TITOLO: Hikikomori, il viaggio bloccato dell'eroe
AUTORE: Marialuisa Mazzetti
CASA EDITRICE: Temperino Rosso Edizioni
PAGINE: 185
COSTO: 18 €
ANNO: 2020
FORMATO: 21 cm X 15 cm
REPERIBILITA': on line
CODICE ISBN: 9788855490474
CASA EDITRICE: Temperino Rosso Edizioni
PAGINE: 185
COSTO: 18 €
ANNO: 2020
FORMATO: 21 cm X 15 cm
REPERIBILITA': on line
CODICE ISBN: 9788855490474
Un paio di premesse.
Io preferisco sempre sfogliare un libro prima di comprarlo, fanno eccezione quei titoli che son certo debba leggere, per tutti gli altri poter dare un'occhiata al contenuto era fondamentale. Purtroppo con il Covid e l'impossibilità/precauzione di non poter andare in qualche libreria di Milano, mi devo affidare agli acquisti on line basandomi sul titolo e sulla descrizione in quarta di copertina.
Fino a qualche anno fa i libri sugli hikikomori erano incentrati solo sul fenomeno in Giappone, man mano i vari autori hanno iniziato a raccontare la situazione italiana, fino ad arrivare ad una inversione del rapporto di contenuti: poco o nulla sul Giappone, quasi tutto il libro sulla situazione italiana.
Il problema, almeno per me, è che della situazione italiana poco mi interessa, quindi, sapendolo prima (vedi poter sfogliare il libro), non avrei comprato questo titolo. L'ho acquistato perché vedendo la copertina, che riporta un chiaro riferimento alla bandiera nipponica, e leggendo la quarta di copertina, in cui si cita espressamente la situazione degli hikikomori in Giappone, ho ipotizzato che la parte che interessava a me potesse essere corposa: non è così.
L'autrice comunque tocca alcuni argomenti che potevano interessarmi, come il ruolo dei videogiochi on line, di manga ed anime in rapporto con gli hikikomori italici, peccato che ella non pare molto ferrata in materia.
Sono citati molti saggi sugli hikikomori (e quelli in italiano sono in gran parte recensiti su questo blog: hikikomori), la bibliografia è corposa, ma la mia sensazione è che vengano trattati argomenti, nonostante il grande studio svolto, a lei poco avvezzi. Pare che non si sia mai neppure occupata del fenomeno hikikomori prima di questo libro, e non ha una qualche conoscenza della società giapponese.
Ogni saggio che ho letto sugli hikikomori enuncia una anno diverso in cui in Giappone è nato il fenomeno hikikomori, in questo saggio si parla del 1978, che è comunque un passo in avanti rispetto a chi lo data negli ultimi 15 anni, ma resta un errore.
Mi permetto di far presente la cosa (ad ogni recensione, sperando che prima o poi qualcuno ne prenda nota...) perché nel maggio del 2015 sono casualmente incappato in un articolo su "La Stampa" del 27 novembre 1981 in cui si descrive una situazione di assenza scolastica avente le medesime caratteristiche degli hikikomori, dove un insegnate giapponese spiega che questo disagio è nato negli anni 60!
L'articolo è importante perché negli anni 60 non solo non esistevano i videogiochi on line, ma neppure le console domestiche o i videogames portatili (scorrere tutte le pagine). Gli anime erano ancora agli albori, i manga erano relegati ad una fascia di età molto bassa e con dei contenuti non paragonabili a quelli di oggi.
Quindi, chiunque, a qualsiasi titolo, tira in ballo videogiochi, manga ed anime mettendoli in una qualsiasi relazione con il fenomeno hikikomori, prende una topica enorme...
Gli hikikomori degli anni 60 leggevano libri (lo afferma il professore giapponese dell'articolo), gli hikikomori degli anni 2020 giocano ai videogiochi on line. Ogni generazione di hikikomori ha occupato il tempo libero nella maniera che la tecnologia gli permetteva di fare, come non era colpa dei libri se l'hikikomori degli anni 60 si era rinchiuso in casa, non è colpa di videogiochi, anime e manga se quello di oggi fa la medesima scelta.
Dagli anni 60 ad oggi in Giappone sono restati, però, immutati altri fattori: la pressione della società; il bullismo scolastico; la pesantezza degli esami scolastici.
Spero che prima o poi qualche saggista sugli hikikomori incappi in questo blog e, prima di scrivere il suo saggio, prenda coscienza di questo articolo ^_^
Torno al saggio.
Una delle fonti consultate dall'autrice è l'anime "Welcome to the NHK", che io vidi subbato in italiano quando venne prodotto, cioè nel 2006... siamo nel 2020... ci si può ancora basare su una serie animate di 14 anni fa?
Forse, nel frattempo, qualcosa sarà pure cambiato nella società giapponese.
Tra l'altro, mentre l'autrice parla quasi esclusivamente di hikikomori italiani minorenni, il protagonista di "Welcome to the NHK" è ampiamente maggiorenne.
Nel terzo capitolo si affrontano gli interessi degli hikikomori, e sono trattati, tra l'altro, i videogiochi on line, le serie tv, gli anime ed i manga. Quindi argomenti che comunque potevano interessarmi.
Dato che io non gioco ai videogiochi on line, ho chiesto ad un paio di amici gran consumatori del genere (cioè degli esperti) se il termine "MMPORG" fosse corretto, entrambi mi hanno confermato che è errato, in quanto è "MMORPG". Si potrebbe pensare ad un refuso, ma è ripetuto per tutto il saggio. Sembrerebbe una minuzia, ma se pure io avevo dei dubbi (fugati dai miei esperti ed anche da Wikipedia) sul termine, e non sono un giocatore on line, vuol dire che l'autrice è ancor meno a conoscenza del genere di me. Il problema è che la trattazione sui videogiochi occupa una trentina di pagine, non poco. Preciso che l'autrice non considera i videogiochi on line la causa di hikikomori, ma comunque valuta che potrebbe diventare un problema nel momento in cui riempieno il vuoto che si crea nella vita del ragazzo (o dell'adulto). La mia obiezione è che negli anni 60 (vedi link all'articolo de "La Stampa") chi si chiudeva in casa leggeva libri, quindi i libri erano un problema?
Sugli anime e manga siamo più o meno sullo stesso livello di conoscenza, benché siano analizzati molto poco. L'autrice, per esempio, usa il termine "mondo anime giapponese", ma "anime" identifica già un prodotto giapponese, pare quasi che esista anche un "mondo anime turco" o un "mondo anime tedesco" da differenziare con quello giapponese...
Il primo paragrafo su manga ed anime si intitola "Erotismo", ed esordisce così:
"Elemento sempre presente nei manga è l'erotismo..."
Non un bel inizio scevro di preconcetti ^_^
A pagine 87 c'è un'altra considerazione che mi ha fatto comprendere che l'autrice valuta l'argomento anime e manga essendone praticamente a digiuno:
"I manga invece, traslati anche in cartone animato e anime, presentano la sessualità in modo diretto, imbarazzante, e molto più esplicito."
Per l'autrice i manga vengono "traslati" (forse "trasposti"?) in due differenti prodotti, cartoni animati ed anime, ma sono la medesima cosa!
Ma è vero che gli anime presentano la sessualità in modo diretto, imbarazzante ed esplicito?
Vorrei sapere quali e quante (soprattutto) serie animate nipponiche l'autrice ha seguito ^_^
Dispiace che, dopo due decenni di saggistica su anime e manga, gli studiosi a digiuno di questo argomento siano rimasti ai "cartoni animati giapponesi pieni di sesso". Non per nulla si citano le solite due guerriere lesbiche di Sailormoon censurate per questo motivo da Fininvest, il "genio della tartaruga " (chiamarlo maestro Muten pareva brutto) in Dragon Ball che andava in cerca delle mutandine femminili, "Ranma 1/2" con i maschi che diventano femmine.
Il saggio affronta anche argomenti poco trattati, come le femmine che fanno hikikomori, il rapporto con la religione, la scuola, la famiglia etc etc, ma tutto sul versante italiano, ergo per me di nessun interesse.
Qui sotto inserisco l'indice del saggio, in maniera che si possa meglio valutarne i contenuti.
L'autrice è palesemente una freudiana classica. La libido sessuale è fondamento di ogni manifestazione dell'essere umano, quindi anche dei manga e degli anime! :D
RispondiEliminaPer quanto riguarda gli hikikomori, probabilmente fra 15 anni diranno che sono nati per via del Covid.
Beh, ho un amico che a marzo, dato che lui era in smart working e si faceva portare la spesa a casa, in pratica non usciva più, mi fece notare giustamente che eravamo diventati tutti hikikomri.
EliminaQuando questa situazione finirà (finirà?), qualcuno si sarà abituato fin troppo bene tra le mura di casa.
Al di là della situazione brutta e negativa che si è creata, e a mio parere anche ingigantita del coronavirus, io questa cultura giapponese di ispirarsi sempre alla morte e al suicidio (la nota foresta ai piedi del vulcano) l'ho sempre trovata una cosa assurda, e poi non commento questi che si isolano solo per ammazzarsi tutto il giorno con i videogiochi o essere favorevoli allo smartworking o lavoro agile. Sarò all'antica? Beh sinceramente non me ne frega un beato c... sé non la penso come la maggior parte degli italiani. Io dal 2021 voglio tornare regolarmente in ufficio e quelli che invece vogliano starsene a casa, beh... buona fortuna! Ma che non si lamentino sé poi vengono licenziati
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