TITOLO: Venti parole da un
altro mondo
AUTORE: Bruno Picozzi
CASA EDITRICE: Aracne Editrice
PAGINE: 217
COSTO: 15 €
ANNO: 2013
FORMATO: 21 cm X 14 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di
Milano
CODICE ISBN: 9788854859760
Riporto subito ciò
che scrive Bruno Picozzi nella premessa riguarda al suo libro:
“...i capitoli
seguenti non vogliono essere un trattato esaustivo sulla mentalità e
sulla cultura dei giapponesi – non basterebbe un'enciclopedia –
ma solo una collezione documentata di immagini, opinioni e punti di
vista, messi insieme con perizia giornalistica, senza alcuna pretesa
di assoluto. Il mio non è un ragionamento perfetto ma un racconto
veritiero, una rappresentazione pertinente della realtà che troverà
d'accordo alcuni, in disaccordo altri.”
Il libro non è
brutto, fa parte di quella categoria di saggistica più o meno
sociologica che offre una panoramica allargata di ciò che
maggiormente noi consideriamo caratteristico del Giappone e dei
giapponesi. Ci sono, però, dei punti (a mio avviso) che non sono
molto “una collezione documentata di immagini, opinioni e punti di
vista, messi insieme con perizia giornalistica”, paiono un po'
buttati lì a caso, senza troppa perizia o documentazione
giornalistica.
Il fastidio più
grosso che mi ha trasmesso la lettura del libro (a parte qualche
errore grossolano che si poteva evitare) è quando durante
l'esposizione di un argomento per me interessante si salta ad altri
argomenti, che hanno scarso nesso col titolo del capitolo, o con ciò
che si era appena letto. Sui forum on line si chiamerebbe Off Topic,
ecco, Bruno Picozzi su un forum rischierebbe sovente il ban.
E' vero che il
taglio del libro è giornalistico, 20 scorrevoli articoli
giornalistici, ed è anche un pregio, ed è anche vero che qualche
cavolata la scriviamo tutti (io per primo), ma in alcuni casi ho
avuto l'impressione che siano riportate opinioni altrui senza
conoscere bene gli argomenti.
Sconsiglio il libro
ai megafan(atici) del Giappone, coloro che considerano il paese del
Sol Levante il luogo più bello del pianeta, e i giapponesi il popolo
eletto, perché giustamente l'autore ne illustra anche i lati
negativi, e le storture della sua società.
Secondo me il libro
va letto come spunto per poi approfondire gli argomenti che più ci
interessano.
Capitolo 1
Arigato o
dell'amabilità
Un esempio di come è
strutturato il libro lo si ha fin dal primo capitolo, che partirebbe
dall'usanza giapponese di ringraziare sempre sentitamente il
prossimo, ma poi si passa alla Rivoluzione Meiji, al bullismo
lavorativo e scolastico, fino alla questione delle “Confort Woman”
e dei zainichi coreani.
A pagina 23 è
riportata una statistica che può essere utile a quelle persone che
sognano di trasferirsi a studiare e poi a lavorare in Giappone: nel
2008 solo 11 mila dei 130 mila studenti stranieri usciti dalle varie
scuole giapponesi avevano trovato lavoro in Giappone.
In pratica il
Giappone non incentiva in nessun modo la stabilizzazione
professionale di queste persone, cercando, invece, di sbarazzarsene.
Il capitolo, a mio
avviso, piuttosto che sul “arigato” è incentrato
sull'accoglienza verso gli stranieri.
Capitolo 2
Banzai o della fede
Uno sguardo, anche
sul versante storico (compreso il periodo militarista), della
religione shintoista. Viene toccata la questione delle responsabilità
storico/penali del tenno Hirohito. In generale il capitolo si
sofferma sul ruolo dell'imperatore nel Giappone moderno, e di come e
quanto (pare assai poco) la popolazione percepisca questo ruolo. Si
accenna anche al partito religioso “Kofuku Jitsugen-to”, che nel
suo programma politico promette la felicità(...).
Capitolo 3
Kamikaze o della
ponderazione
Il capitolo pare che
parta con la storia dei Kamikaze durante la seconda guerra mondiale,
compresa la sanguinosa battaglia di Okinawa, ma poi vira sulla
convivenza tra gli abitanti di Okinawa e soldati statunitensi delle
numerose basi presenti sull'isola (noi italiani ne sappiamo qualcosa,
tipo il Cermis...).
Capitolo 4
Samurai o
dell'effimero
Il capitolo inizia
spiegandoci che i ninja non erano quelli dell'iconografia attuale in
film e fumetti, ma incaricati di raccogliere informazioni, semplici
spie. Si passa quindi ai samurai e al bushido.
Capitolo 5
Sudoku o della
naturalezza
Il capitolo prende
spunto dal sudoku (di cui viene raccontata origine i significato del
nome) per raccontare del rapporto tra i giapponesi e la natura, e
successivo passaggio quasi obbligato a bonsai, ikebana, giardino zen,
origami e i ciliegi in fiore (hanami). Il capitolo è un po'
metafisico, per questo non l'ho capito tanto, a parte la spiegazione
del sudoku!
Capitolo 6
Shinkansen o
dell'orgoglio
Quando nel 1964 in
Italia un Intercity era un sogno futuristico, in Giappone
inauguravano il primo percorso dello Shinkansen, e noi siamo rimasti
fino a poco tempo fa agli Intercity... Il capitolo esalta,
giustamente, le tratte ferroviarie giapponesi ad alta velocità,
senza dimenticare di informare il lettore che il biglietto costa
caro: circa 120 euro per una tratta tipo Roma-Bologna.
L'autore illustra
anche la guerra commerciale dell'alta velocità tra il Giappone (una
volta unico protagonista del mercato asiatico) e la Cina.
Capitolo 7
Salaryman o della
felicità
Il salaryman è il
soggetto del capitolo, ed è anche statisticamente il soggetto che
più spesso decide di suicidarsi. Tra gli adulti dai 20 ai 40 anni il
suicidio è la prima causa di morte. Il salaryman è la figura
professionale che ha creato il successo industriale ed economico, ma
è anche l'anello più debole, chi non riesce a piegarsi sotto al
peso del lavoro (o della sua assenza) si spezza suicidandosi, o muore
vittima del karoshi. Negli ultimi 20 anni in Giappone si sono
suicidate abbondantemente più di 500 mila persone, di tutte le fasce
di età e ceti sociali, ma per i governi sono solo scelte personali.
Il ritmo di vita indiavolato e massacrante dei salaryman non inizia
col lavoro, ma con l'inizio della scuola, per questo il suicidio in
età scolastica non è più una notizia.
Capitolo 8
Hikikomori o della
sconfitta
Oltre a spiegare la
problematica hikikomori ( Hikikomori ) l'autore riporta la storia della
giovane Arika. Il capitolo è fatto bene, per esempio si spiega la
“sindrome del compagno di merenda” o “benjo-meshi” (“riso
al cesso”). In pratica all'ora di pranzo una parte degli studenti,
piuttosto che affrontare lo stress di mangiare con degli sconosciuti,
si rifugiano in bagno per consumare la “schiscetta”. Stranamente
l'autore non cita mai il bullismo (ijime) come causa scatenante della
scelta di fare hikikomori, nonostante citi l'anime “Welcome NHK”,
probabilmente lo nomina senza averlo visto.
Capitolo 9
Manga o della
passione
Il capitolo dal
titolo “Manga” contiene anche il tema “anime”, e questo,
assieme a ciò che ho letto riguardo alla serie “Welcome NHK” nel
capitolo precedente, mi fa ipotizzare che l'autore non sia un
appassionato di animazione. Non che denigri i manga o gli anime, e
neppure i i fan, ma si possono leggere alcune imprecisioni, oltre a
poco trasporto nello scritto. Per esempio l'autore scrive che in
Giappone si vedono cosplayers (ma usa il termine “cosplay” per
indicare chi lo fa) che vanno al supermercato in costume. Per quello
che ho letto io i cosplayers giapponesi (come quelli di tutto il
mondo) si recano “vestiti da” solo alle manifestazioni a tema, o
a qualche raduno specifico in spazi pubblici. Riguardo alle dojinshi
afferma che in Giappone il giro di affari di questo genere di manga
sia di 3 miliardi di euro!!! Forse un refuso? Visto che la cifra di 3 miliardi di euro mi è parsa stratosferica (in yen farebbe 422 miliardi!), ho fatto una breve ricerca sul web, e ho trovato un articolo su Animeclick che trasmette l'idea delle cifre del mercato delle dojinshi:
Toranoana la catena di doujinshi non conosce crisi
Toranoana la catena di doujinshi non conosce crisi
Dispiace che,
piuttosto che approfondire i tanti manga ed anime di valore
artistico, l'autore passi subito ai temi più scabrosi, come manga
ed anime a sfondo sessuale. Non che il genere non esista, ma c'è
anche altro.
Capitolo 10
Geisha o della
signorilità
Non poteva mancare
l'argomento “geisha”, che personalmente non mi ha mai
affascinato. Picozzi spiega gli erronei luoghi comuni occidentali sul
considerarle delle prostitute. Mi chiedo sempre, quando leggo queste
argomentazioni, a parte una minoranza di geisha che avevano raggiunto
la notorietà (e che potevano opporsi a richieste sessuali), se le
altre decine di migliaia potessero permettersi un no. In altri libri
ho letto che il primo rapporto sessuale di una geisha aveva un alto
valore economico, e che decideva con chi si sarebbe svolto la sua
“okasan” (la padrona della casa), questo non è sfruttamento?
Capitolo 11
Kogal o della
trasgressione
Il capitolo si
intitola “kogal”, che sarebbe la ragazza giapponese, qual è il
tema? La scuola? L'adolescenza in Giappone? No, la prostituzione in
generale e quella minorile in particolare, incarnata dal classico
“enjo kousai”. Argomento reale e lecito, ma allora perché non
intitolare il capitolo “enjo kousai”?
Il capitolo offre
una ampia panoramica su tutte le attività teoricamente vietate alle
adolescenti nipponiche.
Capitolo 12
Sushi o della
sostenibilità
Oltre ai classici
sushi e sashimi ci viene illustrata la pratica culinaria del
“odorigui”, cioè mangiare cibi ittici ancora vivi, spesso
parzialmente cotti. Per il resto il capitolo elenca i cibi classici
della cucina giapponese, anche con accenni storici. E' spiegato il
termine “mottainai”, che indica il rifiuto allo spreco, anche
riguardo i cibi, ergo si mangia tutto quello che c'è nel piatto. Non
bisogna, però, confondere “mottainai” con sostenibilità, anche
sul versante alimentare, in quanto il Giappone è bel lungi
dall'essere una nazione eco-sostenibile. E qui entra in scena lo
sfruttamento intensivo degli oceani, e il massacro a scopo alimentare
(non scientifico) dei cetacei.
Capitolo 13
Shiatsu o
dell'immaginario
Il tema del capitolo
è la passione nipponica per i massaggi delle poltrone “massage
chair”, dei massaggi casalinghi, fino al professionale “shiatsu”,
inventato nel 1940 a Tokyo da Namikoshi Tokujiro. Si passa quindi al
massaggio “ashi tsubo”, al massaggio di origine cinese “anma”
Capitolo 14
Tsunami o del
destino
Il capitolo
evidenzia le buone regole di costruzione antisismica e le numerose
esercitazioni (cose che in Italia ci sogniamo), ripercorrendo vari
disastri avvenuti in Giappone. Poi passa ai disastri ambientali
avvenuti nella storia dell'umanità, un po' troppo off topic...
A voler fare il
pignolo (non sia mai!), secondo me, l'autore sbaglia ad associare
Godzilla a simbolo giapponese dei terremoti, il lucertolone
radioattivo nacque, appunto, in risposta agli incubi atomici di
Hiroshima e Nagasaki, non ai timori dei terremoti. Probabilmente
l'autore, oltre a non essere un appassionato di manga ed anime, non
lo è neppure del filone kaiju dei film giapponesi.
Capitolo 15
Hibakusha o del
rinnovamento
Questo capitolo, che
di per sé non è brutto, è un altro esempio di come procede il
libro: troppo fuori tema.
Schematicamente:
Titolo “hibakusha”
–> calo natalità = aumento anziani –> anche gli hibakusha
sono ormai tutti anziani –> situazione delle centrali nucleari
dopo Fukushima + proteste della popolazione (stop centrali nucleari e
poi ripartenza voltagabbanesca governativo/lobbistica) –>
conclusione con i nuovi hibakusha post Fukushima.
Capitolo 16
Judo o della
tradizione
Si parla di arti
marziali nel presente e nel passato, non solo judo, ma anche del
bushido (o cultura del budo), del sumo etc etc.
Capitolo 17
Karaoke o
dell'incomunicabilità
L'autore coglie
l'occasione del karaoke (tema comunque trattato) per raccontare il
caos di suoni che esiste nella vita quotidiana giapponese, un
continuo inquinamento acustico, ovviamente non poteva mancare il
simbolo del caos: il pachinko.
Si passa quindi alla
scarsità di contenuti culturali nei programmi televisivi
Capitolo 18
Tamagotchi o della
solitudine
Il capitolo racconta
i problemi dei giapponesi ad instaurare rapporti personali, dalla
semplice conoscenza con estranei, all'amicizia, fino ai rapporti
amorosi. Un emblema di ciò sono le numerose chat per incontri
virtuali (ma forse in questo i giapponesi hanno solo anticipato i
tempi) e i videogiochi di appuntamenti galanti (genere sconosciuto
nel panorama videoludico occidentale). La solitudine porta taluni
all'autolesionismo, a varie dipendenze (gioco, alcol, droghe, web), e
li spinge verso le sette religiose.
A questo punto
l'autore commette, a mio avviso, un errore abbastanza grosso
nell'annoverare l'ormai vetusto Tamagotchi ad una risposta alla
solitudine, in sostituzione di un animale domestico. Secondo me il
Tamagotchi fu solo un videogioco, bello o brutto che fosse (per me
brutto), è sbagliato caricarlo di altre valenze. Ipotizzo che
Picozzi non sia neppure un appassionato di videogiochi.
Il capitolo si
conclude con il fenomeno del “kodoko-shi”, quando una persona
muore e ci si accorge del decesso solo alcuni giorni o settimane dopo
(situazione che sta iniziando a capitare anche agli anziani
italiani).
Capitolo 19
Yakuza o del
buongoverno
Il capitolo tratta
essenzialmente di politica giapponese. Viene illustrata l'instabilità
politica dei premier e delle maggioranze parlamentari, in contrasto
con il potere della burocrazia e delle lobby industriali, con sullo
sfondo la corruzione e la yakuza.
In materia di
corruzione e malavita organizzata si raccontano i rapporti tra la
yakuza e la lobby nucleare (tra cui la stessa famigerata Tepco), con
i lavori sulla sicurezza all'interno delle centrali nucleari
appaltati alla criminalità organizzata.
Capitolo 20
Harakiri o del
futuro.
Si spiegano le
modalità e la filosofia del suicidio rituale.
Mi permetto di far
notare un errore che si poteva evitare con poco (pagina 210): nel
capitolo si legge che l'imperatore Meiji era il nonno dell'attuale
imperatore Akihito.
Il nonno di Akihito
era l'imperatore Taisho, l'imperatore Meiji era il nonno di Hirohito.
Di colpo si passa
dal seppuku alla perdurante crisi economica, all'estinzione della gru
giaponese, alla scomparsa della neve dalle cime del monte Fuji,.
Forse a voler
rappresentare il seppuku di una nazione?
Nessun commento:
Posta un commento