Gli articoli sui "cartoni animati giapponesi" si potevano dividere in due macro gruppi:
quelli scritti per quotidiani e settimanali, quindi con un tempo materiale abbastanza basso per recuperare informazioni corrette, cosa che comunque, almeno in via teorica e deontologica, non avrebbe dovuto esimere il giornalista dall'essere informato;
quelli scritti per pubblicazioni mensili o pluri-mensili (trimestrali, quadrimestrali, semestrali), che avrebbero permesso agli autori di avere il tempo per approfondire maggiormente l'argomento su cui si cimentavano, magari per la prima volta.
Di norma gli articoli del primo gruppo erano più corti/riassuntivi, quelli del secondo gruppo più lunghi/approfonditi.
Poi si potrebbero dividere le testate tra quelle generaliste, quindi magari con un personale meno tenuto a conoscere l'argomento "animazione", e quelle che specificatamente trattavano i media, televisione, cinema fumetto etc. etc. etc., quindi, sempre teoricamente, con autori già formati per conoscere maggiori informazioni e ricercare in quel campo più facilmente quelle che non conoscevano.
In questo post mostro un articolo presente sul numero zero de "Quaderni di Comunicazione Audiovisiva", che fa riferimento, in base al ragionamento di cui sopra, ad una testata che faceva parte contemporaneamente del gruppo che aveva più tempo per approfondire l'argomento, essendo quadrimestrale (o semestrale? non l'ho capito), ma anche a quello delle testate in tema media, quindi con autori che avrebbero dovuto conoscere meglio l'argomento dell'analisi.
L'articolo risulta di ben dodici pagine, a conferma della possibilità di queste testate di approfondimento di analizzare meglio l'argomento, e come lo analizzò Giuseppe Callegari?
Intanto lo scritto, come si intuisce dal titolo, non tocca solo i cartoni animati, ma anche i fumetti, probabilmente un tema in cui l'autore era più ferrato.
Si parte con il fumetto italiano del dopoguerra, con Tex, di cui non sono un grande esperto, quindi non saprei valutare se le considerazioni dell'autore siano nuove (almeno nel 1982/1983), a me sono parse sensate.
Piccola digressione sulla datazione degli articoli.
La quasi totale datazione dei miei articoli è corretta, ci sono dei casi, oltre a quelli dovuti ad eventuali miei errori di trascrittura, in cui datare un articolo è risultato problematico per vari fattori.
In questo caso, per esempio, l'articolo in questione è presente nel numero zero de "Quaderni di Comunicazione Audiovisiva", solo che quando il bibliotecario mi ha inviato gratuitamente lo scritto non ha saputo darmi indicazioni sulla data, ed io, sinceramente, dato che si era pure impegnato a cercarmelo, a scannerizzarlo ed inviarlo (e non si era più in periodo Covid), non me la sono sentita di tampinarlo perché ricercasse la data precisa.
Quindi, se il numero 1 è dell'inizio 1983, come si può vedere qui sopra nella scheda Opac e facendo qualche ricerca on line, il numero zero dovrebbe essere di fine 1982.
Tra l'altro non mi è ben chiara la cadenza della pubblicazione, che secondo me faceva parte di quelle che potevano essere trimestrali o quadrimestrali, comunque non a cadenza puntuale.
Quindi posso affermare che la rivista non sia stata pubblicata a metà del 1982 o a metà del 1983, ma fino ad ora non sono riuscito a capire la datazione precisa.
Torno all'articolo ^_^
Anche su Diabolik non mi esprimo, se non per il fatto che ho amici un po' più grandi di me che sono appassionati di Diabolik e non sono per nulla fascistoidi, anche se comprendo che l'autore non voleva legare la lettura del fumetto ad una ideologia politica, ma ad un genere di impostazione.
Men che meno conosco gli altri titoli citati, essendo troppo piccolo per leggerli a età degli anni 70.
Ecco... per quanto riguarda l'assenza di motivazione del protagonista di un film "di karate giapponese", dissento parecchio:
Intanto non erano film di matrice nipponica, di solito erano di Hong Kong, se l'autore si riferisce ai medesimi che guardavamo sulle tv locali private, ma soprattutto non è vero che non fossero spiegate le motivazioni del protagonista.
Secondo me da questo punto in poi temo che Callegari si stesse addentrando in una tematica a lui meno nota...
Non mi è per nulla chiaro il collegamento tra i film prima citati e i film erotici, che noi bambini, almeno teoricamente, non potevamo guardare :]
Dal punto numero 2 si parte con la trattazione "per i bambini", vediamo un po'... ^_^
Tralasciando che lo Shang-Chi del disegno era il maestro Marvel del kung fu, e non l'ho mai percepito come fantascienza, ma su Jeeg si cade in errori banali.
Intanto i nemici di Jeeg non sono extraterrestri, ma intro-terrestri, nel senso che vengono proprio da dentro la Terra, più terrestri di noi terrestri!
Jeeg/Hiroshi lo si può anche considerare un super uomo, ma, per esempio, Miwa non è super in nulla, se non per pazienza, sacrificio ed abnegazione, oltre al coraggio.
Perché l'autor non ne parla?
Perché, semplicemente ed ovviamente, non seguiva il cartone animato, quindi non lo sapeva.
Qui torniamo al discorso di avere tempo per scrivere un approfondimento e quindi, magari, cercarsi qualche episodio da vedere.
Viene di nuovo appioppato a Jeeg un nemico spaziale, nonostante il nostro robottone non abbia mai superato l'atmosfera terrestre, ma la cosa più assurda è che per l'autore in Jeeg e Goldrake affrontavano "pericoli e mali di origine indefinibile"...
Peccato che noi tutti sappiamo fin dal 1978 (Goldrake) e 1979 (Jeeg) che nel primo episodio ti veniva spiegato il perché i cattivi attaccassero i buoni, motivo che poteva anche evolvere durante il dipanarsi degli episodi, ma comunque era subito chiaro il perché...
Il punto "A" l'ho capito poco: Cazeneuve, Jean
Passo direttamente al "B", che tratta dei cartoni animati giapponesi, della struttura del "lietofine" e di "Capitan Harlock".
Dato che forse appena appena comprendo cosa si intenda per "struttura del lietofine pur non implicando una conseguenzialità della logica sociale", mi limiterò alla trama.
Ma in "Amazioniane" la "A" è privativa oppure è detto alla romanesca?
"AAAmazionianeeee, li mortacci vostri!!!"
Oppure "ama zioniane"?
Sono andato a riguardarmi il penultimo episodio di Capitan Harlock con il duello/dialogo tra il pirata e Raflesia, e non è proprio come riportato.
La regina delle (A)mazoniane non afferma che erano venute in pace, ma che avrebbero portato la civiltà ad un popolo imbelle e dissoluto per creare il Grande Regno di Mazone, c'è una certa differenza.
Raflesia chiede, effettivamente, ad Harlock perché si ostini a difendere la Terra da cui è fuggito disgustato ed avvilito (cito dall'episodio al minuto 14 e 38 secondi), ed effettivamente lui risponde che sulla Terra ci sono i fiori etc., ma clamorosamente non c'è nessuna donna che lui ama, se non la piccola Mayu, una bambina, non una donna...
Manca il perché Harlock non uccide Raflesia, perché ha il sangue rosso, è umana...
L'autore in questo caso ha cercato qualche fonte, casa che va a suo merito, si vede che la fonte non era precisissima. Non facile ai tempi recuperare un episodio specifico.
A me pare che Harlock risponda chiaramente a Raflesia, ma sarà che non mi è chiaro cosa volesse intendere l'autore al punto "B" ^_^
Siamo al punto "C".
Per l'autore il punto "C" enuncia un "male" presente in gran parte della produzione attuale di cartoni animati (giapponesi, visto che sono citati solo quelli nipponici), cioè la mancanza di una logica interna, puntando solo sull'emotività. Il cattivo non viene messo nelle condizione di non nuocere, ma "cancellato", "disintegrato", e nonostante questo ritorna sempre.
Non ho capito a quali cartoni animati ci si riferisca, in quanto non sono riportati esempi.
Non era sempre vero che i sudditi dei cattivi accettassero passivamente gli ordini, proprio in Goldrake, il primo del genere fantascientifico/robotico arrivato in Italia, alcuni cattivi sono obbligati in vari modi ad essere cattivi, può essere l'inganno o una costrizione mentale, ma comunque normalmente si sarebbero schierati contro Vega.
Anche sul versante dei buoni ci sono serie robotiche che rispondono ad organizzazioni di difesa mondiale (Baldios, Tekkaman) oppure lo scienziato di turno ha cercato di avvisare le autorità mondiali, ma è stato ignorato (Jeeg).
Quindi neppure questa affermazione corrisponde in toto al vero.
L'autore, da tutto ciò che ha enunciato fino a questo momento, non può che concordare con le preoccupazioni dei genitori sulla dannosità di Goldrake, Jeeg e Mazinger, per fortuna, però, fa un ragionamento un po' più accurato e condivisibile sulla reale pericolosità dei cartoni animati giapponesi, che sarebbero pericolosi non perché ci avrebbero fatto diventare violenti tout court, ma perché ci avrebbero defraudato dalla fantasia, se ho compreso bene il concetto.
La fantasia, comunque, non ce l'hanno tolta, anzi, un sacco di artisti di oggi lo sono diventati ispirandosi ai cartoni animati giapponesi, e quelli come me che non sono diventati artisti, trattano ancora l'argomento con un po' di fantasia ^_^
Altro pericolo dei cartoni animati giapponesi sarebbe stato che noi bambini, a forza di vedere un eroe che risolveva tutti i problemi con la forza e super poteri, da adulto avrebbe cercato di essere comandato da capi carismatici.
Tralasciando il fatto che gli adulti di alcuni decenni prima, che realmente si sottomisero a fascismo e nazismo, non videro da bambini i cartoni animati giapponesi, a distanza di parecchi decenni si può affermare che a grandi linee il timore fu errato.
Sempre che un Salvini non venga considerato un capo carismatico...
Qui mi taccio perché il tutto va oltre la mia comprensione ^_^
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