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domenica 22 dicembre 2013

Il cosplay, tra immaginazione e realtà sociale



TITOLO: Il cosplay, tra immaginazione e realtà sociale
AUTORE: Rebecca Adami
CASA EDITRICE: Marco Del Bucchia Editore
PAGINE: 140
COSTO: 12 €
ANNO: 2009
FORMATO: 20cm X 12cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN: 9788847103818

Il saggio di Rebecca Adami è stato pubblicato nel 2009, presentato alla fiera di Lucca del 2010, che visitai, ma la cui presentazione mi persi. Proprio nel senso che mi persi del tutto la pubblicazione del libro... ho scoperto la sua esistenza nel 2012 e son riuscito a recuperarlo solo a Lucca nel 2013... a chi fosse interessato alla lettura consiglio la spedizione a casa tramite l'acquisto sul sito della casa editrice, che è così piccola che non viene distribuita fuori dalla sua zona, non di certo a Milano.
Premesso ciò questo è uno dei pochi libri che affronta la tematica cosplay ( Saggistica cosplay ), ed in maniera inusuale si propone in contrapposizione (non violenta) con la tesi di un altro saggio sul cosplay, quello di Luca Vanzella (Cosplay Culture, fenomenologia dei costume players italiani).
Secondo Vanzella (il cui libro ho letto quando fu pubblicato, ma che oggi non ricordo nei particolari) il cosplay è a tutti gli effetti una sottocultura, mentre per la Adami ciò non può essere affermato per il cosplay italico.
A questo scopo l'autrice sviscera il significato delle parole “cultura” e “sottocultura”, e dei contesti in cui sono usate, rammentandoci, tra l'altro, che per greci e latini la parola “persona” significava “maschera”. I termini “cultura-persona-maschera” sono, assieme a “gioco”, la base del cosplay”.
Il secondo capitolo riepiloga la storia della nascita del cosplay in Giappone, e del suo sbarco in Italia, soffermandosi sulle differenze esistenti nel fare cosplay tra le due nazioni. Nella parte finale del capitolo l'autrice spiega le varie fonti a cui ha attinto ( "Cosplay culture""100 % cosplay" più il web), e come ha proceduto “sul campo”, cioè alle fiere del fumetto, a cui va sommata la distribuzione (sia tramite web che ad una fiera) di un questionario e qualche intervista dal vivo.
Dopo i primi due capitoli introduttivi il terzo entra nel merito del tema del saggio, partendo dalla sua base: il costume.
L'autrice illustra quale sia la funzione sociale dei normali abiti che indossiamo nella quotidianità, passando alla spiegazione dello scopo di “travestirsi” col cosplay. Il costume del cosplayer sospende momentaneamente il suo ruolo sociale, sostituendolo con il personaggio “recitato”.
Sono vagliate le differenze/similitudini tra cosplay e carnevale, arrivando alla conclusione che il cosplay assomiglia al carnevale primordiale, quello in onore di Saturno, mentre è differente da quello odierno, che implica solo mettersi un costume per andare ad una festa o fare casino.
La domanda a cui l'autrice cerca di rispondere (anche tramite i questionari posti ai cosplayers) è se il cosplayer, tramite il suo costume, cerchi di sfuggire ad una società falsa, che ti impone un ruolo non sentito, mettendo in stand-by il proprio io durante la sua recita. Un'altra funzione del cosplay è socializzare, conoscere altre persone (grazie al web e alle fiere del fumetto) che condividano la medesima passione, persone al di fuori della propria consueta cerchia di amici non appassionati di anime e manga.
Fino a questo punto del saggio è stato analizzato il costume, ora l'attenzione si focalizza sull'aspetto ludico, il “play” di cosplay, il giocare a recitare un personaggio. E' toccata la questione, talvolta problematica, dei contest, cioè delle gare, che in parte ha causato un certo mutamento peggiorativo della filosofia originale del cosplay.
Interessante la scelta di come mostrarci i cosplayers, pubblicando sia la foto in costume che da civile, affiancato da una breve nota autobiografica della protagonista.
Purtroppo questa parte il libro presenta degli errori di impaginazione e pubblicazione (già notati in alcuni refusi), che hanno causato eliminazione di due foto di cosplayers e ripetuto una testimonianza, ma senza la foto. Ovviamente queste mancanze e questi refusi di stampa sono da addebitarsi all'editore.
Nell'ultimo capitolo si affronta la questione che l'autrice aveva accennato nell'introduzione: il cosplay è una sottocultura?
Una caratteristica di una sottocultura è “divergere dall'ideologia dominante”, mentre i cosplayers vedono la propria passione solo come un hobby socializzante, non contestatario. Questo non implica che siano persone che non contestino la società, ma, se lo fanno, si oppongono in altre forme. Inoltre i cosplayers desidererebbero che la società comprendesse la loro passione. Quindi il cosplay in Italia non può essere considerato una sottocultura, mentre lo è in Giappone, e l'autrice ne spiega il motivo.
Il saggio della Adami, nonostante la sua brevità, resta interessante, si concentra sulla tematica che vuole spiegare, riuscendoci bene. Ovviamente un maggiore approfondimento ne avrebbe esaltato il valore, resta una buona lettura per chi voglia approfondire il tema cosplay.



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