)
Nel 2007 il regista Wakamatsu Koji rievoca quel terribile accadimento nel film “United Red Army”. Dopo una esauriente sinossi del film, l'autore analizza ogni parte di esso, permettendo al lettore venire a conoscenza anche del contesto in cui quei fatti si svolsero.
L'intervista a Wakamatsu Koji è il perfetto corollario finale al capitolo.



Nel paese della yakuza: Miike Takashi e il ninkyo eiga (di Dario Tommasi)
Il fascino poco discreto della yakuza (Dario Tommasi intervista Miike Takashi)

Un aspetto molto utile di tutto il saggio viene amplificato in questo capitolo, cioè la caratteristica di andare oltre il tema preso in esame, fornendo al lettore informazioni (ed analisi) aggiuntive.
La yakuza è un tema poco approfondito dalla saggistica italiana sul Giappone, e la cosa mi ha sempre sorpreso, visto che siamo la nazione con il record di organizzazioni criminali. Nonostante l'autore analizzi solo ed esclusivamente come la yakuza è stata mostrata nei decenni nei film giapponesi, si ottengono anche informazioni di carattere sociale. I film sulla yakuza nascono negli anni 60, a fronte di in declino dei film di genere jidaigeki (drammi in costume in ambientazione storica), ma già da subito questi tendono ad imitare i film sui samurai, affibbiando allo yakuza un codice d'onore simile a quello del bushido. In questi film degli anni 60 si ritrova sempre un protagonista yakuza buono, e come antagonista uno yakuza cattivo, con il risultato che l'immagine finale dell'organizzazione criminale era positiva., in quanto il pubblico si identificava in quello buono, che si ispirava ai samurai. Non per nulla il ninkyo eiga, cioè i film sulla yakuza, erano anche chiamati “ninkyodo” (la via del cavaliere) o “jingi” (il codice d'onore”). Inoltre i film ninkyo eiga si basavano, come per i samurai, sulla relazione di “giri” e “ninjo”, esaltando il dramma personale dello yakuza buono che deve scegliere tra l'obbligo/dovere (“giri”) verso il proprio capo clan e i propri sentimenti personali (“ninjo”). Nel filone ninkyo eiga degli anni 60 la yakuza è mostrata come una grande famiglia (che è poi come la yakuza voleva essere vista), che aiuta i ragazzi sbandati. L'autore spiega i miti cinematografici del “isshoku ippan”, ed vari concetti dei film ninkyo eiga: “non puoi dire di no”; “gaman monogatari” (racconto di pazienza); “inochi o kakeru”; “nagurikomi”; “l'addio alla donna amata”; “michiyuki”; “irezumi”.
Al romanticismo dei ninkyo eiga fanno seguito negli anni 70 i film di Fukasako Kinji, che riduce il mito della yakuza, creando il genere “jitusroko eiga” (documenti dal vero), dove il jingi (codice d'onore) degli anni 60 è disatteso. Ne è un esempio il rituale del “yubitsume” (l'amputazione della falange del mignolo), trasformato in mero mezzo per evitare che il capo clan (oyabun) debba sborsare dei soldi per risarcire un capo clan avversario cui è stata arrecata un'offesa da un suo uomo.
Infine l'autore passa ad analizzare tre film sulla yakuza di Miike Takashi, che dal 1990 fa rinascere il genere: Shinjuku Outlaw (1994); Fudo, the new generation (1996); Ichi the killer (2001).
Sono evidenziate le similitudini e le differenze con i classici ninkyo eiga anni 60 e 70, mostrando le originalità apportate da Miike Takashi.
L'intervista è un po' breve, ma interessante.



Androidi, ginoidi e ibridismi nel cinema giapponese contemporaneo (di Maria Roberta Novielli)
Mutatis mutandis (Maria Roberta Novielli intervista Tsukamoto Shin'ya)

Sono riepilogate le tematiche principali dei film (anche di animazione come "Gost in the Shell") su androidi e ginoidi, illustrando le implicazioni etiche e morali di questi “nuovi corpi”. Il capitolo, seppur breve (come l'intervista al regista del mitico ed inquietante Tetsuo), resta interessante, anche se un po' complesso.



La lunga strada: l'ascesa delle registe giapponesi (di Tom Mes)
Tanada Yuki, una Japanese Original (Tom Mes intervista Tanada Yuki)

All'inizio del capitolo si ripercorre la storia delle sparute registe giapponesi (a dire il vero mi pare che le donne registe fossero rare in tutto il mondo cinematografico), per poi concentrarsi sul boom degli anni 2000. Vengono analizzate le opere di queste registe giapponesi del periodo 2000/2010. Il breve contributo di Tom Mes si conclude con l'intervista a Tanada Yuki, in cui la regista spiega anche come funziona il mondo del cinema giapponese.



Quando una donna ricorda, nascosta dietro un vetro – Memoria e amore nel cinema di Koreeda Hirokazu (di Claudia Bertolè)
Lo sguardo documentario incontra il cinema fiction (Claudia Bertolè intervista Koreeda Hirokazu)

Sono analizzati quelli che per l'autrice sono i due temi principali dei film di Koreeda Hirozaku: memoria e sentimenti. Inizialmente è illustrata la vita e le opere del regista, per poi esaminare i suoi contenuti.



Il cinema di Yamashita Nobuhiro: sogni e disagi di giovani outsider (di Giacomo Calorio)
Le stranezze degli altri (Giacomo Calorio intervista Yamashita Nobuhiro)

Viene svolta un'analisi molto specifica dei film di questo regista, divenuto famoso negli anni 2000. In particolare ci si sofferma sulla figura dei suoi protagonisti, giovani outsider che vivono in una società in cui faticano ad inserirsi.

Parte IV: Arte, Poesia, Teatro

Mori Mariko e le due anime del Neopop giapponese (di Claudia D'Angelo)
Creare connessioni. Coniugare gli opposti (Claudia D'Angelo intervista Mori Mariko)

Particolarmente accurato ed interessante lo studio che Claudia D'Angelo svolge delle opere della artista che fa parte dei quattro fondatori del Neopop giapponese. Questa corrente artistica è nata a metà degli anni 90, e nasce dall'immaginario (in parte anche nostro) di manga, anime e videogiochi. All'inizio del capitolo l'autrice spiega quali siano le due anime del Neopop giapponese, per poi passare in rassegna le opere di Mori Mariko.



Tanikawa Shuntaro: l'aporia della poesia tra oggetto e ologramma della realtà (di Luca Capponcelli)
Arbitrarietà e autenticità della poesia (Luca Capponcelli intervista Tanikawa Shuntaro)

L'ultra 80enne poeta giapponese, che si è espresso artisticamente, oltre che con le poesie, anche attraverso sceneggiature cinematografiche, testi di canzoni, libri illustrati per bambini, ha sempre cercato il contatto con il pubblico, nello sforzo di far uscire la poesia dalle pagine scritte. Luca Capponcelli illustra al lettore la variegata produzione artistica del poeta, con il commento ad alcune sue poesie. Nell'intervista, tra i tanti aneddoti raccontati da Tanikawa Shuntaro, viene ricordato quando durante una trasmissione radiofonica in diretta si fece iniettare LSD per spiegare al pubblico quali fossero i suoi effetti(!!!). Al confronto quello che fa Sgarbi in tv è roba da asilo nido...
Grazie a Tanikawa Shuntaro (e a Luca Capponcelli che lo ha intervistato) ho scoperto con qualche decennio di ritardo la fiaba “Piccolo blu e piccolo giallo” di Leo Lionni. L'intervista va ben oltre la poesia, e penso sia la più bella dell'intero saggio.


La donna dai seni strabilianti e le altre poesie prodigiose e portentose di Ito Hiromi (di Lee Friederich)
Sessualità e vegetazione, vegetazione e sessualità... e altri esperimenti (Lee Friederich intervista Ito Hiromi)

L'autore spiega come la poetessa rivisiti le figure femminili di antichi racconti mitologici giapponesi rendendo le madri sensuali e sconvolgenti. Sono commentate le sue poesie o brani di esse, sinceramente sono un po' oltre le mie capacità di apprezzamento poetico.



I colori proibiti di Kinjiki (1959-2009): Ono Yoshito, Hijikata Tatsumi e il corpo eretico nel buto (di Katja Centonze)
La preghiera della lepre di Rimbaud, il mistero di Akita e la pietra scagliata dal buto (Katja Centonze intervista Ono Yoshito)

Sarò sincero, ho fatto un po' di fatica ad approcciarmi ad alcuni dei numerosi temi trattati nel saggio, tipo il capitolo precedente a questo, ma la danza è veramente fuori dalla mia portata, non parliamo poi della danza buto... me ne scuso con l'autrice nel caso arrivi mai su queste pagine.


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