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venerdì 26 dicembre 2014

Giapponesi poverini! Il sistema nipponico ovvero la ricetta della infelicità



TITOLO: Giapponesi poverini! Il sistema nipponico ovvero la ricetta della infelicità
AUTORE: Lio Giallini
CASA EDITRICE: Youcanprint
PAGINE: 422
COSTO: 22,90 €
ANNO: 2012
FORMATO: 22 cm X 16 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN: 9788866187509


Da che parte stia il libro di Lio Giallini è chiaro sia dal titolo che dal sottotitolo, critica la società giapponese e i suoi cittadini che sottostanno alle sue regole, che l'autore considera la causa dell'infelicità della popolazione.
Ho scoperto questo libro dopo due anni dalla sua pubblicazione, e nel tentativo di informarmi se valeva la pena acquistarlo, anche in considerazione del prezzo non basso (da considerare, però, che è rilegato con una copertina rigida), ho letto una moltitudine di giudizi negativi. Mi son deciso d'acquistarlo, nonostante le stroncature dei lettori, perché conosco per esperienza diretta (sui forum) che c'è una larga fetta di appassionati del Giappone totalmente incapaci di accettare qualsivoglia critica sulla loro nazione preferita. Non che tutte le critiche al libro siano campate in aria, alcune le farò anch'io nella recensione, ma semplicemente ho pensato che una persona che vive e lavora in Giappone dal 1995 avrà pur accumulato un minimo di esperienza in loco. Esiste sempre la possibilità che abbia inventato tutte queste storie solo con lo scopo di rendere più interessante e vendibile il libro, ma avrebbe ottenuto un risultato migliore scrivendo che il Giappone è il paese più felice del mondo, senza prendersi gli insulti dei nippofanatici.
Comunque l'autore non lesina i complimenti per altri aspetti positivi della società giapponese, e non dimentica mai di ricordare le cattive abitudini italiche o di altri paesi, però non c'è dubbio che i giudizi negativi sulla società giapponese sono prevalenti. Critiche che, in ogni caso, collimano con tanti altri libri più scientifici di questo, che non ha pretesa di esserlo, visto che l'autore ci tiene a specificare che lui ha riportato solo casi da lui vissuti o che gli sono stati raccontati nell'arco della sua vita giapponese. Infatti il fine di Lio Giallini non è spiegare il perché certe dinamiche sociali accadano in Giappone, né da dove nascano storicamente, si limita a raccontarle, non facendo mancare mai un suo commento al fatto. I fatti narrati sono reali, mentre le identità delle persone, il periodo e i luoghi sono stati modificati per preservare la privacy delle persone.

A causa di questa legittima decisione dell'autore mi è stato difficile immedesimarmi nei protagonisti dei racconti “reali”, in quanto sapevo che alla fine il fatto accaduto era la sola cosa vera, mentre i nomi, luoghi e spesso anche i lavori originali erano differenti.
Il libro procede raccontando tanti singoli episodi negativi accaduti a giapponesi e a stranieri, tutti causati delle storture del sistema giapponese.
Molto spazio è occupato dall'organizzazione del lavoro in Giappone, specialmente, anzi, in gran parte, sul rapporto tra superiore ed inferiore, tra “supervisor” e supervisionato, che per l'autore è la causa di tutte le angherie subite dai sottoposti sui luoghi di lavoro in Giappone.
L'unica grossa critica che mi sento di muovere allo scritto è che molte pagine sono spese per raccontare particolari e dinamiche personali dei protagonisti e non che potevano tranquillamente essere omesse. In particolare per quello che riguarda il lungo racconto inerente all'insegnante Francesco, che ad un certo punto praticamente scompare dal libro, senza che si sappia più come sia finita la sua battaglia contro l'organizzazione nipponica e i suoi esecutori italiani. Infatti una parte del libro non racconta solo delle difficoltà incontrate dagli italiani nel mondo del lavoro giapponese, e questa parte andrebbe letta da tutti quei giovani che pare sognino solo di andare a lavorare in Giappone (manco fosse un lavoro in un ministero...), ma racconta di come uno straniero messo al posto di un giapponese in ruoli di responsabilità (anche minima) si comporti da aguzzino come il giapponese. Una delle critiche al libro che ho letto sul web era proprio che l'autore raccontava solo di beghe tra italiani, a parte che non è vero, ma questo dimostrerebbe, invece, che anche uno straniero (italiana, inglese o tedesco che sia), quindi in possesso di uno schema mentale differente, se messo negli stessi meccanismi organizzativi tende ad uniformarcisi, in negativo, ovviamente.
Tornando a Francesco e alla sua odissea, quello che mi ha sorpreso è che un italiano, che non aveva necessità di quel lavoro par-time di insegnante di italiano in una scuola privata di lingue, in quanto rappresentava solo il 15% del suo reddito, continui ad ingoiare fiele per due anni sottostando alla dittatura di una collega italiana e di qualche giapponese senza mandarli tutti a quel paese... manco fosse uno dei 47 ronin... di colpo poi, come ho accennato sopra, Francesco scompare (tranne per un breve ritorno a pagina 208.).
Spesso l'autore paragona la società giapponese (famiglia, scuola e mondo del lavoro) alla naia del militare di leva, con la differenza che quella durava solo 12 mesi, mentre il nonnismo in Giappone te lo porti dietro fino alla pensione ed oltre.
L'aspetto negativo del rapporto superiore/inferiore nei luoghi di lavoro in Giappone è molto approfondito, con numerosissimi racconti. In pratica il proprio “Supervisor” ha quasi potere di vita e di morte, e se uno si azzardasse a contestarlo le cose non potrebbero che peggiorare, due sole sono le soluzioni, il servilismo o licenziarsi.
Dato che l'uniformità della popolazione giapponese è uno dei mezzi per permettere al sistema di continuare ad esistere, chi eccelle in qualcosa spesso viene messo all'angolo, genera invidia. Subiscono questo trattamento anche i campioni sportivi, alcuni dei fatti narrati li conoscevo, altri mi erano ignoti, l'autore riporta le vicissitudini dei seguenti sportivi: il campione di sumo Takanohana; il mitico Hidetoshi Nakata; la maratoneta Naoko Takahashi.
Oltre al mondo del lavoro l'altro campo maggiormente raccontato è quello dei rapporti tra uomo e donna, non necessariamente d'amore o di sesso, anche solo d'amicizia, o tentata amicizia.
Volontariamente o meno l'autore ripercorre praticamente tutte le tematiche di qualunque saggio di sociologia sul Giappone, e nel leggerlo si capisce che lui conosce più che bene sia le abitudini giapponesi, che la cultura e la popolazione. Poche volte ho letto cose che mi son sembrate inutilmente esagerate. Una di questi rari casi è quello inerente ad una madre che per insegnare al proprio figlio neonato a non piangere lo lasciava gridare fino alla sfinimento. A mio avviso quel fatto era ascrivibile più all'essere uno schifo di madre, che all'essere giapponese.
Nel totale ho trovato interessante la lettura di questo libro, che andrebbe letto assieme a qualche titolo più scientifico, possibilmente recente.
Ho trovato un sito in cui sono pubblicati alcuni articoli sul Giappone a firma dell'autore, alcune tematiche sono le stesse riportate nel libro, e mi pare siano tutti articoli antecedenti alla sua pubblicazione: http://www.agoravox.it/Lio-Giallini

Inserisco le scan dell'indice del libro, dove sono riportati tutti gli aneddoti giapponesi.










Alcune considerazioni dell'autore.









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