TITOLO: Diplomatici allo sbaraglio
AUTORE: Ettore Baistrocchi
CASA
EDITRICE: Guida Editori
PAGINE: 205
COSTO:10€
PAGINE: 205
COSTO:10€
ANNO: 1983
FORMATO:
22 cm X 14 cm
REPERIBILITA': on line
CODICE
ISBN: 8870423360
Il libro di Ettore Baistrocchi, che nel
1942 era Console Generale d'Italia a Osaka-Kobe, ci racconta cosa
avvenne alla delegazione dell'ambasciata italiana in Giappone quando,
l'8 settembre 1943, si rifiutarono di aderire al governo di Salò, e
quindi non essere più alleati del Giappone.
E' questo un piccolo fatto storico di
italiani nella terra del Sol Levante che non conoscevo. Non che nelle
200 pagine dello scritto siano riportati chissà quali segreti, ma,
tranne in alcune sue parti, è stato comunque interessante leggerlo.
Semplificando, come esiste la narrativa
di viaggio, questa potrebbe essere una narrativa di prigionia, anche
se il termine “prigionia” mi pare un po' esagerato, viste le
condizioni dei 47 italiani. Anche i termini “campo di
concentramento” o “internati” presenti nel libro mi sono
sembrati non corretti, direi che il personale dell'ambasciata e le
loro famiglie vissero come dei “confinati”.
E qui viene la parte del libro che ho
trovato un po' stucchevole, cioè quando l'autore si lamenta delle
condizioni di vita nei due luoghi in cui vennero confinati. Non dico
che vivessero bene, ma, per esempio, non è riportata la morte di
nessuno dei “prigionieri”, e chiunque abbia letto qualcosa su
come i giapponesi “accudivano” i loro prigionieri, si rende conto
che la vita dei 47 “ronin italici”, fu comunque privilegiata.
Bisogna partire dal presupposto che
Baistrocchi e compagni erano abituati ad una vita di lussi (alcuni
provenivano da famiglie nobili), quindi dover zappare la terra o fare
il bucato, per quanto messi in condizioni non agevoli, erano attività
che loro consideravano un dramma. Si legge dell'autore che si lamenta
di avere le mani piene di calli e tagli per il lavoro manuale... c'è
gente che fa lavori manuali tutta la vita...
Se, per esempio, al loro posto fossero stati messi altri italiani di ceto più umile, non credo che questi ultimi avrebbero trovato poi tanta differenza dalla vita che facevano tutti i giorni nel 1940...
Va precisato, però, che i confinati,
specialmente i bambini del campo, soffrirono di malnutrizione e vari
malanni.
Ci sarebbe poi da fare tutti il discorso sul fatto che, fino all'8 settembre 1943, tutti questi funzionari dello Stato fascista si prendevano senza fiatare utili e vantaggi della loro posizione, mentre, altri italiani, avevano fatto scelte diverse, pagandone care le conseguenze.
Ci sarebbe poi da fare tutti il discorso sul fatto che, fino all'8 settembre 1943, tutti questi funzionari dello Stato fascista si prendevano senza fiatare utili e vantaggi della loro posizione, mentre, altri italiani, avevano fatto scelte diverse, pagandone care le conseguenze.
Tolti questi due aspetti, lo scritto
risulta comunque interessante, anche se io speravo di leggere
maggiori informazioni sull'interazione tra diplomatici italiani e le
guardie giapponesi, di cui l'autore parla sempre male. Si vede che
ovunque i giapponesi vennero messi a fare da guardia a dei
prigionieri, il loro comportamento risultò, come minimo, meschino,
ed in casi più tragici di questo, divenne mostruoso. Comunque questi
racconti sono presenti, ma solo di contorno alla cronaca della vita
dei protagonisti.
Il libro inizia con il racconto della
partenza per il Giappone, la vita diplomatica nella nuova realtà,
fino al momento in cui i giapponesi, in fregio al diritto
internazionale, rinchiusero i 47 italiani facenti riferimento
all'ambasciata italiana.
La parte più corposa del libro.
Ovviamente, contiene i racconti del “confinamento” nei due luoghi
in cui vissero, Tamagawa (7 m da Tokyo) e Kemanai (400 km da Tokyo).
A Tamagawa vissero per quasi tutti i
due anni del loro confinamento, ma nel giungo del 1945, a causa dei
sempre più potenti bombardamenti alleati, vennero spostati a
Kemanai, fino alla loro liberazione.
Nel libro sono presenti alcuni capitoli
“riempitivi”, in cui l'autore si sofferma su alcune figure
storiche, tipo la spia Sorge o il generale Mac Arthur. Il capitolo su
Sorge prende spunto dal fatto che uno dei confinati, quando vivevano
ancora liberi in Giappone, venne arrestato ed interrogato per tre
giorni come sospetta spia.
Ci sono anche accenni alla vicenda,
molto più drammatica, che vissero i Maraini, e che venne a
conoscenza di questi 47 italiani durante il loro confinamento.
Per quanto la vita di Baistrocchi e
soci potesse non essere agevole, non vissero mai in pericolo di vita,
ne è un esempio il racconto di quando uno di loro riuscì ad inviare
una lettera di protesta al ministero degli esteri giapponese(!) per
denunciare la loro condizione di vita e di “prigionia”
(completamente fuori legge per dei diplomatici). I giapponesi non la
presero bene, la sanzione per i colpevoli furono 5 giorni chiusi in
stanza a pane ed acqua, e la punizione per la comunità fu
l'eliminazione del “Japan Times”...
Quando si trattò di evacuare gli italiani da Tamagawa, i giapponesi non imposero la decisione, ma chiesero il loro consenso, forse le autorità nipponiche già si immaginavano dopo la guerra a dover rispondere di aver confinato dei diplomatici, che venne solo dopo che i giapponesi accettarono di trasportare anche tutte le casse coi loro beni, centinaia di casse!
Dato che mi sono permesso di criticare alcuni tratti del libro, mi pare giusto riportare la premessa dell'autore.
Per quanto i 47 ronin italici potessero considerare drammatica la loro vicenda, non mi ricordo di altri "prigionieri" di giapponesi che si fanno fotografare tutti assieme, anche perché tutti vivi non ci arrivavano di certo...
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