TITOLO: I Kamikaze, storia dei piloti suicidi giapponesi nella seconda guerra mondiale
AUTORE: Ferdinando Castro
CASA EDITRICE: De Vecchi Editore
PAGINE: 175
COSTO: 5 €
COSTO: 5 €
ANNO: 1970
FORMATO:
21 cm X 15 cm
REPERIBILITA': on line
CODICE
ISBN:
Titolo ritrovato per caso ad un
mercatino, mai saputo della sua esistenza, anno di pubblicazione il
1970.
Rispetto ad uno scritto attuale ha come pecca che forse le fonti storiche presenti negli archivi governativi non erano ancora tutte di dominio pubblico. Oltre al fatto che ho notato che i libri storici sul Giappone inerenti la guerra del pacifico scritti con Hirohito ancora in vita, tendono sovente a trovare una scappatoia alle responsabilità del Giappone. Come punto a favore c'è che il termine “kamikaze” nel 1970 non aveva risvolti “terroristici”, fatto che oggi ha le sue implicazioni ideologiche. Basti pensare che quando si lancia la parola “kamikaze” in un sito di libri, tanto per vedere le ultime uscite, vengono fuori solo titoli sull'estremismo islamico...
Comunque, per un maggiore
approfondimento sul tema, bisogna sempre partire dal saggio di Emiko
Onhuki Tierney del 2004:Rispetto ad uno scritto attuale ha come pecca che forse le fonti storiche presenti negli archivi governativi non erano ancora tutte di dominio pubblico. Oltre al fatto che ho notato che i libri storici sul Giappone inerenti la guerra del pacifico scritti con Hirohito ancora in vita, tendono sovente a trovare una scappatoia alle responsabilità del Giappone. Come punto a favore c'è che il termine “kamikaze” nel 1970 non aveva risvolti “terroristici”, fatto che oggi ha le sue implicazioni ideologiche. Basti pensare che quando si lancia la parola “kamikaze” in un sito di libri, tanto per vedere le ultime uscite, vengono fuori solo titoli sull'estremismo islamico...
Da notare che i nomi giapponesi sono sovente scritti all'italiana, era sempre il 1970, certe conoscenze non erano comuni, anche se, scrivendo un libro sul Giappone, ci si sarebbe potuti informare almeno su come andavano scritti i nomi correttamente, almeno da parte della casa editrice...
Capitolo 1: Suicidio come tattica
Capitolo 1: Suicidio come tattica
I suicidi di militari per danneggiare
il nemico erano già stati attuati, sia nella seconda guerra mondiale
che in conflitti precedenti, la differenza coi kamikaze era la
volontarietà del singolo soldato e la non appartenenza ad una
tattica preordinata ufficiale. In scritti successivi (in parte anche
in questo) è dato per assodato che i kamikaze ebbero un qualche
effetto materiale all'inizio del loro impiego, ma quando gli Usa
adottarono delle tattiche specifiche di difesa, furono un massacro di
piloti. Pare un po' che l'autore , invece, ne esalti l'efficienza
militare, citando opinioni statunitensi secondo cui, se i giapponesi
avessero usato i kamikaze fin da Pearl Harbor, gli Usa non si
sarebbero ripresi dal colpo iniziale.
Non sapevo che al posto di “kamikaze”
si potesse usare un altro termine, cioè “shimpu” (nel saggio
scritto “scimpu”), che è un modo do verso di leggere gli stessi
ideogrammi, secondo l'autore.
Nonostante che piani per l'uso di
soldati in missioni suicide erano già giunti all'Alto Comando
nipponico, fu solo quando Takijiro Onisci verrà promosso ad un
comando nelle Filippine nell'ottobre del 1944, che i kamikaze
diventarono un corpo effettivo.
Capitolo 2: Nasce il “Corpo Speciale di Attacco
Kamikaze”
Viene presentato, in uno stile un po'
romanzato, come il 20 ottobre 1944 nelle Filippine si arrivò alla
costituzione del reparto “scimpu”, il primo formato solo da
kamikaze.
Capitolo 3: L'ammiraglio Takijiro Onisci
Breve biografia di Takijiro Onisci, che
si concentra di più sulla sua morte per suicidio nel momento della
resa nipponica, lui era uno degli alti ufficiali che volevano
proseguire il conflitto.
Capitolo 4: I kamikaze entrano in azione
Il capitolo contiene il racconto del
giorno precedente al 21ottobre 1944, la data del primo attacco
kamikaze. Sono riportate le testimonianze dei piloti (tramite
lettere) delle due basi da cui decollarono gli aerei: Mabalacat e
Cebu.
Segue la cronaca del 21 ottobre 1944,
che, in realtà, vide i piloti tornare incolumi alle basi. I motivi
furono vari: non individuazione delle navi nemiche; avversità meteo;
bombardamento della base aerea nipponica da parte degli Usa.
Capitolo 5: Cominciano i successi delle tattiche
suicide
La cronaca del primo attacco suicida
andato a bersaglio, il 25 ottobre 1944, partito da Mabalacat alle ore
7,25. Risultato finale una portaerei ed un incrociatore affondati.
Inizialmente il comando nipponico voleva mantenere il segreto sulle
operazioni dei kamikaze,ma decisero di renderli pubblici, per sortire
due effetti positivi:
Sollevare il morale della popolazione e
dei militari nipponici creare il panico tra gli equipaggi de navi
Usa.
Capitolo 6: Il capitano Yukio Seki: primo kamikaze
Brevissima biografia del capitano Yukio
Seki, con annesso racconto sul suo stato d'animo per essere diventato
un pilota kamikaze.
Capitolo 7: Il Corpo Speciale di Attacco si
sviluppa: nascono gli “Ohka”
Gli alti gradi della flotta aerea
nipponica erano scettici sull'efficacia degli attacchi kamikaze, ma
visti i primi positivi risultati con solo 5 velivoli usati, decisero
di intensificarli. Diedero quindi ordine di supportare il più
possibile le unità di Onisci.
Fu istituito anche il corpo speciale
“Ohka”, che prevedeva la progettazione e la costruzione di nuovi
velivoli formati da una scocca in legno ed un motore a reazione, ed
armati di una bomba. Il mini aereo sarebbe stato sganciato da un
bombardiere in volo, ed il pilota a bordo del Ohka si sarebbe
schiantato sul bersaglio. Questi velivoli dovevano raggiungere i 900
km/h, per aumentare la potenza distruttrice, ma questo implicava
l'uso di piloti esperti, che sarebbe stati formati solo in alcuni
mesi di addestramento.
Il nome “Ohka”, “Fiore di
ciliegio”, fu scelto dallo stesso inventore del piano, il
guardiamarina Hota.
Capitolo 8: L'addestramento dei nuovi piloti
Capitolo 9: Ultime azioni kamikaze nelle Filippine
La cronaca dell'ultima missione suicida
partita dalle Filippine il 6 gennaio 1945.
Capitolo 10: Si ricomincia da Formosa
La cronaca degli attacchi kamikaze
partiti da Formosa.
Capitolo 11: Arriva la bomba “pazza” - Le
missioni “Kikusui”
Il 21 marzo 1945 decollò la prima
missione suicida dei velivoli Ohka, che però ebbe un risultato
disastroso, vennero tutti abbattuti. Il bombardiere che trasportava
l'Ohka risultava troppo pesante e poco manovrabile, la pattuglia
giapponese incontro aerei da caccia Usa, che li abbatterono.
Il 13 aprile 1945 la prima missione di
un Ohka fu compiuta con successo, era pilotato dal tenente Saburo
Dohi, ed affondò una nave statunitense.
Capitolo 12: Il kamikaze solitario
La cronaca della missione del pilota
Sciogi Kanako, partito il 20 aprile 1945, ma che compì la sua
missione suicida due giorni dopo.
Capitolo 13: L'ammiraglio Matome Ugaki: l'ultimo
kamikaze
Appresa la decisione di Hirohito di
accettare la resa indondizionata, l'ammiraglio Ugaki decise,
disobbedendo al suo imperatore che per radio aveva ordinate il
cessate il fuoco, di compiere esso stesso l'ultima missione kamikaze,
il 15 agosto1945.
Capitolo 14: Bilancio delle missioni suicide
L'autore riporta sia i dati giapponesi
che Usa sui danni inflitti dai kamikaze. Trovo più sensato rifarsi a
dati recenti.
Capitolo 15: Gli americani l'operazione suicidio
Il capitolo dovrebbe dare un punto di
vista statunitense sull'impatto che i kamikaze ebbero sulla guerra
del pacifico, ma mi è parso poco approfondito.
Capitolo 16: Commenti e giudizi sulle tattiche e i
piloti kamikaze – I superstiti
Sono riportate alcune tesi, elaborate
dopo la guerra, di condanna e giustificazione per l'uso dei kamikaze.
Ci sono sia fonti Usa che giapponesi, il capitolo si conclude con le
testimonianze dei piloti designati ad essere dei kamikaze, ma che non
partirono mai per le missioni a loro assegnate.
Ho provato a ricercare info sul web riguardo tal Takeshi (takesci) Sakura, ma, ovviamente, non ho trovato nulla... peccato.
Nel saggio sono presenti numerose foto riguardanti gli attacchi
kamikaze, ma la loro qualità è abbastanza scarsa, talvolta non si fatica
a capire cosa rappresentino. Per questo motivo non le ho inserite nel
post.
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