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martedì 24 dicembre 2013

"Questo Mazinga robotizza i nostri ragazzi", di Duilio Tasselli - Oggi (settimanale) aprile 1980



Gli ormai famigerati 618 genitori di Imola (che i 300 di Sparta gli fanno un baffo...) hanno avviato la valanga giornalistica contro i "cartoni animati giapponesi". Anche questo articolo nasce dalla loro petizione ( I genitori di Imola ), non è tra i più virulenti che ho postato. Ribadisce i soliti luoghi comuni, ma il giornalista ha almeno il buon senso di interpellare un vero esperto di fumetti, Oreste del Buono (direttore per 10 anni di Linus).  Probabilmente Oreste del Buono poco sapeva di anime e manga, ma comunque ne sapeva di più dei genitori di Imola e degli altri giornalisti. Memore delle polemiche passate contro i fumetti in generale, una parte dei quali considerati anch'essi violenti, ripetitivi e diseducativi.

Il sommario sotto al titolone si premunisce di informarci che si sono rivolti a degli esperti.










"Avidità e dominio" esistevano solo nei cartoni animati giapponesi, nella realtà passate e presente no. Ergo la colpa era dei "cartoni animati giapponesi".




Il direttore della scuola, da cui è partita la discussione e poi la petizione, ci gratifica con una serie di giudizi allarmanti, che arrivano fin a prevedere scatti di violenza da parte dei bambini causati dai robot televisivi!
La successiva domanda del giornalista non è scontata: "Ma si è veramente trasformata in violenza?"
Risposta del preside: "No"...
E allora di cosa si disquisiva?
Ah, ecco! La colpa dei "cartoni animati giapponesi" era che alle 17 tutti salivano a casa a vedere la nuova puntata! Una colpa inamnistiabile!





Ma non è l'unica colpa, sono cartoni "ripetitivi e idioti". Mentre quelli di Hanna & Barbera o della Warner non lo erano?
La questione della tv come baby-sitter tornerà coi videogiochi. La colpa sarebbe, eventualmente, dei genitori, ma è più semplice appiopparla a cartoni e/o videogiochi.


E qui si vede che il direttore della scuola non aveva compreso nulla dei suoi studenti, e dei bambini in particolare, oltre a non aver capito nulla degli anime. Se c'era una cosa che a quei cartoni animati giapponesi proprio non mancava, se paragonati a ciò che veniva trasmesso allora, erano proprio i contenuti. Per lui l'unica spiegazione al fatto che i bambini e le bambine sognassero gli eroi e le eroine giapponesi era l'ipnotismo. Il fatto che forse erano veramente coinvolgenti non lo sfiorava.




Devo dire che la critica riguardo allo sfruttamento del merchandising non era sbagliata, anch'io di soldi ne feci spendere parecchi ai miei... ma a questo punto entra in scena l'immancabile psicologa infantile, e la sua non può che essere una sentenza definitiva, è o non è una psicologa infantile?




Scopriamo anche che i "cartoni animati giaponesi" non fanno ridere (e che i bambini di allora non ridevano già di loro... io ridevo un sacco, e pure i miei amici).
Certo, l'ape Magà faceva ben poco ridere, e neppure Candy Candy era assai spassoso. Sfido chiunque a ridere dopo una puntata di Charlotte, ma questo solo perchè gli anime erano divisi per generi. Le serie comiche facevano ridere, le serie non comiche non facevano ridere, ma la psicologa infantile questo non poteva saperlo.
Col senno di poi è anche giusto ammettere che quella fu veramente un'invasione (le tv private trasmisero in 3 o 4 anni una ventina di anni di produzione nipponica!), e la richiesta di trasmetterne solo qualche puntata al giorno era pure ragionevole, era il resto delle argomentazioni che faceva acqua da tutte le parti... e che ancora oggi mi fa imbestialire.



Ultima colpa di questi benedetti "cartoni animati giapponesi" era l'obesità infantile. Di nuovo la colpa non era dei genitori, oppure delle aziende alimentari che vendevano merendine ingrassanti, era dei cartoni che obbligavano i bambini a stare ore e ore davanti alla tv.




Infine l'intervento minoritario di Oreste del Buono, la cui difesa degli anime prende meno di un quinto dell'intero articolo, che è comunque di più rispetto a niente.


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