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martedì 7 agosto 2018

I Kamikaze, storia dei piloti suicidi giapponesi nella seconda guerra mondiale




TITOLO: I Kamikaze, storia dei piloti suicidi giapponesi nella seconda guerra mondiale
AUTORE: Ferdinando Castro
CASA EDITRICE: De Vecchi Editore
PAGINE: 175
COSTO: 5 €
ANNO: 1970
FORMATO: 21 cm X 15 cm
REPERIBILITA': on line
CODICE ISBN: 


Titolo ritrovato per caso ad un mercatino, mai saputo della sua esistenza, anno di pubblicazione il 1970.
Rispetto ad uno scritto attuale ha come pecca che forse le fonti storiche presenti negli archivi governativi non erano ancora tutte di dominio pubblico. Oltre al fatto che ho notato che i libri storici sul Giappone inerenti la guerra del pacifico scritti con Hirohito ancora in vita, tendono sovente a trovare una scappatoia alle responsabilità del Giappone. Come punto a favore c'è che il termine “kamikaze” nel 1970 non aveva risvolti “terroristici”, fatto che oggi ha le sue implicazioni ideologiche. Basti pensare che quando si lancia la parola “kamikaze” in un sito di libri, tanto per vedere le ultime uscite, vengono fuori solo titoli sull'estremismo islamico...
Comunque, per un maggiore approfondimento sul tema, bisogna sempre partire dal saggio di Emiko Onhuki Tierney del 2004:

Da notare che i nomi giapponesi sono sovente scritti all'italiana, era sempre il 1970, certe conoscenze non erano comuni, anche se, scrivendo un libro sul Giappone, ci si sarebbe potuti informare almeno su come andavano scritti i nomi correttamente, almeno da parte della casa editrice...

Capitolo 1: Suicidio come tattica
I suicidi di militari per danneggiare il nemico erano già stati attuati, sia nella seconda guerra mondiale che in conflitti precedenti, la differenza coi kamikaze era la volontarietà del singolo soldato e la non appartenenza ad una tattica preordinata ufficiale. In scritti successivi (in parte anche in questo) è dato per assodato che i kamikaze ebbero un qualche effetto materiale all'inizio del loro impiego, ma quando gli Usa adottarono delle tattiche specifiche di difesa, furono un massacro di piloti. Pare un po' che l'autore , invece, ne esalti l'efficienza militare, citando opinioni statunitensi secondo cui, se i giapponesi avessero usato i kamikaze fin da Pearl Harbor, gli Usa non si sarebbero ripresi dal colpo iniziale.
Non sapevo che al posto di “kamikaze” si potesse usare un altro termine, cioè “shimpu” (nel saggio scritto “scimpu”), che è un modo do verso di leggere gli stessi ideogrammi, secondo l'autore.
Nonostante che piani per l'uso di soldati in missioni suicide erano già giunti all'Alto Comando nipponico, fu solo quando Takijiro Onisci verrà promosso ad un comando nelle Filippine nell'ottobre del 1944, che i kamikaze diventarono un corpo effettivo.




Capitolo 2: Nasce il “Corpo Speciale di Attacco Kamikaze”
Viene presentato, in uno stile un po' romanzato, come il 20 ottobre 1944 nelle Filippine si arrivò alla costituzione del reparto “scimpu”, il primo formato solo da kamikaze.





Capitolo 3: L'ammiraglio Takijiro Onisci
Breve biografia di Takijiro Onisci, che si concentra di più sulla sua morte per suicidio nel momento della resa nipponica, lui era uno degli alti ufficiali che volevano proseguire il conflitto.

Capitolo 4: I kamikaze entrano in azione
Il capitolo contiene il racconto del giorno precedente al 21ottobre 1944, la data del primo attacco kamikaze. Sono riportate le testimonianze dei piloti (tramite lettere) delle due basi da cui decollarono gli aerei: Mabalacat e Cebu.
Segue la cronaca del 21 ottobre 1944, che, in realtà, vide i piloti tornare incolumi alle basi. I motivi furono vari: non individuazione delle navi nemiche; avversità meteo; bombardamento della base aerea nipponica da parte degli Usa.

Capitolo 5: Cominciano i successi delle tattiche suicide
La cronaca del primo attacco suicida andato a bersaglio, il 25 ottobre 1944, partito da Mabalacat alle ore 7,25. Risultato finale una portaerei ed un incrociatore affondati. Inizialmente il comando nipponico voleva mantenere il segreto sulle operazioni dei kamikaze,ma decisero di renderli pubblici, per sortire due effetti positivi:
Sollevare il morale della popolazione e dei militari nipponici creare il panico tra gli equipaggi de navi Usa.

Capitolo 6: Il capitano Yukio Seki: primo kamikaze
Brevissima biografia del capitano Yukio Seki, con annesso racconto sul suo stato d'animo per essere diventato un pilota kamikaze.

Capitolo 7: Il Corpo Speciale di Attacco si sviluppa: nascono gli “Ohka”
Gli alti gradi della flotta aerea nipponica erano scettici sull'efficacia degli attacchi kamikaze, ma visti i primi positivi risultati con solo 5 velivoli usati, decisero di intensificarli. Diedero quindi ordine di supportare il più possibile le unità di Onisci.
Fu istituito anche il corpo speciale “Ohka”, che prevedeva la progettazione e la costruzione di nuovi velivoli formati da una scocca in legno ed un motore a reazione, ed armati di una bomba. Il mini aereo sarebbe stato sganciato da un bombardiere in volo, ed il pilota a bordo del Ohka si sarebbe schiantato sul bersaglio. Questi velivoli dovevano raggiungere i 900 km/h, per aumentare la potenza distruttrice, ma questo implicava l'uso di piloti esperti, che sarebbe stati formati solo in alcuni mesi di addestramento.
Il nome “Ohka”, “Fiore di ciliegio”, fu scelto dallo stesso inventore del piano, il guardiamarina Hota.

Capitolo 8: L'addestramento dei nuovi piloti



I piloti kamikaze ricevevano un addestramento di volo speciale, dato che i risultati furono considerati buoni, in rapporto ai danni inflitti, si decise di non usare più piloti esperti per i voli suicidi, che erano necessari alla difesa aerea del Giappone.

Capitolo 9: Ultime azioni kamikaze nelle Filippine
La cronaca dell'ultima missione suicida partita dalle Filippine il 6 gennaio 1945.

Capitolo 10: Si ricomincia da Formosa
La cronaca degli attacchi kamikaze partiti da Formosa.

Capitolo 11: Arriva la bomba “pazza” - Le missioni “Kikusui”




       


Il 21 marzo 1945 decollò la prima missione suicida dei velivoli Ohka, che però ebbe un risultato disastroso, vennero tutti abbattuti. Il bombardiere che trasportava l'Ohka risultava troppo pesante e poco manovrabile, la pattuglia giapponese incontro aerei da caccia Usa, che li abbatterono.
Il 13 aprile 1945 la prima missione di un Ohka fu compiuta con successo, era pilotato dal tenente Saburo Dohi, ed affondò una nave statunitense.

Capitolo 12: Il kamikaze solitario
La cronaca della missione del pilota Sciogi Kanako, partito il 20 aprile 1945, ma che compì la sua missione suicida due giorni dopo.

Capitolo 13: L'ammiraglio Matome Ugaki: l'ultimo kamikaze
Appresa la decisione di Hirohito di accettare la resa indondizionata, l'ammiraglio Ugaki decise, disobbedendo al suo imperatore che per radio aveva ordinate il cessate il fuoco, di compiere esso stesso l'ultima missione kamikaze, il 15 agosto1945.

Capitolo 14: Bilancio delle missioni suicide
L'autore riporta sia i dati giapponesi che Usa sui danni inflitti dai kamikaze. Trovo più sensato rifarsi a dati recenti.

Capitolo 15: Gli americani l'operazione suicidio
Il capitolo dovrebbe dare un punto di vista statunitense sull'impatto che i kamikaze ebbero sulla guerra del pacifico, ma mi è parso poco approfondito.

Capitolo 16: Commenti e giudizi sulle tattiche e i piloti kamikaze – I superstiti
Sono riportate alcune tesi, elaborate dopo la guerra, di condanna e giustificazione per l'uso dei kamikaze. Ci sono sia fonti Usa che giapponesi, il capitolo si conclude con le testimonianze dei piloti designati ad essere dei kamikaze, ma che non partirono mai per le missioni a loro assegnate.



Ho provato a ricercare info sul web riguardo tal Takeshi (takesci) Sakura, ma, ovviamente, non ho trovato nulla... peccato.



Nel saggio sono presenti numerose foto riguardanti gli attacchi kamikaze, ma la loro qualità è abbastanza scarsa, talvolta non si fatica a capire cosa rappresentino. Per questo motivo non le ho inserite nel post.

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