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lunedì 7 luglio 2014

"Lacrime giapponesi" - articoli de La Stampa (1979 e 1980), l'Unità (1981) e Il Giorno (1979)




Dopo la violenza, la stupidità, il pessimo disegno, l'uso del computer, lo sfruttamento commerciale, e di certo tralascio qualche altro peccato mortale (basta cercare nell'Emeroteca anime), l'altra accusa mossa contro i "cartoni animati giapponesi" erano le lacrime. Cartoni pieni di piagnistei, che facevano leva su buoni sentimenti e tragedie varie per commuovere i poveri piccoli telespettatori e tenerli appiccicati davanti alla televisione.
E quali erano i campioni delle lacrime della prima invasione degli anime?
Oltre alla stupenda Heidi gli eponimi dell'apparato lacrimale erano di certo "Anna dai capelli rossi" (a cui si riferisce l'articolo sopra), Remì e Candy Candy.
Mentre se per Heidi ed Anna i giornalisti toppavano alla grande, visto che a punti anche commoventi, non piagnistei immotivati, si opponevano tante puntate piacevoli, per Remì e Candy non è che avessero tutto questo torto. Infatti, personalmente, Remì non l'ho mai praticamente visto, e Candy l'abbandonai al suo destino quando iniziò a fare l'infermiera. E forse è questo l'errore che molti giornalisti commisero in questi articoli, pensare che un bambino o una bambina non potessero scegliere, cosa che, invece, facevamo tutti i santi pomeriggi.
Un altro aspetto che proprio i giornalisti non compresero, però non era facile arrivarci con le inforamzioni disponibili al momento (anche se una bella intervista a qualche autore giapponese avrebbe potuto svelare il mistero), è che il genere "World Masterpiece Theater" (o Meisaku) non era indirizzato al pubblico occidentale, ma era nato per regalare ai bambini nipponici delle storie dal gusto "orientale", infatti i giapponesi nutrono per noi europei e la nostra storia lo stesso fascino che noi nutriano verso di loro.
Remì attirò molte più attenzioni rispetto a Candy, anche perchè veniva trasmesso dalla Rai, oltre ad un articolo già postato in precedenza ("Allegri che c'è da piangere") qui presento due articoli, uno de La Stampa e l'altro de Il Giorno, entrambi del 1979.
L'articolo su Anna è sempre de La Stampa (1980) e quello su Candy è de l'Unità (1981).
Non tutti questi quattro articoli sono contro i personaggi che presentano, il soggetto giapponese serve solo per riflettere sul tipo di televisione che veniva proposta ai bambini.
Entrambi gli articoli su Remì sono delle anticipazioni, a dimostrazione di quanto interesse c'era al tempo, il primo fu pubblicato su La Stampa il 4 agosto 1979.




Il giornalista parte con la sinossi della prima puntata, tanto per far notare quanto sia sfigato questo Remì.







Viene giusto accennata la questione della trasmissione televisiva in 3D, di cui si può leggere in questo articolo (Allegri che c'è da piangere).




Il 14 settembre 1979 il quotidiano Il Giorno (terzo come tiratura nazionale) se ne esce con un'altra anticipazione autunnale.





Anche qui si annuncia la novità della trasmissione in 3D grazie alle lenti polarizzate, però una cosa che non diceva nessuno era che bisognava avere per forza la telvisione a colori, perché col bianco e nero, ammesso che colore funzionasse (cosa di cui ho parecchi dubbi), sarebbero mancati i tre colri da polarizzare...
Le polemiche partono già prima della trasmissione del cartone, e Dara Kotnik (che per il resto non è che scriva un articolo virulento) si chiede se i bambini abbiano gusti infantili, ma se eravamo bambini forse un po' infantili eravamo...







Mi chiedo perchè solo i cartoni animati giapponesi erano accusati di consumismo, i prodotti legati a quelli statunitensi o italiani erano gratis?
Goldrake, però, non era tratto da un libro i cui diritti erano scaduti, almeno l'autrice fa notare che era una prassi utlilizzata anche dagli occidentali.






Alla fine l'articolo non è per nulla accusatorio.





Il 25 ottobre 1980 sempre La Stampa anticipava la programmazione di "Anna dai capelli rossi", questa volta l'ignoto giornalista ci va giù un po' duro, nonostanet il breve articolo: "... questi cartoons rappresentano un brutto passo indietro, una cattiva imitazione del peggiore Walt Disney".
L'espressione di Anna Shirley la dice lunga sull'affermazione di "u. bz.".



Il quarto articolo fu pubblicato su l'Unità il 6 giugno 1981, ed in realtà, pur avendo nel titolo Candy Candy, si dilunga sulla programmazione televisiva per bambini, ma le lacrime restano il marchio di fabbrica giapponese. Viene annunciata la serie animata "Marco - dagli Appenini alle Ande" di De Amicis.
"Ma i bambini non hanno scelta", invece la scelta l'avevamo, andavamo a giocare quando il cartone non ci piaceva.








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