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lunedì 11 marzo 2019
"L'anno di Goldrake, ovvero la negazione del presente", di Roberta Ascarelli - "Riforma della Scuola" n° 5 maggio 1979
L'isteria mediatica collettiva scatenata nell'aprile 1980 nacque da una lettere di protesta da parte di 600 genitori di una scuola imolese (assieme ai risultati dello Studio Mesomark/Rai), ma quella non fu la prima occasione in cui la scuola italiana si occupò di Goldrake e soci.
Nel maggio 1979 uno dei tanti (non pensavo ne pubblicassero un numero così alto) periodici inerenti la scuola, dedicò ai cartoni animati giapponesi un paio di pagine all'interno del suo focus "Tv Scuola".
La pubblicazione si chiamava "Riforma della scuola: rivista mensile diretto da Lucio Lombardo e Mario Spinella", e l'articolo è di un anno prima rispetto alle polemiche dell'aprile 1980.
Il presente articolo non ebbe grossi riscontri sulla carta stampata, quindi, non essendo stato ripreso da nessuna testata, non suscitò alcun dibattito, forse perché è un serio articolo di analisi, che cerca di valutare il rapporto tra programmi televisivi e bambini.
Mi pare corretto segnalare che lo scritto non aveva lo scopo di scatenare la censura verso gli anime, essendo questo rivolto ai colleghi insegnanti e composto da una terminologia non alla portata di tutti.
Fu un lodevole tentativo, non accusatorio, di comprendere un nuovo fenomeno, che avrebbe modificato per sempre l'immaginario di tutti i bambini fino ad oggi.
L'autrice si rese conto, un anno prima dei 600 genitori di Imola, che qualcosa era cambiato rispetto ai precedenti programmi per ragazzi, in cui inserisce anche Heidi, assieme a Carosello e Sandokan.
Trovo curioso, infatti, che Heidi venga inclusa nel trittico di in una fruizione della televisione vecchio stile, pur essendo un cartone animato giapponese
Interessante anche che consideri "Atlas Ufo Robot" ed "Happy Days" facenti parte del medesimo tipo di programma che generò "la negazione del presente", come recita il titolo dell'articolo.
Mi resta difficile commentare nello specifico le considerazione su questa "negazione del presente", ho provato a rileggerne la spiegazione più volte, ma non sono certo di aver compreso, per miei limiti, cosa intendesse Roberta Ascarelli.
Se non ho compreso male, le favole e le fiabe raccontavano al bambino un mondo lontano da quello che viveva ogni giorno, mentre non capitava la medesima cosa con questi nuovi programmi.
"Actarus o Fonzie non sono come Pollicino...", così Roberta Ascarelli comincia a spiegare il suo punto di vista sulla diversità con le favole.
In pratica queste due serie raccontavano ai bambini un mondo reale ed attuale, non fantastico e lontano come quello delle favole.
Ma è qualche rigo più sotto che l'autrice mi sorprende.
Pensavo che quel "Actarus o Fonzie non sono come Pollicino..." fosse il preludio ad una serie di accuse sulla diseducatività di tali programmi, invece "Atlas Ufo Robot" e "Happy Days" vengono scagionati, anzi, si taccia come "sociologia da fine '800" le critiche moraliste e censorie rivolte a questi programmi.
Secondo l'analisi della Ascarelli sarebbero stati i genitori a sentirsi minacciati dai nuovi programmi, in quanto non in grado di comprendere linguaggio e tematiche raccontate.
Al termine della terza colonna, purtroppo, si possono leggere le prime imprecisioni:
"Manca totalmente una struttura logica: non si capisce infatti il perché dell'invasione della Terra, né la strategia degli abitanti di Vega che inviano contro di noi un mostro solo..."
Penso che l'unica che non avesse compreso perché la Terra, e il Giappone in particolare, venisse attaccata da Vega fosse solo l'autrice.
Devo specificarlo? >_<
Il pianeta Vega stava per diventare inabitabile, e il loro Re cercava una patria sostitutiva.
Il Giappone veniva attaccato in quanto vi risiedeva Goldrake.
Il fatto che Vega non inviasse 10 mostri contemporaneamente aveva creato qualche dubbio pure ai noi bambini, sarebbe bastato chiedercelo ^_^
Spiazzante l'ultimo dubbio dell'autrice:
"... non si capisce infine - ed è la lacuna più grossa - come faccia l'eroe a trasformarsi in Goldrake - il robot - senza perdere la sua identità umana.".
Intanto Actarus non era umano... e poi non si trasformava in robot... pilotava un robot...
Stante che l'autrice non mi è parsa avere dei preconcetti verso i cartoni animati giapponesi, però mi chiedo come si potesse fare una analisi tanto seria, se non si aveva compreso la trama dell'anime...
Il problema è che a questo punto l'autrice se ne parte per la tangente con tutta una pappardella filosofico-sociologica, che ha come presupposto che Actarus diventava un robot... ma nessuno di noi bambini ha mai pensato questo...
Actarus non era Hiroshi Shiba, che si trasformava in Jeeg robot d'acciaio, Actarus pilotava Goldrake!
Infatti viene subito citato Geeg Robot (sic...), cartone animato "privo di originalità nelle situazione e nei personaggi"...
Ed è qui che noto un po' di confusione... prima si afferma che Actarus si trasforma in robot, mentre a questo punto si spiega che il principe di Fleed "si incarna in Goldrake conservando la sua identità".
Ovviamente le due affermazioni non possono essere entrambe corrette...
Riguardo a Jeeg, se è palese che Hiroshi si trasformi da umano ad androide e poi in robot, solo chi non ha seguito con attenzione anche una sola puntata può pensare che il ragazzo perdesse in umanità, basterebbe chiedere alla povera Miwa, che gli fa da balia ad ogni episodio... ^_^
Mi ha sorpreso anche che per l'autrice gli unici due programmi che potevano causare la "negazione del presente" fossero "Atlas Ufo Robot" ed Happy Days", mentre i successivi anime, tra cui Capitan Harlock e Jeeg, erano solo mere imitazioni senza il medesimo potere.
L'allusione agli appelli alle commissioni parlamentari derivarono da questo articolo:
"Un ministero per Goldrake", di Silverio Corvisieri - "La Repubblica" 7/8 gennaio 1979
La sua conclusione, secondo cui Harlock, Jeeg e soci non provocheranno le polemiche nate per Goldrake, si dimostrerà errata nell'arco di un solo anno.
Detto tutto ciò, e sottolineati quelli che secondo me furono degli errori, non c'è dubbio che Roberta Ascarelli tentò un minimo di analisi, più di quello che fecero e faranno tanti altri commentatori.
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